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ARTISTI DELLA PAROLA:

Nel documento INVETTIVA CONTRO LA L AVVIOLENZA (pagine 33-48)

SARA BELTRAME

EDOARDO DI MAURO

GIAN ALBERTO FARINELLA

MASSIMO NOVELLI

ROLANDO BELLINI

CREDETE CHE BASTI? Massimo Novelli 30X40 stampa su perspex. 2007

Che ricordi ha della sua infanzia, si descriva?

“Un pessimo medico fece capire ai miei genitori che avevo i giorni conta-ti, come si dice, a causa di una malattia inguaribile. Anch’io avevo intuito qualcosa dal comportamento di papà e di mamma. Non avevo compreso tutto, certo, però mio ero reso conto dell’esistenza di un problema lega-to alla mia salute. Avevo dieci anni. E rammenlega-to lo struggimenlega-to di quei momenti e una mia fotografia scattata a Superga, davanti alla lapide del Grande Torino, dove offrivo all’obiettivo un volto triste.

Poi, grazie al cielo, un altro medico accertò che non avevo nulla, quella diagnosi era sballata.

In ogni caso, ritengo di avere avuto un’infanzia felice. Mi rammarico so-lamente di avere perduto i miei soldatini di piombo. Erano bellissimi, se è per questo”.

Che rapporto ha con i bambini, ha bambini suoi?

“Ho un ottimo rapporto. Credo di averlo anche con mio figlio, la piccola peste di nome Alighiero”

Da “minore” ha mai subito molestie o maltrattamenti?

“Fortunatamente no. Ricordo tuttavia che, quando avevo tredici o quat-tordici anni, un tizio prese a seguirmi. Lo incontravo ovunque. Una sera lo affrontai con una catena di bicicletta in mano e lui scappò. Non l’ho mai più visto”.

Che ricordi ha della sua infanzia, si descriva?

I primi anni sono stati certamente sereni, anche se il fatto di essere stato il primogenito, mio fratello è più giovane di otto anni, di una famiglia di italiani e greci nata in Egitto e da lì costretta con profondo trauma ad espatriare con l’avvento di Nasser nel 1957, mi ha fatto oggetto di pre-mure ed aspettative molto stringenti. Nato a Torino nel 1960, ho poi tra-scorso due anni a Losanna, in Svizzera e tre anni a Genova ed ho un ri-cordo quasi magico ed incantato di quegli anni. I problemi sono iniziati con il ritorno definitivo a Torino nel 1966. La mia famiglia acquistò un immobile di nuova edificazione a Madonna di Campagna; si era nel pie-no della seconda ondata di immigrazione dal Meridione ed io, cresciuto nella bambagia, ebbi per lungo tempo problemi a relazionarmi con i miei coetanei rasentando l’asocialità. In seguito debbo riconoscere che quello fu, a suo modo, un periodo duro ma formativo che mi fece comprendere come per me, sostanzialmente un apolide, non sarebbe stata facile in una città stimolante ma dura ed elitaria come Torino.

Che rapporto ha con i bambini, ha bambini suoi?

Il mio rapporto con i bambini è positivo, mi ricordo che accolsi la nascita di mio fratello senza gelosia alcuna. Non ho figli non per precisa scelta ma perché le cose sono andate così. La mia compagna, con la quale sto insieme da sedici anni, vive a Bologna ed aveva già un figlio. Nessuno dei due ha potuto congiungersi con l’altro quindi la scelta è stata inevitabile.

Fortunatamente mio fratello e i miei due cugini hanno dato alle luce sei bambini, quindi il tasso di natalità della famiglia Di Mauro è salvo.

Da “minore” ha mai subito molestie o maltrattamenti?

Non ho subito alcun tipo di molestia sessuale. Negli anni delle elementa-ri e delle medie i metodi educativi speso pesanti ed inadeguati dei miei insegnanti, ad onta del mio buon rendimento, mi hanno creato non po-chi problemi. Penso, però, di avere tratto una salutare lezione da tutto ciò che credo di sfruttare nel mio mestiere di docente, sebbene di perso-ne giovani ma ormai adulte.

PER UN’ANTROPOLOGIA DELL’INFANZIA di Edoardo Di Mauro 30X40 stampa su perspex. 2007

Che ricordi ha della sua infanzia, si descriva?

Che rapporto ha con i bambini, ha bambini suoi?

Da “minore” ha mai subito molestie o maltrattamenti?

