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Apprendimento percettivo, sensomotorio e forme incipienti di social learning nelle interazioni madre-figlio in Homo sapiens e Pan

troglodytes.

In questa sede non ci addentreremo nell'intricato ambito del social learning di per sé, in quanto il focus di questa sezione verte sulle differenze riscontrabili nei rapporti post natali che si realizzano nella diade madre-figlio nelle due specie filogeneticamente vicine Homo sapiens e Pan troglodytes. Tuttavia, i comportamenti ontogeneticamente precoci che ci accingeremo a descrivere essendo intrinsecamente sociali per natura possono essere considerati espressioni incipienti di forme di cognizione e apprendimento sociale, di cui pertanto è doveroso fornire una piccola rassegna introduttiva.

Quando si parla di social learning in biologia ed etologia si indica generalmente la capacità di apprendere tramite l'interazione coi conspecifici, piuttosto che per esperienza diretta, nuove conoscenze che riguardano aspetti importanti (come inedite e più efficaci tecniche di foraggiamento, strategie comunicativi, indizi e comportamenti utili a evitare

potenziali pericoli) delle modalità di esistenza che contraddistinguono la specie presa in esame. All'interno di questo termine ombrello ricadono ovviamente diverse modalità di apprendimento più o meno diffuse nel regno animale, come l'apprendimento per osservazione e quello derivante da insegnamento attivo da parte di maestri nei confronti di “novizi”, forma meno diffusa ma di cui si hanno alcune testimonianze, anche se prevalentemente di natura aneddotica, nelle specie di primati non umani (e al contrario, ampiamente sfruttata dagli umani nei contesti più disparati). Dal momento che la letteratura sull'argomento è sterminata ed i comportamenti coperti ed analizzati in questo ambito molto variegati, è utile presentare brevemente la tassonomia minima (Hopper et al 2012; Galef & Whiten 2017) per classificare tipologicamente questo genere di fenomeni:

Stimulus e local enhancement: l'individuo tende ad adottare il focus d'attenzione su un oggetto, un'azione, un luogo o un evento, esibito da un dimostratore/modello.

Observational conditioning: il soggetto impara a rispondere a un tipo di stimolo in modo analogo alle risposte esibite allo stesso genere di stimolo da parte di un modello. Rientrano in questo genere di apprendimento ad esempio anche le forme di condizionamento della paura, o il riconoscimento di comportamenti ed espressioni facciali di paura o disgusto (Gariepy et al 2014).

• Facilitazione della risposta: fa riferimento alla probabilità che un soggetto esegua una specifica azione in seguito all'osservazione della stessa messa in atto da un conspecifico. Questo genere di apprendimento differisce dall'imitazione perché riguarda esclusivamente azioni che sono già presenti nel repertorio comportamentale dell'individuo.

• Emulazione: indica genericamente il tentativo di realizzare l'obiettivo o lo stadio finale di un'azione dimostrata da un altro individuo ma utilizzando strategie differenti. Essa può ulteriormente essere suddivisa in: a) “object movement re- enactment”, ossia la riproduzione del movimento eseguito dall'oggetto con cui il dimostratore ha interagito o su cui egli ha operato, b) “goal emulation”, che in sostanza riprende il significato solitamente attribuito al termine “emulazione”(vedi sopra), c) “apprendimento di affordances”, tramite cui

l'individuo ottiene informazioni sulle proprietà fisiche degli oggetti e sulle loro possibili reciproche relazioni.

• Imitazione: riproduzione di azioni novelle utilizzando le medesime strategie motorie (le stesse sequenze di azioni) impiegate dal modello che dimostra l'azione.

In aggiunta a queste etichette, un altro fenomeno che spesso viene riportato nella letteratura comparata sul social learning è quello della cosiddetta “over-imitazione”, termine con cui viene descritta la tendenza, al momento ritenuta non presente negli scimpanzé (ma vedi Marshall-Pescini & Whiten 2008a; Hrubesch et al 2009), dei bambini a imitare fedelmente le operazioni dimostrate da un modello adulto anche quando queste sono completamente inutili e non funzionali allo scopo finale dell'azione. In ognuna di queste forme di apprendimento per osservazione, ad eccezione appunto dell'over-imitazione e dell'imitazione (per la quale i dati, così come la loro interpretazione, sono ancora discordanti), sono state prodotte delle evidenze positive in esemplari di Pan troglodytes, sebbene le performance di questi animali si siano discostate sempre abbastanza da quelle prodotte dalla nostra specie19. Poiché questi

