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CANALI IONICI COME BERSAGLIO DI FARMACI NELLE DISFUNZIONI DEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE

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Academic year: 2021

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INDICE

1. INTRODUZIONE ... 2

2. CANALI DEL SODIO VOLTAGGIO-DIPENDENTI ... 4

2.1. Patologie ... 9

2.2. Bloccanti dei canali del sodio ... 15

3. CANALI DEL POTASSIO VOLTAGGIO-DIPENDENTI ... 31

3.1. Patologie ... 36

3.2. Modulatori dei canali del potassio ... 41

4. CANALI DEL CALCIO VOLTAGGIO-DIPENDENTI ... 46

4.1. Patologie ... 50

4.2. Bloccanti dei canali del calcio ... 54

5. RECETTORI P2X ... 59

5.1. Antagonisti dei recettori P2X ... 62

6. RECETTORI NMDA ... 64

6.1. Patologie ... 65

6.2. Antagonisti dei recettori NMDA ... 67

7. CANALI IONICI SENSIBILI AI PROTONI ... 79

7.1. Patologie ... 83

7.2. Bloccanti dei canali ASIC ... 87

8. RECETTORI GABA ... 95

8.1. Agonisti dei recettori GABA ... 98

9. CONCLUSIONI ... 105

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2 1. INTRODUZIONE

I canali ionici sono sempre stati connessi ai processi di scoperta dei farmaci. I tipi, principalmente riconosciuti come Na+, Ca²+, K+, Cl-, sono stati fondamentalmente associati ai processi neuronali. Di conseguenza, i farmaci che li bersagliano influenzano tutti gli organi e i sistemi correlati con l’attività neuronale, ossia il sistema nervoso centrale (SNC), il sistema nervoso periferico (SNP) e il sistema cardiovascolare. A livello del SNC, i farmaci sono principalmente indicati in caso di disturbi del sonno, ansia, epilessia e dolore.

Poiché molte patologie del SNC sono correlate a un’eziologia variabile, molti farmaci sono stati sviluppati mediante screening in vivo, in cui i test farmacologici sperimentati sugli animali hanno riprodotto specifiche patologie del cervello umano. Di conseguenza, i farmaci manifestano selettività per alcuni tipi di canali, come ad esempio la lamotrigina, moderno anticonvulsivante che agisce maggiormente sui canali del Na+ e del Ca2+.

Recentemente, sono stati scoperti nuovi sottotipi di canali ionici, che hanno favorito lo sviluppo di farmaci che agiscono su di essi. Un esempio è il canale del Na+, i cui sottotipi 1.3 e 1.7-1.9 sono responsabili del dolore e 1.1 e 1.2 dell’epilessia. Attualmente, quasi nessun farmaco mostra specificità per un singolo canale, fattore da cui può derivarne la tossicità. Sono invece allo studio nuovi candidati farmaci.

In questa tesi sono descritti i sottotipi di canali ionici che giocano un ruolo significativo nel processo di scoperta e di sviluppo di nuovi farmaci. In particolare, sono classificate le famiglie di canali e le relative sottofamiglie, evidenziandone la diversità strutturale. Viene descritta l’attività biologica dei nuovi potenziali farmaci sviluppati e, dove possibile, sono state commentate le relazioni struttura-attività.

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Attualmente, non esistono farmaci selettivi per un singolo sottotipo, mentre lo studio sui diversi sottotipi è stato sviluppato rapidamente, dando nuove nomenclature ai canali ionici. Ad esempio, i canali del Ca2+ non sono più suddivisi in T, L, N, P/Q e R, ma sono descritti come CaV1.1-CaV3.3, con una nomenclatura ancora più nuova: α1A-α1I e α1S. Inoltre, la scoperta di nuovi canali, come P2X1-P2X7, ha posto le basi per lo studio di nuovi tipi di farmaci analgesici.

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2. CANALI DEL SODIO VOLTAGGIO-DIPENDENTI

I canali del sodio voltaggio-dipendenti (VGSCs, voltage-gated sodium channels) sono proteine eteromeriche transmembrana che si aprono in risposta all’alterazione del potenziale di membrana e permettono una permeabilità selettiva per gli ioni sodio [1].

Fig. 1. Struttura schematica del VGSC.

I canali del sodio sono composti da diverse subunità. La subunità α forma un poro selettivo per il Na+, e ha una massa molecolare di 260 kDa. Essa consiste di quattro domini omologhi (I-IV o D1-D4), ognuno dei quali contiene sei segmenti transmembrana ad α-elica (S1-S6) e un segmento rientrante non elicoidale relativamente corto (SS1/SS2), conosciuto anche come segmento P e collocato tra S5 e S6. Tutti i segmenti e i domini sono connessi attraverso loop polipeptidici interni o esterni (Fig. 2). A causa della presenza di residui di aminoacidi carichi positivamente, i segmenti S4 sono anch’essi carichi positivamente e il loro ruolo è quello di promuovere

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l’attivazione voltaggio-dipendente dei canali del sodio spostandoli verso l’esterno mentre questi vengono influenzati dal campo elettrico. Pertanto, i segmenti S4 servono come sensori di voltaggio. I loop intracellulari corti, che collegano i domini III e IV, occludono la terminazione citoplasmatica dei pori quando il canale viene inattivato. I loop membranali tra S5 e S6, che sono parte del segmento P, costituiscono il filtro a selettività ionica e la regione esterna del poro. I canali del sodio possiedono anche una o più subunità-β di circa 35 kDa. Il ruolo delle subunità-β è di influenzare le proprietà delle subunità-α, compresa la modulazione delle correnti di sodio. Inoltre, esse agiscono come molecole di adesione cellulare e svolgono un ruolo nell’aggregazione, nella migrazione nonché nell’espressione della superficie cellulare. Tipicamente, le subunità-β possiedono un grande dominio N-terminale extracellulare di tipo immunoglobulina, una singola regione transmembrana e una regione intracellulare C-terminale. Le subunità α e β sono legate non-covalentemente (α con β1 o β3) o covalentemente, ad esempio per mezzo di legami disolfuro (α con β2 o β4).

Esistono almeno tre stati funzionali dei canali del sodio (Fig. 3). Lo stato “di riposo” (chiuso, attivabile) emerge dal cambiamento conformazionale che richiede la ripolarizzazione della membrana (potenziali di membrana inferiori -60 mV). In questo stato i canali sono pronti per aprirsi. In risposta alla depolarizzazione della membrana essi diventano “aperti” (o “attivati”) e permettono un rapido afflusso di ioni sodio. Successivamente i canali possono essere nuovamente inattivati, se subiscono cambiamenti conformazionali in cui i residui di isoleucina, fenilalanina e metionina tra i domini III e IV giocano un ruolo importante. Quando l’inattivazione richiede un tempo di circa 1 ms è detta “inattivazione-rapida” e i canali passano a uno stato inattivato-rapido. In alternativa, alcuni canali subiscono un’inattivazione-lenta, che richiede un

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tempo notevolmente più lungo (da secondi a minuti). In seguito allo stato di “inattivazione-lenta”, viene creato un quarto possibile stato funzionale [2]. I cambiamenti funzionali e la crescente permeabilità agli ioni Na+ provocano la generazione di correnti di sodio, che sono responsabili dell’aumento del potenziale d’azione. Molti neuroni possiedono due tipi di correnti di sodio: transitoria e persistente. La corrente di Na+ transitoria (INaT) è collegata all’apertura del canale quando gli ioni sodio si muovono passivamente attraverso il canale sulla base del loro gradiente elettrochimico. La corrente di Na+ persistente (INaP) è una piccola corrente del sodio lentamente inattivante con una cinetica di inattivazione relativamente lunga (decine di secondi), che si manifesta quando l’inattivazione dei canali è incompleta. Questa si attiva come potenziali vicini o leggermente più negativi rispetto al potenziale di membrana di riposo. La sua ampiezza è relativamente piccola e costituisce circa l’1% dell’ampiezza del picco della corrente transitoria del sodio.

Una prima classificazione suddivide i canali del sodio in due gruppi, entrambi sensibili o non-sensibili alla tossina del pesce palla, la tetrodotossina (TTX). Gli attuali nomi dei canali del sodio voltaggio-dipendenti derivano dal tipo di subunità-α che è stato clonato. I canali da NaV1.1 a NaV1.9 si riferiscono a proteine e si differenziano in forme funzionali di subunità-α. Inoltre, è stata identificata un’unica subunità-α conosciuta come NaX. La subunità manca degli aminoacidi necessari per una corretta voltaggio-dipendenza e ha dimostrato di essere dipendente dalla concentrazione di sodio extracellulare [2]. La resistenza alla TTX è una caratteristica di NaV1.5, NaV1.8 e NaV1.9 (blocco in concentrazione micromolare), mentre NaV1.1, NaV1.4, NaV1.6 e NaV1.7 sono sensibili a concentrazioni nano molari di TTX [2]. L’espressione di diversi sottotipi mostra specificità tissutale e cellulare (Tabella 1).