* L’artista ha scelto di non rispondere ritenendo l’opera esaustiva del te-ma in contrapposizione alle dote-mande –violente- indaganti un privato, che come tale va tutelato.

LA MOLTEPLICITA’ IRRIVERENTE DELLA VITA di Gian Alberto Farinella 30X40 stampa su perspex. 2007

Che ricordi ha della sua infanzia, si descriva?

“Si descriva” parrebbe: dica di sé e non di sua infanzia, straziante come il marzapane, o no? Cerco di rispondere (stare al gioco, insomma) a tre do-mande imposte – come usava fare una volta- e mettere a fuoco immagi-ni. Frammentarie e sbiadite – fingendo di interpretare il giusto- tra cui, da un lato, Veduta di Delfi, di Vermeer, ma contaminata dalla Recherche proustiana in cui si recita la morte di Bergotte (“Il se rèpètait: ‘Petit pan de mur jaune”) meticciata a un’infanzia sognante, la mia, da predestina-to: sarei stato storico dell’arte? Allora pensavo regista…. Dall’altro (lato) ecco Polito Sommazzi progettista del Grand hotel di Rimini, set del film Amarcord di Federico Fellini. All’improvviso am’arcord, mi ricordo io pure di mia infanzia: meraviglia, priva di vuoti affanni, densa di fantasie…Vis-suta, poi teatralmente: Antonin Artaud e il suo “doppio”. Non è, in vero, mitopoietica. Per dirne debbo chiedere consenso a questi “altri”. Doma-ni, si. Doman seren sarà e se non sarà sereno….

Che rapporto ha con i bambini, ha bambini suoi?

Vivere l’incontro con i bambini come meravigliosa esperienza cognitiva in cui tutto si ribalta e viene messo in discussione, tutto è scoperta e avven-tura, tutto è nutrimento della fantasia e scalda il cuore. Questo è il mio incontro con i bambini. Mi ritrovo bimbo, io pure, accanto a mio figlio, cogli occhi gonfi di ricordi smaglianti, di sapori indicibili. Tutto, di colpo, torna attuale quando si diventa padre… Mirò, Ricasso, tant’altri (non moltissimi però) hanno un rapporto speciale con l’infanzia, la loro e l’al-trui. Ogni incontro con un bambino o un ragazzino, insomma un minore anche se grandicello, è l’equivalente, sempre, d’una avventura meravi-gliosa oltre i confini della realtà, non è così? Si, purchè si sappia rispettar-ne il mondo, restandorispettar-ne fuori, a osservare in silenzio.

Sono meravigliosi, i bambini: ne vedo di alati come amorini svolazzarmi tutt’attorno, vengono dal XVII secolo; altri si nascondono entro i rompi-capo percettivi di Braque o Pollock e altri ancora ritornano, travestiti da clown, in 8 e mezzo di Federicone (Fellini), un grande bambino.

INVETTIVA CONTRO LA VIOLENZA? Di Rolando Bellini 30X40 stampa su perspex. 2007

“La prima cosa che la filosofia fa, o dovrebbe fare, è d’allargare l’immagi-nazione dell’intelletto”, sostiene Bertrand Russell. Così pure l’arte, ma so-no entrambe poca cosa –scopri diventando padre- rispetto a quello che vivi riattualizzando in te, attraverso la paternità l’infanzia, la tua mitica in-fanzia. Se sai mantenerti a contatto diretto e vitale, certo, ma rispettoso e dunque sempre a debita distanza rispetto al mondo dei bambini, con tutta la sua meravigliosa meraviglia fiabesca e mitopoietica! Si dice: i mi-ti originano e sono originami-ti dalla narrazione. Ebbene, io dico invece: so-no nutriti e cresciuti dall’infanzia, dai suoi sogni ad occhi aperti, dai rac-conti che contaminano e modificano la realtà piegandola al volere della fantasia.

Da “minore” ha mai subito molestie o maltrattamenti?

