• Non ci sono risultati.

Aspetti processual

La cessione può essere configurata come un trasferimento a titolo particolare del diritto controverso, che si realizza ad opera del curatore in favore del cessionario ai sensi dell’art. 111 c.p.c.

In tale ipotesi, com’è noto, la norma ora citata prevede che il rapporto processuale prosegua tra le parti originarie, ferma restando la facoltà del cessionario di intervenire nel giudizio pendente128.

Il cessionario subisce gli effetti della sentenza che conclude il giudizio129,

ma il cedente, cioè il curatore non vanta un diritto assoluto ad esserne estromesso, perché l’art. 111, comma terzo, c.p.c. stabilisce che l’alienante può essere estromesso con il consenso delle altre parti.

In difetto di tale consenso, pertanto, la curatela continua ad essere parte del giudizio130.

128 Cass. 13-07-2007, n. 15674 “Ogni qualvolta la cessione di un credito avvenga nel

corso del procedimento, l'attività sino a quel momento svolta e le pronunce eventualmente emesse trovano la loro disciplina nell'art. 111 cod. proc. civ. e non nell'art. 105 cod. proc. civ., assumendo il successore a titolo particolare nel diritto controverso la posizione di parte e non quella di terzo. Ne consegue che tale successione lo espone, indipendentemente dall'estromissione del dante causa, agli effetti della decisione pronunciata, che è da lui impugnabile e fruibile in sede esecutiva (Fattispecie in tema di opposizione a decreto ingiuntivo nella quale il credito portato dal decreto era stato ceduto dalla società opposta; la S.C. ha riconosciuto che la società cessionaria, successore a titolo particolare nel diritto controverso, aveva titolo, in quanto parte, a chiedere la conferma dell'opposto decreto)”.

129A. Caiafa, La liquidazione dell’attivo, in Le riforme della legge fallimentare, a cura di

Didone, Milano, 2009, pag. 1200; F. De Santis, La cessione delle azioni di massa, cit., pag. 1128; L. Panzani, Circolazione dei crediti, cessione delle revocatorie e concordato fallimentare, in Dir. Fall. 2009, pag. 44; G. Tarzia, La cessione delle azioni revocatorie prima e dopo la riforma, cit. pag. 865.

130 Cass. 09-05-1983, n. 3186, in Dir. fall., 1983, pag. 611, ha affermato che “il giudizio

81

Appare subito evidente, tuttavia, come, una volta statuita, per la migliore realizzazione delle finalità liquidative della procedura, la trasferibilità ad un terzo del diritto di dichiarare inefficace l’atto revocabile, non avrebbe senso la permanenza in carica del curatore al solo fine di conservare l’originaria legittimazione.

Il trasferimento dell’azione revocatoria pendente, ai sensi dell’art. 111 c.p.c serve ad assicurare la proiezione diretta degli effetti della sentenza nella sfera del terzo acquirente; dall’altro esso denuncia proprio l’esaurimento della funzione del curatore, in relazione a quel determinato rapporto giuridico controverso131, per il fatto che sta in giudizio

nell’interesse della massa dei creditori e mai per un interesse proprio, non essendo titolare di diritti soggettivi.

Non è mancato in dottrina chi abbia evidenziato la mancanza nella disciplina del fallimento una norma del tenore dell’art. 90, 2° comma, T.u.b., secondo cui, in caso di liquidazione coatta amministrativa di banche e di cessione di attività e passività, aziende, rami d’azienda, beni e rapporti giuridici individuabili in blocco “… i commissari liquidatori sono estromessi, su propria istanza, dai giudizi relativi ai rapporti oggetto della cessione nei quali sia subentrato il cessionario”132.

Le peculiarità di tale disciplina, però, creano problemi di applicazione a situazioni diverse da quella per la quale è stata espressamente concepita.

che ne sono titolari e del quale il concordato non comporti l'improcedibilità per essere stata l'azione ceduta all'assuntore in esecuzione del concordato stesso, prosegue tra le parti originarie, secondo la disciplina dell'art. 111 cod. proc. civ., salva la facoltà dell'assuntore cessionario di intervenirvi o la facoltà delle altre parti di chiamarlo, con la possibilità di estromissione del dante causa”.

