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APPRENDERE E CONOSCERE NEI CONTESTI ORGANIZZATIVI

Un primo rilevante contributo ai processi di produzione e gestione della conoscenza e all’apprendere nelle organizzazioni è riconducibile agli studi di sociologia delle organizzazioni e di sociologia della conoscenza, centrati sul costrutto di pratica come insieme coerente di attività culturalmente situate e mediate dal linguaggio e dalle tecnologie da esse generati.

L’idea di fondo, che riconfigura il discorso sul rapporto tra conoscenza e organizzazioni e genera differenziate conversazioni all’interno di una molteplicità di comunità professionali (accademici, manager, operatori di diversi ambiti di ricerca e applicazione), risiede nella strutturale rilevanza attribuita al conoscere in pratica.

Esso può rappresentare un’esperienza del significato, intesa come processo di negoziazione all’interno di un sistema di azione, mediante la capacità di combinare partecipazione a esso (fatta di interazioni e transizioni attraverso cui definiamo le condizioni di reciprocità e di impegno) e reificazione.

Gherardi (2006) individua un framework teorico-concettuale che ha costituito lo sfondo per lo sviluppo del discorso sulla pratica e della conversazione scientifica inerente a un approccio all’apprendimento e alla conoscenza organizzativa basata sul sapere pratico: Esso comprende riferimenti:

• All’Activity Theory (Engestrom,2015), che enfatizza gli aspetti sociali, materiali, simbolici per mezzo dei quali prende forma e si espande un sistema di attività, per cui, attraverso un procedere tra ordine e disordine, i corsi di azione costruiscono e ricostruiscono i propri oggetti e il significato a essi attribuito.

• All’Actor- Network Theory (Law,1992), centrata sulla configurazione di ecologie relazionali che danno vita ai processi di traslazione e traduzione in pratica del reciproco rapporto tra conoscenza e azione.

• Alla teoria dell’apprendimento situato (Lave, Wenger, 1991) e del connesso costrutto di comunità di pratica, come campo di traiettorie possibili in cui si apprende attraverso i

processi del conoscere in azione, partecipando alla circolazione e allo scambio di repertori condivisi e all’attraversamento delle zone di confine, attribuendo senso e significato a eventi e situazioni, costruendo mondi possibili riconosciuti come sufficientemente legittimati e comprensibili.

• Ai workplace studies (Luff, Hindmarsh, Heat, 2000), in cui lavoro e azione sono socialmente organizzati a partire dall’interazione tra soggetti, oggetti e tecnologie, generando pratiche di lavoro in quanto attività sociali, cognitivamente distribuite e mediate dall’uso di artefatti.

• All’approccio culturale ed estetico, che valorizza non solo le dimensioni simboliche e di significato connesse e incorporate negli oggetti e nelle pratiche, ma anche la sensorialità del nostro conoscere l’organizzazione, attraverso un sentire che coinvolge la nostra corporeità e la nostra peculiare attribuzione soggettiva di senso.

Le pratiche lavorative vengono, in tale ottica, rappresentate come sistemi di azione sufficientemente stabili e condivisi che tengono insieme persone, strumenti in uso, culture di riferimento, conoscenze situate e diffuse, a partire da convergenze provvisorie e interazioni precarie, generate dai processi che acquistano progressiva durata e consistenza temporale.

La conoscenza si produce e circola all’interno di tali campi di pratiche, attraverso connessioni in azione che collegano e danno ordine provvisorio ad attività dalle forme mutevoli;

ad artefatti, oggetti, conversazioni e discorsi; ad aspetti individuali, gruppali, oppure legati a culture organizzate diffuse.

Apprendere e conoscere nei contesti organizzativi si articola in due passaggi successivi:

• Dal conoscere in pratica al conoscere una pratica, facendo attenzione ai processi attraverso i quali la conoscenza pratica si istituzionalizza.

• Arrivare ad una conoscenza organizzativa come tessitura dell’apprendere nei luoghi di lavoro; le pratiche diventano una occasione per l’intreccio delle molteplici forme dell’organizzazione, dell’apprendere e del conoscere in azione.

