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Il 7 aprile 1994 il quotidiano «il manifesto» lancia un appello dal titolo Si potrebbe, per una grande mobilitazione per il 25 aprile successivo. Una manifestazione antifascista, unitaria e interclassista in difesa della democrazia, della libertà e della Costituzione. Era un'idea circolata negli ambienti della sinistra e fatta propria dal quotidiano «comunista», soprattutto dopo la vittoria elettorale di Berlu- sconi del 27-28 marzo.257 La vittoria di Berlusconi e Fini rappresentava un incubo, la realizzazione

di un sistema politico di tipo autoritario, personale e mediatico: veniva avvertita sempre di più l'idea che si stesse andando nella direzione di un regime autoritario di destra. L'uomo ricco, di destra, so- stenitore del libero mercato e delle privatizzazioni che aveva «sdoganato» i missini e li aveva resi «presentabili».258 Si tratta di un approccio che si può riscontrare anche in una certa storiografia. Se-

condo lo storico Mattioli l'aspetto più rilevante da tenere in considerazione, quando si parla del rap- porto tra Berlusconi e la politica della memoria, è che «l'uomo più potente d'Italia non abbia mai espresso imbarazzo nei confronti degli eredi di Mussolini, e che anzi li abbia corteggiati a dovere. Berlusconi ha sempre dato l'impressione di considerarli politici del tutto normali, con posizioni sen- sate, specialmente nelle loro interpretazioni del fascismo».259 Si tratta di un'affermazione che si può

condividere, cioè Berlusconi ha più di una volta candidato nel suo partito o è stato alleato con per- sone e movimenti che si sono definiti orgogliosamente fascisti o che non hanno mai rinnegato in maniera chiara il regime fascista. Questo aspetto aumentava a sinistra la sensazione di una compe- netrazione tra il sistema politico berlusconiano e il neofascismo. Inoltre, la sinistra riformista radi- cale considerava Berlusconi, per via del suo acceso anticomunismo, come un anti-antifascista, se non addirittura «complice» del neofascismo.

Il deputato di An Guglielmo Rositani260, che diventerà con il I governo Berlusconi membro della

Commissione vigilanza della Rai, dichiarava proprio agli inizi dell'aprile '94 che bisognava finirla con le schematizzazioni tra fascisti cattivi e antifascisti buoni: «In TV dovranno raccontare che chi andò nella repubblica di Salò lo fece per coerenza e per non avallare un tradimento».261 Il quotidiano

«il manifesto» si occupava della questione e titolava ironicamente È tornato il Minculpop un artico- lo con una chiara allusione ai metodi totalitari della propaganda fascista.262 In un altro articolo dell'1

aprile Andrea Colombo263 parlava del paradosso del possibile insediamento del nuovo governo Ber-

256 Id., Discorso, in Atti parlamentari, Camera dei deputati, XI Legislatura, Discussioni, 2 settembre 1993, pp. 17583- 17584 (consultabile sul sito http://legislature.camera.it/_dati/leg11/lavori/stenografici/stenografico/34826.pdf).

257 Si potrebbe, «il manifesto», 7 aprile 1994; M. Notarianni, Festeggiamo il 25 aprile, ivi, 1 aprile 1994.

258 La prima pagina de «il manifesto» all'indomani della vittoria di Berlusconi intitolava: Vince il peggiore (ivi, 29 mar- zo 1994). Sull'argomento vedi: G. Santomassimo (a cura di), La notte della democrazia italiana. Dal regime fascista al

governo Berlusconi, il Saggiatore, Milano, 2003; P. Flores D'Arcais, Il ventennio populista. Da Craxi a Berlusconi (passando per D'Alema?), cit.