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Fig. 2. Disposizione schematica delle subunità α e β del VGSC. Il poro è colorato di rosso, i sensori di voltaggio di giallo.

Fig. 3. Potenziale d’azione della membrana neuronale nei diversi stati funzionali del VGSC.

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Tabella 1. Localizzazione dei diversi tipi di Canali del Sodio Voltaggio-dipendenti nell’organismo umano.

Tipi di subunità α dei canali del

sodio

Geni umani Localizzazione Patologia

NaV1.1 SCN1A

Cervello: soma neuronale, dendriti

prossimali Epilessia NaV1.2 SCN2A

Cervello: prevalentemente lungo gli assoni: amielinici e mielinici, segmenti

iniziali assonali

Epilessia

NaV1.3 SCN3A

Cervello: soma neuronale, dendriti prossimali; over-espressi nei neuroni

ippocampali dei soggetti epilettici

Epilessia, Dolore neuropatico

centrale NaV1.4 SCN4A Muscolo scheletrico

NaV1.5 SCN5A

Muscolo cardiaco; alcuni neuroni e cellule della microglia

Fibrillazione atriale, fibrillazione

ventricolare

NaV1.6 SCN8A

Cervello: segmenti iniziali assonali, nodi di Ranvier, soma neuronale, dendriti dei

neuroni di proiezione e dendriti prossimali, assoni mielinici e amielinici

Atassia

NaV1.7 SCN9A

Neuroni sensoriali primari periferici e

neuroni del ganglio del trigemino Dolore neuropatico NaV1.8 SCN10A

NaV1.9 SCN11A

Le sigle SCN1A-SCN5A e SCN8A-SCN11A si riferiscono a geni che codificano proteine che costituiscono le diverse subunità-α dei canali del sodio; ad esempio SCN6A/SCN7A codificano la subunità NaX. SCN1B-SCN4B sono geni responsabili rispettivamente della codificazione delle subunità β-1 e β-4. SCN1B è espressa come due varianti β-1 e β-1B, entrambe caratteristiche per cervello e cuore umano. Quattro geni per i canali del sodio sono espressi principalmente nel SNC: SCN1A, SCN2A, SCN3A, e SCN8A [3]. In questa ottica i canali del Na+ sono stati studiati come possibili bersagli per la terapia di alcune disfunzioni del SNC.

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2.1. Patologie Epilessia

L’epilessia è uno dei più comuni disordini neurologici. In generale, essa è una propensione al verificarsi di crisi epilettiche non provocate, che sono il risultato di scariche sincronizzate di un gran numero di neuroni. Oggi si sa che l’espressione o il funzionamento anormale dei canali VGSC potrebbero essere implicati nella fisiopatologia sia dell’epilessia acquisita sia di quella ereditaria [4]. Una prova concreta del ruolo di alcuni canali del sodio (VGSC) nell’epilettogenesi deriva dall’identificazione di varie mutazioni nei geni dei canali del sodio voltaggio-dipendenti che portano alla sindrome epilettica ereditaria. Alcuni esempi sono elencati nella (Tabella 2).

Tabella 2. Sindrome epilettica come risultato di mutazioni nei geni dei canali del sodio.

Geni mutati Sindrome Epilettica

SCN1A

Epilessia mioclonica severa dell’infanzia (SMEI) Epilessia generalizzata con attacchi febbrili (GEFS+) Attacchi febbrili benigni (FS)

SCN2A

Attacchi neonatali-infantili ereditari (BNIFS)

Epilessia generalizzata con attacchi febbrili (GEFS+) Epilessia generalizzata idiopatica

SCN1B

Epilessia mioclonica severa dell’infanzia (SMEI) Epilessia generalizzata con attacchi febbrili (GEFS+) Assenze infantili

Epilessia del lobo temporale

Si ritiene inoltre che la malattia sia anche associata a un significativo aumento della corrente di sodio persistente, 2-5 volte maggiore che in condizioni fisiologiche, come osservato in casi di epilessia lobo temporale e in neuroni ottenuti dall’asportazione del lobo temporale di pazienti epilettici [4]. Questa corrente potrebbe causare un innalzamento del potenziale sinaptico, una generazione di oscillazioni sottosoglia, una facilitazione di impulsi ripetitivi e un prolungamento dei potenziali depolarizzati. La

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corrente di sodio persistente è particolarmente interessata nei neuroni piramidali neocorticali.

Per qualsiasi composto, compresi i bloccanti del canale del sodio, l’attività anticonvulsivante risulta impossibile senza la penetrazione della barriera emato-encefalica, poiché la molecola chimica deve raggiungere i canali bersaglio NaV1.1, NaV1.2, NaV1.3, e/o NaV1.6 localizzati nel cervello. Inoltre, la capacità di aprire e/o a inattivare i canali in funzione del loro stato è vantaggiosa per quanto riguarda il meccanismo patogenetico dell’epilessia. Gli anticonvulsivanti devono possedere un basso effetto sulla normale attività cerebrale, ma agire sulle scariche patologiche durante le crisi convulsive. L’inibizione dei canali aperti e/o inattivati causa un forte ritardo nel recupero da quello stato e una riduzione della conduttanza del sodio [5]. I bloccanti dei canali del sodio usati come farmaci antiepilettici non mostrano significative differenze nei confronti delle specie o sottotipi di canali, il che potrebbe essere il risultato della natura altamente conservata del sito di legame per questi farmaci. La fenitoina e la carbamazepina fanno parte dei farmaci antiepilettici (AED) che esercitano la loro azione principalmente attraverso l’inibizione della corrente del sodio. La loro efficacia clinica in crisi tonico-cloniche parziali e generalizzate e la mancanza di attività in crisi di assenza sono in accordo con il loro profilo di attività nei modelli animali. Essi sono efficaci nel test dell’elettroshock massimale (MES) che è considerato un modello predittivo delle crisi tonico-cloniche generalizzate, ma non sono attivi nei test con pentetrazolo (scMet), che permettono di verificare l’attività del farmaco nei confronti di crisi non-convulsive [6]. D’altra parte, molti farmaci antiepilettici (AED) attualmente utilizzati hanno un meccanismo d’azione misto e l’inibizione o la modulazione dei canali del sodio influenzano ulteriori bersagli nel cervello. Questi farmaci sono clinicamente efficaci contro diversi tipi di crisi, anche se ci sono ancora molti dubbi in merito all’efficacia

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dell’inibizione dei canali del sodio voltaggio-dipendenti (VGSC) per l’attività anticonvulsivante. Un esempio è l’acido valproico (Fig. 4), uno dei farmaci antiepilettici (AED) più usati nel trattamento di crisi parziali e generalizzate sia in adulti che in bambini [7]. Numerosi studi hanno dimostrato la sua capacità di ridurre sia le correnti del sodio nei neuroni corticali del ratto (a una concentrazione di 0,2-2 mM) sia la corrente del sodio persistente (con elevata potenza, IC50 di 13.87 ± 0.36 µM) nei canali Nav1.2 ricombinanti umani (IC50 514 µM). Il valproato provoca alterazione dei canali del sodio voltaggio-dipendenti (VGSC) poiché, essendo un acido grasso, potrebbe modulare i canali influenzando le proprietà biofisiche della loro membrana, ma ciò non spiega l’intera attività [7].

Fig. 4. Struttura chimica dell’acido valproico.

Danni alle cellule neuronali (neurodegenerazione)

I danni alle cellule neuronali potrebbero essere dovuti, tra le altre cause, da ipossia che si manifesta in caso di una diminuita o interrotta disponibilità di ossigeno. La corrente del sodio persistente è stata identificata come primo e fondamentale evento nell’ipossia. Altri meccanismi coinvolti nelle lesioni degli assoni centrali sono un malfunzionamento della Na+-K+ ATPasi e una riduzione di efflusso di K+. Di conseguenza, si osservano un’aumentata concentrazione di ioni sodio e una depolarizzazione della membrana cellulare nei neuroni dell’ippocampo del ratto [8, 9]. L’aumento della concentrazione di Na+ innesca l’azione dello scambiatore Na+/Ca2+ (Fig. 5); di conseguenza, la concentrazione di Ca2+ aumenta

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significativamente, generando un meccanismo di lesione calcio-dipendente. I farmaci che inibiscono la corrente del sodio persistente potrebbero ridurre il danno cellulare nei neuroni del SNC dovuto a ischemia o ipossia, grazie a una riduzione secondaria della concentrazione di Ca2+ nelle cellule.

