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Aspetti socio-psicologici del soccorso

5.2 ASPETTI SOCIOLOGIC

Il servizio di emergenza 118, rientra a pieno titolo tra le professioni d’aiuto, quest’ ultime risultano da la formalizzazione di un comportamento comunque insito nell’uomo, il cosiddetto altruismo o comportamento prosociale. L’altruismo è considerato come l’intenzione di provocare un bene ad un’altra persona in un ambito di libertà di scelta. Tale comportamento non denota comunque una generica “propensione” all’aiuto, bensì viene determinata da una valutazione inconscia delle ricompense e dei costi relativi all’azione stessa. Le ricompense che vengono più frequentemente riportate dai soggetti altruisti sono relative all’aumento di

in seguito). Al contrario i fattori più spesso chiamati in causa per giustificare un mancato intervento d’aiuto riguardano lo stress relativo all’azione, la sua pericolosità, o la percezione di dover rinunciare ad altri obiettivi già preventivati a causa dell’impegno d’aiuto.

L’interazione fra il soccorritore e il soccorso, può assumere due tipologie differenti, quella di asimmetria e quella di reciprocità. Nel primo caso il soccorritore si trova in un piano diverso dalla persona soccorsa, il soccorso va ben oltre la dinamica del comportamento altruistico, infatti a quest’ultimo si aggiungono norme di responsabilità sociale e giuridica che pongono il dovere al soccorso in maggior rilievo rispetto a quelle che sono le proprie ideologie, secondo le quali magari un operatore in condizioni di libertà di scelta non fornirebbe il suo contributo. Nel secondo caso, il soccorritore ed il soccorso si situano su uno stesso piano; infatti il comportamento altruistico genera un bisogno, da parte di chi lo riceve, di ricompensare il soggetto operante, si viene cosi a generare un “circuito prosociale” di vantaggio collettivo. Il servizio di 118, opera in quadro ovviamente asimmetrico; infatti il personale sanitario, in tale contesto, può e deve prestare aiuto che il paziente non è in grado di ricompensare. Vi sono poi altri due elementi che svolgono un ruolo fondamentale nell’ambito del soccorso in emergenza: la presenza di norme vincolanti e l’influenza del gruppo sul comportamento altruistico. Per quanto concerne il primo caso, se ci si trova ad operare in un ambiente lavorativo sottoposto a norme vincolanti particolarmente rigide, il risultato potrebbe essere, paradossalmente, una riduzione dell’aiuto prestato. Risulta quindi evidente la necessità del servizio di 118, di dotarsi di protocolli che, da un lato abbiano l’obiettivo di uniformare il più possibile i comportamenti e le prestazioni degli operatori, ma che dall’altro vengano inseriti in un contesto di massima flessibilità organizzativa, al fine di far risaltare il potenziale altruistico dei singoli operatori. Per quanto riguarda invece l’influenza del gruppo sull’azione d’aiuto, si è constatato che quest’ultima viene promossa in particolar modo quando il soggetto operante è solo. Ovviamente ciò è

relativo soltanto all’ambito dell’emergenza, dove per essa si intende la necessità della messa in atto di un intervento estemporaneo in grado di salvare la vita dell’infortunato. Le cause maggiormente implicate nella diminuzione del comportamento altruistico del gruppo rispetto all’individuo singolo sono fondamentalmente:

1. La diminuzione di responsabilità, ovvero la sensazione che altri potrebbero intervenire al proprio posto, causa un calo della motivazione ad agire;

2. Il timore della valutazione, ovvero la paura che altri possano esprimere giudizi negativi sulla propria prestazione, provoca un inibizione sulla voglia di prestare soccorso, data la minaccia della propria autostima.

Da tali aspetti si evince quindi, quanto sia importante un atteggiamento di cooperazione fra i colleghi e non di critica durante l’intervento, al fine di non inibire le capacità professionali altrui con il risultato di nuocere significativamente al buon esito della prestazione.

Abbiamo prima detto che il servizio di 118, opera in quadro di “asimmetria” e questo fa si che colui che necessita dell’intervento sanitario, si ponga in un piano di inferiorità rispetto all’operatore stesso. La constatazione di avere bisogno di soccorso, infatti, equivale all’ammissione di tale stato di inferiorità e di inadeguatezza, con conseguente grave danno all’autostima del soggetto aiutato. Egli, infatti, a causa di un meccanismo di negazione, può sminuire l’entità nonché la qualità dell’intervento prestatogli. È importante che ciò non venga interpretato dal soccorritore come un atteggiamento negativo nei propri confronti, bensì come un tentativo di difesa dell’equilibrio psichico del paziente stesso. Come già accennato in precedenza il lavoro dell’operatore di 118 è sostanzialmente un lavoro d’equipe, a tal fine, consequenzialmente all’aumento delle difficoltà dei

principalmente due figure carismatiche o leader : quello orientato al compito e quello orientato alla relazione. Nel primo caso, si attribuisce al leader una maggiore abilità o competenza tecnico-pratica. Nel secondo caso invece, viene individuato un membro del gruppo la cui presenza è più gradita rispetto ad altri, che facilita la comunicazione interpersonale e abbassa il livello globale di nervosismo e aggressività. La tendenza a promuovere tali figure dominanti, aumenta generalmente con l’aumentare del numero dei costituenti del gruppo, pertanto l’equipe di 118 essendo costituita da pochi elementi, non sembra implicare necessariamente tale figura al proprio interno. Tuttavia è necessario ricordare che all’interno del servizio di 118, la presenza di un leader orientato al compito e di una struttura organizzativa rigida, sembrano risultare sfavorevoli alla produttività dell’equipe di soccorso; al contrario, un organizzazione non rigida all’interno di un contesto formale comunque ben definito e la presenza di figure socioemozionali positive, sembrano risultare le condizioni ottimali al fine di ottenere i migliori risultati con i minori costi.

CAPITOLO VI

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