259 A. Mattioli, «Viva Mussolini!», cit., p. 68.

260 Politico missino, poi di An. Membro della commissione di vigilanza della Rai.

261 C. Fusi, «Rai, così faremo piazza pulita», (intervista a G. Rositani) «Il Messaggero», 5 aprile 1994. 262 A. Bianchi, È tornato il Minculpop, «il manifesto», 6 aprile 1994.

lusconi composto da «ex fascisti» proprio il 25 aprile.264

Dunque, si insisteva sulla correlazione tra la «deriva» autoritaria berlusconiana e il «revisionismo» storico. La sensazione era quella che ci si trovava di fronte ad un evento unico, per la prima volta tutto ciò che fino allora era considerato impossibile e neanche inimmaginabile si stava realizzando, come in un brutto sogno. Questa sensazione accresceva la necessità di legare a propria volta – inten- do nella sinistra – la lotta politica con il dibattito storiografico. Il 25 aprile doveva assurgere a data di una nuova liberazione, o perlomeno a una ribellione contro un conformismo di ritorno, ben rap- presentativo di quell'Italia moderata, anti-antifascista sempre osteggiata e ostracizzata. L'elemento in più è che i missini erano fortemente legati alla loro identità fascista e ora al governo tendevano a mettere in discussione le radici e le basi della Repubblica antifascista: il riferimento è l'attacco alla Costituzione. Il 1° aprile «il manifesto» infatti titola in prima pagina Cartaccia costituzionale per ri- marcare come il nuovo governo che vantava dei ministri definiti (neo)fascisti avesse a disprezzo la Costituzione che si presterebbe a stravolgere.265 Sarà una costante quella della stampa e dell'opinio-

ne pubblica di sinistra di vedere Berlusconi e la destra come il principale affronto alla Repubblica e alla sua Costituzione antifascista. Inoltre, l'affermazione di un principio maggioritario con la prefe- renza per il presidenzialismo che la destra rivendicava, veniva spesso considerato da coloro che si opponevano a Berlusconi come uno strumento per «piegare e ammutolire» le minoranze.266 La criti-

ca si concentrava sull'aspetto antifascista e antitotalitario della Costituzione che Berlusconi a loro avviso stava minacciando, ma gli aspetti legati ad una riforma degli organi dello Stato non vengono presi in considerazione, perciò ogni tentativo di riformare la Costituzione viene considerato come un attacco ai valori democratici.

Anche «Liberazione», settimanale (e successivamente quotidiano) di Rifondazione comunista sotto- lineava il pericolo «nero» rappresentato dalla vittoria di Berlusconi. Il trionfo di Berlusconi rappre- sentava la vittoria delle forze occulte, del cosiddetto «doppio Stato», la realizzazione delle trame eversive massoniche di Licio Gelli267. Viene ricordato come una sede del loro partito sia stata incen-

diata e tre militanti accoltellati.268

Tutto viene ricondotto al nuovo clima politico di restrizione degli spazi democratici che il nuovo governo andrebbe a rappresentare. Dunque, niente di più del 25 aprile poteva diventare l'occasione per una risposta di sinistra, democratica e unitaria all'avanzata «autoritaria» delle destre. La necessi- tà di un'opposizione radicale e popolare della sinistra viene legata alla necessità della memoria stori- ca dell'antifascismo e del movimento operaio, proprio come base di un nuovo futuro: un passato perso da recuperare. È una riflessione che emerge nelle pagine di «Liberazione», dove storici di si- nistra, come Enzo Santarelli, Nicola Tranfaglia e altri, hanno un ruolo importante.269 Marco Revelli,

ad esempio, affermava che la vittoria di Berlusconi è la vittoria dell'«Italia peggiore – l'Italia corti- giana e unanimista, futile nei suoi umori e feroce nei suoi egoismi», proprio per questo l'«altra Ita- lia» quella «minoritaria, oppressa, isolata» doveva ritrovare sé stessa, la propria unità e combattere contro «l'Italia peggiore». Quest'ultima stava entrando dentro lo Stato ed era pronta a cambiare le regole democratiche e politiche. Bisognava reagire e rivendicare il proprio diritto alla memoria nel segno del futuro più che del passato stesso. Perché era in atto uno scontro duro tra diverse memorie che significavano diverse idee politiche che si sarebbero scontrate. Dunque, il 25 aprile doveva smettere di essere una ricorrenza, «un rito stanco, inaridito nella retorica ufficiale» per ridiventare 264 A. Colombo, Le regole della destra, ivi, 1 aprile 1994.

