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LA SINISTRA DEI MOVIMENTI

Da dove nascono quell'esplosione di energia e quella volontà di cambiamento che portano alla svolta epocale del '68? Per comprenderne la dinamica e le motivazioni è necessario fare un salto indietro nel tempo di un quarto di secolo, seguendo la linea interpretativa che hanno elaborato due protagonisti della “stagione dei movimenti”: lo scrittore Nanni Balestrini e l’intellettuale Primo Moroni88. Secondo la loro lettura, la Resistenza partigiana

che, com'è noto, è stata indiscussa protagonista della Liberazione dell'Italia dal giogo fascista, si sarebbe vista sottrarre proprio dal suo maggior referente politico, il Pci (e la togliattiana “via italiana al socialismo”), la possibilità di portare a compimento il grande rinnovamento dell'ordine sociale. Tale interpretazione non è comunque meramente di parte. Lo storico inglese Paul Ginsborg, nel suo testo “Storia dell'Italia dal dopoguerra a oggi”, riporta:

88 Nanni Balestrini e Primo Moroni sono gli autori del testo storico-saggistico "L'orda d'oro" edito da SugarCo nel 1988. È un testo che racconta “da dentro” fatti e avvenimenti degli anni che hanno visto l'accendersi della scintilla che ha dato fuoco al decennio '68-'77 e proprio questa sua natura lo rende un libro molto complesso e tendenzioso. È un testo che, pur essendo ricco di informazioni e analisi, risulta di facile lettura anche per un pubblico non specialistico. La prima edizione, infatti, si esaurì velocemente e solo dopo nove anni Feltrinelli pubblica la seconda edizione, 1997, con nuove importanti analisi di altri protagonisti del periodo. Per avere una più ampia visione storiografica del periodo, ho fatto riferimento anche al testo “A che punto è la notte?”, edito da Vallecchi nel 2003 di Adalberto Baldoni, dirigente politico, giornalista e saggista, uno dei migliori esperti della destra italiana, e Sandro Provvisonato, giornalista professionista, è stato direttore negli anni '70 dell'emittente della nuova sinistra romana “Radio Città Futura”. Ho inoltre fatto riferimento al testo “Storia dell'Italia dal dopoguerra a oggi” di Paul Ginsborg, storico inglese.

Il 27 aprile 1945, sul quotidiano del Partito d'Azione, «L'Italia libera», Ernesto Rossi89 auspicava che i Cln si sviluppassero come «organi della nuova democrazia». Quest'ultimo tentativo di cercare un'alternativa a ciò che era stato deciso a Roma l'inverno precedente non ebbe quasi risposta. I comunisti non erano pronti a rischiare in questa fase un conflitto con gli Alleati. [...] Nella base comunista e socialista, chi ancora sognava la rivoluzione trovò rifugio in quella

doppiezza [...] molti ritennero che la rivoluzione fosse solo rinviata,

non dimenticata, e che tutto sarebbe nuovamente incominciato non appena gli Alleati si fossero allontanati [...] fino a quel momento la «democrazia progressiva» poteva risultare una tattica eccellente, «un cavallo di Troia nella cittadella borghese»90.

Ordine sociale che non si compie nemmeno con la ripresa economica degli anni '50. «Il partito di massa creato da Togliatti adottò la versione del centralismo democratico che aveva a lungo prevalso nella Terza Internazionale. Si elogiavano a parole il controllo operaio, la democrazia diretta, ma il potere reale era concentrato nelle mani del segretario di partito»91. Anche il contrasto con un altro

dirigente del Pci, Pietro Secchia92 va letto con questa lente: Secchia «desiderava

un partito organizzato più fortemente, un partito leninista, con una maggior attenzione alla classe operaia quale anima del Pci. Inoltre criticava […]

89 Ernesto Rossi (1897-1967) è stato un politico, giornalista, antifascista ed economicista italiano. Operò nell'ambito del Partito d'Azione e del successivo Partito Radicale. Con Altiero Spinelli ed Eugenio Colorni è, in Italia, tra i principali promotori del federalismo europeo. Il Manifesto di Ventotene (di cui condivise la stesura con Spinelli e che fu pubblicato e curato da Colorni) è considerato il suo libro più importante e il suo testamento morale.