Fig. 5. Innalzamento della concentrazione di Ca2+ a seguito di un maggiore afflusso di Na+.

È stato evidenziato che i canali NaV1.6 possono generare correnti persistenti del sodio maggiori rispetto ad altri tipi di canali del sodio e che potrebbero essere quindi responsabili di un aumento di attività dello scambiatore Na+/Ca2+. Di conseguenza, può verificarsi una lesione degli assoni demielinizzati nel midollo spinale [10]. La corrente del sodio persistente potrebbe costituire anche un importante fattore contribuendo al

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danno neuronale nella Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). È da notare che la sclerosi multipla (SM), malattia a decorso cronico della sostanza bianca, non è soltanto una condizione neuroinfiammatoria ma potrebbe anche essere causata da disfunzione mitocondriale, e il meccanismo molecolare del danno tissutale è simile a quello della lesione ipossica del SNC. Si è pensato che gli agenti neuroprotettivi progettati per l’ischemia possano essere efficaci nella sclerosi multipla (SM) come terapeutici adiuvanti [11]. Il crescente afflusso di ioni sodio nelle cellule è stato inoltre ipotizzato come evento chiave iniziale nella patogenesi del danno traumatico secondario del SNC. Alcuni bloccanti dei canali del sodio voltaggio-dipendenti (VGSC), come la fenitoina o il riluzolo, hanno mostrato un’attività neuroprotettiva in molti studi sperimentali di lesioni del midollo spinale a livello del recupero motorio, neurocomportamentale e istopatologico [12].

Emicrania

L’emicrania è un disturbo episodico comune del SNC, che è caratterizzato da ricorrenti mal di testa invalidanti e sintomi associati [13]. Alcuni bloccanti dei canali del sodio sono stati coinvolti nella terapia dell’emicrania, tuttavia, il loro preciso meccanismo d’azione in tale condizione non è totalmente chiaro [4]. Generalmente, si assume che l’inibizione delle correnti del sodio sia in grado di ridurre l’ipereccitabilità corticale che predispone a emicrania. Alcune ipotesi affermano anche che i bloccanti dei canali del sodio voltaggio-dipendenti (VGSC) potrebbero influenzare la depressione corticale diffusa (CSD), definita come un’onda di depolarizzazione neuronale e gliale a lenta propagazione. Risulta sempre più evidente che i sintomi dell’emicrania e il mal di testa vengono attivati dalla CSD. Inoltre, l’emicrania emiplegica familiare, sindrome di emicrania

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autosomica dominante, potrebbe essere causata anche dalla mutazione del gene SCN1A.

Dolore neuropatico

Il dolore neuropatico è una forma di algesia causata da un’anomalia funzionale dei neuroni, dovuta al loro danneggiamento [14]. I canali del sodio voltaggio-dipendenti situati nei neuroni sensoriali periferici giocano un ruolo importante nella sua fisiopatologia a causa della loro ipereccitabilità e generazione di impulsi a potenziale d’azione spontanei. Il blocco dei canali del sodio voltaggio-dipendenti (VGSC) contribuisce all’attività analgesica. Farmaci vantaggiosi nella farmacoterapia del dolore neuropatico potrebbero essere i bloccanti selettivi dei canali NaV1.7, NaV1.8 o NaV1.9, al momento non disponibili sul mercato farmaceutico. In questo caso si usano i bloccanti non-selettivi, che in origine erano utilizzati per disturbi diversi, come ad esempio l’epilessia [14]. I canali del sodio NaV1.3 sono stati anche coinvolti nel dolore neuropatico periferico. Essi sono espressi a livelli relativamente alti nei neuroni embrionali della radice dorsale gangliare (DRG) del ratto, mentre nel roditore adulto la loro espressione è molto limitata [15]. Tuttavia, dopo il verificarsi di un’infiammazione cronica o di una lesione nervosa, essi risultano sovraregolati nei neuroni sensoriali di secondo ordine del corno dorsale. Questi risultati suggeriscono che i canali NaV1.3 potrebbero essere correlati con il dolore neuropatico centrale [15]; di conseguenza, nel trattamento del dolore neuropatico potrebbero essere utilizzati non solo i bloccanti NaV1.7, NaV1.8 o NaV1.9, ma anche i bloccanti NaV1.3.

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Atassia

L’atassia è un’altra patologia associata ai canali del sodio, e più precisamente a NaV1.6. Il motivo di quest’affermazione deriva da alcuni studi genetici che hanno mostrato che le mutazioni del gene SCN8A nei topi portano una serie di sintomi che vanno da atassia lieve a distonia, paralisi e mortalità giovanile [16]. Altre ricerche hanno dimostrato il ruolo delle loro mutazioni anche nelle sindromi epilettiche. Esse potrebbero fungere da modificatori genetici di SMEI e GEFS+. Studi sul genoma umano hanno evidenziato una mutazione nel gene SCN8A dei canali NaV1.6, che potrebbe essere responsabile dei deficit motori e cognitivi dell’espressività variabile. Questa mutazione eterozigote porta ad atrofia cerebellare, atassia e ritardo mentale, mentre non è stato individuato alcun fenotipo epilettico negli esseri umani. Ligandi selettivi per NaV1.6 potrebbero trovare un ruolo importante tra le terapie per l’atassia.

2.2. Bloccanti dei canali del sodio

I bloccanti dei canali del sodio erano usati in terapia anche prima che i loro bersagli farmacologici venissero identificati o clonati. Ad esempio, il primo anestetico locale, la cocaina, fu introdotto nel 1884 per l’analgesia chirurgica [2]. Con lo sviluppo scientifico, sono state rese disponibili informazioni dettagliate riguardo la struttura dei canali del sodio. Inizialmente, sono stati ricavati modelli semplici, che hanno mostrato come le subunità siano incorporate nella membrana (Fig. 2), successivamente sono state schematizzate le regioni che formano i pori, utilizzando come modelli i già noti canali del potassio [1]. Infine, è stata ottenuta la struttura cristallina del canale del sodio voltaggio-dipendente di Arcobacter butlzeri (NaVAb) [17]. Parallelamente agli studi strutturali sui canali del sodio, sono

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stati sviluppati saggi funzionali. A tale scopo, è stata ottenuta la clonazione di singoli canali del sodio, compreso il ricombinante umano, sia wild-type che mutante, in diverse linee cellulari. Ciò ha favorito studi dettagliati su una specifica popolazione di canali. Inoltre, molte tecnologie sono state utilizzate per analizzare le proprietà biologiche dei bloccanti dei canali del sodio, come ad esempio saggi con ligandi radioattivi, saggi di flusso radioattivo, saggi di fluorescenza, utilizzo di coloranti voltaggio-sensibili [1], identificando diversi siti di legame. I canali del sodio sono il bersaglio molecolare di molte neurotossine, che potrebbero servire come strumenti nello studio della funzione e della struttura dei canali. Ad esempio, tetrodotossina e saxitossina si legano al sito 1 (domini I SS2-S6, II SS2-S6, III SS2-S6 e IV SS2-S6), batracotossina, veratridina e aconitina al sito 2 (dominio IS6), le tossine α-scorpion al sito 3 (I S5-S6), le tossine β-scorpion al sito 4, DDT al sito 7, e infine i comuni anticonvulsivanti e gli anestetici locali si legano al sito 9. Il legame a uno specifico sito del recettore è correlato a un effetto fisiologico definito, il coinvolgimento diretto del trasporto ionico è caratteristico dei siti 1 e 9 e la modifica del processo di uscita dei siti da 2 a 8 [18].

Fenitoina, carbamazepina e lamotrigina, sebbene abbiano una diversa struttura chimica, sembra si leghino allo stesso sito del recettore. Il tipo di interazione è bimolecolare, mediante un processo di legame uno a uno. Inoltre, il sito d’azione del farmaco anticonvulsivante è situato sul lato extracellulare del canale [19]. Studi di modellistica molecolare hanno permesso la valutazione delle modalità di legame dei diversi bloccanti dei canali del sodio, sfruttando modelli omologhi per altri canali ionici voltaggio-dipendenti: calcio e potassio [5]. Modellistica molecolare insieme ad appropriati studi di mutagenesi sito-specifica hanno condotto all’identificazione dei residui aminoacidici essenziali per il legame col canale (Fig. 6). Un modello farmacoforico del legame tra AED e VGSC

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evidenzia che è necessaria la presenza di un anello aromatico e di un gruppo polare, in particolare ammidico, amminico o immidico, in una specifica conformazione spaziale. Nella ricerca, nel campo delle correnti del sodio, la registrazione delle correnti transitorie e persistenti mediante il blocco di aree di una cellula intera, ha permesso di individuare l’attività di particolari composti su correnti specifiche.

