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Con riguardo all’endometriosi urinaria, la complessità dell’intervento chirurgico è legata al fatto che tale patologia si presenta tipicamente in associazione ad una grave e diffusa endometriosi pelvica che può richiedere contestualmente diversi approcci chirurgici (urologici, ginecologici e intestinali). Per questo motivo, storicamente la laparotomia è stata ritenuta l’opzione preferibile nel trattamento di questa condizione e tale risulta tutt’oggi al di fuori dei centri di riferimento per la chirurgia mininvasiva [53], sebbene attualmente siano presenti numerose prove scientifiche che dimostrano la superiorità dell’approccio laparoscopico per molte procedure [54]. La tecnica laparoscopica di ureteroneocistostomia per patologia endometriosica è stata descritta per la prima volta da Nezhat et al nel 1992 [32] e da allora più autori hanno iniziato a riportare la propria esperienza in merito: si menzionano, a titolo di esempio, gli studi di Stepniewska et al. [7], Bosev et al. [44] e di Nezhat et al.[55], i quali dimostrano buoni risultati clinici e chirurgici nel follow-up a breve e medio termine.

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L’approccio laparoscopico si è dimostrato attuabile e sicuro con diversi vantaggi rispetto alla laparotomia: minori perdite ematiche, riduzione del dolore post-operatorio, ridotta degenza ospedaliera, miglior cosmesi, ridotta convalescenza domiciliare e minori complicanze post- operatorie. Nell’esecuzione di interventi complessi (e.g. suturare, riallineare e dissezionare) è però richiesto un alto grado di abilità laparoscopiche e ciò, associato ad una lenta curva di apprendimento, fa sì che la tecnica laparoscopica non sia ancora diffusamente accettata [32]. Inoltre la creazione di un tunnel sottomucosale nella vescica per poter eseguire un reimpianto ureterale anti-reflusso richiede la dissezione ad angoli non facilmente raggiungibili laparoscopicamente [29].

I sistemi robotici utilizzati in assistenza alla laparoscopia rappresentano l’ultima evoluzione nella chirurgia mini-invasiva e il loro impiego nella pratica chirurgica è stato continuamente rimesso in discussione sin dall’introduzione del sistema DaVinci nel 1998.

L’approccio laparoscopico convenzionale è stato progressivamente innovato e rivoluzionato, apportando al chirurgo vantaggi quali una miglior ergonomicità, visualizzazione 3D del campo operatorio, aumentata magnificazione, miglior precisione, una più raffinata strumentazione, sette gradi di libertà in virtù della tecnologia EndoWrist®. Tutti vantaggi che consentono, nel loro complesso, una maggior manovrabilità degli strumenti. Inoltre, lavorare con questi sistemi risulta particolarmente intuitivo e la curva di apprendimento è certamente più rapida per i chirurghi che già padroneggiano la laparoscopia convenzionale.

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Queste innovazioni tecnologiche hanno fatto sì che le complesse procedure laparoscopiche sovra-menzionate risultino molto più precise e semplici [32].

L’escissione dell’endometriosi e l’ureterolisi sono ad oggi procedure prevalentemente eseguite in laparoscopia convenzionale. Tuttavia, quando è necessaria una resezione e reimpianto (ureteroureterostomia o ureteroneocistostomia), sono richieste abilità di sutura laparoscopica più avanzata con fili dal calibro fine e ciò può non essere semplice per i chirurghi che hanno una limitata esperienza laparoscopica [33]. In queste procedure di ricostruzione, il robot garantisce distinti vantaggi rispetto alla laparoscopia convenzionale. Una maggior precisione è garantita dall’eliminazione del tremore fisiologico che è essenziale per una meticolosa dissezione dell’uretere. Questa precisione nei movimenti è importante ai fini di un’adeguata preservazione dell’esile supporto vascolare ureterale e delle circostanti strutturi vitali, specialmente quando l’uretere è immerso in un denso tessuto fibrotico. I sette gradi di libertà della strumentazione robotica rispetto ai quattro gradi della laparoscopia convenzionale consentono un’articolazione di carattere bidirezionale e una presa che mima i movimenti manuali del chirurgo e permette la realizzazione di suture intracorporee più precise in uno spazio confinato come quello della pelvi. Un’adeguata dissezione e sutura sono infatti necessarie per creare anastomosi prive di tensione e ben vascolarizzate [32]. Molteplici studi hanno evidenziato come gli apprendisti acquisiscano competenze nelle suture e nei nodi più velocemente con l’assistenza robotica che attraverso la laparoscopia convenzionale [56] [57].