In http://it.wikipedia.org/wiki/Ernesto_Rossi

90 Paul Ginsborg, Storia dell'Italia dal dopoguerra a oggi, Editore Einaudi, Torino, 2006, pp. 88-89

91 Ivi p. 268

92 Pietro Secchia (1903/1973), è stato un politico e un antifascista italiano, importante dirigente e storico memorialista del PCI. In http://it.wikipedia.org/wiki/Pietro_Secchia

l'eccessivo desiderio del segretario di giungere a un compromesso con la Dc»93.

Nelle fabbriche intanto, alla fiducia dell'operaio specializzato e fiero di realizzare attraverso il proprio lavoro lo sviluppo delle forze produttive, si viene aggiungendo e sostituendo la diffidenza dell'operaio-massa, dequalificato, giovane, immigrato che esprime interessi e desideri nuovi. «Con gli anni Sessanta, […] la fase di Ricostruzione può dirsi conclusa, ma nessuna delle previsioni delle avanguardie del Pci si è avverata: lo sfruttamento è sempre elevato, le condizioni di vita sono migliorate in maniera insufficiente, la realizzazione del socialismo è sempre più lontana»94. La nuova forza lavoro non

soggiace più alle disciplinate regole sindacali viste troppo spesso come strumento di moderazione di partito piuttosto che come mezzo di conquista delle rivendicazioni operaie. Torino 1962: il rinnovo del contratto dei metalmeccanici è prova e conferma che qualcosa è cambiato; la lotta esce dalle mura della fabbrica e coinvolge la città. «A piazza Statuto inizia la storia del movimento di autonomia operaia in Italia»95, scrivono Balestrini e Moroni. Essi sostengono che

l'inadeguatezza dimostrata dal Pci nell'assumere nuove problematiche e metodologie di difesa operaie e la sua incapacità di rispondere in modo soddisfacente alla nuova situazione internazionale, portano alla nascita dei primi gruppi dissidenti marxisti-leninisti che accusano il partito di «collaborazione e di intesa con l'imperialismo americano e la borghesia italiana»96. Fin dai primi

contrasti con il partito nel gruppo dissidente si formano due frange distinte: la prima tesa a un'organizzazione rivoluzionaria, la seconda, gli “entristi”, tendente a rifondare il partito partendo da nuove esigenze sociali e da una nuova dirigenza. Nel 1966 nasce il Partito comunista d'Italia marxista-leninista in cui «frange giovanili e studentesche di origine piccolo-borghese […] sono attratte

93 Paul Ginsborg, op.cit., pp. 269-270

94 Nanni Balestrini, Primo Moroni, op. cit., p. 128 95 Ivi, p. 136

dalla rigida morale della militanza, dal bisogno di depurarsi dalle “bieche” origini borghesi, dal desiderio d'ordine morale, prima ancora che politico, di “servire il popolo”. […] [I marxisti-leninisti] avranno una rilevante influenza nel processo di verticalizzazione burocratica del movimento studentesco»97.

Movimento che da subito travalica i propri confini “istituzionali” andando a cercare un rapporto privilegiato con gli operai. A guidare l'attenzione del movimento studentesco verso i luoghi della produzione sono le pubblicazioni e i discorsi di alcuni intellettuali, staccatisi anch'essi dal Pci, noti come operaisti: secondo loro, è solo stando nel cuore dei luoghi della produzione che si rende possibile l'azione volta a bloccare gli ingranaggi del mondo capitalista. Il Pci non si dimostra all'altezza delle aspettative, più preoccupato di mantenere la propria

leadership che di riequilibrare la giustizia sociale. Tutto viene messo in

discussione a partire dalle varie forme di associazionismo. I sindacati hanno tradito la classe operaia «intrappolata nella spirale “più salario = più produttività”. Gli studenti sono sempre più insofferenti nei confronti di qualsiasi forma di autoritarismo»98, mentre lo Stato attua una repressione sempre più dura.