risultati variano a seconda della categoria di apprendimento testata e, anche all'interno della medesima classe, sono tutt'altro che omogenei e costanti, per lo più a causa dell'eterogeneità di task impiegati, delle condizioni sperimentali, dell'identità del dimostratore (conspecifico o interspecifico, familiare o estraneo, esperto o inesperto, dominante o no ecc) e della storia ontogenetica dei soggetti (spesso considerata un fattore quasi ininfluente, rendendo problematica la comparazione), è ancora impossibile trarre conclusioni definitive a livello di specie.

19 “Among these capacities, both species show remarkable degrees of interconnectedness with the actions and even the psychology of others.Principal ways in which in childhood we already see cognitive correlates of the enormous cultural gulf between our own species and chimpanzees include a greater capacity for high-fìdelity imitation and even "overimitation" (two phenomena that are probably related, and represent the high end of a continuum that runs from high conformity and fìdelity to the actions of others, to more flexible and selective strategies; Whiten et al. 2005, 2009), a greater capacity for emulation in respect of more- complex artifacts, and a receptivity to informai pedagogy. In these respects children connect culturally ever more closely with others' actions and minds. However, the evolution of these extraordinary abilities now appears less mysterious than in the past, givén the shared ancestral precursors we can now infer through such comparative studies as we outlined here.” (Hopper et al 2012, pp. 117-118)

Da un punto di vista adattativo, tali comportamenti rappresentano un vantaggio soprattutto in ambienti caratterizzati da un indice intermedio di cambiamento e imprevedibilità (Hopper et al 2012) e consentono la diffusione di pratiche culturali, suscettibili di essere tramandate transgenerazionalmente, all'interno di una popolazione di individui. Va da sé che si tratta di opportunità di apprendimento che risultano massimizzate nelle specie che presentano una spiccata vita sociale, dove il monitoraggio degli altri individui costituisce una conseguenza quasi obbligata e si declina ontogeneticamente secondo sentieri specifici dettati dalle possibilità anatomo-fisio- morfologiche, percettive e pragmatiche offerte dalla costituzione individuale e dalle dinamiche interattive (competitive, cooperative e comunicative) del gruppo sociale in cui essi sono inseriti. Requisito imprescindibile di questo tipo di attività performativo- conoscitiva è un certo grado di attenzione selettiva e, a seconda della specie e della nicchia ecologica da essa occupata (che determina le pressioni selettive ed i vantaggi e gli svantaggi associati a un dato comportamento), il soggetto può prestare attenzione in misura più o meno maggiore agli individui dominanti, più esperti, ai parenti o agli “amici” (Huber 2012).

In questo contesto si può ipotizzare che varianti eterocroniche di specifici pattern di sviluppo esercitino una profonda incidenza sulle modalità di apprendimento percettivo e sociale a cui l'organismo può accedere nei periodi cruciali di plasticità neuronale che caratterizzano le fasi pre e post natali, vincolando in parte lo sviluppo delle capacità cognitive dell'individuo e le possibilità funzionali e performative che da esse derivano. A questo proposito è quindi interessante esaminare le differenze presenti a livello comportamentale, sia in relazione alle capacità percettivo-sensomotorie che alle modalità di interazione madre-figlio, tra i piccoli di sapiens e quelli di scimpanzé in fase post-natale. Alla nascita generalmente i primati, in particolar modo le scimmie antropomorfe, presentano uno stato di immaturità altriciale cui sopperiscono mediante l'interazione costante con la figura materna, il cui corpo costituisce una sorta di substrato ambientale che supporta lo sviluppo senso-motorio, posturale e affettivo- sociale dei piccoli. Nei neonati umani tale immaturità è particolarmente evidente nella mancanza di controllo posturale che li costringe in posizione supina e che richiede che la madre fornisca cure per un periodo maggiore rispetto a tutte le altre specie di primati. Tuttavia il neonato non è una entità passiva neanche in queste condizioni, dal momento

