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L'ARCHITETTONICA DELLA LOGICA PURA

Allora non sapevo ancora che cosa è la vastità, eppure la intuivo: il poter contenere in sé moltissime cose, anche tra loro contraddittorie, sapere che tutto ciò che sembra inconciliabile sussiste tuttavia in un suo ambito, e questo sentirlo senza perdersi nella paura, e anzi sapendo che bisogna chiamarlo con il suo nome e meditarci sopra.

E. Canetti, La lingua salvata

Come per la KrV è stata osservata l'importanza della struttura dell'opera e specialmente la rilevanza dell'Architettonica, contenuta nella Dottrina del

metodo, per la comprensione del sistema della ragione187, allo stesso modo si

dovrebbe procedere nella WdL all'interpretazione della sua struttura complessiva prima di valutare, nello specifico, il metodo di una singola parte

di essa188. In realtà si è visto che la WdL è un'opera in continua gestazione, che

subisce consistenti mutamenti passando attraverso la logica di Jena e le lezioni ginnasiali. Nei paragrafi che seguono cercherò di inquadrare la specificità delle due parti che compongono la WdL nella sua veste definitiva, mettendo a fuoco le principali difficoltà per un'interpretazione complessiva della WdL come teoria del sapere puro. Per tale motivo prenderò necessariamente in considerazione singoli aspetti che più da vicino si ricollegano, per contrasto o affinità, alla mia tesi, senza sperare di offrire in nessun modo una panoramica esaustiva di tutti i numerosi e complessi dibattiti che ancora oggi animano la lettura della WdL.

187 Cfr. A. FERRARIN (2013)

188 Il solo tentativo a me noto di rinvenire un'architettonica della ragion pura nella WdL è quello di LUGARINI (1998), che specificamente nel terzo capitolo approfondisce struttura e finalità del movimento logico. Rispetto all'indagine di Lugarini, cercherò piuttosto nel presente lavoro di discutere le difficoltà che ostacolano la comprensione unitaria della WdL come “sistema della ragione pura”.

§ 3.1 Unità processuale e coerenza della logica oggettiva

Malgrado la critica si sia a lungo interrogata sul significato dell'inizio della WdL, è un fatto che una delle prime difficoltà presentate dal progetto di una logica pura non consistesse tanto nella giustificazione del cominciamento, ma nella deduzione del Begriff. Colpisce, infatti, che nelle prime elaborazioni sistematiche della logica, risalenti all'insegnamento ginnasiale a Nurnberg, la riflessione, che nella logica di Jena dominava la metafisica, non sia approfondita, e le categorie del finito (qualità, quantità, relazione e modalità) siano più enumerate che dedotte. Nondimeno delle variazioni emergono confrontando l'Enciclopedia filosofica del 1808 con le trattazioni del Wesen contenute nella Logik del 1808/9 e in quella del 1810/11:

I Objektive Logik 1808/9 (Mittelklasse) Ontologische Logik 1808/9 (Philosophische Enzyklopadie) I Objektive Logik 1810/11

A. Verstand I. Das Sein Das Sein

a) Sein Qualitat, Quantitat, Unendlichkeit A. Qualitat B. Quantitat C. Unendlichkeit A. Qualitat

a) Sein, Nichts, Werden b) Dasein

c) Fursichsein B Quantitat C. Das Maß b) Wesen

Materie, Form, Grund

II. Das Wesen

A. Begriff des Wesens B. Satz (Identitat, Verschiedenheit, Entgegensetzung) C. Grund Das Wesen I. Reflexionsbestimmungen (Identitat, Verschiedenheit, Entgegensetzung) II. Erscheinung A. Das Ding B. Erscheinung C. Das Verhaltnis III. Die Wirklichkeit A. Substanz B. Ursache

C. Wechselwirkung

Anhang uber die Antinomien c) Selbstandige Verhaltnisse (Substantialitat, Kausalitat, Wechselwirkung) III. Wirklichkeit 1. Substanz 2. Ursache 3. Wechselwirkung B. Urteilskraft

(Identitat, Verschiedenheit, Entgegensetzung)

C. Vernunft (Dialektitk der Kategorien des Seins, des Wesens und der unbedingten Verhaltnisse)

A differire fra il primo ed il terzo manoscritto sono, soprattutto, (a) l'ancoraggio delle categorie ad una forma di pensiero; (b) la collocazione dei principi logici di identità e differenza e (c) la posizione e funzione delle antinomie. Di seguito proverò ad esaminare questi punti nel dettaglio per mettere in evidenza come la logica oggettiva sia costruita da Hegel secondo rapporti non casuali, ma strategici ai fini della deduzione del concetto:

