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Sotto l’aspetto strettamente giuridico, quindi, si riconosce nella scissione la compresenza sia di un momento organizzativo che di un momento traslativo:

il primo esprime la causa dell’operazione, il secondo ne rappresenta invece il

meccanismo attuativo del tutto peculiare in quanto non identificabile nella sola

<<assegnazione>> del patrimonio, in tutto o in parte della società scissa, ma

scissione si colloca a livello di struttura organizzativa, a livello quindi dell’organizzazione in senso oggettivo dell’attività: fusioni e scissioni sono infatti aggregazioni e separazioni, somme e divisioni, di questa struttura, mentre non sono fenomeni la cui essenza si possa cogliere in termini di trasferimento di beni a qualunque titolo tra soggetti>>, ritiene che la delibera di scissione altro non sia che <<una deliberazione di modifica dell’atto costitutivo, che - tra l’altro - importa una diminuzione del capitale sociale>> e che l’atto di scissione abbia <<una valenza “intersoggettiva” (attuativa della deliberazione), comunque duplice: per un verso di separazione e per l’altro di assegnazione del suo oggetto specifico che è “un pezzo” di organizzazione>>; nonchè E.CUSA, Prime considerazioni sulla scissione delle società, Milano,

1992, 41, che espressamente qualifica la scissione come <<modificazione dell’atto costitutivo>>; F. GALGANO, Scissione di società, in Vita not., 1992, 504; A.SERRA, Scissione e modificazione del contratto sociale, in

Il contratto. Silloge in onore di Giorgio Oppo, II, Iniziativa economica e contratto, Milano, 1992, 680.

110 Cfr. F.SPERONELLO, op. cit., 288, che sottolinea come l’assenza di estinzione della società scissa nella

scissione parziale costituisca <<un argomento utilizzato di frequente dai “modificazionisti” per contestare la natura estintiva, e dunque successoria della scissione>>.

altresì nella <<assegnazione>> di quote e partecipazioni delle società

beneficiarie in capo a “terzi” (i soci della scissa)

111

.

111 Una recente impostazione dottrinale, c.d. bipolare o conciliativa, ritiene infatti impossibile una corretta

visione della scissione societaria laddove non si tengano in debito conto tanto il profilo traslativo dell’operazione che il profilo organizzativo: in questa prospettiva non appare perciò corretto inquadrare rigidamente l’istituto nell’ambito delle vicende traslative ovvero in quello delle modificazioni dell’atto costitutivo, in quanto nessuno dei due indirizzi riesce a dar conto della reale portata funzionale della scissione. In tal senso v. soprattutto P.LUCARELLI, La scissione di società, Torino, 1999, 99 ss., che segnala la necessità, avvertita dalla dottrina più recente, <<di adottare una visione globale del fenomeno e non costruita sui suoi singoli profili>> e, partendo dal premessa che <<In qualsiasi modo l’operazione di scissione sia stata concepita, risulta immanente alla stessa un intervento sul patrimonio della società nel senso di una sua differente organizzazione>> ma, <<Operare sul patrimonio non significa esclusivamente trasferire tutto o parte di esso. Il mutamento di titolarità delle situazioni giuridiche soggettive inerenti al patrimonio non corrisponde all’unico modo di valutare giuridicamente un’operazione sul medesimo. Si pensi a questo proposito, e con le dovute cautele, al fenomeno, che si pone su un piano ancora più generale, della “separazione del patrimonio”>>, esamina <<la ammissibilità, sul piano logico giuridico della ricostruzione di un fatto societario, quale la scissione, in termini di vicenda inerente anche al patrimonio della società scissa, ma che esula dalla natura tipicamente traslativa - derivativa, che non si pone in via esclusiva e diretta sul piano del mero mutamento della titolarità>>. L’A. conclude quindi nel senso della <<strumentalità del concetto di “trasferimento” rispetto al fenomeno scissione globalmente considerato>> la cui essenza si coglie in termini di <<moltiplicatore delle figure di produzione di attività>>, mediante <<scomposizione>> e <<ricostituzione>> del patrimonio <<al di fuori del concetto di traslatività in senso tecnico>>. Al riguardo si noti inoltre che l’art. 2504 septies c.c. è oggi sostituito, ex art. 6 del d.lgs. n. 6 del 2003, dall’art. 2506 c.c. in cui, per la definizione della scissione, non è più utilizzata la nozione di “trasferimento” bensì quella più generica di “assegnazione”, sia con riferimento al patrimonio della società scissa che per quanto attiene alle quote o azioni delle società beneficiarie: sul punto v., ancora, P.LUCARELLI, La nuova disciplina delle fusioni e delle scissioni: una modernizzazione incompiuta, in Riv. soc., 2004,

1371 ss.; e G.SAVIOLI, Le operazioni di gestione straordinaria (Aggiornato con la riforma del diritto societario d.lgs.

17 gennaio 2003, n. 6), Milano, 2003, 409, che segnala il mutamento della <<terminologia utilizzata dal legislatore del D. lgs. n. 6/2003, il quale, per definire il passaggio di patrimonio dalla società scissa a quelle beneficiarie, utilizza il termine “assegnazione”, in luogo del precedente “trasferimento”, a sottolineare come l’operazione rappresenti una riorganizzazione dell’attività sociale, piuttosto che un trasferimento di beni fra soggetti>>. Si colloca all’interno della tesi c.d. conciliativa o bipolare anche il pensiero di G. PALMIERI, Scissione di società e circolazione dell’azienda, Torino, 1999, 123 ss., che propende per un

<<approccio ricostruttivo che valorizza l’autonomia dell’istituto, riconoscendo nella scissione la compresenza del momento traslativo e organizzativo>> e ammette che <<in un procedimento volto a realizzare un risultato organizzativo attraverso la creazione di nuovi centri societari di imputazione le cui partecipazioni vengono parzialmente o totalmente assegnate ai soci della società scissa, può ben inserirsi una vicenda traslativa, regolata da principi diversi da quelli che disciplinano la cessione di singoli beni o rapporti giuridici>>; L.PISANI, Scissione in pendenza di prestito obbligazionario, in Riv. soc., 1997, 368 ss.; e, più di recente, E.MAURO, Valenza del principio di immodificabilità del progetto di scissione, ivi, 2003, 1360 ss., che

riconosce nella scissione <<sia un momento organizzativo, sia un momento traslativo, emergendo quindi con chiarezza una sua pena autonomia>>. Nello stesso ordine di idee v. già anche G.BAVETTA, op. cit., 358, che sottolinea l’importanza della <<consapevolezza che la scissione è anche e forse soprattutto una vicenda economico-giuridica, che presenta momenti non esclusivamente riferibili ai soggetti e ai loro diritti, né ai beni ed ai loro titolari, ma all’impresa, nella sua oggettiva rilevanza, al suo modo di essere, alla sua struttura organizzativa>>: la scissione, cioè, <<oltre a produrre i suoi tipici effetti (traslativi dei beni ed eventualmente estintivi degli enti), quali sono indicati dalla legge, finisce altresì con il realizzare quella che è la sua specifica funzione economica ossia dare all’impresa societaria ed alla relativa attività un nuovo assetto organizzativo e strutturale, diverso da quello fino a quel momento attuato>>; G. CABRAS, La

Rapportando il discorso agli artt. 768 bis ss. c.c., entro la accennata