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La ricerca psicoanalitica ha visto nell'oralità del bambino il luogo ori-ginario di un'esperienza profonda di maturazione della mente. Attraverso la bocca che riceve il seno materno, il bambino fa una prima esperienza di differenziazione fra il dentro e il fuo-ri, attraverso la bocca impara a met-tere dentro un cibo, il latte materno, e, insieme ad esso, i sentimenti, i ge-sti, le parole che la madre vive nella relazione.

La funzione orale di cui parliamo va intesa evidentemente come una modalità della vita psichica. E come se alle origini della-mente vi fosse un'esperienza fondante che va al di là (pur includendola) della soddisfa-zione libidica della pulsione orale: è l'esperienza del ricevere, dell'acco-gliere e interiorizzare, del sentirsi pieni di qualcosa di buono e quindi di "essere", di "esistere". Esistere in particolare, grazie a quel vissuto alta-mente unificante che è l'essere tenuti insieme, l'essere sostenuti dalle ma-ni, dalle parole, dalle cure materne. La mente, in altri termini, nasce in-torno ad un nucleo profondo in cui essere contenuti: ricevere, unificarsi e differenziarsi fanno parte di un unico movimento di crescita. La fun-zione materna (intesa come madre-ambiente) è stata interpretata nella ricerca psicoanalitica più recente co-me la funzione di chi protegge e so-stiene, di chi contiene ed elabora il dolore mentale del bambino, di chi comunica senso attraverso la parola e i gesti, per immettere in un universo di significati la mente del piccolo che cresce.

In questo modello confluiscono la ricerca della Klein, di Winnicott, di Esther Bick e di Bion. Anzieu inter-viene con una sua originalità intro-ducendo il concetto di Io-pelle, di un contenitore cioè della vita psichica, l'Io appunto, che ha radici profonde nella pelle del bambino e della pelle biologica conserva alcune funzioni fondamentali.

La pelle, osserva Anzieu, è un in-volucro, un contenitore del corpo del bambino, ma è anche un confine, una barriera di protezione tra il den-tro e il fuori; essa è inoltre un luogo di contatto e di scambio con il mon-do esterno. L'Io-pelle nasce e cresce assolvendo in termini psicologici le stesse funzioni che la pelle biologica assolve nei confronti del corpo. L'io-pelle è il contenitore somato-psichico di quanto il bambino ha sperimenta-to nel contatsperimenta-to con la madre. In que-sto suo perimetro entrano le espe-rienze dell'essere toccati, tenuti al caldo, ascoltati e nutriti e, insieme, i sentimenti di sicurezza, stabilità e protezione che vi sono connessi. L'Io, in altri termini, non si compor-ta "come una pelle" per semplice analogia, l'Io si radica nella pelle, ha una sua origine epidermica e proprio-cettiva, nasce e si sviluppa nel con-tatto di un corpo con un altro corpo.

Anzieu ha pubblicato negli anni ottanta un'opera, Le Moi-peau (Du-nod, 1985, trad. it. L'Io-pelle, Boria, 1987) in cui questi temi sono analiz-zati in modo sistematico, in termini sia teorici sia clinici, con alcune inte-ressanti considerazioni sul mito di Marsia.

Questo secondo volume (una rac-colta di brevi saggi e conferenze) si apre con uno scritto autobiografico in cui l'autore racconta la genesi in-fantile e adolescenziale del suo inte-resse per la pelle e le sue prime espe-rienze di chirurgia dermatologica, per poi entrare direttamente, attra-verso alcuni casi clinici, nell'espe-rienza analitica. Alle origini del suo lavoro analitico, Anzieu è colpito dai disturbi dermatologici dei suoi pa-zienti: " U n ascolto attento — egli

di-ce — mostrava che queste reazioni, sotto forma di eczema, erano conse-guenti ad una separazione precoce dalla madre, direi la prima separazio-ne importante... Il fenomeno della separazione provocava un arrossa-mento della pelle e ho avuto per la prima volta, ancora sotto forma di immagine, prima che divenisse un'i-dea, l'intuizione che la separazione dalla madre fosse vissuta come una lacerazione della pelle".

