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6. RECETTORI NMDA

6.2. Antagonisti dei recettori NMDA

Gavestinel

Il gavestinel (Fig. 36) è un antagonista selettivo del sito della glicina sul recettore NMDA, ed è uno dei derivati indolici sperimentati in diversi modelli animali di ictus. La somministrazione di questo composto (3 mg/kg per i.v.) entro 6 ore dall’occlusione dell’arteria cerebrale media (MCAO) determina una riduzione significativa del rischio di infarto misurato istologicamente 24 ore più tardi [43]. Il gavestinel somministrato per i.v. o per os (con ED50=0.06 e 6 mg/kg rispettivamente) inibisce le convulsioni indotte nei topi da parte di NMDA. Anche la risonanza magnetica ha confermato la potenziale attività neuroprotettiva del gavestinel se somministrato prima o entro 6 ore dall’avvenuta ischemia. Dai primi studi

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sugli umani il gavestinel ha mostrato una buona tollerabilità senza effetti emodinamici significativi sul SNC. Tuttavia nel caso di ictus ischemici acuti che colpiscono l’uomo, la somministrazione del composto entro le 6 ore non sortisce alcun miglioramento; ciò si evince da studi randomizzati, a doppio cieco e placebo-controllati. Altri studi clinici che riguardano il gavestinel hanno dimostrato che può essere dannoso se somministrato in pazienti con una emorragia intracerebrale.

Fig. 36. Struttura chimica del gavestinel.

Selfotel

Il selfotel (Fig. 37) è un antagonista competitivo del glutammato che nei test preclinici ha mostrato effetti anticonvulsivanti, ansiolitici e anti- ischemici [43]. Questo composto somministrato in modelli animali di ictus ha ridotto sensibilmente il danneggiamento neuronale. La somministrazione di selfotel (a dosi variabili da 10 a 30 mg/kg per via intraperitoneale) in modelli di ischemia cerebrale globale nel ratto determina una neuroprotezione che si osserva però quando la sua assunzione avviene entro i 30 minuti successivi all’insorgenza dell’ischemia. L’azione neuroprotettiva di selfotel è stata confermata anche in ratti caratterizzati da carotidi e arteria cerebrale media occluse. In questo caso, l’infusione di selfotel per via endovenosa (10 mg/kg) ha ridotto il rischio di infarto. Il composto è efficace anche in un modello di ischemia reversibile del SNC nel coniglio. Per quanto riguarda la sicurezza e tollerabilità del selfotel in

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pazienti con ictus ischemico acuto, una singola dose di 1.5 mg/kg per via endovenosa è sicura e tollerabile, con gli effetti collaterali che possono essere controllati. Gli studi di fase III condotti su pazienti con gravi lesioni cerebrali non hanno dimostrato un rapporto beneficio/rischio soddisfacente (quattro dosi da 5 mg/kg ciascuna, ogni 24 ore). Per cui il selfotel, pur essendo un antagonista competitivo del glutammato, non è in grado di influenzare gli eventi a livello del sito recettoriale.

Fig. 37. Stuttura chimica del selfotel.

Aptiganel

L’aptiganel (Fig. 38) agisce da antagonista non competitivo del recettore NMDA [43]. In un modello di ictus ischemico nel ratto, la somministrazione per via endovenosa di aptiganel cloridrato riduce del 40- 70% l’entità del danno cerebrale e della disfunzione neurologica associata. Inoltre, in un modello di ischemia focale temporanea nel topo, questo composto è stato in grado di proteggere dal danno ischemico sia la sostanza bianca cerebrale sia quella grigia. Altri studi che riguardano eventuali lesioni della corteccia temporo-parietale sinistra hanno dimostrato che l’aptiganel riduce il gonfiore e il volume dell’edema. Ne consegue una riduzione della pressione intracranica e un aumento della pressione di perfusione cerebrale, tutti fattori indicativi della sua funzione neuroprotettiva.

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Fig. 38. Struttura chimica dell’aptiganel.

Nel 1994 Miur e altri studiosi hanno confermato che la farmacocinetica dell’aptiganel è favorevole per una potenziale terapia neuroprotettiva.

Tuttavia, la somministrazione di aptiganel su volontari comportava un aumento della pressione sanguigna e disturbi a livello del SNC. Un altro studio si è occupato di valutare sicurezza e tollerabilità di aptiganel in pazienti con ictus ischemico acuto; in particolare la somministrazione di 4.5 mg di aptiganel cloridrato per endovena e la sua successiva infusione a 0.75 mg/ora per 12 ore determina concentrazioni plasmatiche di farmaco tollerabili e scaturisce l’effetto neuroprotettivo in modelli animali. Negli studi su pazienti con ictus ischemico acuto l’uso di aptiganel, somministrato entro 6 ore dall’insorgenza dei sintomi, non è efficace, anzi può essere dannoso.