Sostenere di no, di non aver mai subito nessuna negatività da “minore”

(perché la domanda non lascia scampo: da minore –recita arcigna e un po’ ottusa- ha mai subito molestie o maltrattamenti? Ignorando, parreb-be, la molestia madre di tutte le altre: l’invasività adulta che tenta di pie-gare quel mondo sorgivo ai propri comandamenti!) è, credo, un para-dosso. Eppure la mia infanzia è stata meravigliosa, in ogni senso. E dovrei proprio dire: io no, grazie! Io, tu, quanti altri potrebbero congetturarlo (che ne direbbe il dottor Freud?) affermando in ultimo di non essere mai stati visitati da maghi e streghe, elfi e orchi! Ma anche immersi in un pic-colo “paradiso terrestre” e senza neppure scomodare le terribili fiabe in-fantili, il magnifico Swift, tant’altri, ecco che si percepisce egualmente, d’istinto, sin da piccolissimi –a me è capitato- che là fuori, in fondo al giardino, si nascondono mostri e dietro il muro alto che lo chiude e pro-tegge, che fa la differenza tra questo ‘ortus conclusus’ profano che per te è “l’ombelico del mondo” (Giovanotti, sì) e il mondo esterno, ecco che si affollano tutti i pericoli veri (adulti), le vessazioni occulte (e no), le catti-verie ottuse del mondo adulto (affollato da cretini, si direbbe). E insorgo-no dunque fantasmi e paure: un modo singolare per dare nutrimento, però, ancora una volta (sinchè sei bambino, s’intende) alla fantasia e strumenti di lavoro al cervello –mente inclusa, grazie di avermelo ricorda-to dotricorda-tor Popper! Ed ecco, allora, che può mettersi al lavoro l’inappunta-bile, magnifico e anzi mitico dottor Freud, non è così? Specie quando la bella donna che mi fronteggia, mostrandosi nuda, insinua che lei no, non ha segreti: un’anima nuda e perfetta! E soprattutto senza macchie o se-greti, sofferenze e maltrattamenti da occultare…. La molestia che tutti

subiamo, da bambini, anche quando si vive un’infanzia entusiasmante (il caso mio), è la invasiva presenza del mondo adulto, privo di contamina-zioni tra sogno e realtà, povero di fantasie e surrealtà vivificanti. Sì, pove-ro come un deserto (ma allora…). La peggiore violenza che tocca un po’

a tutti quanti i bambini (i più fortunati, certo, in misura minima: io per esempio) è lo smantellamento del loro meraviglioso mondo, tutt’altro che “infantile”, perché semplicemente magico! Il fatto è che te ne di-mentichi e tutta questa magia si appanna e svapora poco a poco, sinchè non rincontri il magico mondo infantile grazie a tuo figlio o figlia e i loro amici e allora, all’improvviso, capisci quale privilegio sia la paternità. E ri-scopri tutto il formidabile sapore della Recherche proustiana! Vi è per po-chi fortunati

–è vero- una possibilità eccezionale: quella di poter restare ancorati più a lungo possibile al magico mondo infantile. Io sono uno di questi fortuna-ti, banalmente perché di mestiere faccio lo storico dell’arte: tento cioè di storicizzare – forse: documentare e rendere comprensibile oltre ogni pos-sibile vedere – il dono meraviglioso della creatività che dà corpo e sangue ai sogni, alle fantasie più originali, proprio come accade, sempre, quando si è bambini! Non è così? E non è per questo, proprio per questo che le

“denunce” contro ogni violenza possibile, si rivolgono contro e tentano di arginare innanzi tutto il mondo degli adulti che vorrebbe contagiare-impossessarsi dell’infanzia (perduta). E dunque rinnovano, anche solo per un momento, e rendono presente e viva la magica infanzia, consen-tendo altresì di vedere, anche solo per un frammento di spaziotempo mi-nimo, il vuoto, la banalità, la povertà, la cattiveria e la violenza del mon-do adulto che tenta in tutti i modi, anche i modi ingiustamente violenti, di rimpossessarsi dell’altro mondo, magico, lucente, creativo, il mondo dei bambini (dei poeti, anche, di taluni artisti, perché no, persino degli scienziati – alcuni s’intende e, per finire, dei teologi, ma soprattutto il mondo in cui si ritrovano, come bambini, i filosofi!). No, non posso dire di ciò che non so e non ho vissuto, ma posso e debbo dire che ogni vio-lenza contro i minori, ogni abuso infantile è un colpo mortale inferto al-l’intera umanità e massime a quegli uomini creativi ai quali, secondo Paul Klee, dovremmo affidare il nostro futuro prossimo e remoto, l’intero de-stino dell’umanità.

Che ricordi ha della sua infanzia, si descriva?