Fig. 6. Rappresentazione dei siti di legame dei AED che agiscono come bloccanti dei canali del sodio a livello di NaV1.2. Si ha un’interazione tra l’anello aromatico del

farmaco e quello della Tyr-1771 mentre il gruppo ammidico, amminico o immidico interagisce con l’anello aromatico della Phe-1764.

Al momento, i bloccanti dei canali del sodio fungono da farmaci in diverse patologie. Sono ampiamente studiati in funzione della loro

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selettività. Molti bloccanti dei canali del sodio sono stato-dipendenti, vale a dire che hanno una maggiore affinità per il canale allo stato aperto e/o inattivato piuttosto che allo stato di riposo [2]. La stessa situazione vale per i farmaci anticonvulsivanti e per gli anestetici locali. Sebbene entrambi i gruppi differiscano significativamente nella struttura chimica, sembrano legarsi allo stesso sito del poro del canale con affinità simile, mostrando un diverso effetto terapeutico. I bloccanti dei VGSC agiscono attraverso i siti diversi della subunità α, non sono noti farmaci che interagiscono direttamente con la subunità β [1].

Fenitoina (PHT)

La fenitoina (Fig. 7), testata su animali risulta essere attiva nel MES test mentre non lo è nel scMet [20]. È considerata un prototipo di bloccante dei canali del sodio tra i farmaci antiepilettici. La PHT si lega preferenzialmente ai canali del sodio veloci o inattivati piuttosto che a quelli allo stato di riposo [19], e di conseguenza inibisce la diffusione del potenziale d’azione.

Studi preclinici hanno evidenziato inoltre un ruolo favorevole della fenitoina in modelli animali di encefalomielite autoimmune sperimentale (EAE) e di sclerosi multipla. La somministrazione di PHT ha prodotto un miglioramento dello stato clinico, una protezione degli assoni, un innalzamento della soglia del potenziale d’azione e una riduzione di infiltrato immuno-infiammatorio, agendo quindi da neuroprotettore.

È stato dimostrato che la PHT si lega ai VGSC inattivati con Ki di 7 µM (testata su neuroni dell’ippocampo del ratto) e di 19 µM (testata su canali del sodio espressi nell’ovocita di Xenopus).

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Il docking molecolare sul canale NaV1.2 sfrutta un modello omologo alla struttura cristallina dei canali del potassio, dimostrando che può legarsi al sito presente sul dominio IV-S6. L’anello aromatico permette l’interazione aromatica con la Tyr-1771, e il gruppo polare ammidico o immidico interagisce con l’anello aromatico della Phe-1764, mediante un legame a idrogeno amino-aromatico a bassa energia. Sono stati sintetizzati e sviluppati diversi derivati della fenitoina con una certa affinità per i canali del Na+, portando alla conclusione che il secondo anello aromatico in posizione 5 non è necessario per il legame con i VGSC; esso può essere sostituito da sistemi alifatici come pentile, esile o eptile. Inoltre la fenitoina è efficace in caso di crisi tonico-cloniche parziali o generalizzate, ma non lo è in caso di crisi convulsive [20].

Fig. 7. Struttura chimica della fenitoina.

Carbamazepina (CBZ)

La carbamazepina (Fig. 8) è un vecchio AED, sviluppato tra la fine degli anni ‘50 e l’inizio degli anni ‘60. Dai test in vivo la CBZ ha mostrato efficacia nel MES test effettuato su topi, oltre che nel kindling amigdaloideo sul ratto, mentre non mostra alcuna attività nel test del pentetrazolo per via sottocutanea [14, 20].

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Fig. 8. Struttura chimica della carbamazepina.

Sebbene abbia ormai una posizione ben consolidata nel mercato farmaceutico, il suo meccanismo d’azione non è stato compreso del tutto. Sicuramente essa è in grado di inibire i VGSC in maniera voltaggio e frequenza dipendente [4]. Ha una maggiore affinità verso i canali VGSC veloci o inattivati piuttosto che verso quelli allo stato di riposo. La CBZ inoltre blocca la corrente del Na+ persistente, in modo concentrazione-dipendente nei canali NaV1.3 espressi nelle cellule HEK293 con EC50 16±4 µM e un blocco massimo (EMAX) del 46±4%. Questa inattivazione della corrente persistente del sodio sembra essere correlata a un’inibizione della corrente transitoria del sodio. La modellistica molecolare ha mostrato che i segmenti farmacoforici di CBZ e PHT sono simili e che anche la CBZ è in grado di sviluppare un’interazione con il sito di legame del dominio IV-S6. La CBZ è utilizzata nella terapia di crisi tonico-cloniche parziali semplici o complesse e generalizzate, ma non è efficace nelle assenze [14, 20].

Eslicarbazepina acetato (ESL)

L’eslicarbazepina acetato (Fig. 9) è un AED di seconda generazione. E’ efficace in diversi modelli animali di convulsioni provocate sia elettricamente (MES) sia chimicamente (pentetrazolo, bicucullina, picrotossina, 4-aminopiridina) [21].

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Fig. 9. Struttura chimica dell’esilcarbazepina acetato.

Sebbene il suo preciso meccanismo d’azione non sia stato ancora spiegato, è assodato che l’ESL inibisce la corrente del Na+ in maniera voltaggio-dipendente nei test su cellule di neuroblastoma di topo NIE-115. Si lega preferibilmente ai VGSC allo stato inattivato limitando così la propagazione dell’impulso e la diffusione delle crisi. Da test eseguiti su membrane cerebrali di ratto si è notato che l’ESL si lega, in modo competitivo, al sito 2 del canale a cui si lega la neurotossina, ma non al sito 1, con IC50 di 222 µM (138-358), spiazzando il marcatore 3H-BTX. L’ESL è stato autorizzato in Europa (non negli USA) come terapia aggiuntiva nelle crisi parziali con o senza generalizzazione secondaria negli adulti [22].

Lamotrigina (LTG) e composti correlati

La lamotrigina (Fig. 10) ha un’efficacia comprovata in diversi test su crisi animali: MES, test 6Hz, kindling corneale nelle cavie, kindling ippocampale nei ratti, crisi indotte dal suono. Il suo meccanismo d’azione comporta un’inibizione dei canali del sodio e del calcio [6, 14].

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Il concetto farmacoforico elaborato con la PHT permette di individuare nella LTG gli elementi responsabili del legame con il sito del recettore IV-S6. Gli elementi in questione sono l’anello fenilico e il gruppo amminico in posizione cinque della triazina, che è distanziato dall’anello aromatico mediante tre legami chimici. L’affinità di legame tra LTG e i NaV1.2 del cervello del ratto (espressi negli ovociti di Xenopus) allo stato inattivato è stata stimata intorno a 31.9 µM [23] mentre l’affinità del composto nei confronti dei canali allo stato chiuso è molto bassa (IC50 641 µM; inibizione della corrente massima a -90 mV nella subunità α del canale NaV1.2 umano espresso nelle cellule dell’ovaio del criceto cinese (CHO)). Sono stati sintetizzati molti composti con struttura correlata a quella della LTG. Alcuni esempi di composti che mostravano proprietà biologiche nettamente diverse hanno permesso la correlazione tra il sito di legame del canale del sodio e gli effetti farmacologici che ne derivano. Tutti i composti bloccano il canale del sodio in modo voltaggio-dipendente ma differiscono per la loro affinità per i canali del sodio inattivati (Tabella 3). Dal risultato delle analisi fatte su canali del sodio mutanti fu provato che tutti i composti si legano al sito S6 del dominio IV, e più precisamente ai residui aminoacidici 1764 e 1771 e in parte anche al 1760. Infatti l’aa 1764 sembra essere indispensabile per il blocco del canale del sodio voltaggio-dipendente, considerando che l’interazione con altri residui è più variabile [23].

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Tabella 3. Affinità di legame, proprietà farmacologiche e siti di legame proposti per LTG e composti analoghi.

KD (μM) canali del

Na+ del cervello di topo (NaV1.2)

espressi negli ovociti di Xenopus in stato inattivato (-50 mV) Proprietà farmacologica valutata negli studi preclinici Posizioni degli aminoacidi nel sito di

legame IV-S6 17,3 Analgesia ma non attività anticonvulsivante 1764 – interazione forte 1771 – interazione forte 1760 – interazione molto debole 3,7 Analgesia e attività anticonvulsivante 1764 – interazione molto forte 1771 – interazione modesta 1760 – interazione molto debole 10,3 Prevenzione della tossicità neuronale post-stroke 1764 – interazione molto forte 1771 – interazione debole 1760 – interazione debole Possibili interazioni

con altri residui aminoacidici presenti in

altri segmenti transmembrana

JZP-4

Il JZP-4 (Fig. 11) è un farmaco di seconda generazione rispetto alla lamotrigina, da cui differisce per una struttura leggermente modificata. Possiede un ampio spettro di attività anticonvulsivante nella valutazione

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preclinica (MES, kindling ippocampale e amigdaloideo sul ratto, 6 Hz). Ha un effetto inibitorio sia sui canali del sodio sia su quelli dal calcio [24].