Poiché gli antagonisti non selettivi del recettore NMDA hanno effetti collaterali negativi che ne limitano l’uso, l’attenzione è stata rivolta verso composti in grado di modulare selettivamente alcuni sottotipi dei recettori NMDA. Da questo punto di vista gli antagonisti selettivi della subunità NR2B dei recettori NMDA mostrano un’attività analgesica e neuroprotettiva dando luogo a lievi effetti collaterali [43]. Molti antagonisti di NR1/NR2B come ifenprodil, eliprodil, traxoprodil e Ro 25-6981 dimostrano efficacia nei modelli preclinici di ischemia.

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Ifenprodil

L’ifenprodil (Fig. 39) è un antagonista selettivo della subunità NR2B dei recettori NMDA. Questo farmaco viene somministrato per perfusione (0.3-3 mg/kg per i.v.) dopo 3 ore dall’occlusione dell’arteria cerebrale media, determinando una riduzione del volume di tessuto necrotizzato, misurato 4 giorni dopo l’occlusione in misura dose-dipendente. Alla dose massima corrisponde una riduzione del volume del 42% [43]. Il composto Ro 25-6981 (Fig. 39), interagendo con i recettori NMDA ha dimostrato di essere più potente di ifenprodil.

Eliprodil

L’eliprodil (Fig.40) è un antagonista del recettore NMDA che agisce nel sito di modulazione delle poliammine; l’azione neuroprotettiva di eliprodil è stata valutata nel modello di lesione cerebrale laterale del ratto. La somministrazione di eliprodil (10 mg/kg per i.p.) riduce il volume del danno corticale del 60%. Inoltre la neuropatologia ha documentato l’attività neuroprotettiva di questo composto, analizzando un trauma cerebrale di tipo sperimentale [43], in cui l’eliprodil riduce il volume della lesione cerebrale.

Traxoprodil

Il traxoprodil (Fig. 41) è un antagonista competitivo della subunità NR2B dei recettori NMDA. Il suo effetto neuroprotettivo è stato evidenziato in un modello di ematoma subdurale (SDH) nel ratto. Il farmaco viene infuso 30 minuti dopo l’induzione di SDH, mostrando una riduzione dei danni cerebrali ischemici del 29-37% [43] e le dimensioni della zona danneggiata del 69%. Somministrato negli esseri umani ha

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mostrato una buona tollerabilità, penetrazione nel SNC e un miglioramento delle lesioni cerebrali. Quindi l’uso di traxoprodil in pazienti con lesioni cerebrali lievi o moderate conferma la buona tollerabilità del farmaco e l’assenza di effetti psicotropi. Inoltre questo composto veniva usato per la sua azione anti-parkinson nei roditori e nelle scimmie [43]. C’è da dire che non sono stati evidenziati particolari effetti collaterali a qualsiasi dose di traxoprodil. Questo farmaco ha ridotto di circa il 30% la grave discinesia indotta dalla levodopa mentre non migliora il parkinsonismo. Generalmente il farmaco è ben tollerato, si registra qualche lieve effetto collaterale quale amnesia o dissociazione, ma non ha efficacia in casi gravi di trauma cranico.

Ifenprodil Ro 25-6981

Fig. 39. Strutture chimiche di ifenprodil e Ro 25-6981.

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Fig. 41. Struttura chimica di traxoprodil.

Ro 63-1908

Il Ro 63-1908 (Fig. 42) è un antagonista potente e altamente selettivo della subunità NR2B dei recettori NMDA; è attivo contro convulsioni indotte dal suono (ED50= 4.5 mg/kg per i.p. in topi DBA/2), a quelle indotte da NMDA (ED50= 2.31 mg/kg per i.v.). Il Ro 63-1908 esplica un’azione neuroprotettiva nei confronti dei danni corticali che si sviluppano in un modello di ischemia focale permanente. La massima protezione di circa il 39% è stata osservata a una concentrazione plasmatica di 450 ng/ml, dose di farmaco alla quale non si sono sviluppati effetti collaterali cardiavascolari o a livello del SNC [43].

Fig. 42. Struttura chimica di Ro 63-1908.

Amantadina

L’amantadina (Fig. 43) è un antagonista con una bassa affinità per i recettori NMDA; è utile per il trattamento della malattia di Huntington e

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come terapia coadiuvante nel morbo di Parkinson, con particolare efficacia nei pazienti affetti da Parkinson che soffrono di discinesie [43].

Fig. 43. Struttura chimica dell’amantadina.

Memantina

La memantina è un altro antagonista con bassa affinità per i recettori NMDA. Lo scopo del farmaco era di contrastare la caratteristica rigidità motoria causata dal Parkinson, ma nonostante abbia mostrato una buona tollerabilità non ha determinato un sensibile miglioramento delle sensazioni di stanchezza, sonnolenza, depressione, riduzione dell’attenzione [43]. Riduce probabilmente i disturbi comportamentali del sonno REM in quei pazienti affetti da demenza da Parkinson, determina un miglioramento delle funzioni cognitive, una stabilizzazione delle disfunzioni motorie e una diminuzione della gravità dei disturbi mentali, specialmente nei pazienti con iperomocisteinemia.

