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ASPETTI DELLA MUSICA PER FLAUTO DI FRANCO MARGOLA

Nel documento Franco Margola e la seduzione dell'arché (pagine 184-191)

(Trattasi dell'introduzione che Gian-Luca Petrucci, noto flautista, ha posto in apertura del suo saggio sulla musica per flauto di Franco Margola, parte integrante del volume Franco Margola (1908 – 1992). Il musicista e la sua opera di Ottavio de Carli, pubblicato

su un inserto monografico di «Fa La Ut» del 2001)

Il susseguirsi delle varie correnti della musica del Novecento ha rappresentato la caratteristica fondamentale del secolo scorso.

Le motivazioni tecniche, espressive, sociali d’ogni filone, pur possedendo di per sé caratteristiche vitali, hanno innescato fenomeni autodistruttivi in parte legati a un personalismo musicale che ha sottolineato l’impossibilità crescente di possedere un mezzo grafico d’espressione e notazione musicale valido e accettato da tutti.

I compositori non si limitarono più a inventare il proprio linguaggio espressivo, ma dettarono codici per comprenderlo e decifrarlo in un susseguirsi di lessici che giunsero all’esperienza più estrema del “Libre jeu d’ensemble” ove veniva rivisitata l’improvvisazione in musica, legata al concetto stesso di esecuzione e di emissione sonora.

Negli ultimi trent’anni i compositori hanno ricercato un terreno comune su sui operare e confrontarsi per meglio effettuare un’opera di catalogazione del vastissimo materiale accumulatosi spesso in maniera poco organica o per precise aree geografiche o di tendenze. Dal 1972, anno in cui si svolse a Roma un Symposium Internazionale sulla problematica della grafia musicale, mentre il serialismo ufficiale mandava gli estremi bagliori, iniziò una lenta ma progressiva rilettura della “Nuova Musica” e della “Musica

Moderna” indipendente dalla considerazione dei costanti fenomeni evolutivi.

Prese forma una mutua e aumentata tolleranza, intesa come atteggiamento dinamico, in cui il linguaggio e la fruizione da parte degli addetti ai lavori e del pubblico fu il solo giudice del divenire. Quindi, finalmente, scelte non unidirezionali, non meditazioni in esclusiva funzione di provocatori risultati fonici, non ipocriti giochi d’iniziazione a un continuum di eventi senza fine e senza un fine.

Nascono, oggi, nuove sensibilità antigerarchiche che non amano i discorsi categoriali e trovano oggetto di riflessione nella liberazione del

bisogno creativo, e dei suoi tradizionali significati, considerando ogni mezzo adatto a esprimerlo.

Verrà certamente, più avanti nel tempo, il desiderio e la lucidità necessaria per svolgere un lavoro di rivalutazione e ricollocazione storica dei tanti “Maestri” europei, statunitensi e latino-americani che non essendosi “allineati” a un lessico vincente furono tenuti in disparte dalla “intellighenzia” dei compositori d’avanguardia.

Quando si potrà valutare serenamente l’opera di Franco Margola, Ennio Porrino, Mario Castelnuovo-Tedesco, Vittorio Rieti, Lino Liviabella, Guido Turchi, Alessandro Casagrande, Mario Pilati, Vincenzo Tommasini, Giuseppe Savagnone, Giancarlo Menotti, Eugëne Bozza, Samuel Barber, Alberto Ginastera, Joaquin Rodrigo e molti altri, appariranno meglio delineate tutte le figure e le sfaccettature di un secolo che ha visto, specie in Italia e nella mitteleuropea, una sorprendente varietà di forme d’espressione musicale.

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1921 – 1991

LA FILARMONICA LAUDAMO DI MESSINA

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(L'estratto della pubblicazione della Filarmonica Laudamo di Messina consente di avvicinare, attraverso le cronache della stampa locale, il momento della nomina di Margola, all'epoca trentunenne, a primo Direttore della Scuola di musica cittadina.

[…] La serietà d’intenti della nascente istituzione2 trovava conferma,

sempre nel 1939, nella nomina di Franco Margola a primo Direttore. L’allora trentunenne ma già affermato compositore, segnalato alla Filarmonica direttamente da Ildebrando Pizzetti, parve il più adatto a ricoprire l’incarico essendosi distinto, negli anni immediatamente precedenti la chiamata di Messina, per la costituzione presso l’Istituto Musicale di Brescia di un’orchestra formata da elementi locali, al cui

concerto inaugurale partecipò quale solista Arturo Benedetti

Michelangeli.