(a) solo nei corsi per le medie classi del 1808/9 la logica oggettiva mantiene il riferimento alle forme del pensare, infatti essa si suddivide in Verstand,

Urteilskraft e Vernunft. Il Verstand è il pensiero che tiene ferma la

determinazione delle categorie dell'essere, mentre l'Urteilskraft esprime i rapporti dell'essere in giudizi ontologici e la Vernunft appare in relazione all'intelletto e alle determinazioni del giudizio come loro movimento

dialettico, avviando il passaggio alla logica soggettiva189. Evidentemente

l'Urteilskraft prende qui il posto di quella che nella WdL sarà la Reflexion, ma con una significativa variante: l'Urteilskraft stabilisce solo le relazioni ontologiche fra gli enti secondo identità e opposizione, ma non rappresenta il movimento logico dell'essere, ovvero non è posta in continuità con il Sein. La rilevanza della Reflexion dipende dal fatto che il Wesen non costituisce soltanto un livello di maggiore universalità e determinazione rispetto al Sein, ma soprattutto il suo zurückgehen dall'infinito altro in cui l'essere si protrae. Inoltre il Begriff è indipendente dall'essenza, in quanto è l'universale che contiene, nell'unità del suo sviluppo, i suoi momenti quali semplici astrazioni, perciò sembra illustrare solo la forma logica della sussunzione da applicare a

qualsivoglia oggetto. Ciò contrasta con il fatto che la logica ha per scopo il

movimento (Bewegung) e le leggi dei concetti del pensiero puro190, dunque la

questione del passaggio da una categoria all'altra è di cruciale importanza se non si vuole ricadere nella deduzione meccanica di tipo kantiano o fichtiano;

(b) i principi logici di identità e differenza in un caso (1808/9) sono ascritti alla capacità di giudizio, che è successiva all'essenza; nell'altro (1810/11) costituiscono le determinazioni riflessive a fondamento del Wesen. Ciò è rilevante se si considera che solo nel 1810/11 il Wesen ricomprende al suo interno la totalità dei momenti dalla cosa fino ai rapporti sostanziali, così come l'evoluzione dell'essere culmina nella misura solo nel 1810/11, mentre prima termina con l'infinito. Rimane, nondimeno, in tutte queste elaborazioni della logica una concezione puramente analitica dei principi logici: identità, diversità e contrapposizione sono leggi di individuazione prive di collegamento reciproco e di interna evoluzione.

(c) la confutazione delle antinomie kantiane contenute nella Dialettica

trascendentale della KrV rientra nei corsi del 1808/9 nell'ambito della Vernunft,

prima della logica soggettiva; nella logica del 1810/11 in un'appendice alla fine della Dottrina dell'essenza, mentre è assente nell'Enciclopedia filosofica del 1808. Va notato che solo in questi manoscritti si trova la discussione di tutte e quattro le antinomie kantiane, dal momento che l'ultima antinomia, relativa al rapporto necessità/libertà, non è esplicitamente trattata nella WdL, malgrado la sua risoluzione sia fornita dalla categoria della reciprocità, come

Hegel spiega fin dal manoscritto di logica del 1808/9191. Sembra che Hegel

cerchi di integrare la risoluzione dialettica delle antinomie nel movimento logico delle categorie, ma la realizzazione di quest'operazione si avrà solo nella WdL.

190 Cfr. GW 10, 1: 61, § 4: «Die Logik ist die Wißenschaft der reinen Begriffe, wie sie Erzeugniße des reinen Denkens sind, ihrer Gesetze und Bewegungen».

L'esame delle redazioni norimberghesi della logica oggettiva attesta che i mutamenti investono lo sviluppo unitario delle categorie. In particolare, le variazioni degli schemi denotano lo sforzo di procurare una sistemazione logica coerente dell'oggettività come modo d'essere dell'intelletto in generale. La successione delle categorie fino al concetto riflette infatti la transizione dal

Verstand alla Vernunft, il cui riferimento esplicito viene alla fine abbandonato

perché reso superfluo dalla consequenzialità dello svolgimento logico. Non a caso, allora, nella Psicologia illustrata alle classi medie fra il 1811 e il 1816, la logica dell'essere e dell'essenza sono attribuite all'intelletto oggettivo:

Als objektiver Verstand enthalt er die Kategorien, die Denkbestimmungen des Seins, welche die innere Einheit des Mannigfaltigen der Anschauung und Vorstellungen ausmachen. Er unterscheidet das Wesentliche vom Unwesentlichen und erkennt die Notwendigkeit und Gesetze der Dinge192.