I test effettuati sui canali del sodio NaV1.2 umani hanno dimostrato la sua capacità di inibizione uso e voltaggio dipendente, nonché la possibilità di spostare l’iperpolarizzazione allo stato inattivato. I valori di IC50 per JZP-4 erano rispettivamente 165 e 6 µM a -90 e -60 mV. Mentre, sui NaV1.3, sono stati ottenuti valori di IC50 rispettivamente di 333, 43 e 7 µM a 120, -90 e -70 mV. Oltre all’azione che esplica sui canali NaV1.2 e NaV1.3, il JZP-4 ha anche mostrato una debole inibizione dei canali NaV1.8/1.9 su tessuto gangliare della radice dorsale del ratto. Il JZP-4 è in fase II di sperimentazione clinica dell’epilessia.

Fig. 11. Struttura chimica di JZP-4.

Lacosamide (LCM)

La lacosamide (Fig. 12) mostra un’ampia attività anticonvulsivante in diversi modelli di crisi convulsive: nel test MES, nel kindling ippocampale, nelle crisi audiogeniche, nello stato epilettico autosufficiente (SSSE), nel kindling amigdaloideo e nel test 6 Hz. L’attività che risulta dal test 6 Hz è differente rispetto ad altri AED che interessano i canali del sodio [25].

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La lacosamide non manifesta elevata affinità per una serie di recettori e canali ionici. In particolare, ha mostrato una debole affinità per il sito 2 dei VGSC della corteccia del ratto (spiazzamento della [3H]-batracotossina, con inibizione – 25% a 10 µM). Dopo un ulteriore test, è stato dimostrato che gli effetti analgesici e anticonvulsivanti della LCM sono dovuti a un’attenuazione delle correnti del Na+. La lacosamide, testata su canali del sodio umani ricombinanti come NaV1.3 e NaV1.7, ha dimostrato una maggiore affinità per i canali inattivati piuttosto che per quelli a riposo, ma comunque inferiore alla carbamazepina. Contrariamente ad altri AED, come la carbamazepina, la LCM influenza probabilmente una lenta inattivazione del canale del sodio senza alcun effetto sulla inattivazione veloce. Questo è un meccanismo d’azione unico che si traduce in un blocco dell’attività dei neuroni che sono perennemente depolarizzati, ma non riguarda quelli che possiedono potenziali di riposo normali.

La lacosamide è stata autorizzata per la terapia delle crisi ad esordio parziale. Ha proprietà che possono essere utili anche per una vasta gamma di pazienti affetti da dolore neuropatico, per esempio nella neuropatia diabetica [25].

Fig. 12. Struttura chimica della lacosamide.

Topiramato (TPM)

Il topiramato (Fig. 13) esercita la sua attività antiepilettica attraverso diversi meccanismi d’azione, come il blocco dei VGSC, il potenziamento

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della trasmissione GABAergica e la modulazione dei siti dei recettori AMPA. Esso mostra uno spettro di proprietà anticonvulsivanti relativamente ampio, evidenziato da studi condotti su animali come MES (su topi e ratti), DBA/2 (su topi propensi alle crisi) e kindling amigdaloideo (su ratti). Il topiramato è inattivo o debolmente attivo nelle crisi indotte chimicamente con pentetrazolo, picrotossina, bicucullina, stricnina [26].

È stato dimostrato che il topiramato blocca la corrente persistente del Na+ nei NaV1.3 espressi nelle cellule HEK293, con EC50 61±37 nM e un blocco massimo EMAX 30±4%. Allo stesso tempo, la sua capacità di trasferire la corrente del sodio transitoria a potenziali negativi è più bassa (ED50 3.2 µM). Questa scoperta suggerisce che il topiramato agisce principalmente mediante l’inibizione della corrente del Na+ persistente, a differenza dei più comuni AED come carbamazepina e fenitoina che inibiscono soprattutto la corrente del Na+ transitoria. La sua applicazione clinica riguarda il trattamento di crisi parziali refrattarie e in secondo luogo generalizzate [26]. In dosi comprese tra 25 e 100 mg/die il TPM è stato approvato anche per la profilassi dell’emicrania.

Fig. 13. Struttura chimica del topiramato.

Carisbamato

Il carisbamato (Fig. 14) ha mostrato un ampio spettro di attività nella valutazione preclinica degli anticonvulsivanti, come nel MES, nel scMET,

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in crisi indotte da picrotossina e bicucullina e in crisi audiogeniche. Inoltre, la sua efficacia è provata nel kindling amigdaloideo su ratti e nel kindling su topi resistenti alla lamotrigina. Il suo meccanismo d’azione prevede un’inibizione dei VGSC e una modesta inibizione dei canali del calcio [6, 24].

Il carisbamato ha mostrato un’inibizione concentrazione, voltaggio e uso dipendente dei canali NaV1.2 del ratto, espressi in cellule CHL1610 con una IC50 di 68 µM (a -67mV). A livello dei neuroni ippocampali del ratto, il carisbamato blocca i VGSC, con una IC50 di 89 µM (a -67mV) e inibisce l’insorgenza ripetitiva dei potenziali d’azione in maniera dipendente dalla concentrazione (dal 46% a 30 µM e 87% a 100µM) [27].

Fig. 14. Struttura chimica del carisbamato.

Rufinamide

La rufinamide (Fig. 15) ha mostrato attività nel MES e nel test pentetrazolo-indotto su roditori, oltre al caso di spasmi clonici nel topo indotti da bicucullina e picrotossina [22].

Fig. 15. Struttura chimica della rufinamide.

Il principale meccanismo d’azione riguarda la modulazione dei canali del sodio. A una concentrazione di 1 µM o superiore, essa inibisce la

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ristabilizzazione dei VGSC dopo l’inattivazione in neuroni corticali di ratti immaturi. Con valori di EC50 di 3.8 µM, la rufinamide limita la propagazione ripetuta generata dai potenziali d’azione del sodio.

La rufinamide è disponibile in Europa e USA come terapia aggiuntiva, risulta essere particolarmente efficace e ben tollerata in pazienti affetti da crisi parziali e sindrome di Lennox-Gastaut [22].

Flunarizina (FLN)

La flunarizina (Fig. 16) agisce attraverso vari meccanismi d’azione, anche se non sono stati ancora pienamente compresi [28]. Recentemente è stato dimostrato che questo composto, in maniera concentrazione e uso dipendente, blocca efficacemente la corrente del sodio nei neuroni corticali, con valori di IC50 di 0.94 µM. Inoltre ritarda il recupero dallo stato veloce inattivato INa. Questa scoperta dimostra che l’inibizione della corrente del sodio può ridurre l’ipereccitabilità corticale, per cui può essere uno dei bersagli cerebrali della FLN. La flunarizina antagonizza i canali del calcio di tipo T, mostrando affinità verso i canali di tipo N con IC50=0.08 µM e verso quelli di tipo L con IC50=0.31 µM. La flunarizina è stata utilizzata con successo per la profilassi dell’emicrania.

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Riluzolo

Il riluzolo (Fig. 17) è considerato un agente neuroprotettivo con proprietà anticonvulsivanti. Il suo meccanismo d’azione comporta principalmente un’inibizione dei VGSC, ma anche una riduzione del rilascio di glutammato [29].

Fig. 17. Struttura chimica del riluzolo.

Esso inibisce la corrente del sodio persistente in modo dose-dipendente con EC50 di 2 µM quando lo si testa sui neuroni del cervello del ratto [29]. Altri studi condotti su cellule cromaffini surrenali di bovino hanno mostrato che il riluzolo blocca i canali del Na+ in modo concentrazione-dipendente, con IC50=5.3 µM e si lega alla veratridina presente nel sito 2 sul canale. Sfruttando le subunità α del canale del sodio presenti nel cervello del ratto (espresse negli ovociti dello Xenopus), i composti bloccano lo stato chiuso del canale con IC50 che varia dai 30 ai 90 µM, ma inibiscono lo stato inattivato dei canali del sodio in modo 150-300 volte più efficace. Il riluzolo è l’unico farmaco attualmente approvato per il trattamento della sclerosi laterale amiotrofica (SLA) [29]. Ed è inoltre un antagonista non competitivo del recettore NMDA. Nella degenerazione striatale progressiva, il composto è stato in grado di ridurre i sintomi motori associati a lesioni striatali.