La polizia spara impunemente nelle strade: da Genova a Torino, da Roma a Reggio Emilia, da Palermo a Catania99. L'occupazione delle università diventa

strumento di lotta privilegiato dagli studenti, il movimento dei quali, dopo il '67,

97 Ivi, p. 159

98 Ivi, p. 200

99 Genova 1960: la volontà del Msi di convocare il suo VI congresso a Genova scatena la rivolta della sinistra genovese e dei sindacati che ne chiedono l'annullamento con una vasta manifestazione. Le forze dell'ordine prima tentano di disperdere la folla con gli idranti, poi con violente cariche. Reggio Emilia 1960: un comizio contro il governo Tambroni viene violentemente fermato dalla polizia che spara e uccide 5 persone. Palermo 1960: per impedire lo sciopero generale proclamato dalla Cgil la celere presidia il centro cittadino. Alle violente cariche delle forze dell'ordine la risposta non manca, Restano uccise tre persone e centinaia sono i feriti. Torino 1962: un accordo separato di Uil e Sida con la dirigenza Fiat per il rinnovo dei contratti fa scattare l'immediata risposta operaia. Catania 1960: uno sciopero contro il governo Tambroni viene sedato con le cariche della polizia, una persona viene uccisa. La polizia carica lanciando a tutta velocità le jeep tra la folla.

diviene così forte da riuscire a creare una rete che collega le varie facoltà travalicando oltre allo spazio anche le tematiche affrontate. Non solo la riforma scolastica, ma tutto viene sottoposto a critica e «si incrocia continuamente con gli apparati teorici e politici delle formazioni della nuova sinistra»100. Nuova sinistra

che, oltre ai marxisti-leninisti, dà vita al gruppo di Lotta continua e a quello di Potere operaio. I diversi modi di agire e di pensare il cambiamento, le diverse dialettiche attraverso cui si confrontano e si scontrano, senza soluzione di continuità, le varie parti che compongono la sinistra extra-sistemica, formano un movimento maturo e pronto che incontra le istanze di un'America di “Fragole e sangue”, di un maggio parigino. Il '68 «grande commutatore planetario»101 trova

una parte di intellettuali amareggiati e irrisi da una politica egemonizzante, verticistica, burocratizzata. Intellettuali che danno vita a una serie di pubblicazioni: «le riviste degli anni sessanta, che vanno a costituire un nuovo ceto politico esterno ai condizionamenti di qualsiasi istituzione, che producono la cultura del marxismo critico, che si schierano dalla parte di comportamenti di base contro l'egemonia dei vertici, che leggono la trasformazione del capitale attraverso l'indagine sulla memoria e la soggettività operaia»102.

L'unione d'intenti che ha spinto un'intera generazione, intorno al '68 inizia a frammentarsi e il movimento si trasforma creando tante singole realtà in cui finisce per prevalere la soggettività dei protagonisti. Le incomprensioni e gli attriti sono caratteristiche peculiari dell'area della sinistra extraparlamentare. Il testo di Adalberto Baldoni e Sandro Provvisionato “A che punto è la notte?” fa un'analisi precisa della costellazione dei gruppi di giovani che rappresentano le modalità di far politica a sinistra del Pci: oltre a identificare i tre macro contenitori Manifesto, Avanguardia operaia e Lotta continua, i due autori, in nota,

100 Nanni Balestrini, Primo Moroni, op. cit., p. 232 101 Ivi, p. 221

aggiungono un'ulteriore suddivisione fatta da «piccole organizzazioni e collettivi di estrazione e collocazione marxista […], marxista-leninista […] e leninista»103.

