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Il 25 aprile 1995 si configura come il cinquantennale della Liberazione. Rispetto alla calorosa parte- cipazione dell'anno prima sull'«onda» emotiva della vittoria di Berlusconi, si annunciava una mani- festazione più tranquilla. Caduto Berlusconi, c'era il governo «tecnico» di Lamberto Dini319 che

«tutt'altro che sbilanciato a sinistra […] pare, al contrario, avere un'impronta [...] andreottiana»320,

ma sicuramente non era avvertito a sinistra come un «pericolo» «fascista» che metteva in discussio- ne i valori antifascisti.

Il clima rischiava di essere teso, comunque, per l'annunciata presenza di una delegazione di Forza Italia ma non di Berlusconi che allertato dalla questura era stato invitato a non recarsi alla manife- stazione per rischio di incidenti. Rifondazione comunista esprimeva tutto il suo dissenso per la pre- senza del «Cavaliere», ritenendolo un atto di «strumentalizzazione», la chiara volontà di creare un 315 L. Pintor, Il diluvio universale, «il manifesto», 26 aprile 1994.

316 Comunista e antifascista, volontario nella guerra civile spagnola, esiliato a Ventotene. Leader dei Gap (Gruppo di azione patriottica) di Torino e Milano. Politico del Pci dopo la guerra.

317 G. Pesce, intervista di C. Cenci aprile 1997, citata in Id., Rituale e memoria: le celebrazioni del 25 aprile, in L. Paggi (a cura di), Le memorie della Repubblica, cit., pp. 375-376.

318 J. R. Gillis, Memory and identity: the history of a relationship, in Id. (a cura di), Commemorations. The politics of

national identity, Princeton University Press, Princeton, 1994, pp. 3-24; C. Cenci, Rituale e memoria: le celebrazioni del 25 aprile, in L. Paggi (a cura di), Le memorie della Repubblica, cit., pp. 377-378; F. De Felice, La crisi della nazio- ne italiana, «Passato e presente», a. XIII, n. 36, 1995, pp. 5-17.

319 Economista, banchiere, ministro del tesoro nel 1994, presidente del consiglio nel 1995.

320 G. Pasquino, Il governo di Lamberto Dini, in M. Caciagli, D. I. Kertzer (a cura di), Politica in Italia. I fatti

clima di tensione e contrapposizione.321 Il messaggio appariva abbastanza chiaro: Berlusconi non è

gradito perché è estraneo ai valori e alla cultura dell'antifascismo, la sua presenza «snaturava» il senso di quella manifestazione. Bossi, senza nessuna remora, affermava che la partecipazione del leader del centrodestra alla manifestazione avrebbe voluto dire la fine del 25 aprile. Il segretario del Pds D'Alema, invece era più aperto e disponibile al dialogo sul tema dell'antifascismo con Berlusco- ni: «Se Berlusconi verrà alla celebrazione lo accoglierò bene. Il 25 aprile appartiene a tutti i demo- cratici, non è una manifestazione di parte».322

Inoltre, le discussioni sulla «riconciliazione» ripresero inevitabilmente. Fini insisteva sulla questio- ne della «pacificazione» e della «neutralizzazione» dell'antifascismo. Insieme ai giovani missini del Fronte della Gioventù, ai reduci della Rsi, ai dirigenti di tutto lo schieramento politico di destra e a Edgardo Sogno323 pose una corona di fiori all'Altare della Patria in nome di tutti «coloro che dalle

due parti caddero con l'intento di servire la Patria comune».324 L'obbiettivo della «concordia nazio-

nale» e della ricomposizione della frattura tra italiani, segnata dalla guerra civile, sembrava però av- venire mettendo in discussione il ruolo dell'antifascismo ritenuto divisivo e ormai da consegnare alla storia, da superare. In questa visione gli avversari erano contro il «bene della patria»: Sogno, ad esempio, sosteneva che i comunisti non volevano porre fine alle contrapposizioni perché il loro obiettivo non era il «supremo interesse della patria» ma le loro convinzioni ideologiche.325