Le categorie dell'essere non sono etichette per configurazioni di distinti stati di cose, al contrario, esse esprimono l'unità oggettiva che regola l'ordinamento immediato della molteplicità sensibile. L'essenza, a sua volta, giustifica le leggi che dischiudono l'accessibilità dei fenomeni secondo i principi logici di identità e contraddizione e secondo le categorie di relazione e modalità. In altri termini le categorie non sono prodotti dell'intelletto, ma è intellettuale la comprensione dell'oggettività informata dalle categorie. Qualità, quantità e misura sono, infatti, le determinazioni adoperate nella geometria e nella matematica, mentre relazione e modalità sono le categorie in uso nella fisica. Evidentemente la logica acquista una portata speculativa superiore, che riguarda l'unità di essere e pensiero nelle diverse fasi dello sviluppo e manifestazione del pensiero puro. Invece il concetto, inteso come fluidificazione e potenza attiva del pensiero, risolve le contrapposizioni intellettuali dell'essenza perché il pensiero nel Wesen va a fondo di se stesso, comprendendosi tanto come fondamento e quindi come materia, tanto come sostanza e sistema di forze in equilibrio. Solo attraverso il percorso dell'essenza il concetto si realizza come principio ed unità del rapporto di

essere e pensiero e rappresenta perciò, più propriamente, il “concetto del concetto”. In tal senso, il movimento dell'essenza è la spiegazione scientifica del percorso di auto-coscienza dell'essere il quale, passando attraverso l'essenza, supera le opposizioni dell'intelletto e si riconosce, mediante il concetto, quale principio di determinazione e verità dell'essere oggettivo.

Sotto questo punto di vista la logica oggettiva può essere letta come la

risposta hegeliana alla deduzione trascendentale della KrV193, poiché fonda il

principio unitario del molteplice nell'io-puro, ovvero – in termini hegeliani – nel concetto, il quale esprime la consapevolezza dell'unificazione di una

forma194. A differenza di Kant, però, Hegel non deduce l'autocoscienza come

condizione per la possibilità della conoscenza a priori, ma come principio immanente all'essere, suscettibile di differenziazione interna secondo i diversi livelli di riferimento a sé. Il concetto è ricavato a posteriori dallo spontaneo svolgimento delle categorie a partire dalla sua originaria estraneazione da se stesso, dimensione che Kant aveva radicalmente escluso dalla KrV195. Il

movimento logico che conduce dall'essere al concetto rappresenta, invece, la graduale riappropriazione da parte del pensiero dell'unità con sé e tale processo passa necessariamente attraverso la scissione e la negazione.

Tutto ciò conferma la rilevanza della logica oggettiva nel quadro della

scienza logica196: solo la prima parte fornisce la giustificazione del sorgere del

concetto e, conseguentemente, la possibilità del pensiero di pervenire a se stesso quale autocoscienza pura. La deduzione del concetto è, infatti, il

193 Si veda l'Introduzione alla WdL, nella quale Hegel esplicitamente dichiara che «ciò che qui viene chiamato logica oggettiva corrisponderebbe in parte a quel che è presso Kant la

logica trascendentale». Cfr. WdL: 60; trad. it.:45.

194 Si veda al riguardo C. LA ROCCA (2007: 102): «L'identità dell'io non precede, come l'identità di un ente, la sintesi del molteplice, ma si fonda – possiamo dire: è – tale sintesi, ovvero è la sua legge funzionale: non è altro che una forma di unificazione, che non può essere ricavata da un qualche atto determinato di pensiero, poiché ogni atto di pensiero si compie attraverso di essa».

195 Si veda anche a questo proposito C. LA ROCCA (2007: 94): «In Kant concettualità e intenzionalità (riferimento della coscienza ad altro da sé, ad un oggetto) sono strettamente correlate. La concettualità richiede una serie complessa di presupposti, e dunque il semplice riferirsi ad altro da sé considerato isolatamente non è propriamente concepibile». 196 A proposito di tale rilevanza si veda anche JAESCHKE (2010: 236): «Mit der Wesenslogik

entwirft Hegel zwar nicht einen neuen Theorietypus, aber doch eine neue Theorie eines so zuvor nicht gesehenen Bereichs der – logischen – Wirklichkeit».

riconoscimento dell'interconnessione delle categorie in una totalità unificata ed organizzata, che vale da principio e fondamento dell'oggettività. In questo modo l'io puro riconosce se stesso non in quanto si prenda ad oggetto, bensì in quanto è generato dal movimento di attualizzazione delle categorie. Come si vedrà infatti nel prosieguo, il concetto della WdL è la relazione a sé di tipo non efficiente, che si è vista all'opera nella memoria sviluppata nella

Realphilosophie e nel lavoro della PhG. Ciò comporta una radicale

trasformazione della deduzione delle categorie, ivi incluso il loro significato e sviluppo.