Gherardi (2006) identifica tre caratteristiche delle pratiche situate che i soggetti impiegano per conferire significato e riconoscibilità sociale al loro sistema di azione, valorizzando le dimensioni di conoscenza tacita incorporata, sedimentata e depositata nelle pratiche che la condividono.

• La prima caratteristica si riferisce alla dimensione “indessicale”, che in semiotica e linguistica corrisponde alle espressioni che risultano comprensibili a partire dal concreto contesto in cui sono prodotte e usate, ciò equivale a cogliere significati impliciti che sostengono la reciproca comprensione dei soggetti all’interno dei loro contesti di azione e le modalità delle negoziazioni che su tali significati sono costantemente attivate. Rapportarsi a una conoscenza concepita come tacita e situata comporta la necessità di approssimare i criteri con i quali essa è scambiata e usata, di intercettare e comprendere le modalità attraverso le quali i soggetti costruiscono un loro “ordine di vita”, cioè come essi, in diverse, mutevoli e concrete circostanze organizzano, riconoscono usano e danno compimento a ciò che considerano intellegibile e ordinario nel perseguire la loro azione.

• La seconda caratteristica individuata è quella dell’accountability, inerente alla capacità dei partecipanti alle pratiche situate di offrire motivi, argomentazioni e spiegazioni, di rendere le loro pratiche osservabili e dicidibili, comunicabili, ostensibili e rintracciabili, esprimendo ciò che nel contesto è dato per scontato. Si tratta anche dell’accesso a criteri e regole, ad account che rendono evidenti le modalità di riconoscimento di un dato contesto, di certi comportamenti in rapporto a definiti tipi di azione.

• La terza caratteristica delle pratiche situate è la reflexivity, da intendere come processo che interroga i modelli attraverso i quali i soggetti conferiscono significato alla realtà e lo rendono accessibile ad altri, contribuendo in tal modo a costruire il proprio ambiente organizzativo, relazionandosi con gli altri e dando forma al loro modo di operare e di essere al mondo.

Proprio su queste dimensioni di tessitura sociale che si fonda l’emergente prospettiva di gestire le conoscenze e dell’apprendere nei contesti organizzativi e di lavoro, connessa all’attivazione di opportuni momenti di azione riflessiva.

A fronte di una concezione delle organizzazioni come campi di pratiche, attorno alle quali si coagulano appartenenze e si sviluppano esperienze di produzione di senso, di condivisione di emozioni, di formazione di linguaggi, di produzione e diffusione/ circolazione della conoscenza, si configura un’idea di apprendimento locale, funzionale alla promozione dell’attitudine dei soggetti ad apprendere a partire dalla riflessione sulle pratiche concrete della loro vita lavorativa.

Un apprendere che vede uno spostamento di enfasi dalla prospettiva cognitiva a quella sociale, in quanto mobilita non solamente processi mentali di trattamento ed elaborazione di dati e informazioni, ma sollecita il coinvolgimento e l’attivazione di condizioni di contesto; avviene non esclusivamente nella mente delle persone, ma anche distribuito all’interno di traiettorie di partecipazione; coinvolge non solo i singoli individui, ma insegna una comunità di soggetti; usa il linguaggio non solo come mezzo per trasmettere le conoscenze codificate, ma anche e soprattutto quale strumento di transazione e azione nel mondo sociale di riferimento; si produce non tanto attraverso la messa a disposizione di codici predefiniti per l’azione, quanto mediante la condivisione di artefatti e traslazioni in cui la conoscenza è incorporata.

La rottura di rappresentazioni diffuse e convenzionali dell’apprendimento come prevalente passaggio di conoscenza, opportunamente disposta in forma e fonti di memoria, dall’esterno alla mente del destinatario, che provvede poi a depositarla e immagazzinarla in modo da renderla accessibili e riutilizzabile, implica il superamento della separazione tra luoghi e momenti deputati all’apprendimento e quelli connessi ad altre attività, così come della connessa visione dell’apprendimento come attività principalmente individuale.

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