I giovani di An, ad esempio, inviavano un appello al presidente Scalfaro per il superamento della «diatriba» fascismo-antifascismo a favore di un «nuovo patto nazionale» non più fondato sull'anti- fascismo considerato come «contrappositivo».326 Il «Secolo d'Italia» risultava protagonista in questa

vicenda con la pubblicizzazione di un libro che proponeva lettere di condannati a morte sia della Resistenza che della Rsi e testimonianze di combattenti delle due parti (in realtà quelle riportate sono tutte di parte repubblichina a parte quella di Sogno che comunque rappresenta una figura con- troversa della storia contemporanea italiana), portandole come una testimonianza utile alla «riconci- liazione» voluta da un popolo che «vive e soffre» «al di sotto delle ideologie».327

Stando a queste dichiarazioni credo che si possa sostenere come siamo di fronte ad una contraddi- zione: il 25 aprile per diventare la festa della «riconciliazione» e della «pacificazione», come chie- devano soprattutto a destra, doveva snaturarsi, trasformarsi in una festa anti-antifascista. Pavone, ad esempio, metteva in guardia dal rischio di una «sopraffazione». Il postfascismo si presentava come un'operazione politica e culturale contraddittoria che riconosceva il ruolo della Resistenza nella na- scita della democrazia ma la accantonava subito dopo, perché ormai considerata superata e da con- segnare alla storia, si distacca dal fascismo ma al tempo stesso ha un giudizio assolutorio della ditta- tura fascista, della Rsi e benevolo nei confronti di Mussolini.328

Il 25 aprile a Milano si tiene una grande manifestazione che parte da Porta Venezia, prosegue per 321 M. Notarianni, Berlusconi sul palco per il 25 aprile. «Nessuno lo ha invitato», «Liberazione», 25 aprile 1995. 322 P. Sacchi, 25 aprile di polemiche. Berlusconi: «Non vado in piazza, per sicurezza», «l'Unità», 25 aprile 1995; C. Brambilla, Bossi: sono l'ago della bilancia, ivi.

323 Partigiano monarchico e poi deputato liberale tra il 1945-46. Fortemente anticomunista, fu coinvolto in vari tentati- vi di colpi di stato.

324 Fini, Previti e Sogno con gli ex della Rsi all'altare della Patria, «Corriere della Sera», 26 aprile 1995; Il Polo al

Vittoriano, «Il Tempo», 26 aprile 1995. Sulla figura di Sogno e il rapporto con le strategie eversive, vedi: A. Cazzullo,

E. Sogno, Testamento di un anticomunista. Dalla Resistenza al golpe Bianco, Mondadori, Milano, 2000; G. Flamini, I

pretoriani di Pace e Libertà. Storie di guerra fredda in Italia, Editori Riuniti, Roma, 2001.

325 25 aprile, cerimonia di riconciliazione, «Secolo d'Italia», 23 aprile 1995. 326 L'appello a Scalfaro dei giovani di An, ivi, 25 aprile 1995.

327 Per il libro: M. Anzini (a cura di), Ho il cuore buono. Lettere di condannati a morte della Resistenza e della Repub-

blica Sociale Italiana, introduzione di V. Peduzzi, Minchella, Milano, 1995. Per la citazione: A. Di Lello, Un 25 aprile di riconciliazione, «Secolo d'Italia», 25 aprile 1995. Per le lettere riportate nel «Secolo d'Italia»: Un popolo unito nel dolore, ivi (pp. 16-17). Per le testimonianze: G. Albertazzi, B. Gallitto, G. Accame, E. Sogno, Così dimostrammo il no- stro amore per l'Italia, ivi.