A tale proposito va notato che, malgrado un interprete autorevole come Jaeschke confermi la connessione fra la logica oggettiva di Hegel e la deduzione kantiana delle categorie197, egli nondimeno non si sofferma sul

nesso fra Begriff e appercezione. Pur dichiarando che, nella trattazione logica del concetto del concetto Hegel conduca «eine der gedanklich dichtensten Auseinandersetzungen mit Kants Begriffen der “Objektivitat” der Erkenntnis

und der “Wahrheit”»198, Jaeschke non intende, però, il Begriff della WdL in

stretto rapporto con l'appercezione, ma piuttosto come «die interne logische

Struktur eines Sachverhalts»199. In questo senso la posizione di Jaeschke è

vicina a quella di K. Hartmann, il quale ha interpretato la WdL come una teoria categoriale dell'essere, ovvero come una teoria pura che permette di

comprendere il reale in quanto principiato dalla logica ontologica200. Tanto

Jaeschke, quanto Hartmann rifiutano di ridurre la logica hegeliana ad una semantica o ad una teoria formale del sapere, eppure la loro insistenza sulla valenza “ontologica” della WdL rimane, per molti versi, ambigua. Essi, infatti, ammettono che la logica oggettiva è ontologica in quanto tratta del pensiero in senso assoluto, ma escludono poi che il filo rosso del movimento speculativo sia quello del conoscere finito e perciò rimane oscura la comprensione del perché la logica si sviluppi secondo una sua precisa linearità (rovesciando, a

197 Cfr. JAESCHKE (2010: 224-5).

198 Cfr. JAESCHKE (2010: 242). Naturalmente il riferimento è qui alla WdL. 199 Cfr. JAESCHKE (2010: 243).

suo modo, la deduzione kantiana delle categorie) senza accedere, nel Begriff, all'unità del sapere. Se l'auto-conoscenza del Begriff non è, naturalmente, quella di una coscienza, ciò non significa, per metterla in senso oggettivo, che la struttura del Begriff sia quella del Sachverhalt. Piuttosto, si tratta di approfondire la natura dell'autocoscienza del pensiero puro nella logica, senza trascurare che essa rappresenta il massimo livello raggiungibile da un'ontologia processuale e non formale.

Sotto questo punto di vista è decisivo che una delle principali novità della logica elaborata a Nurnberg sia la transizione dall'essenza al concetto mediante la risoluzione delle antinomie kantiane. La rilevanza di questo passaggio dipende dal fatto che: «l'antitetica non ha niente a che fare con affermazioni unilaterali, bensì considera le conoscenze universali della ragione solo riguardo all'opposizione [Widerstreite] che vige fra di esse, e riguardo alle cause di tale opposizione»201. Dal punto di vista di Kant una

considerazione critica delle antinomie si occupa di determinare il fondamento della conoscenza su cui quelle antinomie si basano, al fine di evitare che le idee siano trasformate in oggetti dell'esperienza possibile. Proprio in quanto la logica oggettiva di Hegel si occupa di determinare i contrasti propri del conoscere finito, le antinomie svolgono un ruolo cruciale in tale parte della logica. Ma, una volta dimostrato che le antinomie dipendono costitutivamente dalla falsificazione dell'uso dell'intelletto, quest'ultimo non viene limitato ad una sfera ristretta di applicazione a vantaggio dell'uso regolativo della ragione, al modo seguito da Kant. L'intelletto viene, piuttosto, rovesciato e preso ad oggetto mediante la dialettica delle categorie, in modo da non costituire più il principio che opera alle spalle dell'essere, quale condizione di possibilità del sapere, bensì l'intelletto rappresenta ora l'oggettività dell'essere non ancora divenuta consapevole di sé come principio.

