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L’articolazione delle reti produttive internazionali e la loro governance

ganizzativa complessa e denotano la partecipazione di un certo numero di imprese e di soggetti economici, italiani ed esteri. Seguendo la classificazione di Gereffi (1994), possono essere defini- te come delle producer-driven global value chains: organizzazioni, generalmente transnazionali, in cui delle aziende manifatturiere assumono un ruolo centrale di coordinamento (governance) sia a monte che a valle, e realizzano profitti grazie all’abilità di far leva sulla scala di produzione e sull’innovazione. Le reti possono essere articolate su vari livelli, tra loro connessi, in quanto le stesse imprese leader possono far parte – a loro volta – di altre catene di produzione internazio- nali, in cui forniscono beni finali o componenti, per esempio a imprese Oem7. In qualche caso, le aziende considerate entrano a far parte anche di reti di tipo distributivo (cosiddette buyer-driven global value chains), fornendo i beni finali alle grandi catene di distribuzione, che li immettono sul mercato con il loro marchio. Dal lato della subfornitura, alcune imprese si trovano anch’esse all’a- pice delle rispettive reti produttive internazionali – soprattutto quando producono componenti complessi –, o ne fanno parte in qualità di affiliate di imprese estere.

LE CONNESSIONI TRA RETI PRODUTTIVE INTERNAZIONALI

1. C’è molto scambio di produzioni anche tra i produttori e noi abbiamo qualche nostro competitor al quale vendiamo delle linee prodotto con il loro marchio. Non lo applicano loro il marchio, ma lo applichiamo sempre noi, ovviamente attraverso dei contratti che vengono sottoscritti tra le parti. A quel punto non siamo più l’apice noi [di una rete produttiva, n.d.r.] ma ne siamo una parte. Non esiste un produttore che fa tutto (Pmi).

7 Le Oem, Original Equipment Manufacturers, sono imprese che realizzano un prodotto finito a proprio marchio, utilizzando componenti o beni finali di altri fornitori. In genere si basano su contratti pluriennali, in cui vengono concordati impegni in termini di volumi, sviluppo modelli, efficienza. Lo sviluppo del prodotto avviene spesso congiuntamente con il committente Oem.

LE CONNESSIONI TRA RETI PRODUTTIVE INTERNAZIONALI

2. A volte produciamo un prodotto su specifica del nostro cliente con il loro brand. Ovviamente ci danno la licenza per poterlo fare. Poi il prodotto viene venduto da loro, nelle loro reti. Ma è una percentuale molto bassa del nostro fatturato: la strategia aziendale è quella di vendere a nostro marchio, però abbiamo qualche piccolo contratto con produttori concorrenti e viceversa, perché anche noi compriamo da qualcuno per completare le gamme (Pmi).

3. Quando vendo a un produttore di apparecchi domestici si tratta di una vendita Oem. Quando, invece, vendiamo a un product label non si tratta di una vendita Oem ma di distributori che utilizzano il loro marchio su un prodotto. Il mercato Oem è co-design. È un gruppo di lavoro tra noi e loro che definisce l’estetica del prodotto. Mentre nel caso delle private label di solito scegliamo noi l’estetica da dedicare a un certo cliente. Quindi, in tal caso, non c’è alcun tipo di co-design (Pmi).

4. Il nostro ufficio tecnico sviluppa il prodotto. I clienti ci forniscono il vincolo dello spazio a nostra disposizione, più una serie di indicazioni su quelle che devono essere le performance del prodotto, le caratteristiche elettriche che deve avere e altre cose. A quel punto da noi arriva la proposta di un prodotto, poi si va avanti e lo si sviluppa. Dobbiamo dare un’idea iniziale di prodotto, che si possa utilizzare in quello spazio, il cliente poi accetta o meno la proposta e poi lo sviluppo del prodotto continua sempre in collaborazione con lui (Pmi).

Nell’analizzare le forme di coordinamento e di governance delle reti produttive internazionali, un aspetto centrale è dato dal tipo di relazione che si instaura tra le imprese leader e le im- prese che fanno parte della catena di fornitura, su cui i produttori di beni finali esercitano una qualche forma di controllo. Le varie tipologie di governance sono oggetto di una seconda classificazione (Gereffi et al., 2005; si veda il paragrafo 1.3) basata sul livello di asimmetria, in termini di potere, tra i vari soggetti appartenenti alla rete produttiva e sul loro grado di “co- ordinamento esplicito” (Sturgeon, 2013). Il ruolo dei subfornitori – che sarà approfondito nel paragrafo 2.4 - è diverso a seconda del loro grado di cooperazione con le imprese leader, specie nelle relazioni definite di tipo modulare o relazionale, maggiormente caratterizzate da attività di co-progettazione e di co-design.

