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Applicazione della psicofica nel Dolore Neuropatico della Mielolesione e relazione con componenti psicologiche

Figura 6: Schema dei diversi profili modulatori e dei loro corrispettivi aspetti fenotipic

2.3 Applicazione della Psicofisica nelle sindromi da dolore neuropatico e relazione con le componenti psicologiche

2.3.1 Applicazione della psicofica nel Dolore Neuropatico della Mielolesione e relazione con componenti psicologiche

Con il termine mielolesione si può fare riferimento a numerose condizioni, di origine traumatica e non, determinate da una lesione al midollo spinale.

L’inquadramento diagnostico del dolore, in questa sindrome, è reso possibile dal ricorso a preziose informazioni, provenienti da diverse fonti: anamnestica, semeiotica, strumentale.

È necessario che il dolore insorga entro un anno dal trauma, non sia correlato ad altre cause, venga descritto come bruciante e opprimente, e sia accompagnato da sintomi positivi come l’allodinia e/o l’iperalgesia.

Si definisce livello neurologico il segmento vertebrale più basso, senza alterazioni nelle funzioni motorie, e con preservata sensibilità al tocco o alla punta di uno spillo.

Secondo l’American Spinal Injury Association (El Masry et al., 1996), i pazienti mielolesi possono essere classificati in 4 categorie, a seconda del grado di disabilità motoria e sensoriale presentato:

 Categoria A (disabilità completa): vi sono coloro che non hanno preservato, a livello di S4 e S5 sacrale, né le funzioni motorie né quelle sensoriali,

 Categoria B (disabilità sensoriale incompleta): vi sono coloro hanno preservato, al di sotto del livello neurologico, la funzione sensoriale ma non quella motoria

 Categoria C e D (disabilità motoria incompleta): la funzione motoria, al di sotto del livello neurologico, è integra

Al di là delle differenze eziologiche e di categoria, il dato interessante è che, in almeno il 50% dei casi, i soggetti mielolesi registrano dolore neuropatico: una condizione che si sviluppa nel corso del primo anno dalla lesione, facilmente tendente alla cronicizzazione e che può essere conseguenza diretta del danno al midollo spinale o insorgere a seguito di altri fattori (per esempio una polineuropatia diabetica) (Finnerup & Baastrup, 2012)

Per comprendere meglio il quadro, distinguiamo il dolore esperito in sede di lesione, che va’ dal punto interessato dal danno a due dermatomeri sia superiori che inferiori, e quello al di sotto della sede del danno, che invece parte dal terzo segmento inferiore rispetto alla lesione.

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Il dolore esperito in sede di lesione può essere distinto in radicolare, se è conseguente a una patologia delle radici dorsali, e centrale, se è dovuto a una compromissione nel midollo spinale o in strutture superiori (Jang et al., 2014).

Secondo Beric (1988) l’esclusivo interessamento del tratto spinotalamico, a fronte di colonne posteriori preservate, è il quadro che predispone maggiormente all’ insorgenza di meccanismi centrali (Beric et al.,1988).

Secondo Finnerup & Baastrup (2012) il dolore esperito al di sotto della lesione, ad insorgenza tardiva, è dovuto a meccanismi centrali, mentre, quello a livello di lesione, a rapida insorgenza, potrebbe essere stato causato anche da una compromissione delle radici: ecco perché l’ autore lo considera sia di natura centrale che periferica.

Uno studio condotto da Jang e colleghi (2014) evidenzia come non vi siano differenze, statisticamente significative, tra mielolesi con dolore a livello di lesione e con dolore al di sotto di questa (Jang et al., 2014).

Tuttavia, ad oggi, questi meccanismi non sono stati ancora del tutto spiegati, così come non è chiaro come essi intervengano nell’ insorgenza e mantenimento del dolore neuropatico.

In linea generale, sembrerebbe che i principali meccanismi eziopatogenetici, siano rappresentati soprattutto da cambiamenti neuroplastici, a livello del sistema nervoso centrale, indotti dalla de- afferentazione (Kumru, et al., 2011).

Altri studiosi evidenziano il ruolo dei meccanismi modulatori (Melzack & Loeser, 1978; Woolf et al., 1988): l’interruzione della via cortico-spinale comprometterebbe la funzione talamica regolatoria, determinando la scomparsa dell’ effetto inibitorio sugli impulsi afferenti (Kumru et al., 2011).

Secondo Melzack e Loeser (1978) l’interruzione nella trasmissione delle informazioni può determinare un’ iperattività di scarica, nelle corna dorsali e nel talamo, che può persistere anche per lungo tempo a seguito della lesione: questo è un altro meccanismo che può contribuire all’insorgenza e al mantenimento del dolore neuropatico (Melzack & Loeser, 1978).

