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APPLICAZIONI TERAPEUTICHE: LA FARMACOEPIGENETICA

Le epimutazioni, in contrasto con le mutazioni genetiche, sono reversibili. Questo è il prinicipio su cui si sono focalizzati gli studi di farmacoepigenetica, i quali utilizzano farmaci che potenzialmente possono ripristinare il pattern epigenetico normale, inibendo dunque i fenomeni di metilazione del DNA e di rimodellamento cromatinico. Esistono 2 classi di farmaci in grado di agire sulle modificazioni epigenetiche, o meglio, sugli enzimi che conferiscono un determinato pattern di modificazioni (Figg. 12 e 13), e che sono stati approvati dalla US Food and Drug Administration (FDA) per il trattamento dei tumori: gli inibitori della metilazione del DNA e gli inibitori delle HDAC

(Kaminskas E et al., 2005; Kantarjian H et al., 2007; Mann BS et al., 2007; Fenaux P et al., 2009; Piekarz RL et al., 2009).

Fig. 12: Complessi enzimatici che conferiscono il pattern epigenetico.

Gli inibitori della metilazione del DNA sono degli analoghi nucleosidici i quali esercitano la loro attività de metilante attraverso la fomazione di un legame covalente irreversibile con i DMNT dopo incorporazione nel DNA (Issa JP e Kantarjian HM, 2009). Questi inibitori svolgono una funzione citotossica a dosaggi elevati (Von Hoff DD, 1976), ma non è stata riscontrata un'attività antitumorale. Negli ultimi 10 anni questi farmaci sono stati utilizzati in dosi inferiori e ripetute, con risultati migliori circa gli effetti antineoplastici (Issa JP et al., 2004). Questo permise l’introduzione di farmaci quali l’azacitinina nel 2004 (Kaminskas et al., 2005), della decitabina e di vidaza (5-aza e 5-aza-2’-deoxycytidine)(Gore SD et al., 2006) per la cura dei pazienti affetti da MDS (MyeloDysplastic Syndrome).

Per quanto riguarda gli inibitori delle HDAC, sono suddivisi in diverse classi (dalla I alla IV), ed hanno come target un dominio catalitico-metallo-dipendente delle HDAC, interferendo così con il

riconoscimento del substrato e quindi inibendo la chelazione dello zinco da parte delle HDAC. Gli inibitori delle HDAC sono suddivisi in quattro gruppi in base alla loro natura chimica; i gruppi comprendono gli acidi grassi a catena corta (es. sodio butirato e acido valproico), gli acidi idrossamici (es. tricostatina A e vorinostat o SAHA), peptidi ciclici (es. romidepsina) e benzamidi (es. MGCD-0103 e entinostat)(Tab.5).

Tabella 5: Classificazione degli inibitori delle HDAC.

Il principale potere antitumorale degli inibitori delle HDAC si espleta con un effetto sulle fasi G1 e G2-M del ciclo cellulare, sull’apoptosi e con un‘inibizione dell’angiogenesi e della formazione di metastasi (Nebbioso A et al., 2001; Joseph J et al., 2004). Nel 2006, il vorinostat o SAHA fu introdotto nella terapia di pazienti con linfoma a cellule T (Mann BS et al., 2007), anche se ad oggi le sperimentazioni di altri inibitori delle HDAC sono ancora in studio. Tuttavia i risultati preliminari suggeriscono l’utilizzo di questi farmaci una possibile strategia terapeutica in altre neoplasie linfoidi (es. linfoma di Hodgkin), ma sottolineando una modesta attività nei tumori solidi (Prince HM et al., 2009). Ad oggi il meccanismo con il quale questi farmaci agiscano non è ancora del tutto noto: una possibile via riguarda l’induzione di un’iperacetilazione degli istoni, che si traduce in una configurazione cromatinica aperta e ad attivazione trascrizionale (Xu WS et al., 2007).

Tuttavia il meccanismo d’azione di questi farmaci risulta molto più complesso in quanto essi sono attivi sia nel nucleo che nel citoplasma, agendo quindi anche a livello di proteine non istoniche. La mancanza di specificità dei target dei farmaci epigenetici si basa sulla possibilità di riattivazioni di geni normalmente silenziati (es. elementi ripetitivi) o geni imprinted. La riattivazione potrebbe portare ad uno sbilanciamento allelico, instabilità genomica o ad altri effetti deleteri mediati dall’attivazione dei retrotrasposoni. Ad oggi, non esistono dati a prova di ciò, ma niente esclude una possibile insorgenza di complicazioni dopo anni di terapia. Gli ultimi esperimenti si basano sulla creazione di farmaci in grado di riconoscere uno specifico target, ed un esempio è dato dall’oligonucleotide metilato diretto verso la regione 5’ del promotore del fattore di crescita insulin-like (Yao X et al., 2003), ma questi studi risultano ancora ad uno stadio molto precoce.

