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L’approccio psicologico di Skinner

Secondo Skinner, definito nel 2002 lo psicologo più influente del ventesimo secolo14, è possibile

giungere a conclusioni sui fenomeni motivazionali non focalizzandosi sulle entità che stimolano il sistema percettivo capaci di generare l’iniziativa, bensì tramite l’osservazione e la frequenza dei comportamenti attivati. Secondo Skinner occorre concentrarsi sulle motivazioni intriseche del comportamento, andando a ricercarne le cause negli eventi esterni che il comportamento stesso provoca. Un comportamento si rinforza o si indebolisce in funzione dell’esito che ne è stato prodotto dopo una significativa replicazione in sequenza: in altre parole un’azione dai risultati apprezzabili ha più probabilità di essere ripetuta rispetto ad un’altra che ha portato a conseguenze insoddisfacenti.

La tendenza ad aumentare la continuità di manifestazione di un’azione realizzativa come stretta conseguenza del fatto che, in precedenza, la medesima iniziativa aveva portato a un esito positivo e gratificante della persona che l’ha portata a termine, viene definita rinforzo positivo. Il valore di tale rinforzo non è stabile, ma dipende dal momento, dal contesto e dalle percezioni individuali (es. ricevere delle lodi dal proprio datore può avere effetti diversi se fatte privatamente o durante la cena aziendale, anche a seconda delle inclinazioni dei singoli: una persona più timida potrebbe provare imbarazzo, mentre un collaboratore più self-confident potrebbe invece apprezzare l’ostentazione al pubblico).

Al contrario il rinforzo negativo è interpretabile come una conseguenza che aumenta la frequenza del comportamento che l’ha preceduta, ma, in questo caso ciò avviene in funzione della volontà di reprimere un’azione vissuta in termini negativi.

CAPITOLO 3

GLI INCENTIVI COME ELEMENTO CARDINE DEL CONTROLLO

In questo capitolo verranno illustrati i principali strumenti di gestione della dinamica retributiva. Per dinamica retributiva si fa riferimento a quel ramo della politica retributiva che studia, definisce e determina le variazioni salariali in funzione del tempo o di una prestazione, nel rispetto di parametri di economicità sul versante dell’azienda e di vincoli imposti dalla contrattazione collettiva sindacale e da altre fonti legislative sul versante ambientale.

Se spesso è consuetudine considerare la retribuzione del personale come una mera voce di costo del conto economico, nei paragrafi seguenti questa visione verrà progressiva smentita a favore di una propensione a riqualificare il sistema di incentivazione quale un investimento. In particolare, nella sezione finale del capitolo, che fungerà da “ponte” con quello seguente, verranno presi in esame alcuni nuovi mezzi di remunerazione con orientamento al futuro, che secondo Salvemini [1992] si riferiscono a un ruolo da svolgere nell’organizzazione, anche in assenza di predeterminazione di prestazioni specifiche e che attivano nei collaboratori processi di cooperazione, di fidelizzazione, di sostegno della leadership, di propensione all’innovazione, favorita dall’assenza di rischio retributivo.

Un’altra distinzione che merita di essere annoverata è quella riguardante la variabilità e la reversibilità dell’elemento incentivante: occorrerà che la diversificazione dei premi distribuiti ai diversi collaboratori venga percepita come equa, al fine di non creare livelli di malsana tensione e competizione, e bisognerà poi stabilire se optare per strumenti di gestione reversibili o consolidati, con i primi idealmente più correlati ad una controprestazione (es. premio di produttività) ed i secondi maggiormente legati ad un contributo più duraturo (es. carriera). È vero che una delle finalità della dinamica retributiva sta nel sollecitare e remunerare livelli qualitativamente e quantitativamente elevati della prestazione per il raggiungimento di determinati target aziendali, ma questo andrebbe coniugato con un obiettivo della portata più ampia: seguire e sostenere il ciclo di vita professionale del lavoratore; questo significherebbe incentivare la capitalizzazione di conoscenze e di esperienze nella fase di sviluppo e contrastare eventuali difficoltà di ordine fisico e psichico nella fase di maturità e di declino, rispondendo nel complesso alle esigenze di carattere psicosociale.