Ranolazina

La ranolazina (Fig. 18), un farmaco utile nella terapia dell’angina cronica, era precedentemente considerata un modulatore delle funzioni di

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molti canali del sodio come NaV1.4, NaV1.5, NaV1.7, NaV1.8 e più recentemente anche NaV1.1. Nei test erano coinvolti i canali NaV1.1 umani di tipo mutante e wild-type espressi nelle cellule tsA201. Il composto permetteva di bloccare la corrente persistente in modo 16 volte più selettivo rispetto al blocco tonico della corrente massima, e 3.6 volte più selettivo del blocco uso-dipendente della corrente massima. È interessante notare che la ranolazina ha una selettività simile per quanto riguarda il blocco dell’aumento della corrente persistente che avviene nei canali mutanti NaV1.1. Inoltre, la ranolazina, testata sui ratti, ha la capacità di attraversare la barriera emato-encefalica; questa azione, insieme all’inibizione della corrente persistente nei canali mutanti NaV1.1, ha permesso di fornire una nuova strategia terapeutica utile nell’ epilessia associata al gene SCN1A e in alcuni casi di emicrania [30].

Fig. 18. Struttura chimica della ranolazina.

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3. CANALI DEL POTASSIO VOLTAGGIO-DIPENDENTI

I canali del potassio voltaggio-dipendenti (VGKCs, KV) appartengono alla vasta famiglia dei canali del potassio che comprendono oltre a essi, i canali Ca2+ attivati (KCa, ligando-dipendenti), i canali rettificanti verso l’interno (KIR) e a due pori (K2P), che contribuiscono tutti all’eccitabilità neuronale, alla segnalazione nel sistema nervoso e all’omeostasi ionica. I canali ionici del potassio giocano un ruolo fondamentale nella ripolarizzazione dei potenziali d’azione e nella regolamentazione della frequenza di propagazione [31]. I VGKC furono clonati per la prima volta dal cDNA di insetti della specie Drosophila melanogaster. Tempel e altri studiosi hanno isolato il cDNA dei KV1.1 dal cervello del topo, successive ricerche hanno portato alla codifica del cDNA degli altri membri della famiglia dei KV1 e infine all’isolamento del cDNA di tutti i canali del potassio attualmente conosciuti. Nel 2005 Gutman e altri studiosi hanno fornito un’approfondita revisione farmacologica, riguardante la classificazione, la regolazione dell’espressione e le diverse malattie associate ai canali del potassio voltaggio-dipendenti. Questa tesi si concentra sul ruolo dei VGKC come bersagli nelle patologie del sistema nervoso centrale.

I canali del potassio voltaggio-dipendenti contengono quattro subunità α transmembrana che formano il poro sensibile al voltaggio. Ogni subunità α del canale del KV è costituito da sei segmenti (S1-S6). Quattro segmenti transmembrana S4 portano cariche positive multiple e agiscono come la principale componente tensione sensibile che risponde alle variazioni del potenziale di membrana che si traducono in alterazioni conformazionali del canale (voltage gating). I segmenti S5 e S6 di ognuna delle quattro subunità α formano un poro, che rappresenta infatti un sistema di conduttanza ionica. Nella parte più ristretta del poro, il segmento che connette S5 e S6 forma il

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filtro di selettività P. I segmenti sensibili al voltaggio circondano il poro. Possiamo dunque affermare che la struttura è simile a quella del canale del sodio voltaggio-dipendente descritta precedentemente. Anche se la maggior parte dei canali KV sono omotetrameri (con quattro subunità α identiche), si possono formare anche eterotetrameri in cui ritroviamo due o più subunità α diverse tra loro (ad esempio KV7.2/KV7.3). Questi eterotetrameri possono avere proprietà diverse rispetto agli omotetrameri [31]. I canali del potassio neuronali originari contengono subunità β ausiliarie sia di tipo citoplasmatico che transmembrana (Fig. 19). Sono stati identificati diversi geni che codificano per le subunità β. Una loro giunzione alternativa può dar luogo a un certo numero di isoforme che differiscono per funzionalità. Inoltre, nonostante siano chiamate ausiliarie, queste isoforme hanno dimostrato di essere in grado di alterare drasticamente l’espressione, la localizzazione e le funzioni delle subunità α, modificano le proprietà di apertura dei canali.

La ricostruzione in 3D della subunità α del canale KV ha suggerito che essa è composta da due domini distinti: uno più grande trans-membrana e un dominio più piccolo citoplasmatico. Entrambi i domini sono connessi tra loro da un sottile collegamento.

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Fig. 19. Disposizione schematica delle subunità α e β caratteristiche del canale KV, in

particolare delle sottofamiglie KV1 e KV4. Si notano differenze riguardo la posizione

della subunità β.

La struttura del dominio trans-membrana è altamente omologa a tutte le famiglie dei canali KV [31]. D’altra parte, il dominio citoplasmatico nei diversi tipi di KV differisce per quanto riguarda struttura e funzione. La parte più importante nel dominio citoplasmatico è rappresentata dal cosiddetto dominio di tetramerizzazione (T1), che è responsabile della tetramerizzazione delle subunità dei canali del potassio. Il T1 è collegato al frammento citoplasmatico N-terminale della catena polipeptidica, come nel caso dei KV1-KV4. I KV7 e KV11 possiedono un unico dominio di tetramerizzazione nella regione C-terminale, formano i siti di legame per molti ligandi (calmodulina, fosfatidilinositolo bifosfato – PIP2 e nucleotide ciclico) che permettono di modulare la funzione del canale [32].

Attualmente i canali KV vengono suddivisi in base alle loro sequenze omologhe in dodici sottofamiglie: KV1-KV12. I canali KV1-KV4 costituiscono un primo gruppo, KV7 un secondo, KV5, KV6, KV8 e KV9 un terzo, KV10-KV12 un quarto. Le sottofamiglie dei canali KV5, KV6, KV8 e KV9 non sembrano conferire l’espressione funzionale per la formazione dei canali ionici, per questo motivo sono dette subunità polipeptidiche α

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“elettricamente silenti”. Indubbiamente sono in grado di modulare l’espressione e/o la chiusura dei canali creati dalle subunità α autentiche che hanno funzioni simili a quelle delle subunità β. Nomi che iniziano con KCN si riferiscono a geni che codificano per le proteine delle diverse subunità α dei canali del potassio. I canali del potassio voltaggio-dipendenti sono classificati in tre famiglie: shaker, KvLQT e ether-a-go-go. La famiglia ether-a-go-go è suddivisa ulteriormente in tre sottofamiglie: eag, elk e erg. Questi nomi esistono ancora in letteratura, furono creati inizialmente per fornire una classificazione e identificazione della vasta gamma di canali del potassio voltaggio-dipendenti attualmente conosciuti (Tabella 4).

Tabella 4. Classificazione dei canali del potassio voltaggio dipendenti.

Altro nome Tipi di

canali K+ Geni Umani Altro nome

Tipi di canali K+ Geni Umani Famiglia Shaker-correlata KV1.1 KCNA1 KVLQT KV7.1 KCNQ1 KV1.2 KCNA2 KQT2 KV7.2 KCNQ2 KV1.3 KCNA3 KV7.3 KCNQ3 KV1.4 KCNA4 KV7.4 KCNQ4 KV1.5 KCNA5 KV7.5 KCNQ5 KV1.6 KCNA6 KV2.3rc KV8.1 KCNV1 KV1.7 KCNA7 KV8.2 KCNV2 KV1.8 KCNA10 Modificato KV9.1 KCNS1 Famiglia Shab-correlata KV2.1 KCNB1 KV9.2 KCNS2 KV2.2 KCNB2 KV9.3 KCNS3 Famiglia Shaw-correlata KV3.1 KCNC1 eag1 KV10.1 KCNH1 KV3.2 KCNC2 eag2 KV10.2 KCNH5 KV3.3 KCNC3 erg1 KV11.1 KCNH2 KV3.4 KCNC4 erg2 KV11.2 KCNH6 Famiglia Shal-correlata KV4.1 KCND1 erg3 KV11.3 KCNH7 KV4.2 KCND2 elk1, elk3 KV12.1 KCNH8 KV4.3 KCND3 elk2 KV12.2 KCNH3 Modificato KV5.1 KCNF1 elk1 KV12.3 KCNH4 Modificati KV6.1 KCNG1 KV6.2 KCNG2 KV6.3 KCNG3 KV6.4 KCNG4

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I canali del potassio voltaggio-dipendenti sono presenti in tutto l’organismo, in molti organi come: cervello, midollo spinale, muscolatura scheletrica e liscia, cuore, retina, polmone, milza, timo e molti altri. I diversi sottotipi, ampiamente espressi in cervello e midollo spinale, mostrano specifici modelli di localizzazione subcellulare, per esempio KV1 e KV3 si ritrovano principalmente negli assoni e in alcuni dendriti (KV1.1, KV3.1, KV3.2), mentre KV2 e KV4 nei corpi delle cellule neuronali e nei dendriti.