Importante notare come un farmaco epigenetico non venga utilizzato singolarmente, bensì in associazione con altri farmaci epigenetici o chemioterapici (Kim MS et al., 2003). Diversi studi, condotti sia in vitro che in vivo, hanno dimostrato effetti sinergici di somministrazioni di inibitori DNMT (decitabina) e inibitori HDAC (vorinostat)(Issa JP e Kantarjian HM, 2009).

Accanto agli inibitori delle DNMT e delle HDAC, esistono altri gruppi di inibitori molto studiati, ovvero gli inibitori delle HAT (Histone acetyltransferase), di HMT (Histone methyltransferase) e di HDM (Histone demethylase)(Fig. 13).

Fig. 13: Sostanze inibenti i diversi complessi enzimatici.

Gli inibitori della deacetilasi SIRT (sirtinolo e splitomicina) sono molto meno studiati rispetto a quelli di DNMT e HDAC, ma si è vista una loro rilevanza per mezzo dell’induzione dell’apoptosi delle cellule tumorali tramite l’aumento dell’attività di p53 (Ota H et al., 2006). Il sirtinolo inibisce SIRT1 e 2 ed è inoltre in grado di aumentare la sensibilità ai farmaci antiblastici quali la camptotecina ed il cisplatino (Kojima K et al., 2008).

Tre sono le molecole che costituiscono gli inibitori delle HAT: la curcumina, il garcinol e l’acido anacardico. La curcumina è un inibitore specifico di EP300 e CREBBP e svolge la sua funzione antitumorale in diverse forme tumorali, up- o down- regolando CCDN1 (ciclyn D1) e CASP8 (caspase 8) ed inibendo l’attivazione costituzionale di NFκB (Nuclear Factor-κB) (Mukhopadhyay A et al., 2002; Shishodia et al., 2005 e 2007).

Il garcinol possiede proprietà apoptotiche sulle cellule HeLa, mentre l’acido anacardico sensibilizza le cellule tumorali aalle radiazioni ionizzanti (Balasubramanyam K et al., 2004; Sun Y et al., 2006).

Tre sono le molecole descritte come inibitori HMT: la chaetocina, DZNep e BIX-01294. La prima, la chaetocina, fu originariamente identificata in Drosophila e nella controparte umana svolge la stessa funzione antitumorale, dimostrata in studi su mieloma multiplo (MM) (Grenier et al., 2005; Isham et al., 2007). DNZep induce l’apoptosi nelle cellule tumorali mammarie MCF7 e tumorali colonrettali HCT116, promuovendo la deplezione di EZH2 (polycomb repressive complex-2 protein) ed inibendo la metilazione di H3K27 (Tan J et al., 2007).

Evidenze sperimentali mostrano uno stretto legame tra le kinasi e le modificazioni epigenetiche: la tirosin-kinasi JAK2 è in grado di fosforilare H3Y41, prevenendo così di- o tri- metilazione di H3K9 mediata da CBX5 tramite il legame con la cromatina (Dawson MA et al., 2009). La kinasi aurora B, la quale fosforila H3S10 e mantiene la stabilità cromosomica durante la mitosi, è overespressa in diversi tumori solidi umani (Hirota T et al., 2005; Dar AA et al., 2010). E’ stato recentemente scoperto che nei linfomi a cellule B, aurora B in associazione all’isoforma A, è essenziale per la progressione tumorale mediata da Myc (den Hollander J et al., 2010). Un considerevole numero di inibitori delle diverse isoforme della kinasi aurora è dunque in fase di trial clinico, tra cui il danusertib (PHA-739358) ed MLN8237 sono ad oggi in fase II con risultati promettenti (Steeghs N et al., 2009, Dar AA et al., 2010; Gorgun G et al., 2010). Infine l’uso degli inibitori delle HDAC in associazione agli inibitori delle tirosin-kinasi come ad es. AEE788 ed imatinib, è stato dimostrato efficace verso molti tipi di cellule tumorali (Yu C et al., 2007; Zhang B et al., 2010).

Le future terapie antineoplastiche utilizzeranno sicuramente gli effetti sinergici tra i farmaci epigenetici o tra questi ultimi ed altri agenti antitumorali. I farmaci epigenetici come gli inibitori delle HDAC potrebbero agire con agenti in grado di danneggiare il DNA tumorale, poiché questi ultimi permettono un migliore accesso alla cromatina. Ad oggi farmaci chemioterapici di rilievo sono già stati testati assieme ad inibitori di DNMT, HDAC e SIRT, ed è stata dimostrata la loro efficacia tramite numerosi trials clinici (Ma X et al., 2009; Yang X et al., 2010).

L’efficacia terapeutica di qualsiasi farmaco antitumorale è altamente associata al suo uptake cellulare, dunque risulta di estremo rilievo lo

studio di questo meccanismo al fine di migliore la terapie farmacoepigenetiche.