«Franco Margola, dotato di ottima cultura classica e letteraria, è anche un applaudito conferenziere e uno spregiudicato polemista. Egli lascia l’Istituto Musicale di Brescia attirato dalle sirene del nostro mare e da quelle della Filarmonica. E poiché a Brescia era riuscito a fondare un’orchestra d’archi stabile con la quale ha svolto fortunata attività presso la Società dei Concerti, così noi potremo mettere a nostro profitto la sua dinamica attività formando un nucleo di orchestrali capaci e sinceri, che aspirino ad elevarsi e a guadagnarsi un sicuro posto. Da ciò alla formazione di un’Orchestra Stabile della Filarmonica il passo è breve: e dalla Stabile della Filarmonica all’Orchestra per il Teatro Vittorio Emanuele, non c’è che da uscire da una porta per entrare da un’altra».

Così commentava la stampa locale l’avvenuta nomina di Margola, non mancando di apprezzare il sostegno offerto dalle

«gerarchie locali, con il Prefetto Ciamponi alla testa, il Podestà, il Preside della Provincia, il Provveditore agli Studi che con vero spirito di civismo hanno generosamente provveduto alla vita della scuola stessa, nuova perla amorevolmente raccolta e maternamente vigilata dalla Filarmonica Laudano, sotto l’egida dell’Istituto Nazionale di Cultura Fascista e in obbedienza agli ordini del Federale, animatore entusiasta di tutto ciò che è necessità del popolo messinese, per dare opportunità ai giovani di seriamente studiare, con severo metodo, per conseguire un diploma senza bisogno di allontanarsi dalla propria casa».

1Carlo de Incontrera, Alba Zanini, a cura di, 1921 – 1991 La Filarmonica Laudamo di Messina,

s.l., s.d., pp. 166 – 168.

2 La Scuola di Musica fondata nel 1938 per la formazione di un corpo orchestrale e corale per il

Intorno a Margola si riuniva subito un piccolo gruppo di docenti quali Alessandro Gasparini per la Composizione, Carmelo Ainis per il Violino, Mariella Cucinotta per il Pianoforte e Armando Nerilli per il Canto, che già al termine dell’anno scolastico 1940-41 presentavano alla città, nel saggio finale della Scuola di Musica Antonio Laudamo, i risultati tangibili del loro operato. […] Intanto al termine dell’anno scolastico 1940-41 Franco Margola, chiamato per chiara fama al R. Conservatorio di Musica di Cagliari quale docente di Composizione, lasciava la direzione dell’istituto messinese.

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DIALOGHI MUSICALI CON FRANCO MARGOLA

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D. Le farebbe piacere raccontare ai lettori l’evoluzione della Sua vita artistica?

R. Sì, ho cominciato gli studi musicali a 8 anni, studiando il violino e contemporaneamente lo studio dell’armonia e contrappunto. Ho vinto circa 12 concorsi di composizione, ho lavorato intensamente ed ho composto anche un’Opera (maiuscolo nel testo) Il mito di

Caino su libretto di Edoardo Ziletti che fu rappresentata a Bergamo nel 1940 e diretta da Gavazzeni, l’Opera ebbe un notevole successo ed è stata trasmessa più volte dalla RAI-TV. Ho la fortuna di aver studiato il violino e conosco bene la tecnica degli archi con tutti i loro segreti, scrivo bene per pianoforte, anzi ricordo che il mio

Kinderkonzert per pianoforte e orchestra me lo ha suonato Benedetti Michelangeli alla Fenice di Venezia, in prima esecuzione ed ora questo concerto è presentato frequentemente dagli allievi all’esame di diploma di pianoforte. Per concludere continuo con grande passione il mio lavoro.