SPONTANEISMO O DIREZIONE?

Il passaggio dallo spontaneismo dei movimenti all’organizzazione di partito diviene necessario alla sopravvivenza dello stesso pensiero anticapitalista. Pensiero che propone tra i suoi obiettivi la creazione di una nuova forma di «organizzazione che avrebbe esaltato i singoli: non aveva bisogno di gregari, ma di individui, le sue istituzioni sarebbero state flessibili. L'aderenza al movimento per cui erano nate le avrebbe garantite dall'ossificazione»104.

Vengono coniate, in questa fase, una serie di nuove sigle che concorrono a creare non poca confusione nello sviluppo ideologico dell'operaismo105 che, coadiuvato

dalla rete delle lotte studentesche, aveva trovato le condizioni per una centralizzazione a livello nazionale. «Nei vari gruppi locali, ancora a uno stadio molto fluido, agisce una dialettica irrisolta fra il rifiuto del partito e la necessità di fondare una direzione politica rispetto a uno spontaneismo che si avverte ricco

103 Adalberto Baldoni, Sandro Provvisionato, A che punto è la notte?, Editore Vallecchi, Firenze, 2003, p. 133 in nota

104 Nanni Balestrini, Primo Moroni, op.cit. p. 369 Moroni

105 L’operaismo è una corrente del marxismo italiano che nasce in risposta alla crisi interna e internazionale del movimento operaio esplosa nel ’56. Raniero Panzieri, Mario Tronti e Antonio Negri sono i teorici più noti della corrente che, formatasi negli anni Sessanta intorno alle riviste «Quaderni rossi» e «Classe operaia», contribuisce in misura rilevante alla formazione di una nuova sinistra, protagonista della lunga stagione di lotte operaie e studentesche che si susseguono dal secondo biennio rosso ’68-’69 al movimento del ’77. In Cristina Corradi, Panzieri, Tronti, Negri: le diverse eredità dell’operaismo italiano, pubblicato il 2 maggio 2011 nella rivista in linea «Consecutio temporum. Hegeliana/marxiana/freudiana. Rivista critica della postmodernità», http://www.consecutio.org/2011/05/panzieri-tronti-negri-le- diverse-eredita-dell%E2%80%99operaismo-italiano/

di potenzialità rivoluzionarie»106. Toni Negri, allora docente al Politecnico di

Padova e quindi attivo politicamente nel Veneto e uno dei fondatori di Potere operaio e successivamente ideologo e punto di riferimento teorico di Autonomia operaia veneta, scrive: «si tratta di rivendicare la validità dell'insegnamento di Lenin e di stabilire un meccanismo di lotte d'avanguardia […] costituite da operai coscienti, organicamente legati alle masse, capaci di dirigerne le lotte»107 e

prosegue «la costruzione del partito può solo darsi su livelli di massa e solo quando livelli di massa effettivi possano costituire la solida base della lotta per il potere»108.

A Trento, nel 1971, dalla Facoltà di Sociologia si diffonde ancora il messaggio che dal '68 spinge gli studenti «a conseguire obiettivi di giustizia sociale attraverso modalità di partecipazione politica poco convenzionali; queste aspirazioni nascono dalla difficoltà di realizzare quegli obiettivi nel sistema istituzionale consolidato»109. Un sistema alla cui guida si trova un gruppo dirigente portatore di una cultura fortemente paternalista che, improvvisamente, scopre il rifiuto alla delega agito dalla società civile. «Il '68 rende visibile una situazione in cui la società civile vuole autorappresentarsi […] in cui il rappresentante si considerava in qualche modo sovrano del rappresentato»110. La nascita dei gruppi extra parlamentari parte anche da queste spinte sociali e dall'influenza esercitata dalla situazione internazionale che, sia a Est sia a Ovest, sono in «continua e apparentemente inarrestabile rivolta»111. La risposta istituzionale a questa sempre maggiore necessità di cambiamento è la repressione. E con essa cresce e si sviluppa l'esigenza di una organizzazione