Corso Venezia, Piazza San Babila e Corso Vittorio Emanuele. La presenza di Forza Italia viene con- testata sia dalla sinistra ma anche dalla Lega Nord. Ci sono insulti, fischi e lanci di oggetti vari a loro indirizzo. Viene impedito alla delegazione «azzurra» di partecipare al corteo. Arrivati a Piazza Duomo, prende la parola Aldo Aniasi329 della Fiap che afferma: «È un illusione pensare che, non es-

sendoci più il fascismo, non ci siano più i fascisti». Il termine fascista qui si riferisce non tanto ai (neo)fascisti come singoli individui, ma al movimento politico Alleanza Nazionale, considerato neofascista perlomeno nell'identità. Paolo Emilio Taviani330 si sofferma sulla necessità di opporsi al

razzismo di oggi e di ribadire l'unità nazionale contro qualsiasi idea secessionista e autonomista. Stessa cosa viene fatta da Arrigo Boldrini331 che si sofferma sul valore dell'unità antifascista.332 È un

chiaro riferimento alle idee autonomiste della Lega Nord.

La Lega Nord è presente al corteo e Umberto Bossi viene accolto cordialmente e applaudito in ma- niera calorosa, tranne qualche fischio.333 Sembra una circostanza alquanto paradossale, dato che il

25 aprile di un anno prima era stato fortemente contestato. Il distacco della Lega da Berlusconi sem- bra giovare al suo rivendicato antifascismo. Quest'ultimo viene assorbito dall'antiberlusconismo, gli equilibri politici condizionano la presenza in piazza durante la festa della Liberazione. Nel 1995, dopo aver determinato la caduta del governo Berlusconi, il partito di Bossi tende a staccarsi dalla collocazione di centrodestra, per allearsi con il centro cattolico o addirittura con il centrosinistra, come avviene ad esempio in Toscana per le elezioni regionali del 23 aprile.334

Però non tutti sono d'accordo con la presenza della Lega a questa manifestazione. Un gruppo di mi- litanti del centro sociale milanese Leoncavallo ha attaccato alcuni leghisti «invitandoli» ad andarse- ne. Poi hanno formato un corteo autonomo e separato che si è scontrato brevemente con le forze dell'ordine, per poi confluire con il resto del corteo a Piazza Duomo.335 Il loro striscione recitava

«Nessuna riconciliazione contro fascismo e sfruttamento»; ci tengono a sottolineare che il loro anti- fascismo è diverso da quello istituzionale, perché ha un'altra visione della società che mette in pri- mo piano oltre alle libertà politiche, la conflittualità sociale come strumento d'emancipazione delle classi sociali sfruttate.336 Stessa cosa a Roma dove dal corteo dei centri sociali si sentono degli slo-

gan del tipo «Ma quale pace/che riconciliazione/è ancora lotta di liberazione», «Ma quale alleanza/quale nazionale/fascisti siete e finirete male» che non riconosco alcuna legittimità e agibili- tà politica ai militanti di An. Si vedono degli striscioni come quello del centro sociale Forte Prene- stino che unisce la rivendicazione del proprio spazio occupato alla rivendicazione di un lavoro di- gnitoso in linea con i valori dell'antifascismo: «Dallo spazio liberato, la liberazione del lavoro». Un altro striscione recita «Liberiamoci dal liberismo» che rivendica un'altra visione della società.337

Nella manifestazione istituzionale a Milano ci sono Bossi e D'Alema leader dei rispettivi partiti che discutono anche di possibili future alleanze. Molti applaudono Bossi, lo acclamano e lo accolgono 329 Partigiano comunista, si avvicinò dopo la guerra al Psi. Sindaco di Milano dal 1967 al 1976, parlamentare socialista e più volte ministro. Presidente dal 1985 della Fiap (Federazione Italiana delle Associazioni Partigiane).

330 Partigiano, parlamentare democristiano, economista e studioso di storia e più volte ministro. Senatore a vita dal 1991.

331 Capo partigiano nel ravennate, parlamentare del Pci per molti anni nel dopoguerra. Presidente dell'Anpi dal 1947 al 2006.

332 V. Lusvardi, 25 aprile, intolleranza a Milano, «L'Informazione», 26 aprile 1995; A. Pozzoli, Piazza Duomo diventa

troppo piccola, «Corriere della Sera», 26 aprile 1995.