La mia infanzia è fuori dal comune. Cresco a Treviso, città nota per le sue po-sizioni “bianche” e moraliste. Mio padre e mia madre, insieme ad altri giova-ni, decidono di fondare un condominio speciale, una sorta di Comune, all’in-terno della quale le dieci famiglie che vi abitano, avrebbero seguito alcune semplici regole della vita comunitaria.

Cresco così. Le chiavi dei vari appartamenti sempre sulla toppa; ho la sensa-zione di avere più di una mamma, di un papà e di un fratello; provo gioia ec-citante all’idea di dormire dentro le tende piantate nel giardino condominia-le, d’estate; scovo mille e uno motivi per organizzare qualche festa danzante;

adoro gli zingari che suonano e ballano con noi; corro in bicicletta; vado in canoa; vado in vacanza insieme a tutti gli altri. Ma ci sono anche le liti, le di-scussioni sulla politica, le diverse visioni sulla religione, sulla vita di tutti i gior-ni, sui rapporti con le persone. Più cresco e più ho bisogno di andarmene via.

Non ho ancora finito di crescere e il mio bisogno di scappare mi ha portato a fare 19 traslochi in meno di dodici anni.

Ecco. Questa è la mia esperienza d’infanzia e adolescenza. Uscita da lì, da quella bolla di sapone fragilissima, è stata molto dura rendersi conto che la vita non è esattamente un grande gioco dove la costante è l’amore. Devo di-re però, che i rapporti generati con gli altri bambini (poco meno di una venti-na di bimbi), sono più che fraterni. Ognuno ha preso strade diverse, ma il le-game che ci unisce va oltre al lele-game di sangue, oltre a quello di amicizia. È un sentimento che non riesco ancora a battezzare, per il quale non riesco an-cora a trovare una parola giusta. La sto cercando. La troverò.

Che rapporto ha con i bambini, ha bambini suoi?

Il mio rapporto con i bambini è di stupore. Mi sembrano dei microcosmi.

Mi pare che ogni piccola alterazione della loro “atmosfera”, del loro “ha-bitat”, possa rompere l’equilibrio che li fa muovere nel mondo, possa in-terferire nella loro crescita. Così ho un senso istintivo a proteggerli, ma senza interferire nella loro scoperta del mondo. Inoltre, trovo magica-mente straordinaria la loro capacità di comunicare senza usare le parole, prima che comincino a parlare ma forse anche dopo. Mi piace mettermi

MI SPAVENTA di Sara Beltrame 30X40 stampa su perspex. 2008

all’ascolto di un bambino, quando me lo trovo davanti. Mi piace sentire che cosa mi dice. E normalmente, tocca corde di me che non pensavo nemmeno di avere.

Io non ho figli, al momento.

Da “minore” ha mai subito molestie o maltrattamenti?

Sicuramente non maltrattamenti fisici o molestie gravi. Vagamente, ho il ricordo di un uomo che frequentava casa nostra. Era un uomo molto grasso. Aveva anche la voce grassa. Occupava tanto spazio. Per un certo periodo veniva spesso a trovare i miei, non so bene per quale motivo. Ci riempiva di regali, mi ricordo. Arrivava verso sera, quando mio padre tor-nava a casa dal lavoro. Per me e mio fratello, dopo cena, era già ora di andare a dormire. Lui spesso si offriva di accompagnarmi a letto. Mi ri-cordo di una volta in cui ci ha messo più del solito a coprirmi le gambe sottili, con le lenzuola. Mi ha detto Che bel sederino, che hai…È stato il modo, in cui me l’ha detto. Con quella sua bocca arricciata sotto i baffi, gli occhi stretti, nel buio. Ricordo solo questo e non l’ho mai raccontato a nessuno. Inoltre, questo ricordo, è stato “vomitato” dalla mia mente do-po tantissimo temdo-po e in un momento casuale della mia vita. È stato strano anche il modo in cui mi sono ricordata di questo fatto e così spes-so mi chiedo se io non abbia cancellato dei pezzi di questa storia. Lui è morto giovane. I miei erano tristi. Io ho finto di esserlo.

Finito di stampare nel mese di ottobre 2008 presso INTERGRAPH - MAPPANO/CASELLE (TO)

promossa dalle Associazioni Culturali:

PARADIGMA LA SCATOLA CINESE Con il contributo della

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INVETTIVACONTROLAVIOLENZA ABUSI - MINORI e MINORITÀ

Nel documento INVETTIVA CONTRO LA L AVVIOLENZA (pagine 33-48)

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