106 Franco Ottaviano, La rivoluzione nel labirinto, Vol II, Editore Rubettino, Soveria Mannelli (CZ), 1993, p. 422

107 Adalberto Baldoni, Sandro Provvisionato, op. cit., p. 127 108 Ivi, p. 128

109 Sergio Bernardi, in Intorno al Sessantotto – I movimenti collettivi prima e dopo il '68 – Trento, tra storia e cronaca, op. cit., p. 37

110 Ivi, p. 39

sempre più rivoluzionaria, di un nuovo ceto politico d'avanguardia che aspira a sostituirsi a «quell'altro ceto politico (per la maggior parte borghese e intellettuale pure esso) che si è formato durante gli anni del fascismo e detiene tuttora il potere dentro le istituzioni del movimento operaio»112. Questo nuovo ceto politico è portatore di una cultura in cui acquista sempre più importanza la coerenza tra la propria vita politica e il proprio privato. «La ricerca di circolarità e sintesi tra personale e politico, artificiosamente separati, sembra l'ultima sponda oltre la quale, o nasce un modo nuovo di esistere politicamente, o muore la politica stessa come progetto collettivo di liberazione»113. Così, dopo una iniziale solidale fratellanza tra i vari gruppi formatisi dentro la cultura del '68, l'incapacità di mantenere questa coerenza porta alla riproposizione di vecchi modelli verticistici e di partito e costringe a una irreggimentazione dell'intera struttura movimentista. Una descrizione del militante medio che Sergio Bologna riporta nel suo libro “La tribù delle talpe” citato nel testo di Balestrini e Moroni “L'orda d'oro”, dà la misura di tale sistema organizzativo114. Anche le vicende accadute nella micro-storia che ho raccolto e riporto, si inseriscono in qualche modo nella macro-storia dei collettori politici nazionali. I protagonisti del movimento che ha animato Borgo in quegli anni, hanno diverse estrazioni politiche: chi si è staccato dal Pci, chi da Lotta continua, chi, invece, è del tutto nuovo al corso degli eventi.

112 Ivi, p. 351

113 Ivi., p. 489

114 Un militante di partito con grandi doti esecutive, con un attivismo e una presenza a tutti i livelli richiesti, che cresce sì dentro la propria situazione di lotta ma che riceve gli schemi politici per inquadrarla dalle scuole di partito e dai miti della propria organizzazione. Dire che qui si è formato un militante alienato, espropriato dalla propria soggettività, è ingiusto. Le caratteristiche positive del periodo, il ritmo martellante della mobilitazione, l'attivismo a volte cieco ma alla lunga efficacie, la pratica nuova e calcolata della piazza, la risposta puntuale alle provocazioni, finiscono per imporre e sedimentare un terreno di pratica politica che diventa struttura sociale, composizione di classe. p. 358 - Si tratta di un dibattito a caldo sul “movimento del '77”, la sua natura sociale, le sue ideologie. I partecipanti sono perlopiù redattori della rivista «Primo maggio» e appartengono a diverse generazioni di un medesimo filone della sinistra italiana.

Tutti però hanno in comune lo sdegno e la rabbia per l'inerzia dello stato di fatto, per i conflitti interni dei vari movimenti politici che impediscono lo sviluppo di una controffensiva seria. Tutti hanno in comune la tensione verso una società più equa, più a misura di essere umano, maggiormente inclusiva: Fabrizio Gonzo, ricordando quei giorni, conferma che «allora esisteva 'n modo de esprimerse che 'l parlava del personale politico, cioè cose che, il personale politico no l'esiste diviso, esiste insieme no?, ecco noi se pensava che l'esiste insieme, perché anca 8 persone, quanti che ereni, se era 'nseme col personale e col politico. Se viveva gran parte della vita insieme. Anzi diria quasi tuta!»115