333 P. Sapegno, Milano, in centomila per il 25 Aprile, «La Stampa», 26 aprile 1995.

334 Gli avvenimenti del 1995, in M. Caciagli, D. I. Kertzer (a cura di), Politica in Italia. I fatti dell'anno e le interpreta-

zioni. Edizione 1996, cit., p. 10; A. Di Virgilio, Le elezioni regionali e amministrative: bipolarizzazione con riserva, in ivi, pp. 62-76; I. Diamanti, The Northen League. From regional party to party of government, in S. Gundle, S. Parker (a

cura di), The new italian Repubblic. From the fall of the Berlin wall to Berlusconi, cit., pp. 126-128. 335 V. Lusvardi, 25 aprile, intolleranza a Milano, cit.

336 L. Fazio, L. Quagliata, G. Rossi Barilli, Applausometro sotto le guglie, «il manifesto», 26 aprile 1995. 337 Centri sociali in corteo a Roma, Torino e Trieste, ivi.

come un eroe popolare per via del suo distacco da Berlusconi.338 Il 25 aprile dunque rappresenta an-

che un momento di confronto, di scelte e decisioni politiche. Esso si configura in questo caso come una festa «contraddittoria» dove viene mal tollerata Forza Italia, ma al tempo stesso accettata la Lega Nord. Il clima che si avverte è diverso da quello dell'anno precedente: i leader della sinistra sono euforici per la vittoria alle elezioni regionali. D'Alema infatti dice che si tratta di una manife- stazione che va al di là del risultato elettorale positivo, ma che sicuramente rappresenta un 25 aprile più gioioso degli altri proprio per la vittoria.339

Durante la mattina, al Duomo di Milano il cardinale e arcivescovo della città Carlo Maria Martini340

aveva celebrato una messa davanti alle massime istituzioni cittadine e nazionali, ricordando l'impor- tanza dei valori del passato come quello della Resistenza. Restava un valore ancora attuale, in un percorso difficile come quello della storia d'Italia segnato da momenti duri e da altri di «nuovi oriz- zonti» come fu la lotta partigiana.341

Il presidente Scalfaro si trovava la mattina a Roma per due visite all'Altare della Patria e alle Fosse Ardeatine. Poi si recava a Milano per la messa al Duomo del cardinale Martini. Successivamente partecipava presso l'Arena Civica ad una manifestazione militare. Egli poneva particolarmente l'attenzione sull'importanza delle Forze armate e sul ruolo svolto da queste durante la Resistenza. Sottolineava il compito che i militari svolgevano nel resto del mondo per affermare i valori della «pace» e della «democrazia». In questo il discorso di Scalfaro rientra pienamente nella cultura poli- tica occidentale di difesa della democrazia liberale attraverso l'uso delle forze armate nel mondo. Le operazioni militari nei vari paesi del cosiddetto «resto del mondo» vengono definite come «una pre- senza eroica, piena di rischio, fatta solo per portare pace, per portare aiuto, per aiutare i feriti»; le forze armate per Scalfaro sono «testimonianza di umanesimo, di umanità e di pace».342 L'importan-

za attribuita alle forze armate odierne viene fatta proprio attraverso il ricordo del ruolo delle forze militari nella Resistenza.

Il pomeriggio Scalfaro parla al Duomo di Milano dove intanto sta confluendo la grande manifesta- zione per il 25 aprile. Per il presidente della Repubblica il 25 aprile è una festa di tutto il popolo ita- liano, lo stesso che aveva combattuto per riconquistarsi la libertà perduta. Secondo il presidente la «pacificazione» può avvenire solo nella verità e nella storia, cioè nella condanna della dittatura e nel riconoscimento del valore supremo della democrazia e della libertà.343 Ma in cosa consista esatta-

mente questa «pacificazione» non viene esplicitato.