La memantina è stata studiata anche per la terapia del morbo di Alzheimer. La malattia di Alzheimer è la forma più comune di demenza; lo scopo della memantina è di contrastare la tipica compromissione della memoria, le alterazioni cognitive e del funzionamento esecutivo.

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Dexanabinol

Il dexanabinol (Fig. 45) appartiene agli antagonisti non competitivi del recettore NMDA. Nei pazienti trattati con questo farmaco si osserva un miglioramento significativo della pressione intracranica, la pressione di perfusione cerebrale, senza compromettere la pressione sanguigna. Sono migliorati anche i risultati neurologici [43]. Ulteriori studi di fase III (randomizzati e placebo-controllati) hanno dimostrato che il dexanabinol è un farmaco sicuro ma non è efficace nel trattamento del trauma cranico.

Fig. 45. Struttura chimica del dexanabinol.

Remacemide

La remacemide (Fig. 46) è un antagonista non competitivo con bassa affinità per i recettori NMDA. Questo farmaco esercita un’azione anticonvulsivante sia in vari modelli animali di convulsioni, che negli studi clinici. Ha anche una funzione neuroprotettiva [43]. Gli effetti antiepilettici riguardano anche ratti di Strasburgo (GAERS) caratterizzati da assenza di tipo genetico e un modello audiogenico di epilessia. La remacemide ha dimostrato la sua efficacia in crisi tonico-cloniche, che era l’obiettivo primario, e ha confermato la sua attività anticonvulsivante nelle assenze. Inoltre non sono stati osservati gravi eventi avversi. La remacemide ha anche un moderato effetto neuroprotettivo nel danno neuronale causato dall’epilessia.

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La remacemide cloridrato potrebbe anche migliorare i sintomi del morbo di Parkinson modulando l’iperattività glutammatergica a livello dei gangli basali o potrebbe peggiorare la situazione riducendo l’eccitotossicità. Questo farmaco somministrato nei roditori dimostra una buona attività anti- parkinson e ridotti effetti collaterali. La remacemide è un farmaco sicuro e ben tollerabile per cui risulta utile in una terapia complementare a quella dopaminergica in pazienti affetti da morbo di Parkinson e fluttuazioni motorie.

Fig. 46. Struttura chimica della remacemide.

Neramexane

Il neramexane (Fig. 47) analogamente alla memantina, è un antagonista dei recettori NMDA. I due composti mostrano farmacocinetica e tollerabilità simili tra loro. Questo farmaco migliora la memoria a lungo termine (ippocampo dipendente) nei ratti adulti, per cui può essere utile nel trattamento della demenza [43].

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Dimebon

Il dimebon (Fig. 48), un antagonista dei recettori NMDA che agisce in un sito distinto da quello della memantina, è stato classificato inizialmente come farmaco antistaminico. La sua somministrazione per via sistemica migliora l’apprendimento in modelli sperimentali animali del morbo di Alzheimer [43]. Studi di tipo randomizzato, in doppio cieco, placebo- controllato, hanno dimostrato che il dimebon è un farmaco sicuro, ben tollerato e migliora significativamente il decorso clinico dei pazienti affetti da una forma lieve del morbo di Alzheimer.

Fig. 48. Struttura chimica di dimebon.

D-Cicloserina

L’antibiotico D-cicloserina (Fig. 49) è un agonista parziale del sito della glicina che permette di migliorare l’attività glutammatergica nella schizofrenia. Questo suggerisce che la D-cicloserina, in associazione con i tradizionali antipsicotici, può determinare un miglioramento dei sintomi negativi e dei deficit cognitivi [43]. Alcuni studi hanno confermato il ruolo potenziale della D-cicloserina nel trattamento dei sintomi negativi della schizofrenia, anche se in misura abbastanza modesta. Tuttavia la D- cicloserina somministrata una volta la settimana mostra benefici per i

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sintomi negativi della schizofrenia; in particolare, consolida la memoria e facilita la terapia cognitivo-comportamentale dei deliri.

Fig. 49. Struttura chimica della cicloserina.

Felbamato

Il felbamato (Fig. 50) è un antagonista non competitivo dei recettori NMDA, con un profilo anticonvulsivante ampio, simile a quello dell’acido valproico. Il composto blocca i recettori NMDA ma non mostra la tossicità neurocomportamentale tipica degli antagonisti dei recettori NMDA. Ha una modesta selettività per recettori NMDA costituiti dalle subunità NR1a/NR2B. Questa selettività spiega, in parte, il profilo clinico migliore del felbamato rispetto agli antagonisti del recettore NMDA che non mostrano selettività verso specifiche subunità [43]. Alcuni studi indicano che il felbamato è un farmaco anticonvulsivante efficace sui topi DBA/2. L’attività antiepilettica di questo farmaco innovativo è stata testata in vitro sui ratti, in particolare nelle forme di epilessia che riguardano l’area CA1 dell’ippocampo, indotte da agenti chimici epilettogenici.

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