Sebbene utili e di largo utilizzo, le indagini psicofisiche condotte su questi pazienti offrono dati e risultati contrastanti, ciò anche a causa delle grandi difficoltà legate all’ applicazione degli strumenti: infatti, dato che questi soggetti mancano di sensibilità al di sotto della lesione, non è sempre possibile valutare quantitativamente il loro dolore, specie se è localizzato in aree anestetiche; inoltre, in molti casi, riportano dolore riferito in zone che non hanno alcun legame anatomico con l’area corrispondente alla lesione.

Ricerche basate sull’ utilizzo di stimoli termici, per lo studio quantitativo della sensibilità, a livello dell’ area di lesione o di zone al di sopra di questa, hanno dimostrato, in alcuni casi, un innalzamento delle soglie al caldo, al freddo e al dolore da caldo (Defrin et al., 1999), mentre,in altri, non è stato evidenziato nessun cambiamento statisticamente significativo (Wesner et al., 2008) Molto probabilmente, secondo quanto ipotizzato da Wesner e colleghi (2008), le differenze sono dovute all’ interessamento di diverse vie somatosensoriali, attivate dalla stimolazione di dermatomeri vicini alla sede della lesione (Wesner et al., 2008).

In una ricerca pubblicata su Clinical Neurophysiology nel 2011, Kumru e collaboratori hanno evidenziato, attraverso l’applicazione del QST, differenze significative, tra, mielolesi con dolore neuropatico e soggetti di controllo (Kumru et al., 2011).

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Ogni valutazione è stata condotta sull’area della lesione e al di sopra di questa, nell’emisoma corporeo dominante, dove era maggiormente concentrato il dolore, e in quello non dominante, dove questa concentrazione era inferiore.

I risultati ottenuti dimostrano che, in confronto a soggetti di controllo, i pazienti mielolesi con dolore neuropatico registrano soglie dolorifiche più basse (Kumru, et al., 2011).

Inoltre è stato dimostrato che l’ ipersensibilità, rappresentata da allodinia meccanica e sommazione temporale, precede il dolore spontaneo, a riprova del ruolo dell’ ipereccitazione neuronale nella genesi del dolore centrale (Finnerup & Baastrup, 2012).

Dal punto di vista psicopatologico, alcuni studi evidenziano che almeno il 13-45% dei pazienti mielolesi presenta una sintomatologia ansiosa e depressiva (Cairns et al., 1996; Scivoletto et al., 1997) e il 20-30% soffre di altre forme di distress psicologico (Radniz et al., 2000; Wilder, 2006) Nella mielolesione l’ intensità del dolore è stata correlata a un aumento nei livelli d’ansia (Richards et al., 1980).

A supporto di questo dato, Nicholson e colleghi (2009), confrontando soggetti mielolesi, con sintomatologia ansiosa e depressiva, con mielolesi senza comorbilità psicopatologica, riscontrarono una differenza staticamente significativa nell’ intensità del dolore, che risultava maggiore proprio nel gruppo costituito dai mielolesi con sintomi psicopatologici(Nicholson et al., 2009).

Nonostante le numerose evidenze, ancora oggi la relazione tra dolore e ansia necessita di ulteriori approfondimenti e, inoltre, non è ben chiaro se i due aspetti coesistano o l’uno sia fattore predisponente nei confronti dell’altro.

Secondo altre ricerche, la sintomatologia ansiosa è correlata al dolore spontaneo piuttosto che a quello evocato: pazienti mielolesi con dolore continuativo registrano punteggi alla HADS (Hospital Anxiety and Depression Scale) maggiori rispetto a soggetti con dolore intermittente o del tutto assente (Norrbrink et al., 2005).

Anche per la depressione sono state avanzate numerose ipotesi riguardanti la relazione con il dolore cronico da mielolesione.

Cairns e colleghi (1996), hanno analizzato tale legame durante il decorso ospedaliero di un gruppo di 68 pazienti mielolesi: ciò che è stato riscontrato è che, mentre all’accettazione, il dolore e i sintomi depressivi non risultavano correlati, alla dimissione dal ricovero i due aspetti registravano una forte correlazione.

Inoltre, il dolore esercitava un’ influenza sulla depressione molto maggiore rispetto a quanto potesse influire quest’ ultima sulla percezione dolorifica: da quanto evidenziato, quindi, questo studio dimostra che la relazione tra depressione e dolore cambia nel corso del tempo e che intervenendo sul dolore è possibile ottenere risultati significativi anche a livello della dimensione psicopatologica (Cairns et al., 1996).

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2.3.2 Applicazione della psicofisica nel dolore Neuropatico della