Il lavoro analitico nasce con lo

sco-po di curare queste lacerazioni della pelle psichica e non solo quando si ri-producono nella pelle biologica. Le possibilità della terapia analitica di-pendono tuttavia da quanto il setting analitico è in grado di entrare in sin-tonia con il codice che attraversa l'Io del paziente, un codice biopsichico intessuto delle funzioni fondamenta-li dell'Io-pelle e quindi di alcuni biso-gni di base: il bisogno di contenimen-to, di protezione, di comunicazione. È come se nella relazione analitica il terapeuta e il suo paziente intratte-nessero un rapporto con i diversi strati di cui la pelle psichica è costi-tuita, e, in particolare, lo strato in cui ci si difende dal mondo esterno e'dal-le sue irruzioni e lo strato che, più in-terno e sottile, comunica con la vita inconscia.

Il setting analitico — dice in altri termini Anzieu — con la sua stabilità e continuità di tempo e di luogo, con la regola dell'astensione da rapporti che non siano verbali, con l'atteggia-mento neutrale (non giudicante) del terapeuta, protegge il paziente, entra

in sintonia con il bisogno di protezio-ne della sua pelle psichica, per aiutar-lo ad aprirsi alla comunicazione con il suo mondo interno, alle libere asso-ciazioni, all'ascolto delle emozioni, dei ricordi, dei sogni. In questo senso il setting riproduce la condizione ori-ginaria in cui l'Io-pelle nasce e matu-ra. Matura, come si è detto, grazie al-la continuità e stabilità delle cure, ma grazie soprattutto alla réverie ma-terna, alle parole, alle immagini, ai sogni, che passano tra madre e

bam-bino, alle origini della vita psichica. Possiamo dire che tutta l'opera più recente di Anzieu è un lavoro in-torno alla definizione dei confini del-la persona. Il contenitore Io-pelle non deve naturalmente far pensare a qualcosa che ha radici solo in un peri-metro corporeo intessuto di vita psi-chica: è anche l'involucro di suoni, di parole, di risonanze affettive in cui cresce il bambino. La pelle psichica è infatti intessuta di libido e di quel particolare bagno sonoro di balbettii

che il nome viene "Dal greco hopsos, salto, sal-tellare (parola trovata solo in Chrysostomos di Massilia riconducibile probabilmente al ceppo germanico)"!

Fin qui lo scherzo. Ma questi animali che sal-tellano con il naso o che vi si poggiano sopra per mangiare, sono davvero solo uno scherzo? E so-prattutto, sono davvero solo il frutto della fanta-sia di uno zoologo in vena di prendersi una va-canza dal tedio accademico?

Il volumetto della Muzzio propone alcuni in-terventi raccolti sotto il titolo di ...eh zoologia

f a n t a s t i c a , a commento ed integrazione del testo

sui Rinogradi. I diversi autori prendono in consi-derazione tutti i mostri e le chimere che la nostra tradizione ci ha tramandato evidenziando, ognu-no a modo suo, il labile confine esistente tra la ' 'vera ' ' zoologia, quella scientifica, che studia gli animali "reali" e la zoologia fantastica, quella che descrive animali inesistenti visti da viaggiato-ri antichi in paesi lontani o immaginati dalla fan-tasia degli scrittori.

Stefano Benni, scrittore e satirico, giunge ad invocare una "protezione degli animali fantasti-ci dallo sfruttamento indiscriminato"; Giorgio Celli, entomologo e divulgatore scientifico, teo-rizza l'importanza dei Rinogradi, e di tutti gli animali fantastici, come fonti di idee e di "ipote-si per lavorare ' ' per l'altra zoologia, quella reale. Marco Ferrari inventa in otto pagine un graziosis-simo dialogo sulla vita simulata di un computer, e così, via via, si susseguono gli interventi nel vo-lume, ricordando le creature più fantastiche de-scritte dal medioevo ai giorni nostri.

Alessandro Minelli e Massimo Pandolfi (uno zoologo e un ecologo) ricordano entrambi i fossi-li di più di mezzo mifossi-liardo di anni fa venuti alla luce nel giacimento di Burgess in Canada e de-scritti nei particolari in La vita meravigliosa di S. J. Gould (Feltrinelli, 1990). Quegli animali dai nomi bizzarri (Hallucigenia/J e dalla

morfo-logia davvero incredibile, nonostante gli scien-ziati ci assicurino che sono realmente esistiti, non ci appaiono certo più verosìmili dei Rino-gradi di Harald Stùmpke o degli animali fantasti-ci raccolti da J. L. Borges nel suo M a n u a l e di

zoologia f a n t a s t i c a (Einaudi, 1962). Per secoli

gli zoologi, accanto ad animali "verosimili", hanno osservato e descritto con stupore animali dalla morfologia bizzarra provenienti dai quattro angoli della terra; pensiamo alla meraviglia degli uomini di scienza davanti al primo esemplare di ornitorinco, un marsupiale col becco d'anatra, o, più recentemente, la scoperta del celacanto, al largo delle isole Comore, un pesce che si conside-rava estinto da milioni di anni. Davvero, spesso, la realtà può superare la fantasia.