265 Cartaccia istituzionale, ivi.

266 L. Campetti, Quel filo spezzato, (intervista ad A. Galante Garrone) ivi, 6 aprile 1994.

267 Politico del Partito nazionale fascista, volontario della Rsi. Tra gli anni '60 e '70 divenne il capo della Loggia mas- sonica deviata ed eversiva P2, coinvolta in molti episodi oscuri della storia repubblicana italiana.

268 Ombre nere, «Liberazione», 8-15 aprile 1994.

269 Vedi Non è il 18 aprile né il '22, ma attenti a non perdere la memoria... (interviste a L. Canfora, G. Arfè, N. Tranfa- glia, E. Santarelli, C. Natoli) ivi, 1-9 aprile 1994.

una giornata di lotta, d'impegno e di scelte.270 La memoria intesa come uso politico del passato era

lo strumento di mediazione tra la politica governativa e la politica «di piazza».

In una puntata del discusso programma Combat film del 13 aprile, Pietro Scoppola271 si chiedeva se

la vittoria di Berlusconi avrebbe messo in discussione i valori della Costituzione antifascista. Mar- cello Veneziani invece sosteneva che la nuova Repubblica doveva fondarsi non sull'antifascismo ma sulla libertà e che ormai non aveva più senso parlare di fascismo e di antifascismo. Mario Cervi272

sosteneva che la celebrazione del 25 aprile serviva solo alla legittimazione politica della sinistra.273

Sono due argomentazioni che saranno centrali nel discorso pubblico della destra sul 25 aprile, come vedremo.

Gianfranco Fini infatti in un'intervista si augurava che il 25 aprile fosse «antitotalitario», cioè smet- tesse di essere egemonizzato dalla sinistra e dai comunisti e che l'antifascismo comunista venisse condannato come totalitario. Anzi, affermava che questo «equivoco» era stato già risolto e superato. Il percorso era quello di arrivare al 25 aprile del 1995 con la realizzazione di una grande festa di li- berazione «dagli orrori della guerra».274 Fini sembrava voler azzerare la conflittualità e la diversità

delle ragioni politiche riducendo il tutto agli «orrori della guerra» da cancellare. Egli infatti sostene- va che l'ambita e agognata «riconciliazione» doveva segnare soprattutto la «rimozione di tutte le di- scriminazioni che ancora oggi separano i vinti dai vincitori».275 L'obbiettivo sembra essere quello

della «liberazione dalla Liberazione», una linea politica, non lineare, che verrà adottata più volte da parte della destra. Se risulta difficile abolire il 25 aprile, come spesso diranno di voler fare gli stessi esponenti di An e FI, bisognerà allora appropriarsene e cambiarne il significato, il senso e il valore ideologico che aveva acquisito.

Carlo Galante Garrone276, uno dei simboli dell'antifascismo storico, inviava una lettera qualche gior-

no prima del 25 aprile 1994 al Sindaco di Genova Adriano Sansa277, facendo una correlazione tra la

situazione politica attuale e quella di Genova del luglio 1960: «la gente di Genova disse no, allora, al fascismo. Tambroni si dimise, e lo spettro del fascismo sembrò allontanarsi e svanire. Quello spettro non è svanito. E oggi, a Milano come a Genova come in ogni città d'Italia, dovrà risuonare il NO al fascismo».278 Si trattava di un commento autorevole: un antifascista di lungo corso, uomo ri-

spettato della «Prima Repubblica», si esprimeva in maniera abbastanza chiara e netta. Sorprendono soprattutto le sue dichiarazioni su Scalfaro, il quale solitamente risultava inattaccabile: «Non sarà, quella di Milano, una grande festa di riconciliazione e di concordia. Si metta l'animo in pace il pre- sidente Scalfaro, che nelle sue ormai quotidiane esternazioni, dà l'impressione di non vedere l'insa- nabile contrasto che ha diviso e divide chi per la libertà ha lottato da chi si è prodigato per ribadire le catene della servitù».279 Gli atteggiamenti di Scalfaro gli risultavano ambigui, un po' «cerchiobot-

tisti», che tendevano a dare delle speranze all'altra parte politica, come abbiamo visto in merito al Meeting di Rimini dell'estate 1993 e in parte nel discorso di Porta San Paolo a Roma dell'8 settem- 270 M. Revelli, La lettera, ivi, 15-22 aprile 1994.

