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1.4 Report sui gas serra

1.4.2 Applicazione del PK in Italia

Nell’assicurare il rispetto degli impegni assunti con la ratifica del Protocollo (formalmente in vigore dal 16 Febbraio 2005) i Paesi sono chiamati a rendicontare gli stock di carbonio (bilanci tra assorbimenti ed emissioni dei gas serra) accumulati nelle foreste e nelle piantagioni forestali (nel complesso per tutte le attività relative agli articoli 3.3 e 3.4 del PK) e di aggiornarli periodicamente.

A riguardo l’Italia3 ha elaborato il “Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di

gas responsabili dell’effetto serra 2003-2010” (Delibera CIPE n. 123 del 19 Dicembre 2002) che prevedeva, tra le altre cose, la realizzazione di un nuovo Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi di Carbonio ed una serie di azioni finalizzate a realizzare il “potenziale massimo nazionale di assorbimento di carbonio” (Tabella 5). Tra queste era prevista la realizzazione del “Registro nazionale dei serbatoi di carbonio agro-

forestali” la cui funzione primaria avrebbe dovuto essere la certificazione delle quantità

di carbonio sequestrate nei serbatoi (stock) dei sistemi agro-forestali italiani.

Assorbimento previsto per ogni articolo (Mt CO2 eq.)

Art 3.4 Forest Management 4.1

Art 3.4 Terre agricole, pascoli, rivegetazione 0.1

Art 3.3 Riforestazione naturale 3.0

Art 3.3 Afforestazione e Riforestazione (vecchi impianti) 1.0

Art 3.3 Afforestazione e riforestazione (nuovi impianti) 1.0

Art 3.3 Afforestazione e riforestazione (nuovi impianti) su aree soggette a dissesto idrogeologico (legge n. 183/1989)

1.0

Totale 10,2

Tabella 5: Potenziale nazionale massimo di assorbimento di carbonio. Fonte delibera CIPE n. 123 del 19 dicembre 2002

Dall’analisi dei dati sopra riportati Ciccarese (2005) commenta che l’Italia ha affidato al settore agricolo-forestale un importante impegno di contenimento delle emissioni; in particolare dei 10,2 Mt di CO2 eq. di riduzione complessiva prevista, il 40,2% (pari a 4.1 Mt CO2 eq.) è assegnato alle misure di gestione delle foreste già esistenti sul

territorio nazionale al 1990. Un ulteriore 58,9% (pari a 6 Mt di CO2 eq.) del potenziale

di assorbimento totale dovrebbe provenire dalle misure di cui all’art. 3.3 (afforestazione

3

e riforestazione). A completare gli interventi si assegna lo 0,9% alla gestione dei prati, dei pascoli, dei suoli agricoli e della “rivegetazione” .

In sintesi, la strategia prevista dal piano prevedeva la conservazione delle risorse forestali esistenti, una loro gestione appropriata in modo che il carbon sink sia ottimizzato e la promozione di interventi, tra i quali la costituzione di nuove foreste (afforestazione e riforestazione) che dovevano contribuire alla sicurezza idrogeologica del territorio e all’aumento del volume di biomassa disponibile per la produzione di energia rinnovabile.

Il tentativo di applicazione dei propositi sopra esposti si è scontrato con una serie di problemi di carattere operativo.

Ad esempio, riguardo la gestione forestale l’Italia era detentrice di una “quota crediti di carbonio” (assegnata in sede negoziale nel 2001) pari a 0.18 MtC/anno, tale da non consentire il raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano.

Per risolvere questo problema dall’estate 2005 al maggio 2006 si è svolto un delicato processo negoziale che, tenendo conto delle argomentazioni prodotte dall’Italia, ha determinato la revisione di questo valore numerico. Il tetto potenziale dei crediti di carbonio utilizzabili dal nostro Paese è così passato da 0.18 MtC/anno a 2.78 MtC/anno (Lumicini, 2006) .

Ancora, un elemento chiave delle attività forestali che prevedono, ad esempio, nuove piantagioni (Art. 3.3 del PK), è la stima degli stock di carbonio e delle loro variazioni con un livello di precisione sufficientemente accurato. I progetti di questo tipo devono necessariamente certificare il carbonio assorbito attraverso una metodologia a corredo del progetto stesso, volta, tra le altre cose, a valutare la migliore performance

investimento/assorbimento di carbonio.