Un altro elemento centrale della sua dialettica risulta quello della Patria: nel suo discorso sembra che la libertà e la democrazia si realizzino nel valore patriottico e viceversa, che risultino quasi in- scindibili. Gli stessi giovani repubblichini sono da tenere in considerazione perché erano in buona fede convinti di servire la Patria. Si tratta proprio di questa continua esaltazione della patria che lo porta, in parte, ad effettuare una parificazione tra le due parti. Parafrasando la poesia Piemonte di Giosuè Carducci344 che si rivolgeva a Dio elogiando Carlo Alberto di Savoia345, dice che i repubbli-

338 R. Carollo, Milano, tanti applausi a Massimo e al Senatùr, «l'Unità», 26 aprile 1995. 339 G. Rossi Barilli, Scalfaro: «La serenità è possibile», «il manifesto», 26 aprile 1995.

340 Arcivescovo di Milano dal 1979 al 2002, cardinale dal 1983. Fu uno dei principali sostenitori e promotori del dialo - go tra la Chiesa cattolica e le altre religioni.

341 L'omelia di Martini. «Libertà e resistenza valori anche di oggi», ivi.

342 O. L. Scalfaro, Discorso all'Arena Civica di Milano, 25 aprile 1995 (mattina), p. 1, trascrizione dell'audiocassetta n. 109, Discorsi, messaggi e interventi dei Presidenti della Repubblica, Ufficio per la Stampa e l'Informazione, Segretaria - to Generale della Presidenza della Repubblica, in Archivio storico della Presidenza della Repubblica, Roma. Per gentile concessione della Dott.ssa M. Cacioli.

343 Id., Discorso al Duomo di Milano, 25 aprile 1995 (pomeriggio), trascrizione dell'audiocassetta n. 108, in ivi, p. 2. 344 Poeta e scrittore dell'800. Di animo repubblicano, fu il poeta della nazione unita.

345 Principe di Carignano, Re di Sardegna dal 1831. Ebbe un atteggiamento contraddittorio durante gli anni '30 e '40 dell'Ottocento nei confronti dei moti rivoluzionari e patriottici. Promulgò lo Statuto Albertino nel 1848. Protagonista ambiguo della Prima guerra d'indipendenza nel 1848, abdicò l'anno dopo in favore del figlio Vittorio Emanuele I.

chini, pur essendo dalla parte sbagliata, versarono il loro sangue per la patria, sacrificarono la loro vita per essa. Il messaggio sembra essere: i repubblichini erano morti per l'Italia, anche se combatte- rono per il fascismo. L'amor di patria avrebbe dovuto far superare le divisioni. Infatti, Scalfaro so- stiene che erano i morti stessi – tutti i morti – ad invitare gli italiani a «pensieri di pace, di concor - dia, di amore all'Italia, patria comune».346 Ma i morti presi in considerazione da Scalfaro, per

l'appunto, sono tutti i morti della Seconda guerra mondiale, anche quelli fascisti e la concordia di cui parla può risultare altrettanto ambigua del discorso sulla «pacificazione». Se si può riconoscere che molti giovani repubblichini erano mossi dalla buona fede e credevano realmente di servire la patria, però credo che quando si passa ad analizzare la storia si dovrebbe tenere in considerazione anche le diverse prospettive e alternative presenti. Come si domandava giustamente Bobbio: «E se invece dei resistenti avessero vinto quelli che, anche in buona fede, combatterono a fianco dei tede- schi? Quale ne sarebbe stata la conseguenza se non il dominio di Hitler nel cuore dell'Europa? C'è o non c'è differenza? Il giudizio storico non sempre è così netto, ma in questo caso è nettissimo».347

In Scalfaro dunque l'esaltazione di una Resistenza nazional-popolare è abbastanza presente, così come un discorso che può risultare ambiguo sui repubblichini: essi non avevano solamente combat- tuto per la patria dal loro punto di vista ma erano anche «giovani» che erano «morti […] per l’Ita- lia».348

Un gruppo di autonomi, anarchici ed elementi della sinistra extraistituzionale lo contesta e lo fi- schia.349 Il presidente ritiene che l'eredità della Resistenza sta nel rispetto degli avversari, nella co-

struzione un dialogo civile con le altre forze politiche fatto sul confronto e non sulle aggressioni e sulla violenza.350 Probabilmente il riferimento è alla contestazione subita da Forza Italia, oltre che ai

fischi indirizzati nei suoi confronti.