271 Giornalista, storico e professore universitario, si è occupato della Dc, di partiti politici, di antifascismo e democra - zia. È stato un senatore della Dc.

272 Giornalista e scrittore, stretto collaboratore di Indro Montanelli.

273 R. Olla e L. Valente, Combat film, conducono D. Volcic, G. Bisiach e L. Valente, supporto multimediale, 13 aprile 1994 (puntata n. ?), durata 1 ora e 47 min., Raiuno, in Archivio Rai Firenze. Gli ospiti in studio sono C. Pavone, P. Scoppola, L. Colletti, M. Veneziani, E. Tonini, G. E. Rusconi, D. Mack Smith, N. Zapponi, e in collegamento da Milano I. Montanelli e M. Cervi.

274 P. Franchi, Fini: il mio 25 aprile? Antitotalitario, (intervista a G. Fini) «Corriere della Sera», 23 aprile 1994. 275 B. Vespa, Fini: «Con Mussolini niente a che vedere», (intervista a G. Fini) «L'informazione», 26 aprile 1994. 276 Antifascista, membro della Resistenza, magistrato poi avvocato. Parlamentare indipendente del Pci dal 1968 al 1983.

277 Magistrato, scrittore e politico del centrosinistra. Sindaco di Genova dal 1993 al 1997.

278 Carlo Galante Garrone: «Oggi l'antifascismo non è affatto superato», «l'Unità», 26 aprile 1994. 279 Ibidem.

bre dello stesso anno.

Il 25 aprile 1994 si tiene la manifestazione per la Liberazione a Milano con un concentramento te- nuto a Corso Buenos Aires che confina proprio con Piazzale Loreto dove 49 anni prima veniva esposto il cadavere di Mussolini. Alla manifestazione parteciparono più di 300.000 persone. Ci sono tutti i leader della sinistra, tantissime bandiere di Rifondazione comunista, persone arrivate da tutta Italia.280 Ci sono i sindacati, le associazioni culturali, i collettivi studenteschi, striscioni con scritte

come «Nessuna pacificazione. Costruiamo la nuova Resistenza», «Contro la II Repubblica, costrui- re l'opposizione sociale». Moltissimi sono i giovani che vedono in pericolo la Costituzione e riten- gono necessaria una loro presenza lì. Ad un giovane viene chiesto: «Cos'è che riporterai a casa da questa manifestazione?» e lui risponde: «Tanta gente, tutte, tutta quella volontà di difendere la Co- stituzione». Continua l'intervistatore «Perché sei qua?» e lui deciso risponde: «Per partecipare a questa manifestazione ed esprimere il mio dissenso per il governo che c'è adesso».281 A sinistra il le-

game tra difesa dell'antifascismo, difesa della Costituzione e opposizione al governo è una costru- zione politica assoluta, quasi identitaria ed esistenziale. È una manifestazione di genere: in uno stri- scione si legge «Lesbiche contro ogni fascismo!!»; una manifestazione multiculturale dove ci sono migranti che cantano: «Il 25 aprile non è una ricorrenza ora e sempre Resistenza!!»; ma anche una manifestazione politica, sociale ed «esistenziale».282 Umberto, un signore di Salerno sostiene che il

25 aprile «rappresenta qualcosa di più alto [...] nella mia vita […]. Io sono qui in mezzo a questi giovani perché voglio rappresentare un segno di continuità […]. Non ci possono essere oggi rispetto a questa festa una fase di riconciliazione perché la lotta partigiana, la lotta della Resistenza è stata una lotta contro il fascismo, contro i principi calpestati dal fascismo […]. Io penso che la Resistenza per noi non è mai finita in questi cinquant'anni. Io sono entrato nel mondo del lavoro nel 1961 […] dopo la lotta che ho fatto nelle scuole […] contro il fascismo […] l'ho dovuta continuare nelle fab- briche proprio per rivendicare quei principi e quei diritti che volevano calpestare a tutti costi, spe- cialmente negli anni '60 quando si lottava per abolire le gabbie salariali […] e oggi ci vogliono ri- proporre le gabbie salariali».283 In questo senso l'antifascismo rappresenta un valore che unisce dirit-

