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6.3 LE COMPETENZE NELL’EMERGENZA-URGENZA

Formazione del personale addetto all’emergenza

6.3 LE COMPETENZE NELL’EMERGENZA-URGENZA

Prima di passare a definire le esigenze formative del personale sanitario in quest’ambito, sarà necessario illustrare le competenze ideali per l’infermiere ed il medico nell’emergenza-urgenza. Generalmente la tendenza è quella di ritenere maggiormente utile l’analisi delle competenze globali dell’equipe di emergenza-urgenza piuttosto che le competenze dei

singoli operatori.. possono cosi essere individuati eventuali livelli di competenza d’equipe su cui articolare la risposta all’emergenza-urgenza:

• Il primo livello, minimo, caratterizzato da un equipe che sappia svolgere il supporto delle funzioni vitali di base (basic life support) per l’adulto e per il paziente pediatrico, che sappia riconoscere le situazioni più gravi, che necessitano dell'intervento di un'equipe più avanzata, che sappia svolgere il supporto ed il trattamento di base del traumatizzato e conosca le indicazioni all’ossigeno terapia.

• Il secondo livello, intermedio, in cui alle competenze del livello precedente si aggiungono: la capacità di saper riconoscere e trattare alcune situazioni critiche, come l’arresto cardiaco sostenuto da fibrillazione ventricolare o da tachicardia ventricolare attraverso l’ausilio di defibrillatori semiautomatici; il reperimento di una via venosa; l’utilizzo di alcuni farmaci esclusivamente per situazioni particolari (benzodiazepine per via rettale nelle convulsioni febbrili in pazienti pediatrici, terapia antidotale degli oppiacei nell’overdose ecc…)

• Il terzo livello, avanzato, è caratterizzato dalle competenze nella gestione dell’arresto cardiaco, nonché di situazioni potenzialmente evolutive di tale quadro patologico, (advanced

cardiac life support).

In particolare concerne: l’appropriato utilizzo della terapia elettrica (cardioversione non sincronizzata o defibrillazione, cardioversione sincronizzata, stimolazione con pacing transcutaneo) e la gestione delle vie aeree anche con ventilazione invasiva; il trattamento avanzato del paziente pediatrico in situazioni di arresto cardiorespiratorio ed altre situazioni critiche;

il trattamento avanzato del paziente politraumatizzato secondo linee guida internazionali (advanced trauma life support). L’equipe deve inoltre saper indirizzare il paziente con una patologia specifica all’ospedale di riferimento più idoneo; deve possedere delle competenze in materia di triage e deve saper provvedere all’iniziale coordinamento dei soccorsi in caso di catastrofi o grandi emergenze; dovrebbe saper riconoscere e trattare in fase preospedaliera l’infarto miocardico acuto (tramite esecuzione dell’elettrocardiogramma completo di superficie) e, valutate le indicazioni e le controindicazioni, dovrebbe saper somministrare la terapia trombolitica.

La presenza del medico è obbligatoria nell’equipe più avanzata e in ogni equipe comunque deve essere identificato un leader che sappia coordinare il gruppo. Oltre alle competenze di carattere clinico, per tutti gli operatori debbono essere previsti interventi formativi concernenti la conoscenza e l’applicazione delle norme di sicurezza relative ai rischi specifici del posto di lavoro. Un cenno a parte merita la scelta delle linee guida a cui fare riferimento nella stesura dei protocolli operativi che l’atto di intesa stato- regioni, in applicazione del DPR 27/03/92, obbliga ad avere in ogni Centrale Operativa. La volontà delle maggiori società scientifiche internazionali che si occupano dell’emergenza-urgenza e della rianimazione cardiopolmonare a elaborare linee guida comuni è sfociata nella costituzione di un gruppo di lavoro chiamato “International Liaison Committee on Resuscitation” (ILCOR) impegnato in tal senso. Anche nel campo dell’assistenza al paziente traumatizzato esistono società scientifiche che hanno elaborato linee guida per il trattamento preospedaliero e ospedaliero di tale patologia. Poca attenzione viene invece rivolta al miglioramento delle competenze e delle abilità relazionali e di comunicazione. Infatti gli operatori del ramo dell’emergenza-urgenza, in

dovrebbero eseguire dei corsi atti a migliorare il controllo di sé e il rapporto con gli altri operatori, a sviluppare le capacità di comunicazione con l’utenza e con gli operatori di altre U.O.