che ha a disposizione tutta una serie di espedienti per elicitare attivamente l'attenzione della figura accudente (espressioni facciali, imitazione e sorriso neonatale, vocalizzi emozionali e pianti, movimenti corporei) così correggendo e indirizzando le modalità con cui la madre si rapporta a lui. Inoltre, prima di sviluppare un adeguato controllo della postura, il piccolo produce spontaneamente, a partire dalla 12° settimana di gestazione, dei movimenti (general movements/GM) che coinvolgono testa, tronco ed arti, destinati a scomparire intorno al 5° mese di vita (Takeshita et al 2006). Questi movimenti esibiscono caratteristiche di coordinazione motoria (ad esempio durante il gesto di portare la mano a contatto con la bocca, compiuto anche dai feti in ambiente uterino, la bocca viene aperta prima che la mano raggiunga la sua destinazione). Tali comportamenti sono prodotti anche dai piccoli di scimpanzé, rappresentando pertanto delle caratteristiche dello sviluppo motorio-propriocettivo condivise fra le due specie. A differenza dei piccoli umani tuttavia, alcuni specifici pattern gestuali che coinvolgono gli arti superiori, come l'hand-to-hand contact, emergono successivamente nello sviluppo ontogenetico (5° mese, contro 3° e 4° mese negli umani; Takeshita 1999). Inoltre nei bambini i movimenti che riguardano gli arti superiori appaiono generalmente più precisi e complessi, una differenza non riscontrata nei cuccioli di scimpanzé (Takaya et al 2002). Anche in stadio fetale è possibile riscontrare alcune variazioni a livello interspecifico (tramite la tecnica dell'ultrasonografia 4-D). Il gesto di portare le mani verso le parti superiori del corpo, la testa, è più generico nei feti di Pan troglodytes, al contrario di quelli umani che indirizzano l'arto verso zone diverse del volto, come bocca, naso e occhi e che si producono in manifestazioni di esplorazione attiva dell'ambiente intrauterino. Secondo Takeshita et al (2006) queste differenze possono in parte essere ascritte a vincoli di natura somatica e ambientale, dal momento che le dimensioni generali degli arti superiori sono in proporzione maggiori nei piccoli di Pan e lo spazio a loro disposizione nel ventre materno più ridotto.

Il rapporto madre-figlio che si instaura alla nascita in queste due specie presenta anch'esso delle differenze significative quando esaminate in relazione al concomitante sviluppo delle facoltà cognitive. Questo genere di rapporti sono stati analizzati da un punto di vista filogenetico da Tetsuro Matsuzawa (2006) che ha evidenziato le modificazioni progressive avvenute nell'ordine dei primati e legate in parte a cambiamenti funzionali all'ambiente socio-ecologico occupato dalle specie di interesse.

Secondo la ricostruzione da lui effettuata, il primo stadio originario emerge con l'approvvigionamento di latte nel periodo di adattamento e divergenza della classe dei mammiferi circa 65 milioni di anni fa. Un secondo stadio è associato all'apparizione dei primati, differenziatisi dal loro antenato comune 50 milioni di anni fa in specie con uno stile di vita arboricolo. I piccoli degli animali appartenenti a questo ordine esibiscono infatti un comportamento unico fra i mammalia, ovvero il clinging, cioè la propensione ad arrampicarsi e attaccarsi al corpo materno, dovuta alla particolare conformazione morfo-anatomica degli arti e delle mani fatte per prendere e afferrare. Con la successiva separazione delle scimmie, diurne e dalla stazza corporea maggiore, dalle proscimmie (notturne), emerge un nuovo comportamento: l'abbraccio materno in risposta al clinging dell'infante. Il quarto stadio viene invece ricondotto alla ramificazione Hominoidea, avvenuta 5 milioni di anni fa, che include tutte le scimmie antropomorfe. In questo gruppo si sviluppano nuove forme di comunicazione face-to-face, come il sorriso e il mutual gaze, riscontrabili sia nel genere Pan che in Homo, ossia lo sguardo diretto reciproco svincolato dalle connotazioni negative (minaccia, ostilità e sfida) che esso assume spesso nelle altre specie. In seguito alla comparsa delle australopitecine (5 milioni di anni fa) e del genere Homo (circa 2 milioni di anni fa), caratterizzati dalla progressiva adozione della postura eretta e dell'andatura bipede, il rapporto madre-figlio è destinato conseguentemente a subire ulteriori modificazioni, come avremo modo di vedere a breve.