ti politici, civili e sociali e che scavalca i periodi storici: lo strumento di rivendicazione dei propri obiettivi ma anche l'elemento che consente la propria presa di coscienza. Un fattore cioè «esisten- ziale» che rischia di acuire le divisioni politiche e culturali. L'antifascismo come elemento di divi- sione ma contemporaneamente di coesione identitaria di una parte del paese. È un valore totalizzan- te e ideologico che politicizza sempre di più quella ricorrenza civile e collettiva, anzi la caratterizza in senso contraddittorio non dandone una fisionomia unitaria, ma bensì frammentaria, proprio per- ché nello stesso «mondo» antifascista ci sono modi diversi di viverlo e di praticarlo.

Infatti, si nota anche la presenza di un antifascismo «militante» e alternativo a quello istituzionale che ad esempio durante il 25 aprile 1994 a Milano fa un corteo autonomo e autogestito, che si ritro- va in Piazza Cairoli. Qui troviamo i vari centri sociali milanesi (il Leoncavallo, il Garibaldi, il Per- gola Tribe, il Micene), il circolo anarchico Ponte della Ghisolfa e i principali centri sociali italiani: il Macchia Nera di Pisa, l'ex Emerson di Firenze, l'officina 99 di Napoli più altri ancora. Le loro paro- le d'ordine sono: antifascismo militante, anticapitalismo, autogestione e autorganizzazione. Se la prendono con la sinistra «istituzionale e progressista» che definiscono ambigua e strumentale, per- 280 Trecentomila alla festa della libertà, «Corriere della Sera», 26 aprile 1994; A. Rodari, Giorno di passione (con

pioggia) in piazza Duomo, «Liberazione», 29 aprile-6 maggio 1994; M. R. Calderoni, Il «nostro» treno per Milano. Ra- gazzi e belle bandiere, ivi; L. Fazio, Il rosso della sinistra e un «bianco» felice di essere all'opposizione, «il manifesto»,

26 aprile 1994; G. Rossi Barilli, Lezioni di storia, ivi.

281 (Autore sconosciuto), 25 aprile 1994, supporto VHS, Beta 780, durata 35 min., in Archivio audiovisivo del movi- mento operaio e democratico (Aamod), Roma; D. Alunni Pierucci, M. Arvat, B. Bigoni, 25 aprile 1994, supporto VHS, Beta 794, durata 25 min., in ivi.

282 D. Alunni Pierucci, M. Arvat, B. Bigoni, 25 aprile 1994, supporto VHS, Beta 794, cit. 283 (Autore sconosciuto), 25 aprile 1994, supporto VHS, Beta 779, durata 1 ora e 15 min., in ivi.

ché aveva concesso la presenza della Lega Nord. È un corteo composto, calmo, colorato, fatto an- che dai «passeggini di babbi in cerca di mamme», dagli studenti e dalle bande musicali.284 Un corteo

che, sostanzialmente, voleva distinguersi da quello istituzionale e che vuole fare dell'antifascismo l'elemento centrale dell'opposizione a Berlusconi attraverso le «piazze»; ma a differenza del centro- sinistra non accetta nessun dialogo con la destra, la differenza tra questi due antifascismi, forse, sta nel fatto che il primo vede Berlusconi e i suoi alleati come avversari, la seconda invece come nemi - ci, il loro antifascismo non si esprime solo nelle commemorazioni o nei rituali ma come una pratica politica quotidiana, come uno strumento del loro obiettivo politico (un'altra società) ma al tempo stesso come elemento caratteristico della loro identità politico-culturale. Sembra esserci cioè un spostamento dell'asse fascismo/antifascismo a quello berlusconismo/antifascismo con una «fasci- stizzazione» del nemico.