La stragrande maggioranza dei VGKC conosciuti si ritrovano a livello del SNC, ma soltanto alcuni di essi hanno un ruolo determinante come bersagli farmacologici in patologie quali epilessia (KV7.2-KV7.5), psicosi (KV7), atassia di tipo I (KV1.1), sclerosi multipla (KV1.3). È stato inoltre comprovato che gli autoanticorpi reattivi ai canali del potassio voltaggio-dipendenti giocano un ruolo patogenetico in un ampio spettro di disturbi del SNC. In certi casi di encefalite limbica sono stati individuati alti livelli di anticorpi dei canali del potassio voltaggio-dipendenti (VGKC-Ab), mentre il miglioramento delle funzioni neuropsicologiche di alcuni pazienti è correlato a una diminuzione di anticorpi. A questo proposito è stata introdotta la definizione di encefalite limbica autoimmune (ALE), per renderla distinguibile dalle altre encefalopatie. L’encefalite limbica è comunemente associata a sindromi come: compromissione episodica della memoria, disorientamento, convulsioni, allucinazioni e disturbi del sonno. I livelli aumentati di VGKC-Ab sono stati confermati anche in pazienti con epilessia farmaco-resistente di lunga durata, in casi di insorgenza in età adulta di crisi refrattarie al trattamento con farmaci.

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3.1. Patologie Epilessia

I canali del potassio voltaggio-dipendenti, grazie al loro apporto di eccitabilità neuronale, possono costituire un importante bersaglio farmacologico nell’epilessia. Le correnti del potassio che si verificano durante l’apertura dei canali partecipano alla riduzione dell’eccitabilità di membrana, così i composti che stimolano l’apertura dei canali VGKC hanno assunto particolare interesse come farmaci antiepilettici. La principale famiglia di canali del potassio utile nella terapia dell’epilessia è KV7 (KCNQ), e più specificamente i KV7.2 e/o KV7.3. I canali KV 7.1-KV7.5, membri della famiglia KCNQ, sono caratterizzati da diversa localizzazione nell’organismo umano, ma solamente quelli che vanno da KV7.2 a KV7.5 si ritrovano nel cervello (Tabella 5). I canali KV7, in condizioni fisiologiche, vengono attivati tramite una depolarizzazione della membrana a potenziali di membrana sottosoglia (a circa -60 mV), producendo una corrente continua che va verso l’esterno a una tensione di membrana negativa rispetto alla soglia di accensione dei potenziali d’azione, in questo modo agiscono come efficienti inibitori dell’eccitabilità neuronale [33].

I canali KV7 venivano chiamati inizialmente “canali M” poiché tutti i membri appartenenti a questa famiglia generano correnti M-like se espressi in ovociti o in linee cellulari. È stato dimostrato che, nei neuroni originari, i canali M sono costituiti da subunità eterometriche KV7.2/KV7.3 o da subunità omomeriche KV7.2, probabilmente con un contributo di KV7.5 [33].

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Tabella 5. Localizzazione dei canali membri della famiglia KV7 nell’organismo

umano. Tipi di subunità α dei canali del

Potassio

Localizzazione

Patologie SNC Subcellulare Altro

KV7.1 - -

Cuore, reni, retto, polmone, placenta, coclea Aritmie KV7.2 Cervello, gangli Assoni Polmone, testicolo, cuore, occhio, piccolo intestino, seno Epilessia KV7.3 Cervello, gangli Assoni, Soma neuronale, Dendriti Testicolo, retina

colon, occhio Epilessia KV7.4 Cervello

Coclea, cellule ciliate vestibolari, placenta Epilessia, Psicosi KV7.5 Cervello, gangli Soma neuronale, Dendriti

Muscolo scheletrico Epilessia

L’attività dei canali KV7 può essere modulata per mezzo di vari ligandi a recettori accoppiati a proteine G (GPCR) che danno luogo a diverse vie di segnalazione (idrolisi del PIP2; variazioni della concentrazione locale di Ca2+; fosforilazione da parte di protein-chinasi) e, alla fine, inibiscono l’attività dei canali del potassio. Il meccanismo esatto di questa modulazione non è stato pienamente compreso. Inoltre, è stato dimostrato che le correnti M-like vengono inibite dall’attivazione dei recettori muscarinici. D’altra parte gli attivatori sintetici del KV7, mediante un legame diretto con la proteina, causano cambiamenti conformazionali che portano all’apertura del canale.

Le mutazioni dei geni KCNQ2 e KCNQ3 sono state identificate come le principali cause delle convulsioni neonatali familiari benigne (BFNS; una sindrome epilettica idiopatica autosomica dei neonati, caratterizzata da crisi parziali ingiustificate che si verificano dai primi tre giorni di vita), il che ha rafforzato la tesi secondo cui questi canali rappresentano i bersagli

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farmacologici ideali per la terapia dell’epilessia. Tali mutazioni si ritrovano a livello della regione citoplasmatica C-terminale, ma sono state individuate anche mutazioni missenso all’interno del dominio transmembrana. Altre prove sono state trovate negli animali. Watanabe e altri studiosi hanno ottenuto importanti risultati da test effettuati su topi KCNQ2-knockout. Il mutante omozigote muore entro il primo giorno di vita, mentre gli animali eterozigoti sono caratterizzati da morfologia e comportamento normali rispetto ai topi wild-type. Ulteriori studi hanno dimostrato che i topi KCNQ2 (+/-) hanno una maggiore sensibilità ai chemioconvulsivanti come pentetrazolo. Yang e altri studiosi hanno scoperto che la mutazione del gene KCNQ2 porta alla diminuzione della soglia convulsiva in convulsioni indotte elettricamente. Inoltre, la mutazione del gene KCNQ2 è caratteristica di topi di tipo Szt1, che rappresentano un modello genetico utile nell’epilessia. Peters e altri studiosi si sono accorti che la soppressione delle correnti M nei topi è stata la causa scatenante delle crisi epilettiche spontanee e, di conseguenza, i canali M rappresentano dei fattori critici determinanti per l’eccitabilità neuronale e cellulare. Gli attivatori dei canali KV7 hanno dimostrato un’efficacia farmacologica nell’epilessia. Di contro, i bloccanti di questi canali hanno prodotto effetti collaterali “pro-epilettici” come tremori, per questo motivo il loro utilizzo nella terapia di altre patologie è limitato [33].

Psicosi

I canali KV7 (KCNQ) possono rappresentare un potenziale bersaglio per la terapia delle psicosi, alcuni di essi (KCNQ2 e KCNQ4) si ritrovano a livello post-sinaptico nei neuroni dopaminergici delle vie mesolimbica e nigrostriatale (ad esempio nell’area tegmentale ventrale). L’apertura di questi canali permette di ridurre l’eccitabilità neuronale, che può interessare

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sintomi psicotici dato che sono correlati a un’aumentata eccitabilità delle cellule dopaminergiche nel mesencefalo. La prova che i recettori D2 della dopamina sono funzionalmente accoppiati ai canali KV7 nei neuroni dopaminergici ci viene fornita dalla presenza di canali e recettori co-espressi negli ovociti di Xenopus e nelle cellule di neuroblastoma umano. Secondo altri studi, le scariche nei neuroni dopaminergici, registrate nelle sezioni del mesencefalo del ratto, sono inibite significativamente in maniera concentrazione-dipendente, dalla retigabina; il composto blocca completamente l’effetto eccitatorio degli antagonisti dell’autorecettore D2 della dopamina, suggerendo che la modulazione dell’attività dopaminergica da parte degli autorecettori D2 comporterebbe l’attivazione dei canali KCNQ2 e/o KCNQ4 [34]. Dagli studi elettrofisiologici in vivo condotti su ratti anestetizzati, era evidente che gli attivatori dei canali KV7 (ad es. retigabina) sopprimevano la scarica di impulsi nell’area tegmentale ventrale, mentre un bloccante selettivo dei KCNQ come XE-991 causava l’effetto opposto. La ricerca dell’attività antipsicotica condotta in vivo sui ratti ha evidenziato che la retigabina inibisce i “comportamenti di evitamento” (test predittivo dell’attività antipsicotica) e che l’effetto è bloccato dalla concomitante somministrazione di XE-991. Inoltre, nei ratti sensibili alla fenciclidina (PCP), considerati come un modello per la schizofrenia, la retigabina inibisce significativamente il comportamento ipercinetico stimolato da fenciclidina.

I risultati ottenuti, insieme ai test immunoistochimici, hanno rivelato che KV7.4 è il principale tra i canali di tipo KV7 espressi nei neuroni dopaminergici [34], rafforzando l’ipotesi secondo cui questi canali possono rappresentare il bersaglio dei farmaci nelle psicosi e che i loro attivatori potrebbero costituire una nuova classe di farmaci antipsicotici.