A riprova di ciò il libro propone infine un in-tervento di Aldo Zullini, che, in una paginetta appena, elenca le caratteristiche dei Nematodi, animali né estinti né fantastici, bensì reali e at-tuali, ma non per questo meno incredìbili.

Di esempi si potrebbero riempire tutte le pagi-ne di questa rivista; chi non conosce qualche strano essere da aggiungere ad un S y s t e m a N a t u

-rae del fantastico? Io, ad esempio, potrei

ricorda-re i / K e r o p l a t u s p e n t o p h t a l m u s , curioso dittero che presentava incredìbilmente ben cinque ocelli al posto dei tre abituali, descritto diversi decenni fa da un entomologo torinese; un suo collega francese, in seguito, passando un pennellino sul capo di quella rarità, scoprì con meraviglia che ì due ocelli supplementari si rivelarono essere nient'altro che due granelli di polvere brillante che si erano adagiati per caso, in maniera perfet-tamente simmetrica, sul capo della bestiola. La confusione tra fantasia e realtà si fa sempre più grande. Si potrebbe ancora citare la C a n t a t r i x

sopranica (L.), diligentemente descritta da

Geor-ges Perec come specie a sé stante, capace di incri-nare con i suoi acuti i bicchieri di cristallo; e a questo punto non si è più tanto sicuri che debba essere davvero posta in sinonimìa con H o m o

sa-piens.

bimestrale per la secessione politica e l'opposizione culturale

NUMERO 4 1992

INCONTRI E SCONTRI S. Belligni, M. Porcaro

ITALIA INCIVILE M. Lupo, C. Riolo, G. Di Lello

DOCUMENTI Giovani e lavoro DOSSIER: IL LEGHISMO

G. De Luna, A. Bonomi, R. Biorcio, L. Berzano, L. Romano P. P. Poggio, P. Corsini ANTENATI Ernesto Balducci SUPERMERCATO Il caso Rushdie e altre rubriche

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e di voci che accompagnano la cresci-ta e sono parte della risonanza affet-tivo-semantica che accompagna il di-venire della mente.

L'uso che Anzieu fa del mito di Marsia è illuminante. Racconta come Marsia, suonatore di flauto sfidato da Apollo, perda la sfida e venga scorticato. Ma, dopo il sacrificio, la sua pelle intatta pende in una grotta della Frigia, da dove nasce il fiume Marsia. Il fiume dà vita e fertilità alla regione, grazie a lui le piante, gli ani-mali, gli uomini generano. La pelle, con la sua unità e integrità, sembra dire il mito, assicura eros e fecondità ad ogni essere vivente di quella terra. Ma il fiume produce anche un suono profondo che incanta gli abitanti del-la Frigia e del-la pelle di Marsia appesa nella grotta, vibra e risponde sensibi-le al canto dei fedeli, al suono delsensibi-le melodie suonate da essi. Il mito — dice Anzieu — suggerisce ancora una volta che, alle origini della vita, l'i-dentità dell'uomo nasce nei suoni, in quelle risonanze reciproche e profon-de che legano gli esseri umani tra loro.

Le risonanze di cui Anzieu ci parla e di cui vive l'Io-pelle sono fatte dei contatti e delle emozioni di cui si è detto, ma sono anche fatte di parole e su questa considerazione vorrei concludere con parole di Anzieu. La parola dell'altro, egli dice, ci aiuta a costituire il nostro involucro conte-nitore, le parole ascoltate tessono per noi una pelle simbolica: "La parola orale e ancor più quella scritta ha un potere di pelle. I miei pazienti me ne hanno convinto. La frequentazione con alcune grandi opere lettera rie me ne hanno dato conferma... Se ho scritto questo libro è anche per di-fendere, mediante la scrittura, il mio Io-pelle". dalla COLLANA I M M A G I N I

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