Grazie alle ricerche condotte dal team giapponese del Kyoto University Primate Research Center mediante l'innovativo paradigma dell'osservazione partecipante20 questi

studiosi sono riusciti a raccogliere molti dati relativi allo sviluppo socio-cognitivo dei piccoli di scimpanzé che possono essere quindi confrontati con quelli relativi ai piccoli della nostra specie.

I neonati di scimpanzé (come anche quelli di macachi e oranghi) sono estremamente instabili in posizione supina, cominciano a muovere gli arti superiori e inferiori controlaterali contemporaneamente, come se stessero cercando di raggiungere una sorta di equilibrio posturale (a loro evidentemente precluso in questa posizione), emettendo

20 Gli infanti sono stati allevati dalle loro madri biologiche, piuttosto che da surrogati umani, in una comunità di scimpanzé in cattività allocata in un ambiente arricchito in modo da riproporre delle condizioni socio-ecologiche molto simili a quelle naturali. I ricercatori che hanno condotto le ricerche hanno interagito con i soggetti quotidianamente creando con essi

gemiti e piagnucolando e sono incapaci di ribaltarsi fino all'età di 2-3 mesi. Per questo motivo le interazioni con la madre sono costanti ed implicano un contatto fisico continuo 24h su 24 per i primi tre mesi: il piccolo si arrampica sul corpo della madre e questa a sua volta lo abbraccia; in seguito egli si reca sul suo dorso durante gli spostamenti, un comportamento, questo, che viene mantenuto fino all'età di circa 5 anni, quando il piccolo acquisisce gradualmente la sua indipendenza locomotoria e psicologica (Reynolds 1965, Goodall 1986). I neonati di Homo sapiens viceversa sono stabili in posizione supina e ciò consente ai piccoli una maggiore libertà di movimento degli arti che, affrancati dalla necessità di cercare supporto nel corpo materno, possono essere utilizzati per toccare, afferrare e indicare oggetti. La condizione posturale del neonato determina quindi un distacco corporeo dalla figura accudente, promuovendo nuove forme di interazione e comunicazione face-to-face in fasi di sviluppo in cui le opportunità di apprendimento sono massimizzate a causa della ricettività e della plasticità del sistema nervoso in via di accrescimento e formazione21. Per richiamare

l'attenzione materna l'infante emette pianti, vocalizzi ed espressioni facciali, alle quali a sua volta la madre risponde in vario modo (e non quindi esclusivamente abbracciando e avvicinando a sé il neonato).

In conclusione, lo studio comparato di questo genere di interazioni sociali precoci ha permesso di rilevare numerosi tratti comuni nello sviluppo (prenatale e postnatale) posturale sensomotorio e socio-comunicativo di queste due specie molto vicine dal punto di vista filetico. Nonostante tali comunanze, l'espressione di questi comportamenti presenta delle differenze, che affondano le loro radici nella diversa conformazione morfo-anatomica degli organismi analizzati e che consentono di spiegare in parte gli esiti specie specifici a livello cognitivo-comportamentale, evidenti ed ampiamente documentati in letteratura, che determinano le modalità di esistenza degli esemplari e delle comunità di Homo sapiens e Pan troglodytes.

21 “To illustrate: in monkeys, if an infant is placed in the supine position, it will immediately turn its body over; chimpanzee infants frequently emit distress calls and struggle to hold something by lifting up the contralateral limbs when they are placed in the supine position. By comparison, human infants can stay calm in the supine position. Human mothers and infants can compensate for the physical distance created by engaging in face-to-face communication, thereby maintaining psychological contact. However, human-reared chimpanzees show some similarities to humans. For example, some chimpanzee mothers that were reared by humans try to lay their infants down from a very early phase, perhaps caring for them in the same way that they received care from their human caretakers (Hirata, 2008)” (Hayashi & Matsuzawa 2017, p. 3)

Nel successivi capitoli avremo modo di analizzare, più nello specifico e sempre in un'ottica comparativa, lo sviluppo di alcune capacità percettive e senso-motorie strettamente legate alla dimensione socio-comunicativa di questi animali, con l'obiettivo di individuare ulteriori affinità e divergenze comportamentali ed elucidare i fattori ed i meccanismi responsabili dell'emergenza della facoltà di linguaggio solo nel genere Homo.

2. Il linguaggio come sistema di comunicazione multimodale