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Atassia episodica

L’atassia episodica di tipo I (EA1) è caratterizzata da disturbi parossistici del movimento. Si tratta di una malattia autosomica dominante caratterizzata da una disfunzione cerebellare intermittente con, allo stesso tempo, una funzione sostanzialmente regolare del cervello [35]. È stata identificata come una canalopatia correlata alle mutazioni del gene che codifica per KV1.1 (KCNA1 nel cromosoma 12p13). Alcune caratteristiche cliniche comuni associate all’EA1 sono le crisi che si manifestano dal SNC e la neuromiotonia che si sviluppa dai nervi periferici, ma non è stato trovato nessun collegamento col mal di testa durante un episodio acuto. D’altra parte, l’atassia episodica di tipo II è spesso causata dalla mutazione del gene CACNA1A che codifica per il canale del calcio, ma anche l’uso di un bloccante del canale del potassio come la 4-aminopiridina rappresenta una valida opzione per la terapia. Attualmente nessun ligando dei VGKC viene utilizzato nella terapia dell’EA1.

Sclerosi multipla

La sclerosi multipla (SM) è una patologia del sistema nervoso centrale in cui una delle maggiori problematiche è rappresentata dal danno alla mielina. Esistono diverse teorie circa l’eziologia della sclerosi multipla che riguardano principalmente fattori di tipo immunologico, ambientale, genetico e infettivo. Il danneggiamento della mielina causa correnti del K+ anomale, quindi è evidente che i canali del potassio svolgono un ruolo importante nella sclerosi multipla, in quanto sono responsabili della mancata conduttanza che si sviluppa in quella condizione patologica. Il blocco dei canali del potassio comporta una ridotta perdita di ioni migliorando quindi la conduttanza. Inoltre, alcuni bloccanti dei VGKC sono

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stati utilizzati con successo in molti studi in vitro e in modelli animali di malattie neurodegenerative oltre che in test clinici. I canali del potassio voltaggio-dipendenti, soprattutto i KV1.3, sono strettamente collegati a diverse patologie autoimmuni tra cui la SM. I KV1.3 sono presenti in cellule del sistema immunitario (linfociti, macrofagi) e in organi (timo, milza). Il blocco di questi recettori localizzati nei linfociti T ha pemesso un approccio efficace nella gestione delle malattie autoimmuni [36].

3.2. Modulatori dei canali del potassio

I canali del potassio voltaggio-dipendenti costituiscono un gruppo ampio ed eterogeneo per i quali non è possibile individuare un’unica modalità di legame. Recentemente, Wulff e Zhorov hanno esaminato vari modulatori dei diversi tipi dei canali del potassio [37] che sono esaminati in questa tesi evidenziandone la specifica utilità nelle patologie del SNC.

Retigabina (RTG)

La retigabina (Fig. 20) è caratterizzata da un meccanismo d’azione unico nell’ambito dei farmaci antiepilettici, essa permette di potenziare l’attività dei canali KV7 nel sistema nervoso centrale determinando una riduzione dell’eccitabilità neuronale. Un secondo meccanismo comporta l’incremento della trasmissione di acido γ-aminobutirrico ma solo a una concentrazione sovra-terapeutica (se testato in vitro) [37]. Il composto ha mostrato un’ampia attività anticonvulsivante in diversi modelli animali di crisi convulsive: MES. scMet, test 6-Hz, kindling ippocampale e amigdaloideo su ratti e molti altri, compresi alcuni casi di epilessia di natura genetica. Inoltre, ha mostrato effetti antipsicotici su modelli animali di mania e schizofrenia e una certa attività in modelli di dolore neuropatico nel ratto.

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Fig. 20. Struttura chimica della retigabina.

È stato ipotizzato che la retigabina si leghi selettivamente con i canali KV7.2–KV7.5, spostando così la curva corrente-voltaggio verso sinistra, ne risulta che i canali si aprono a potenziali di membrana più iperpolarizzati. La RTG non ha effetto su KV7.1, probabilmente a causa di un’inefficacia nel legame, anche se ciò non è stato ancora dimostrato. Se testata sugli ovociti di Xenopus che esprimono il gene KCNQ2, determina un aumento dell’attivazione dei canali. La retigabina, a una concentrazione di 0.1-10 µM, agendo sulle cellule CHO che esprimono un canale KV7.2 o KV7.3 eteromerico (CHO-KCNQ2/Q3) comporta l’aumento delle correnti M-like del potassio e l’iperpolarizzazione della membrana cellulare. Inoltre, ha spostato l’attivazione voltaggio-dipendente del canale con un valore di EC50 pari a 1,6±0.3 µM. Il composto influisce significativamente sulle proprietà della membrana degli ovociti di Xenopus che esprimono il canale KV7.2 o KV7.3 umano ricombinante, e il canale stesso. Alla concentrazione di 10 µM, la RTG sposta sia la soglia di attivazione che il voltaggio di semi-attivazione di circa 20mV nella direzione dell’iperpolarizzazione. La retigabina influisce anche sulla cinetica dei canali causando un aumento della velocità di attivazione e un rallentamento della disattivazione. Dalle registrazioni del potenziale di membrana risulta evidente che il composto provoca un’iperpolarizzazione concentrazione dipendente delle cellule di ovocita (IC50 di 5.2 µM).

La dimostrazione che la retigabina agisce attraverso l’attivazione dei canali KV7 è confermata anche da studi in vivo su animali. L’efficacia anticonvulsivante è stata ridotta dal bloccante selettivo dei KV7, XE-991,

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sia nel MES test su topi che nel modello di kindling rapido sui ratti. Altri test sono stati eseguiti sul modello di topo Stz1, in cui la funzionalità del canale KV7.2 è compromessa a causa della cancellazione della porzione C-terminale nel gene KCNQ2. In questo caso il potenziale anticonvulsivante della retigabina risulta ridotto. È da notare quindi che l’effetto neuroprotettivo della RTG, dimostrato in alcuni studi in vitro, non è mediato da KV7.2.

Studi sistematici di mutagenesi hanno individuato il segmento S5 come sito di legame per la retigabina e, più precisamente, un residuo di triptofano che è specifico per KV7.2 – KV7.5, mentre in KV7.1 nella stessa posizione è presente una leucina. Anche altri residui amminoacidici sono coinvolti nel legame con il composto, come per esempio una glicina in S6.

La retigabina è stata recentemente approvata come terapia aggiuntiva in adulti che manifestano crisi epilettiche parziali.

ICA-27243

Il composto ICA-27243 (Fig. 21) è considerato di seconda generazione rispetto alla retigabina, è un attivatore selettivo dei canali KV7.2/7.3. Ha mostrato un ampio spettro di attività anticonvulsivante dai vari test in vivo su animali, compresi MES, scPTZ, 6 Hz e su modelli di kindling [6].

Fig. 21. Struttura chimica di ICA-27243.

L’ICA-27243 è un attivatore di KV7.2/7.3 potente e selettivo con una EC50=0.20±0.03 µM, ottenuto dall’analisi dell’efflusso di 86Rb+ (isotopo

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radioattivo) condotta su canali umani ricombinanti espressi da cellule CHO. Nello stesso test, la EC50 per l’attivazione di KV7.4 equivale a 7.1±0.1 µM e per quanto riguarda KV7.3/7.5 non può essere determinata ma è stimata a circa 10 µM. L’ICA-27243 sposta l’attivazione voltaggio-dipendente dei KV7.2/7.3 a potenziali maggiormente iperpolarizzati in maniera concentrazione-dipendente. Lo spostamento semimassimale nel punto medio della curva di attivazione (ΔV1/2) è stato osservato a 4.8±1.6 µM. Il composto non ha effetto sui canali del cloruro attivati dal GABAA, né sui canali NaV1.2 o CaV.

Test preclinici con ICA-27243 hanno dimostrato che la sola attivazione di KV7.2/7.3 è sufficiente per stimolare l’attività anticonvulsivante ad ampio spettro nei roditori. La constatazione che l’ICA-27243 può discriminare tra i diversi dei KV7 suggerisce che questo composto può interagire con un nuovo sito di legame presente sui canali KV7.2 e/o KV7.3, che non si ritrova in altri canali KV7 e che non è stato ancora identificato.

4-Aminopiridina

La 4-aminopiridina (Fig. 22) inibisce in maniera dose-dipendente i canali del potassio voltaggio-dipendenti rapidi, in particolare KV1.1, KV1.2, KV1.4–KV1.7, KV3.1–KV3.3, KV4.1. Inoltre aumenta l’afflusso di Ca2+ alle terminazioni presinaptiche.

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