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Riflessioni intorno al classico procedimento adottato in dendrometria per la

4. RISULTATI: elaborazioni ed analisi dei dati

4.4 Stima diretta di fitomassa e volume

4.4.3 Riflessioni intorno al classico procedimento adottato in dendrometria per la

I fusti degli alberi presentano forma irregolare, diversa tra individui distinti e mutevole nel tempo con lo sviluppo della pianta. Di conseguenza, la

stima del volume del fusto comporta sempre importanti approssimazioni.

Il procedimento classico della dendrometria si sviluppa in due passaggi.

Il primo consiste nell'approssimare il volume del fusto a quello di un cilindro di pari altezza e sezione derivata dal diametro del fusto misurato ad altezza del petto d'uomo, convenzionalmente a 1.30 m da terra. Al secondo passaggio il volume (detto “cilindrometrico”, strutturalmente approssimato per eccesso) viene ridotto al volume reale applicando un fattore adimensionale empiricamente valutato detto coefficiente di

riduzione F (Figura 48).

Figura 48 – Rappresentazione grafica volume cilindrometrico convenzionale

La pratica evidenzia che il valore di F, pur soggetto ad ampie oscillazioni, in mancanza di informazioni più dettagliate, è approssimabile a 0.5.

La scomposizione della stima in due passaggi di questo tipo risponde ad una logica analitica razionale: noti il diametro del fusto a petto d’uomo e la sua altezza totale, il

livello del volume del fusto è determinato (e il volume “cilindrometrico” lo esprime); l’approssimazione successiva sintetizza l'esperienza empirica già accumulata in relazione alla specifica categoria cui il fusto appartiene.

In realtà, se pure tale procedimento trova applicazione in molte condizioni operative, lo sviluppo dei sistemi di cubatura (stima del volume) dei fusti arborei ha, in genere, rifuggito da questa scomposizione. Si osserva infatti che la variabilità dei valori assunti dal coefficiente di riduzione F, determinato sperimentalmente dal rapporto tra il volume reale effettivamente misurato ed il corrispondente volume cilindrometrico, mal si presta allo sviluppo di convincenti e rassicuranti interpolazioni quali quelle che si producono stimando l'ovvio, ovvero il valore del volume reale dei fusti come funzione diretta delle

due dimensioni note: d130 e htot. Di seguito è riportata l’equazione del coefficiente di

riduzione ordinario.

Volendo, al contrario, affinare le capacità di stima del volume reale dei fusti, è ragionevole ed opportuno scindere il problema separando l’ovvio, la prima approssimazione, il livello dimensionale che le misure note esplicitano, dalla componente non ovvia, la seconda approssimazione. In questo modo è possibile concentrare l’indagine sulla componente non ovvia.

Affinando il ragionamento secondo questa logica si osserva che, come è ben noto e geometricamente intuibile, il tradizionale volume cilindrometrico, avendo sezione definita sulla misura di un diametro misurato ad altezza assoluta fissa (1.30 m da terra), costituisce un’approssimazione di carattere variabile in funzione dell’altezza totale assoluta del fusto stesso: per un albero alto 2.6 m la sezione a petto d’uomo rappresenta la sezione mediana, per uno alto 13 m, rappresenta la sezione a un decimo dell'altezza totale.

Questo effetto, nella logica di scindere la stima in due approssimazioni successive, la prima di carattere ovvio, semplicemente geometrica e la seconda tesa a consentire di andare oltre, costituisce un difetto: la seconda approssimazione dipende ancora, strutturalmente, geometricamente, dalle dimensioni note, segnatamente dall’altezza.

Allo scopo di correggere tale difetto il prof. Scotti ha proposto di impostare in modo leggermente diverso la prima approssimazione.

La dendrometria insegna che, per la cubatura di fusti interi, il ricorso alla formula detta della sezione mediana (basata sulla sezione valutata a metà della lunghezza del tronco), pur richiedendo una sola misura diametrica, costituisce un metodo di stima affidabile e robusto.

Ora, noti il diametro del fusto a 1.30 m da terra e la sua altezza totale, è piuttosto elementare determinare la proiezione del diametro a petto d'uomo da 1.30 m da terra ad un’altezza pari a metà dell'altezza totale (Figura 49).

Nell’ipotesi più semplice e robusta, tale diametro ridotto si determina per interpolazione lineare tra la misura a petto

d'uomo (d130; 1.3 m) e l’apice del fusto (0 cm; htot). Di

seguito è riportata l’equazione del coefficiente di riduzione standardizzato.

Figura 49 – Rappresentazione grafica volume cilindrometrico standardizzato

Il diametro ridotto e l’altezza totale definiscono un cilindro il cui volume è detto “cilindrometrico standardizzato” poiché il suo rapporto con il volume reale non è geometricamente condizionato.

Il volume cilindrometrico standardizzato costituisce, in media, un’approssimazione per difetto del volume reale. Il diametro ridotto rappresenta infatti, nella generalità dei casi di interesse operativo, una sottostima del diametro a metà della lunghezza del tronco. Dal rapporto tra il volume reale del tronco e quello cilindrometrico standardizzato si ricava, parallelamente al coefficiente di riduzione ordinario, il coefficiente di riduzione

Le prime analisi condotte sulla base dei campioni di fusti arborei rappresentati dagli “alberi modello grandi” confermano che Fstz presenta valori non molto superiori all’unità e che la loro variabilità non risulta associata all’altezza totale.

Per costruzione, il rapporto tra il volume cilindrometrico standardizzato e quello ordinario è variabile in funzione dell’altezza del fusto (Figura 50).

Figura 50 – Variazione del rapporto tra il volume cilindrometrico standardizzato e quello ordinario

In realtà, dal punto di vista dell’indagine proposta, la variabilità di tale rapporto è incisiva solo per altezze relativamente limitate. Si osserva infatti che la frazione tende asintoticamente al valore di 1/4 e che, per altezze superiori a 15 m, è già praticamente costante.

Ai fini dell’analisi di dettaglio sui fattori che influenzano, a parità di diametro ed altezza, il volume del fusto, il ricorso al coefficiente di riduzione standardizzato (in sostituzione di quello ordinario) è quindi tanto più efficace tanto più è limitata l'altezza dei fusti considerati.

Figura 51-Confronto tra coefficiente di riduzione ordinario e standardizzato

Nel caso in esame, essendo l’altezza dei campioni considerati contenuta nell’intervallo 6-15 m, ci si attende solo una limitata efficacia operativa dal ricorso al coefficiente di riduzione standardizzato; già l’evidente parallelismo tra le spezzate e le curve di interpolazione, in funzione dell’altezza, dei valori del coefficiente ordinario e di quello standardizzato (Figura 51) non alimenta grandi aspettative sotto il profilo pratico per questi dati. Scopo dell’esercizio è principalmente di proporre un metodo e di mostrare come procedere alla sua valorizzazione e valutazione.