4.1. Fin qui abbiamo prefigurato che l'interesse economico teoricamente può
assumere valenza ai fini sostanziali ovvero probatoria e che può trattarsi di un interesse potenziale o di un interesse concreto e attuale, con il che si intende attribuire rilevanza, rispettivamente, alle motivazioni ovvero ai risultati economici conseguiti.
Si tratta ora di comprendere se e come si combinano queste diverse variabili. Il problema si presenta di soluzione agevole nel caso in cui l'interesse economico abbia natura sostanziale. In queste ipotesi, poichè la sostanza economica è elemento integrante della fattispecie, pare soluzione logica debba aversi riguardo al risultato conseguito e che, dunque, la norma non possa che considerare l’interesse economico nella sua accezione di interesse attuale. Costituirebbe infatti una contraddizione in termini delineare un presupposto tributario in funzione di un interesse economico prospettico perché ciò vorrebbe dire che il presupposto stesso potrebbe venire meno in funzione del contenuto delle aspettative del contribuente e non della situazione che consegue alle sue scelte. Del resto, una soluzione del genere sarebbe difficilmente compatibile con i principi di rango costituzionale ed, in particolare, con l'articolo 53 Cost. secondo cui, com'è noto, l'esercizio della potestà legislativa in materia tributaria trova un limite nella necessità di assoggettare ad imposizione una manifestazione di capacità contributiva effettiva ed attuale. In virtù di tale principio, in particolare, non sembra possibile istituire tributi che assumano come elementi costitutivi della fattispecie situazioni di fatto prospettiche e meramente eventuali. Per tutti questi motivi, dunque, l’interesse economico quale elemento della fattispecie di natura sostanziale dovrebbe essere sempre inteso come risultato concreto ed attuale (cd. interesse attuale) e non come interesse potenziale.
Più delicata è la questione che si pone laddove l’interesse economico abbia una valenza probatoria, dovendosi anche qui stabilire se tale interesse valga quale
risultato economico atteso o potenziale o come risultato economico effettivamente conseguito.
Teoricamente anche in questo caso si potrebbe, prima facie, ritenere che l'interesse economico di natura probatoria si debba configurare come interesse attuale.
In senso contrario, tuttavia vale osservare che in questa diversa situazione, nessuna regola di ordine costituzionale impone di limitare la sostanza economica rilevante al risultato conseguito piuttosto che a quello che si intende perseguire al momento di assunzione della decisione. Anzi, a ben vedere, ciò che sembra più coerente con i principi di rango costituzionale è che quando la norma attribuisce all'interesse una funzione probatoria, la sostanza economica assuma le sembianze dell’interesse potenziale e non dell’interesse attuale.
Infatti, appare plausibile ritenere che, nell’ipotesi in cui l’interesse economico ha natura probatoria il legislatore non intenda prendere in considerazione il risultato economico nella sua dimensione effettuale ma ponga riferimento alla sua dimensione intenzionale. Diversamente, e cioè se rilevasse il risultato, non vi sarebbe motivo di non includerlo nella fattispecie sostanziale. Inoltre, nei casi in cui l’interesse ha natura probatoria, come sarà più chiaro in seguito (cfr. cap. V), l’interesse stesso si inserisce in uno schema presuntivo simile a quello di una presunzione legale relativa.
Ora, non c'è dubbio che, accedendo alla tesi secondo cui dovrebbe tenersi conto del solo risultato e non delle aspettative, si finirebbe per far gravare sul contribuente il rischio che tali aspettative non si avverino, cosa che può accadere per una più disparata serie di eventi che possono intervenire successivamente al compimento di una certa scelta gestionale. Intuitivamente, porre tale eventualità carico il contribuente non sembra potersi giustificare, sul piano logico, quando ciò non è richiesto dalla disciplina sostanziale.
Oltretutto, se fosse decisivo il solo risultato conseguito, la prova contraria dovrebbe vertere necessariamente su tale risultato e non su altre circostanze. In altri termini, in mancanza del risultato, dovrebbe ritenersi non provata la sussistenza (o provata la carenza) dei presupposti per l'applicazione del regime
Capitolo I
fiscale di cui contribuente intende avvalersi, addossando sul contribuente l’onere di dimostrare il contrario.
Senonchè la Corte Costituzionale ha in più occasioni affermato che le presunzioni legali relative sono conformi ai principi di ragionevolezza (art. 3 Cost.), non ledono il diritto di difesa (art. 24 Cost.) e rispettano il principio di capacità contributiva (art. 53 Cost.) solo quando soddisfano due condizioni: a) rispecchiano i dati della comune esperienza, riflettendo ciò che si verifica nella normalità dei casi; b) assicurano contribuente la possibilità di fornire la prova contraria in modo effettivo e non eccessivamente gravoso49.
In quest’ottica parrebbe contrario alle regole di comune esperienza postulare che l’intentio possa di per sé desumersi da ciò che si è verificato, tali e tante sono le variabili che possono frapporsi tra l'assunzione di una decisione e la sua attuazione. Inoltre, considerare il solo risultato conseguito, risulterebbe fortemente limitativo – e, dunque, irragionevole – anche sul piano della prova contraria poiché precluderebbe la possibilità di fornire altrimenti (e cioè al di là di ciò che si è verificato) la prova delle motivazioni economiche che hanno giustificato la scelta e che poi non hanno trovato concreto soddisfacimento nel risultato finale.
Anche la luce dei principi costituzionali, dunque, sembra ragionevole ritenere che l'interesse economico, nei casi in cui assume valenza probatoria, debba intendersi come interesse economico potenziale e non come interesse attuale.
4.2. Sotto altro profilo, merita a questo punto evidenziare un ulteriore aspetto
distintivo che discende da queste riflessioni.
Come abbiamo appena visto, quando la norma considera l'interesse economico quale elemento della fattispecie sostanziale, l'interesse economico extrafiscale si identifica con il risultato economico ottenuto (cd. interesse attuale). E’ da precisare, al riguardo, che, sul piano contenutistico, la definizione del risultato concretamente rilevante è però delimitata dalla disciplina positiva. E’ la norma a richiedere, cioè, che la sostanza economica degli atti di impresa possieda a determinate caratteristiche e si configuri in un certo modo.
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Diverso invece è il significato che viene ad assumere l'interesse economico con funzione probatoria. Poiché, come già detto, in tale ipotesi l'accento è posto sull'interesse potenziale al fine di ricostruire se la motivazione fiscale è prevalente o meno, pare logico prendere in considerazione tutte le componenti che concorrono a configurare la posizione economica del contribuente. In questo senso la sostanza non è limitata alla sua accezione strettamente aziendalistica, ma si identifica come insieme delle ragioni economiche extratributarie che possono costituire un beneficio. Le motivazioni fiscali, infatti, non sono prevalenti non solo quando sussistono finalità tipiche di natura imprenditoriale, ma anche qualora, alla base di una scelta, vi sono fattori condizionanti diversi e che pure incidono sulla situazione economica dell'impresa. Il significato che assume l’interesse potenziale è in buona sostanza non dissimile rispetto a quello che è già stato posto in rilievo dalla giurisprudenza americana in tema di economic substance che, attraverso il test di natura oggettiva, considera come elementi qualificanti della validità fiscale dell'operazione tutte le modificazioni prospettiche nelle condizioni economiche del contribuente (diverse dalla sfera fiscale), compresa la posizione di rischio potenziale.