In quest’ottica la dinamica retributiva si propone di regolare e controllare la variabilità dei comportamenti lavorativi a fronte di situazioni produttive, organizzative e di mercato che

l’impresa deve affrontare, sino ad indirizzare spontaneamente linee di condotta profittevoli in maniera autonoma, divenendo di fatto l’elemento cardine del controllo. Infatti, i programmi di ricompensa sono generalmente connessi alle compensation strategies, definite secondo Gomez- Meija e Balkin [1992] come un deliberato sfruttamento del sistema retributivo quale imprescindibile meccanismo integrativo tramite cui è possibile indirizzare gli sforzi di più individui o sub-unità verso il perseguimento degli obiettivi strategici dell’organizzazione. Eppure, soltanto la variabilità retributiva non è sufficiente per assicurare questo obiettivo, infatti per Roussel [1996] occorre mobilitare tutto il sistema premiante, includendo anche le ricompense organizzative e sociali (organizzazione del lavoro, sviluppo professionale e formazione, status, potere, autonomia, lavoro in sé). L’efficacia della variabilità dipende quindi ampiamente da fattori inconsci e personali, visto che secondo Tosi e Pilati [2008] la retribuzione adempie alla sua funzione di rinforzo quando è in linea con altre significative determinanti motivazionali.

All’interno della progettazione dei sistemi incentivanti possono essere previste delle ricompense attribuite a livello di team o group work; queste ultime, tuttavia, possono mancare di efficacia consistente, visto che il collaboratore tende egoisticamente ad aumentare il proprio contributo solo nel caso in cui percepisca di poter influenzare direttamente la performance alla quale le ricompense promesse fanno riferimento. Infatti, quando gli incentivi sono correlati a delle performance di un gruppo numeroso, come ad esempio il risultato aziendale, non tutti gli individui ritengono di poter fornire un apporto concreto, di conseguenza l’effetto motivazionale è diluito e concentrato verso le figure dotate di maggior potere di incisione, come ad esempio i membri del consiglio direttivo. Secondo Milkovich e Wigdor [1991] una delle criticità più imponenti dell’assegnazione di tali ricompense è proprio la difficoltà del collaboratore nel percepire la traslazione dello sforzo individuale nel contributo a livello complessivo, che potrebbe non garantire l’impatto motivazionale desiderato; in sede di progettazione dell’incentivo team-based occorrerà sviluppare un programma capace al contempo di sostenere i progressi a livello di team e di rinforzarne anche la struttura [Gross, 1997]. Le ricompense di gruppo potrebbero addirittura dar luogo a conseguenze negative, legate all’impressione che alcuni non facciano fino in fondo il proprio dovere; infatti, esse inducono al controllo culturale15: commenti come “dacci dentro, stai compromettendo il mio

profitsharing!” potrebbero avere effetti benéfici in termini di stimolo a far meglio, ma non è escluso che portino a inasprire le tensioni preesistenti tra colleghi e ad alimentare una malsana competitività.

15 I controlli culturali sono delle forme di pressione collettiva operate dai lavoratori stessi sui colleghi che deviano

Dall’altro lato però, non si può negare che il lavoro in team si stia affermando come una soluzione sempre più frequente nelle imprese odierne per innumerevoli motivi, su tutti per il fatto che le performance possono essere valutate in modo più accurato misurando il successo di una sub-unità organizzativa più ampie, piuttosto che il risultato di un’iniziativa individuale [Landy e Farr, 1983]; si è dimostrato inoltre che promettere ricompense a livello di gruppo influenza la motivazione collettiva dei membri rafforzandone l’intesa [Shamir, 1990], incoraggiando la cooperazione e allo stesso tempo la competizione tra gli impiegati [Tjosvold, 1986].

Per concludere, secondo la letteratura di fine millennio [De Mattio et al., 1998], gli aspetti sui quali concentrarsi in sede di progettazione dei programmi di ricompense di gruppo possono essere sintetizzati in quattro aree:

1. caratteristiche del premio: dimensione della ricompensa, frequenza del payout e procedure di allocazione;

2. caratteristiche organizzative: cultura organizzativa, congruenza strategie-ricompense, tipologia della struttura organizzativa;

3. caratteristiche del team: interdipendenza delle mansioni, interdipendenza tra i team, dimensione, tipologia, composizione, misurabilità della performance;

4. caratteristiche individuali: abilità, bisogni, necessità di essere ricompensati (in senso stretto e in senso lato), grado di individualismo/collettivismo.