Quanto detto su Scalfaro va associato alla forte ideologizzazione che il 25 aprile subisce storica- mente e che porta a restringere notevolmente il cerchio della legittimità politica nella visione dello schieramento antifascista extraistituzionale. Questo crea delle divergenze all'interno del mondo anti- fascista, tra chi crede che essere antifascisti voglia dire combattere sia il neofascismo che il postfa- scismo (considerato come una sua leggera variante) e chi invece ispirandosi ad un antifascismo libe- rale ritiene che la libertà vada garantita a tutti, non solo agli eredi del fascismo (sia come singoli in- dividui che come organizzazioni politiche), ma anche a coloro che si ritengono propriamente neofa- scisti.

Forza Italia ad esempio viene esclusa da questa legittimità perché il berlusconismo, nell'ottica dell'antifascismo extraistituzionale, si compenetra con il (neo)fascismo e viene ad esso associato e ritenuto nemico della tradizione antifascista.351 La Lega Nord a differenza di un anno prima non vie-

ne fischiata perché non è più alleata con Berlusconi. Questo ci fa vedere come ancora una volta l'antifascismo venga assorbito dall'antiberlusconismo. La situazione però dovrebbe indurci ad un'analisi più complessa dato che, comunque, il partito di Bossi si richiamava all'antifascismo, an- che se in maniera indubbiamente ambigua e contraddittoria. Essi si ritenevano gli «eredi» dei parti- giani che avevano fatto la liberazione contro il fascismo e adesso loro stavano facendo la liberazio- ne contro la partitocrazia e la corruzione, ma al tempo stesso erano alleati con An, che non era pro- priamente un partito antifascista. Questo fa capire come i mutamenti politici condizionino anche i rapporti di forza nelle piazze, come la politicizzazione del 25 aprile sia forte ma al tempo stesso non 346 Ivi, pp. 2-3.

347 N. Bobbio, Vincitori e vinti, «La Stampa», 19 novembre 2000.

348 O. L. Scalfaro, Discorso al Duomo di Milano, 25 aprile 1995 (pomeriggio), cit., pp. 2-3. Si veda il giudizio critico di P. Cooke, L'eredità della Resistenza, cit., pp. 279-280.

349 A. Faccinetto, «E adesso un po' di serenità», «l'Unità», 26 aprile 1995.

350 O. L. Scalfaro, Discorso al Duomo di Milano, 25 aprile 1995 (pomeriggio), cit., p. 3.

351 G. Orsina, Antifascismo e antiberlusconismo. Percorsi di una tradizione ideologica, in A. Ventrone (a cura di),

fissa e immutabile nei suoi contenuti.

Un'altra importante manifestazione si tiene a Napoli per il 25 aprile. Qui viene riaperto simbolica- mente l'ingresso principale del Palazzo Serra di Cassano, sede dell'Istituto Italiano per gli Studi Fi- losofici, che era rimasto chiuso dal 20 agosto 1799 per volontà del duca Luigi352 in ricordo del figlio

Gennaro353 giustiziato lo stesso giorno per la sua partecipazione alla Repubblica napoletana di

quell'anno. Il Sindaco di Napoli Antonio Bassolino354, riprendendo le parole di Benedetto Croce355

(«la Repubblica del 1799 segnò l'inizio del Risorgimento italiano»), ha voluto celebrare la festa del- la Liberazione con questo gesto simbolico perché la Resistenza «rappresentò invece il secondo Ri- sorgimento del nostro Paese».356 Dunque, viene proposta una visione fortemente unitaria, nazionale

e patriottica della Resistenza per l'appunto come «secondo Risorgimento», un filo conduttore che serve a rinforzare la tradizione popolare locale della cultura napoletana (legata alla storia del Palaz- zo Serra di Cassano) e la storia nazionale e repubblicana dell'Italia. Questo gesto simbolico, che si ricollegava a quello che veniva considerato il riscatto morale e materiale della città e il risveglio del

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