PRIME LOTTE IN BASSA VALSUGANA

A Borgo le lotte degli operai, contro la ditta Casagrande nel 1969 e quelle cominciate nel 1970 contro lo stabilimento siderurgico Acciaieria Valsugana, sono lotte contro lo sfruttamento e danno il via a una rovente stagione di rivendicazioni. Altre battaglie vengono fatte per l'adeguamento contrattuale al nuovo Statuto dei lavoratori alla ditta Dionisi nel 1973 e contro la cassa integrazione alla Malerba nel 1975. Inoltre vanno segnalate le contestazioni avvenute nei primi anni Settanta in fabbriche come la 3P di Grigno e la Pacini di Castelnuovo, fabbriche che hanno poi definitivamente chiuso i battenti. È in questa situazione di fermento politico-sociale che crescono i ragazzi che, alcuni anni dopo, andranno a formare il gruppo sociale “Comitato lotta per la casa”. Sono dei giovanissimi adolescenti, ma già sentono il bisogno, l'esigenza, di non

115 Intervista a Fabrizio Gonzo e Rita Capra, appendice V, traduzione: allora esisteva un modo di esprimersi che parlava del personale politico, il personale politico non esiste diviso, esiste insieme no?, ecco noi si pensava che esiste insieme, perché anche 8 persone, quanti eravamo, si era insieme col personale e col politico. Si viveva gran parte della vita insieme. Anzi direi quasi tutta!

accettare passivamente l'ordine costituito e così iniziano le prime forme di protesta. Sandro Voltolini116 ne parla in questo modo:

praticamente con, Gigi Danna e Gipo ancora in terza media, ancora in terza media, che mi gavevo 15 anni quindi parlemo, del '70, '71 […], che lori i aveva fato, 'n terza media, i aveva fatto na tassa perché ghera l'esame de terza media, l'ora ghera na tassa da pagare ecc ecc e lori, sto Gigi e Gipo, i aveva fatto tazebau roba così e mi là son entrà 'n po 'n contatto con lori, rispetto a sti tazebau che i aveva fatto roba così. Dopo di che ghera e, là ghera anca 'l Sittoni, nella sede del municipio vecio, ghera la sede dei amizi dela cultura e là avevino creà 'l coletivo politico operai studenti e ghera diversa zente 'nsoma perché ghera 'n bel po de studenti ma anca diversi operai che partecipava a ste assemblee se se trovava en par de volte a settimana e così. E ghera la Rita, il Bicio, beh, i è vegnesti dopo sinceramente, comunque se lavorava sulle fabbriche più che altro alle ceramiche e alla malerba e dopo là è subentrà, inizià 'n pochettin, anca le lotte degli studenti e là centreria il Gianni Bertoldi che 'l fava ragioneria e...Teresa: dopo ghera la Lucia Osti

Sandro: sì! Giancaro Berlanda, Graziano Costa117

116 Sandro Voltolini nato il 05/11/1956 a Borgo Valsugana e ivi residente è operatore sociale presso una cooperativa con appalti comunali. All'epoca dei fatti lavora come infermiere presso l'ospedale San Lorenzo di Borgo, dal quale si licenzia nel 1983. Dopo un periodo di inattività riprende a lavorare nei mercatini di antiquariato. Sandro ha frequentato il liceo scientifico di Trento dal quale si è ritirato dopo 2 anni. È figlio di un professore di musica che lo ha lasciato orfano all'età di 9 anni, quando la madre, vedova da casalinga si reinventa trascrittrice nell'alfabeto Braille.

117 Intervista a Sandro Voltolini e Teresa Delai, appendice III, traduzione: praticamente con Gigi Danna e Gipo ancora in terza media, ancora in terza media, io avevo15 anni quindi parliamo, del '70, '71 […], ecco, avevano fatto, in terza media, avevano fatto

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