Per indagare quale tipo di relazione prevalga tra le imprese leader intervistate e i rispettivi subfornitori, è stato chiesto di indicare se i prodotti intermedi acquistati, in Italia o in altri paesi, siano prevalentemente standardizzati o se invece vengano realizzati attraverso forme di collaborazione con i propri fornitori. I risultati suggeriscono che, in gran parte, le forniture di componenti sono caratterizzate da attività di progettazione in comune o, comunque, sono il risultato di una collaborazione coordinata tra le imprese leader e i loro fornitori. Si tratta, quindi, di scambi dai tratti piuttosto simili a quelli delle interazioni che avvengono tra azien- de appartenenti a un gruppo d’impresa, con un elevato grado di coordinamento, nonché di monitoraggio e di controllo (tavole 2.6 e 2.7). Pertanto la governance che caratterizza queste reti produttive può essere considerata, prevalentemente, di tipo modulare o relazionale. Ne deriva anche, per le imprese leader, un più elevato “costo di sostituzione” del fornitore che si traduce, quindi, in un maggiore potere contrattuale per le imprese fornitrici.

Peraltro, sembra emergere un maggiore grado di interazione e di cooperazione con i subfor- nitori aventi sede in Italia, rispetto a quelli localizzati in altri paesi. Infatti, sia per le Pmi che

nel caso delle imprese più grandi, circa il 70 per cento degli approvvigionamenti effettuati in Italia prevede l’invio di specifiche di prodotto o altre attività di collaborazione, in confronto al 50 per cento circa delle forniture estere, composte quindi da parti più standardizzate, oltre che da materie prime.

Se ne può dedurre che il costo di un’eventuale sostituzione sia più elevato nel caso di fornitori localizzati in Italia e anche che, quando le relazioni produttive sono di una certa complessità, sia preferibile una maggiore vicinanza geografica. Inoltre, il dato rappresenta un’indicazione della qualità dei subfornitori presenti nei distretti italiani, in quanto le imprese che si rivol- gono a fornitori esteri sembrano perseguire in primo luogo l’obiettivo di abbattere i costi di approvvigionamento di beni intermedi più standardizzati.

Tavola 2.6- Ripartizione dei fornitori per tipo di input prevalente. Percentuali calcolate in base alla media aritmetica delle risposte.

Imprese grandi Pmi

  Fornitori italiani Fornitori esteri Fornitori italiani Fornitori esteri

Input standardizzati 32 50 30 49

Input su specifiche di prodotto,

co-design e simili 68 50 70 53

Fonte: elaborazioni Ice su dati raccolti durante le interviste

Tavola 2.7- Rapporti contrattuali con i fornitori: principali caratteristiche. Valore medio del grado di importanza, da 1 a 4, in ordine crescente.

  Imprese grandi Pmi

  fornitore esteroPrincipale fornitori esteriMedia dei fornitore esteroPrincipale fornitori esteriMedia dei Costo di sostituzione del

fornitore 2,5 2,3 2,8 3,0

Grado di monitoraggio e

controllo del fornitore 3,0 2,8 2,9 2,0

Partecipazione del fornitore alla

concezione del prodotto finale 2,5 2,0 2,5 2,0

LE RELAZIONI CON I SUBFORNITORI

1. Noi progettiamo i prodotti e poi li assembliamo, più in alcune categorie di prodotto che in altre, e il nostro ciclo produttivo è per lo più di assemblaggio. La fornitura di componenti in larga parte è “customizzata”: noi realizziamo il progetto e poi chiediamo ai fornitori di fornirci i componenti (grande impresa).

2. Con i vari fornitori esteri, il tipo di rapporto contrattuale pende più verso una collaborazione, un rapporto di tipo collaborativo di co-design, di co-progettazione piuttosto che acquisizione semplicemente di pezzi intermedi. In altri casi siamo noi che disegniamo e facciamo realizzare su nostro disegno il componente al fornitore; acquistiamo anche componenti standard ma non è prevalente in termini percentuali (Pmi).

3. Probabilmente per l’Italia la percentuale di prodotti acquistati realizzati su mio disegno è maggiore. Anche perché, quando si sceglie di comprare dall’estero, lo si fa anche perché si va alla ricerca del risparmio, quindi si cerca di acquistare prodotti prevalentemente standardizzati (Pmi).

LA SOSTITUZIONE DEI FORNITORI

1. È importante che il fornitore ci segua, cambiarlo non è così banale. Vanno fatte tutta una serie di validazioni, di certificazioni del prodotto e quindi è ovvio che cerchiamo di evitare di cambiarlo. La scelta del fornitore è una scelta strategica, ed è impensabile cambiare il prodotto di cui mi rifornisco dall’oggi al domani. C’è anche un problema certificativo: devo assicurarmi che rispetti le norme di sicurezza. Poi devo rendere conto ai clienti: non posso cambiare nulla se non viene accettato da loro, e per essere accettato da loro ci deve essere un vantaggio economico, ma devo comunque poi operare tutte le valutazioni. Quindi la decisione di cambiare il componente che acquisto dal mio principale fornitore è una decisione importante (Pmi).

2. Il costo di sostituzione di un fornitore, specialmente il principale, è un costo sensibile. Io, per poter cambiare il fornitore, devo comunque mettere in preventivo quasi un anno di tempo e in quell’anno di tempo appunto ho necessità di definire le gamme, definire le classificazioni, le tipologie dei vari modelli di prodotto, e devo farli testare (Pmi).

2.3 Mezzi di trasporto

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