A Roma ci sono due cortei, uno ufficiale organizzato dal Comune e dalle istituzioni che parte da Porta San Giovanni, l'altro alternativo dei centri sociali e dei militanti della sinistra radicale da Porta San Paolo. In quest'ultimo si vedono molte bandiere di Rifondazione comunista che rappresenta il partito maggioritario nell'opposizione di sinistra, e la presenza dei centri sociali che insieme ai primi dominano la scena.285

Tra gli organizzatori del corteo ci sono Daniele Pifano286 e Vincenzo Miliucci287 entrambi capi stori-

ci dell'autonomia romana.288 Sono presenti i sindacati dei Cobas, i collettivi studenteschi, Radio Cit-

tà Aperta e Radio Onda Rossa e tanti centri sociali della città (come Pirateria di Porta, lo Zona a Ri - schio, il Black out). C'è stato un rifiuto forte e deciso alla «riconciliazione» da parte degli oratori.289

Ci sono bandiere comuniste, altre raffiguranti Che Guevara e si odono slogan del tipo: «Berlusconi sei la nostra America, ma noi saremo il tuo Vietnam».290

Berlusconi, intanto, decide di non partecipare alla celebrazione del 25 aprile (una scelta che lo ca- ratterizzerà per molti anni) ma di rimanere a seguire le manifestazioni da casa. Inoltre, fa celebrare una messa privata per tutti i caduti della seconda guerra mondiale presso la chiesa di Villa San Mar- tino ad Arcore.291

Umberto Bossi e la Lega Nord che hanno cercato di essere presenti alla manifestazione sono stati contestati e cacciati da vari manifestanti. Le grida lo connotavano soprattutto come «fascista».292

Non gli viene perdonata l'alleanza con i missini e con Berlusconi: la loro presenza in un corteo anti- fascista viene ritenuta inammissibile.293 Un giovane dice che «chi governa con i fascisti non può sfi-

lare il 25 aprile». Bossi che due mesi prima diceva, riferendosi al partito di Fini, «mai al governo con la porcilaia fascista», si era alleato proprio con i missini.294 Bossi dal canto suo replicava che la

Lega Nord è una «forza antifascista, che si batte per la libertà in linea di continuità con l'antifasci- smo di allora».295 Infatti, egli rivendicava spesso la «liberazione» dalla partitocrazia, dalla corruzio-

284 L. Quagliata, Scenografia a tempo di rap, «il manifesto», 26 aprile 1994; 25 aprile 1994, supporto VHS, Beta 780, cit.; I. Berni, E poi venne il 25 aprile, «la Repubblica», 25 aprile 1994; Intervista dell'autore ad un militante vicino al collettivo milanese di Via dei Transiti che preferisce rimanere anonimo, Milano, 3 febbraio 2017.

285 M. Giannetti, Il buon giorno si vede dal mattino, «il manifesto», 26 aprile 1994. 286 Leader del collettivo autonomo di Via dei Volsci di Roma, poi di quello del Policlinico. 287 Militante del Pci, poi membro di Autonomia operaia e leader di Radio Onda Rossa.

288 Sui movimenti autonomi e sui centri sociali, vedi: S. Bianchi, L. Caminiti (a cura di), Gli autonomi. Le storie, le

lotte, le teorie, 3 voll., DeriveApprodi, Roma, 2007-2008; AA. VV, Centri sociali: geografie del desiderio, Shake Edi-

zioni Underground, Milano, 1996; AA. VV, Comunità virtuali. I centri sociali in Italia, manifestolibri, Roma, 1994. 289 Autonomi in corteo con il Che, «La Stampa», 26 aprile 1994.

290 P. Ciociola, Scalfaro, omaggio all'unità, «Avvenire», 26 aprile 1994. 291 Berlusconi resta ad Arcore, «La Stampa», 26 aprile 1994.

292 Ibidem; B. Consarino, La folla esplode: «Bossi, fascista», «La Nazione», 26 aprile 1994. 293 M. Cartosio, Bossi a testa bassa, «il manifesto», 26 aprile 1994.

294 Bossi a Berlusconi: coi fascisti no, «Corriere della Sera», 1 febbraio 1994; G. Passalacqua, Bossi: «O me o Fini», «la Repubblica», 1 febbraio 1994; C. Brambilla, Stop di Bossi: «Con noi o con i fascisti», «l'Unità», 1 febbraio 1994.

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