Vi sono tuttavia alcuni evidenti svantaggi nel ricorso alla chirurgia robotica, rappresentati in primo luogo dal costo economico e dalla

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conseguente, scarsa disponibilità di questa tecnologia. In secondo luogo, la mancanza di un feedback tattile alla console comporta che il chirurgo debba fare affidamento esclusivamente sulla visione [32]. Il costo addizionale del robot, se comparato alla laparoscopia convenzionale, non è trascurabile. Esso include non soltanto il costo del sistema stesso, ma anche la manutenzione, la necessità di uno staff appositamente addestrato e un più lungo tempo di impiego della sala operatoria. Ciononostante, questo costo è compensato dai rilevanti benefici per la società conseguenti alla riduzione dei giorni di degenza ospedaliera, delle morbidità postoperatorie e dei giorni di assenza dal lavoro [5].

L’ureteroneocistostomia laparoscopica robot-assistita rappresenta un’opzione praticabile e sicura nel trattamento delle stenosi distali dell’uretere. Garantendo i vantaggi di una chirurgia mini-invasiva, questo approccio potrebbe diventare nel prossimo futuro il gold standard nella ricostruzione distale dell’uretere [32]. La laparoscopia convenzionale, sebbene sia stata introdotta in urologia molto tempo prima dei sistemi robotici, non ha mai rivestito analoga importanza. Alcuni autori suggeriscono che le difficoltà tecniche della laparoscopia convenzionale come nel caso delle suture intracorporee e la lunga curva di apprendimento che essa determina, unitamente alla carenza di chirurghi esperti nel settore, costituiscono la principale ragione dello sviluppo disomogeneo di queste due tecniche [58] [5]. Ciononostante, non può non rilevarsi che la maggior parte dei ginecologi e urologi non risultano ancora pienamente propensi a ricorrere alla chirurgia laparoscopica e tendono piuttosto ad optare,nella maggior parte degli interventi, per la chirurgia tradizionale a cielo aperto [59].

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CONCLUSIONI

Dalla presente analisi emerge che le metodiche mininvasive, in particolar modo quelle robotiche, si stanno progressivamente affermando in operazioni chirurgiche sino ad oggi considerate eseguibili solo con una chirurgia a cielo aperto. Nel caso in esame, essendo necessario operare una resezione e un reimpianto dell’uretere, l’impiego della tecnica robotica ha garantito una maggior accuratezza nella dissezione dell’uretere immerso nel tessuto fibrotico, per assicurare un’adeguata preservazione dell’esile supporto vascolare e la realizzazione di suture intracorporee più precise in uno spazio confinato come quello della pelvi, entrambe necessarie per creare anastomosi prive di tensione e ben vascolarizzate. Ciò ha garantito, ad un anno di distanza dall’intervento, una totale asintomaticità nella paziente.

Tuttavia, nonostante i chiari vantaggi della chirurgia mininvasiva rispetto alla laparotomia, quest’ultima viene ancora oggi preferita per l’assenza di chirurghi addestrati, nonché per la difficoltà di reperire concretamente la strumentazione necessaria e per le lunghe curve di apprendimento delle tecniche laparoscopiche. In quest’ottica, la chirurgia robotica, in virtù della sua rapida curva di apprendimento potrebbe facilitare l’approccio mininvasivo anche per patologie complesse come l’endometriosi profonda. Si prospetta dunque, nel prossimo futuro, un significativo incremento nel ricorso alla chirurgia robotica per il trattamento di patologie benigne e maligne, interventi che, auspicabilmente, non saranno più relegati a centri altamente specializzati bensì più capillarmente diffusi.

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