In principio era previsto un meccanismo di certificazione che prevedeva di attribuire un valore remunerabile (ReMoval Units, RMU) all’assorbimento certificabile di carbonio realizzato attraverso le attività di cui agli Articoli 3.3 e 3.4 del PK (Tedeschi e Lumicisi 2006). Inoltre nel caso in cui, a livello nazionale, fosse derivato da queste attività un assorbimento netto di gas serra, il Paese poteva iscrivere (inserendoli nel proprio registro nazionale) una quantità equivalente di crediti di carbonio (ReMoval Units,

A tutt’oggi, riguardo quanto sopra descritto, si deve segnalare la mancata operatività di un sistema di certificazione e scambio di crediti provenienti dalle attività indicate (art. 3.3 e 3.4). In parte ciò è dovuto al fatto che il meccanismo flessibile Emissions Trading (ET) è stato implementato nell’Unione Europea (UE) con la creazione dell’Emission

Trading Scheme (ETS); questo consiste in un mercato dove le imprese, che utilizzano

grosse quantità di energia, devono rispettare obblighi di emissione annualmente definiti. Per rispettare tali obblighi possono acquistare crediti di emissione disponibili sul mercato. Attualmente nell’ETS non possono essere venduti crediti di emissione provenienti da attività nel settore agricolo e forestale realizzate in Europa (Ciccarese e Pettenella, 2008).

Al “mercato ufficiale”, appena descritto, si è affiancato un “mercato degli interventi volontari”. Quest’ultimo consente la realizzazione di interventi di carattere volontario, da parte di investitori pubblici e privati, caratterizzati da una più ampia flessibilità e una maggiore gamma di tipologie d’azione (esempio progetti forestali per la riduzione della desertificazione e del degrado delle foreste); ciò in virtu del fatto di non essere necessariamente soggetti alle limitazioni e alle regole imposte dal PK. I progetti di compensazione, realizzati attraverso la mediazione di agenzie di servizio, prevedono la certificazione dei crediti di carbonio ottenibili da questi interventi volontari VER (Verified Emission Reductions). Una tonnellata di emissioni di CO2 equivalente ridotta genera un VER (Ciccarese e Pettenella, 2008).

Infine, ogni Paese che partecipa alla Convenzione sui Cambiamenti Climatici, oltre a fornire annualmente l’inventario nazionale delle emissioni dei gas serra secondo i formati richiesti (conformi alle linee guida IPCC, 2006), deve dichiarare, in uno specifico documento (National Inventory Report), le metodologie di stima utilizzate e le giustificazioni degli andamenti osservati. A garantire questa funzione, in Italia, è l’APAT (Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici) su incarico del Ministero dell’Ambiente; in particolare, il rapporto “Italian Greenhouse Gas

Inventory 1990-2005. National Inventory Report 2007” descrive la comunicazione

annuale italiana dell’inventario delle emissioni dei gas serra dal 1990 al 2005 (APAT, 2007).

Questo rapporto contiene una serie storica dei dati di emissione relativa al periodo compreso tra il 1990 e il 2005 dalla quale si evidenzia che le emissioni nazionali totali

dei sei gas serra, espresse in CO2 equivalente, sono aumentate del 12.1% nel 2005 rispetto all’anno di riferimento (1990), a fronte di un impegno nazionale di riduzione del 6.5% entro il periodo 2008-2012.

Sempre l’“Italian Greenhouse Gas Inventory 1990-2005. National Inventory Report

2007” indica che la categoria di uso/copertura del suolo Foresta è responsabile dell’81%

dell’assorbimento totale di CO2 rispetto alle attività considerate dal LULUCF; in

particolare, l’assorbimento dovuto alla componente biomassa viva (living biomass) è pari al 47%, quello relativo alla sostanza organica morta ed al suolo è rispettivamente pari al 9% e al 45% (Tabella 6).

Tabella 6 contributo percentuale dei carbon pool per la categoria foreste (APAT, 2007)

Questo rapporto è stato sviluppato utilizzando i dati di volume legnoso e delle superfici forestali provenienti dall’Inventario Forestale Nazionale (principalmente i dati presenti nell’Inventario del 1985 combinati con i risultati preliminari dell’Inventario nazionale in corso di realizzazione), analizzati attraverso un modello sviluppato e di recente implementato, assumendo la denominazione di For-est (Federici et al., 2008), che consente la stima dell’evoluzione nel tempo dei pool di carbonio relativi alle foreste italiane.

Questa sezione si conclude segnalando che nonostante l’Italia sia in evidente ritardo rispetto agli obiettivi che si è impegnata a conseguire firmando il Protocollo di Kyoto nel Documento di Programmazione Economica-Finanziaria (Dpef) per gli anni 2009- 2013, deliberato dal Consiglio dei Ministri il 18 Giugno 2008, non c’è alcun riferimento alle risorse necessarie per fronteggiare i mutamenti climatici e in particolare non si menzionano fondi o strategie da destinare alla riduzione delle emissioni di CO2 e alla mitigazione dei cambiamenti del clima.