131 A. Bruguglio, F. Guerrera, op. cit. pag 502.

132 L’osservazione è di Briguglio e Guerrera, op. ult. cit, pag. 503 che non sono contrari

82

Il problema si era già posto, nella disciplina pre-riforma, con riferimento alla cessione concordataria e la giurisprudenza di legittimità era giunta ad una soluzione di compromesso affermando che “la successione dell’assuntore è [...] fenomeno complesso, poiché alla successione a titolo particolare del diritto si accompagna, con la chiusura della procedura, la perdita della legittimazione processuale del curatore, con la conseguenza che, almeno da tale momento, non è possibile la prosecuzione del giudizio tra le parti originarie prevista dall’art. 111 comma 1 c.p.c. e si deve quindi far luogo all’interruzione del processo ove ne ricorrano i presupposti”133.

Si tratta di una soluzione per molti versi stravagante, in quanto fa derivare da una situazione di sub ingresso a titolo particolare nel diritto controverso, inquadrabile ex art. 111 c.p.c., gli effetti propri della successione a titolo universale ex art. 110 c.p.c, indotta dalla chiusura della procedura a seguito dell’omologazione del concordato.

La soluzione appena esposta, secondo una parte della dottrina, appare anche estensibile all’ipotesi di cessione autonoma fin qui analizzata. L’unica differenza è rappresentata dalla non contestualità della chiusura del procedimento fallimentare con il trasferimento delle azioni revocatorie, effetto che invece si verifica in presenza dell’omologa del concordato.

Secondo un altro orientamento dottrinario, invece, questa soluzione è poco convincente perché opera una arbitraria commistione di regole e principi dettati per situazioni completamente diverse (subingresso nel diritto controverso a titolo particolare, per un verso, e a titolo universale per altro verso)134.

133 Cass. 28-02-2007, n. 4766, in Il Fallimento, 2007, pag. 775 ss., con nota di A. M.

Perrino, Concordato fallimentare con assuntore, cessioni delle azioni revocatoria e inconsapevolezza dello stato di insolvenza.

83

Altre opinioni limitano l’applicazione all’ipotesi di cui all’art. 106 L.f. del principio elaborato dalla Suprema Corte per il concordato fallimentare al solo caso in cui, a seguito della cessione, il fallimento proceda alla sollecita distribuzione del ricavato e venga immediatamente chiuso135,

giacché anche in tal caso il curatore verrebbe meno come organo della procedura.

Nel caso in cui, durante la pendenza del giudizio revocatorio, si verifichi uno dei casi di chiusura ex art. 118 L.f. e il terzo non abbia consentito all’estromissione del curatore, è escluso che possa trovare applicazione l’art. 120 comma 2 L.f. ai sensi del quale, in caso di chiusura della procedura, “le azioni esperite dal curatore per l’esercizio di diritti derivanti dal fallimento non possono essere proseguite”.

Sarebbe, infatti, assurdo un sistema che consente la cessione delle azioni revocatorie e, allo stesso tempo, ne decreta l’improseguibilità al momento della chiusura della procedura136.

Risulta di tutta evidenza come l’art. 120 L.f. sia dettato nell’ottica dell’esercizio diretto dell’azione senza, cioè, che sia intervenuta la cessione del diritto controverso da parte del curatore.

Più complesso è il discorso qualora, pur essendo avvenuta la cessione, il cessionario non sia ancora intervenuto al momento della chiusura del procedimento.

Secondo una parte della giurisprudenza137, il venir meno della parte

originaria, ovvero il curatore, in pendenza del giudizio revocatorio a seguito della chiusura del fallimento, comporta la cessazione della materia del contendere in relazione a quel giudizio; altre pronunce giurisprudenziali propendono, invece, per l’improcedibilità dell’azione138.

135 A. Caiafa, La liquidazione dell’attivo, cit. pag. 1201. 136 D. Vattermoli, op. cit., pag. 455.

137Cass. 23-07-1993, n. 8255; Cass. 16-07-1996, n.6440. 138Cass. 11-04-2011, n.5369.

84

Qualora si verta in ipotesi di cessione autonoma, è quindi estremamente opportuno che il cessionario intervenga immediatamente in giudizio dopo la cessione, e che la curatela avverta adeguatamente e tempestivamente il cessionario in ordine alla chiusura del fallimento.

85

CAPITOLO III

Sommario: 1. Le modifiche apportate all’art. 124 T.U.F. a seguito delle riforme. 2. L’area di applicazione dell’istituto. 2.1. I soggetti coinvolti. 2.2. L’ambito oggettivo. 3. I presupposti per l’applicazione della norma. 4. Le conseguenze della cessione. 5. Il rapporto tra il terzo revocato e l’assuntore. 6. Aspetti processuali.

*******