D. Lei come esprimerebbe verbalmente il concetto della sua Arte? R. Se vuole, potrei leggerle alcune righe tratte dalla Storia della

Musica di Antonio Capri… dunque vediamo, a pagina 189 dice così…

«Margola è una natura aperta, schietta, genuina, un musicista che non mente né a sé stesso né agli altri, e si manifesta tutt’intero qual è, senza infingimenti, senza atteggiamenti d’accatto, senza astruse complicazioni volute e intenzionali. La sua Musica è luminosa, ariosa, cordiale, tutta versata nella fervida cantabilità che non esclude la lucidità e la saldezza della trama costruttiva».

D. Grazie, molto bella questa descrizione e direi assolutamente realistica! Ora mi dica, come è nato il suo interesse nei riguardi della chitarra?

R. È nato per l’insistenza di Renzo Cabassi, insegnate di chitarra al Conservatorio di Parma. Inizialmente ero terrorizzato all’idea perché della chitarra conoscevo a malapena l’accordatura ma poco per volta provando e riprovando sono riuscito a scrivere bene.

D. Fra i compositori di opere chitarristiche qual è quello che attira maggiormente la sua attenzione?

1 Domenico Lafasciano, «Notiziario tecnico professionale dell’Accademia della chitarra

R. Indubbiamente solamente H. Villa Lobos.

D. È molto difficile trovare delle composizioni per chitarra che siano musicalmente interessanti ma che allo stesso tempo non richiedano un virtuosismo tecnico elevato. Lei, a mio parere, ci è riuscito egregiamente, quel è il Suo segreto?

R. Perché io ho una cultura da musicista, io non conosco solamente la chitarra, ora uno che ha studiato profondamente i grandi musicisti del passato scrive differentemente da chi conosce solamente la chitarra!

D. Sì, certamente, però magari forse c’è qualcosa in più, io so per esempio che Federico Moreno Torroba si aiutava tracciando su di un foglio un esacordo e rappresentandovi graficamente la varie posizioni ideate, praticamente usando il sistema di scrittura (intavolatura) usata anticamente dai liutisti e vihuelisti. Forse anche Lei adotta un tipo di sistema analogo?

R. No. Probabilmente si tratta d’istinto, naturalmente però prima di offrire alla stampa una mia composizione, mi rivolgo al chitarrista esperto che eventualmente può farmi rilevare qualche punto da ritoccare. Sa! Talvolta mi sembrava di scrivere dei passi diabolici, molto difficili ma che poi in realtà si rivelavano sulla chitarra di una facilità estrema oppure viceversa, comunque come dicevo è consigliabile rivolgersi sempre allo specialista dello strumento. D. La Sua Musica ispira un mondo favolesco e poetico, ma che sembra lasciare intuire velatamente una sensazione di serena malinconia. Si tratta di una mia sensazione, oppure ciò rispecchia un angolo nascosto del Suo animo?

R. Qui per rispondere ci vorrebbe un alto psicologo… senta, io come salute sto benissimo, per me l’ispirazione è uno stato di salute che dà al musicista la facoltà di scrivere. Forse c’è nelle mie composizioni un facile ricadere sulla vena malinconica, questo è il mio modo di scrivere ma niente di più. Le ripeto io sto bene, l’unica cosa di cui mi lamento è la situazione anagrafica, sono nato nel 1908!

D. Quali sono i suoi progetti musicali per il futuro?

R. Non vorrei vivere di rendita, sugli allori! Voglio continuare ad evolvermi, fare sempre meglio e ciò che ritengo più importante, continuare intensamente il mio lavoro.

D. Che consiglio vorrebbe dare ai giovani studenti di Musica?

R. Di pensarci quattro volte e poi possibilmente cambiare mestiere. La musica è una specie di palla al piede, se Lei smette di studiare per una settimana quel dato strumento, comincerà a stonare, fare errori ecc. Invece se Lei è un pittore, ciò che ha fatto di bello

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rimane, se è un poeta i suoi scritti rimangono, invece il musicista deve continuamente studiare per non perdere i risultati ottenuti. D. Quindi, in breve, Lei afferma giustamente che chi vuol studiare uno strumento musicale dovrà ricordarsi che lo aspettano un mare di difficoltà, sacrifici, perseveranza…

R. Sì, Lei sa che ci sono dei musicisti con una sensibilità infallibile ma che ciò nonostante continuano a ricercare la perfezione non accontentandosi mai dei loro risultati, veda ad esempio Michelangeli.

Nel documento Franco Margola e la seduzione dell'arché (pagine 184-191)

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