Per questo motivo l'ordine e la sequenza di questi passaggi dialettici è essenziale e non casuale: solo passando attraverso le distinte forme categoriali dell'essenza la riflessione trapassa nel concetto. Alla luce di ciò l'evoluzione

dello schema della logica è da inquadrare, a mio avviso, nel tentativo hegeliano di fornire, come non aveva potuto fare nella PhG, una spiegazione scientifica del modo in cui il concetto sia oggettivamente strutturato quale verità del fenomeno e dell'essere. Ma questo non avviene alla stregua di una strutturazione di uno stato di cose universale, bensì come il risultato dialettico del superamento della forma intellettuale del conoscere. A tale scopo era necessario dimostrare la necessità e la conseguenza di ogni passaggio logico e le variazioni dei manoscritti di Nurnberg confermano che nessuna categoria della logica oggettiva è accolta se non perché essa svolga una funzione

decisiva nel determinare uno specifico avanzamento del pensiero202.

In questo modo la logica si costituisce come scienza autonoma del sapere, perché non descrive gli stati di una coscienza, e tuttavia la logica oggettiva, proprio in quanto espone la forma oggettiva del conoscere finito e la sua trasformazione in senso universale, assolve una funzione analoga alla deduzione trascendentale delle categorie ed in nessun modo può valere da apparato formale estrinseco al sapere concreto. La WdL non presenta una lista di categorie da applicare a qualsivoglia oggetto, bensì illustra la genesi e lo sviluppo di un unico processo che culmina con il sapere di sé. Nell'esame proposto da Hegel i concetti non valgono da griglie formali da riempire a seconda del contenuto; il concetto non si configura in nessun modo come il risultato di un'operazione di astrazione dai giudizi puri, poiché rappresenta la forma base per pensare l'unità dell'universale e del particolare. Ciò significa che viene meno la distinzione kantiana fra concetti empirici, puri e geometrici, poiché un unico metodo rende possibile la formazione del concetto, che non dipende più dall'esteriorità di un contenuto altro; al contrario esprime la regola secondo cui determinare la realtà nella sua purezza. Ciò consiste nell'evoluzione della struttura della relazione, e non con l'applicazione di una forma ad un dato. Anzi, proprio per impedire la ricaduta

202 Si veda in proposito anche la lettera a Niethammer del 24 Marzo 1812, in Briefe: 397: «Dem spekulativen Denken kann oder muß das abstrakte Denken vorhergehen, der verstandige abstrakte Begriff in seiner Bestimmtheit; aber die Reihe derselben ist wieder ein systematisches

delle categorie in schemi da applicare a contenuti, Hegel insiste sull'importanza del metodo logico sia nella sua valenza soggettiva, come

esercizio per imparare a pensare dialetticamente203, sia in senso sistematico.

È un tema sul quale Hegel lavora soprattutto negli anni che precedono la prima apparizione dell'Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio (Enz. A), nella quale, peraltro, egli ritorna sul problema del contenuto della filosofia e sulla sua forma sistematica. Si comprende, allora, che la nuova struttura della logica rientra in tale lavoro complessivo di chiarificazione e organizzazione metodica. In questo senso il pensiero in se stesso è strettamente connesso con lo studio delle sue manifestazioni e ciò avvalora tanto più la sua natura metafisica di scienza del pensiero e non di “oggetto” o “fatto”. Proprio questo è l'aspetto su cui occorre ancora soffermarsi per inquadrare la funzione con cui la Scienza della logica si presenta per la prima volta nel 1812 e nel 1816, quando appaiono, rispettivamente, la Dottrina dell'essere e quella del concetto.

203 Cfr. Briefe: 398: «- Gedanken und Begriffe mussen so gut gelernt werden, als es einen singularis und pluralis, drei Personen, diese und diese Redeteil gibt, - oder so gut als das Credo und der Katechismus (…). Das Dialektische fuhrt sich selbst herbei, und darin liegt dann das Spekulative, insofern das Positive des Dialektischen aufgefaßt wird». In polemica con Kant, Hegel insiste sull'impossibilità di separare il pensare da sé dallo studio, in quanto non vi sarebbe disciplina, neppure quella del pensiero, che possa essere acquisita senza averla debitamente approfondita. Nel caso della filosofia, la materia su cui essa si esercita non è altro che il pensiero stesso, non inteso come parto o combinazione della fantasia o dell'intuizione, ma come il prodotto di uno studio adeguato. Cfr. anche Über den Vortrag der

Philosophie auf Universitäten, Nurnberg, d. 2 Aug. 1816, in Reden: 453: «Es ist nicht nur ein

Vorurteil des philosophischen Studiums, sondern auch der Padagogik, -und hier noch weitgreifender – geworden, daß das Selbstdenken in dem Sinne entwickelt und geubt werden solle, daß es erstlich dabei auf das Material nicht ankomme, und zweitens als ob das

Lernen dem Selbstdenken entgegensetzt sei, da in der Tat das Denken sich nur an einem

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