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Assegnazione dei profili di buffer

Purchased lead time è il tempo necessario per ottenere un componente acquistato, quindi considera i lead time del venditore, i tempi di trasporto, la

2.4 Protect: Profili di buffer e livell

2.4.2 Assegnazione dei profili di buffer

Il profilo di buffer è formato da un gruppo di componenti che hanno caratteristiche simili. Questi profili permettono la gestione di massa dei buffer dinamici nei punti di disaccoppiamento, dato che i componenti appartenenti allo stesso profilo condividono dei comportamenti e per questo possono essere assegnate una serie di regole, linee guida e procedure. L'appartenenza ad un profilo di buffer piuttosto che ad un'altro non dev'essere ricollegato a concetti di marketing dove vengono associati prodotti che soddisfano un certo bisogno, ma vengono creati utilizzando i seguenti tre fattori:

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tipologia del componente;

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fattore di lead time;

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fattore di variabilità.

controllo che l'organizzazione può esercitare su questi componenti dipende molto dalla tipologia perché sarà sicuramente differente tra un componente acquistato esternamente e un semilavorato prodotto internamente (Ptak, Smith, 2016, p.98). Il secondo parametro corrisponde alla categoria di lead time e in questo caso avremo 3 valori, lungo, medio e breve. L'assegnazione di una categoria, piuttosto che un'altra sarà soggettiva e cambierà da business a business e da tipologia di componente. Alla categoria verrà assegnato un valore numerico e potrà essere ad esempio da 0,2 a 0,4 in caso di un componente con un lungo lead time (L), da 0,41 a 0,6 in caso di medio lead time (M), mentre da 0,61 a 1 in caso di breve lead time (S), come rappresentato nell'esempio in Figura 2.27 per i componente acquistati (Ptak, Smith, 2016, p.99).

Figura 2.27 Esempio di assegnazione fattore lead time per componenti acquistati

Fonte: Ptak, C. A., & Smith, C. (2016).  Demand Driven Material Requirements Planning (DDMRP). Industrial Press, Incorporated.

Questo coefficiente agirà da moltiplicatore assumendo il ruolo di fattore di lead time nel calcolo dell'ampiezza delle varie zone dei buffer. Se si nota dopo una corretta analisi che durante un certo periodo si è sempre rimasti in una zona del buffer molto protetta, ad esempio tra la zona verde e quella gialla, si potrà pensare di migliorarsi e cambiare il livello di profilo e abbassarlo. Inoltre, essendo il coefficiente più basso quando il lead time è lungo, questo vuol dire che siccome questo coefficiente entra nel calcolo della zona verde dedicata alla definizione della frequenza e dimensione dell'ordine, più il lead time è lungo, più la zona verde è bassa e gli ordini saranno più piccoli. Il motivo per cui si vogliono forzare ordini più piccoli e molto più frequenti riguarda il flusso, come viene evidenziato nella metodologia Lean se c'è un problema di qualità per un prodotto che viene da molto distante, ad esempio dalla Cina, preferirei avere questo problema su un ordine piccolo rispetto uno di grandi dimensione (Packowski, 2013).

Questo permette di correggere la situazione avendo un impatto minore, però non sarà semplice ottenere questo trattamento da parte dei fornitori, ma si potrebbe iniziare instaurando un dialogo. Se questo non fosse possibile e fossimo costretti ad avere degli MOQ molto grandi avremo un impatto economico rilevante sul capitale circolante che possiamo calcolare e grazie a questo si possono confrontare i costi derivanti dall'imposizione del fornitore con i benefici che otterremmo da una riduzione dell'MOQ, considerando anche tutti quei vantaggi legati alla maggiore affidabilità, qualità che citavamo precedentemente avendo così un ulteriore strumento per instaurare una trattativa.

Questo tipo di divisione suggerito dal testo di riferimento "Demand Driven Material Requirements Planning" scritto da Carol Ptak e Chad Smith non aiuta molto la comprensione dell'influenza che hanno questi coefficienti nel sistema, questo perché anche se corretto da un punto di vista matematico, l'inserimento del valore 0,41 o 0,61 fa intuire al lettore che ogni minimo cambiamento anche di un'unità potrebbe creare benefici al sistema. In realtà non è così, una variazione minima di questo coefficiente non porterebbe grandi cambiamenti al sistema, anzi economicamente sarebbe molto più costosa un'analisi per definire un valore preciso. Si potrebbero indicare i valori associati alle categorie con un distacco di 0.05 unità in modo tale da poter dare un input differente al lettore e il medesimo ragionamento vale per il prossimo parametro.

Il terzo parametro è la categoria di variabilità e viene preso in considerazione ogni tipo come quello delle vendite, degli acquisti e della fornitura a seconda del componente. I buffer hanno lo scopo di mitigare tutta la variabilità, non sappiamo quale e in che momento sarà la variabilità predominante. La variabilità sarà alta, media o bassa e verranno utilizzati i medesimi coefficienti precedentemente definiti e commentati. In questo caso avremo un range da 0 a 0,4 in presenza di bassa variabilità (L), da 0,41 a 0,60 in presenza di media variabilità (M) e da 0,61 a 1+ in caso di alta variabilità (H). Il seguente coefficiente sarà applicato al calcolo della zona rossa del buffer.

Dall'intersezione dei tre parametri e dei valori corrispondenti si verranno a creare 36 profili differenti come possiamo vedere in Figura 2.28, ma non tutti devono essere

abbiamo un codice "PSL", vorrà dire che avremo un componente acquistato (purchased), caratterizzato da un lead time breve (short) e una variabilità bassa (low). Il fine ultimo è quello di creare dei profili di componenti, che corrispondano ognuno ad un cluster ampio di articoli con caratteristiche comuni da poter gestire assieme. Se alcuni articoli hanno lo stesso comportamento, cambiando un valore del profilo si assegna un nuovo valore a tutti quanti i componenti con il medesimo profilo (Ptak, Smith, 2016, pp. 99-104).

Figura 2.28 Combinazione dei profili di buffer

Fonte: Ptak, C. A., & Smith, C. (2016).  Demand Driven Material Requirements Planning (DDMRP). Industrial Press, Incorporated.