CONCLUSIONI

In questo mio lavoro ho voluto porre l’accento su un aspetto, a mio avviso, estremamente interessante della professione infermieristica, ovvero il soccorso extra – ospedaliero, con particolare riguardo alla patologia traumatica. Più di una volta ho messo in evidenza la notevole incidenza che tale patologia ha nei confronti delle cause di morte in generale, andandosi a collocare al terzo posto dopo le malattie cardiovascolari e le patologie neoplastiche, nonché al primo nella fascia di età al di sotto dei 40 anni. La patologia traumatica è costituita nel 60/70% da incidenti stradali, dopodichè altre cause sono costituite da infortuni sul lavoro, infortuni domestici e infortuni sportivi. Laddove non arriva l’educazione sanitaria come strumento di prevenzione primaria di tali infortuni, interviene l’operato di

professionisti adeguatamente formati nell’ambito dell’emergenza extra – ospedaliera. Questi sono: medici, infermieri, autisti soccorritori, volontari, la cui tempestività e adeguatezza d’intervento possono ridurre del 20/30% la mortalità e gli esiti invalidanti di numerose patologie traumatiche e non. La prima regola per il soccorritore è l’autoprotezione, in quanto è impossibile essere d’aiuto ad altri se non si è in perfette condizioni psico – fisiche, una parte del mio lavoro infatti verte proprio su tale argomento, di fondamentale importanza, sotto la voce “Norme di autoprotezione”. Curato tale aspetto, qualsiasi atto di soccorso deve avere come obiettivo iniziale, prioritario e indifferibile, la rapida valutazione della gravità della situazione, l’assistenza vitale di base, la stabilizzazione ed il corretto trasporto. Tali aspetti sono stati affrontati in maniera spero esauriente, nel terzo capitolo di questo mio lavoro che tratta nello specifico del soccorso al paziente traumatizzato. A mio avviso, il ruolo dell’infermiere nell’ambito dell’emergenza, acquista una particolare connotazione, in quanto, senza nulla togliere al lavoro di corsia ugualmente importante, spesso ci si trova a decidere in breve tempo per la vita di una persona e tali decisioni che possono essere prese dall’intera equipe, ma in taluni casi anche dal solo infermiere, possono risultare altamente risolutive in tal senso. Ovviamente come in tutte le professioni sanitarie, non è da tenere in considerazione solamente la possibilità di successo, ma anche quella di insuccesso, che può portare ad antipatici risvolti in ambito giudiziario a seguito di intervento giudicato negligente. Anche per questo motivo, ma per molti altri, questo tipo di assistenza comporta un carico emozionale non indifferente che potrà andare a ripercuotersi, con il tempo, anche sul vissuto privato dell’operatore. Per questo insieme di motivi la formazione dell’infermiere di emergenza non può assolutamente essere sommaria, ma pazientemente costruita nel tempo, attraverso un iter formativo che parta da una buona preparazione assistenziale di base (medicina generale, chirurgia ecc….), sino ad arrivare ad una preparazione più specialistica nelle cosiddette “aree critiche”

Certamente è una tipologia di lavoro molto stressante, poiché costantemente soggetta all’imprevedibilità, perché di conseguenza spesso si viene attivati un po’ come “macchine” senza la consueta quotidianità assistenziale che può vigere invece in un reparto e perché non poche volte ci si trova a lavorare in condizioni scomode e pericolose, ma sicuramente:

Il “grazie”, anche solo di una persona, alla quale si è

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