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Assorbimento delle biomolecole

3. L’OSTEOINTEGRAZIONE

5.5 Assorbimento delle biomolecole

In pochi secondi, proteine e altre grosse molecole vengono assorbite sulla superficie dell’impianto (Brash e Horbett, 1995; Horbett, 1982). Le proteine sono solo parzialmente solubili in soluzioni acquose e l’assorbimento su superfici solide può essere energeticamente favorevole. La relativa sequenza di eventi è piuttosto complessa. I fluidi biologici contengono generalmente un gran numero di proteine con diverse affinità intrinseche per un determinato substrato di superficie. L’assorbimento di un singolo componente potrebbe quindi essere transitorio. La composizione delle proteine assorbite comprende quindi una varietà di sostanze proteiche che si depositano precocemente e altre che si depositano in una fase successiva, ma che si legano più saldamente alla superficie. Le proteine di dimensioni maggiori tendono ad essere più attive sulla superficie rispetto alle più piccole e globulari, dal momento che presentano un numero maggiore di gruppi funzionali che possono legarsi alla superficie ed una maggiore area superficiale. Esse possono quindi interagire con una superficie attraverso diversi punti e possono cambiare la loro conformazione in molti modi, portando ad un assorbimento irreversibile.

La progressiva sostituzione da parte di molecole con una maggiore affinità di substrato risulta in un’interfaccia dinamica, nonostante tali cambiamenti

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avvengano molto lentamente. Il processo dinamico per cui le proteine del plasma sono consequenzialmente assorbite è conosciuto come effetto Vroman (Vroman e Adams, 1969; Slack e Horbett, 1995). Lo stesso processo di scambio può essere osservato anche per macromolecole identiche assorbite su una stessa superficie. Il tempo di permanenza sembra influenzare la probabilità di sostituzione in quanto la velocità di scambio diminuisce con l’aumentare del tempo di contatto. L’evoluzione della composizione in funzione del tempo è molto importante all’interno di un sistema biologico, dal momento che diverse proteine potrebbero essere richieste per coprire diverse funzioni in diversi momenti (Brash e Horbett, 1995).

Le proteine e altre macromolecole biologiche modulano le interazioni cellulari (Ratner et al., 1996) e l’adesione di specie quali molecole di adesione e fattori di crescita è importante nella rigenerazione dei tessuti e, quindi, anche dell’osso (Puleo e Nanci, 1999). Le biomeolecole possono anche determinare e modificare le proprietà chimiche e fisiche dei tessuti duri, ad esempio stabilizzandone il contenuto minerale e ciò potrebbe essere fondamentale per l’assorbimento proteico su una superficie implantare (Simkiss e Wilbur, 1989). Le proteine sono inoltre coinvolte in reazioni infiammatorie e infezioni e possono rivestire un importante ruolo nell’adesione batterica e nella formazione di biofilms di microrganismi patogeni (Horbett, 1996). Sarebbe quindi desiderabile creare delle superfici in cui proteine favorevoli rimangano adese, mentre biomolecole nocive non vi aderiscano.

La sfida nello studio delle superfici è, quindi, quella di poter riunire complesse specie molecolari su una superficie, in modo da raggiungere une specifica funzionalità. E’ importante che il sito di adesione e la chimica dell’interazione non interferiscano con la struttura funzionale o il sito attivo delle biomolecole, altrimenti quest’ultime, una volta adese, potrebbero denaturarsi o inattivarsi

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biomolecole aderiscano stabilmente alla superficie e che non siano affette da interazioni con l’ambiente circostante (Horbett, 1996).

Studi in vitro sulle superfici in titanio

Numerosi studi sono stati dedicati alla valutazione dell’assorbimento proteico su diversi tipi di substrati (Brash e Horbett, 1995; Horbett, 1982). In termini generali, in soluzioni acquose è facile che su superfici idrofiliche, come quella del titanio (Lausmaa et al., 1990) le molecole tendano a legarsi con la parte terminale idrofilica verso la superficie (Kasemo e Gold, 1999). Su superfici idrofobiche non polari, come quelle di molti polimeri, le molecole tendono invece ad aderire con la porzione idrofobica che interagisce direttamente con la superficie (Rosen, 1989). E’ stata osservata una forte correlazione tra idrofobicità e assorbimento (Brash e Horbett, 1995; Andrade, 1985) poiché per una proteina è spesso più conveniente, da un punto di vista energetico, essere assorbita su una superficie idrofobica.

Legami specifici tra molecole in soluzione e una superficie includono forze elettrostatiche e di van der Waal, ma una delle principali forze che permettono l’adesione di una macromolecola su una superficie è di origine entropica, risultando da cambiamenti nella conformazione e nel rilascio di acqua sia dalle proteine, sia dalla superficie (Norde, 1979). Considerando che la costante dielettrica media del TiO2 in tutte le sue forme cristalline è vicina a quella dell’acqua, è stato suggerito che l’interazione con macromolecole idratate sia molto debole, permettendo alle molecole di mantenere la propria forma e natura (Tengvall e Lundström, 1992).

Modificazioni anche minime della superficie, comunque, potrebbero alterare i legami di interazione e le proprietà dell’assorbimento. Ad esempio, la presenza di forze elettrostatiche potrebbe dipendere da una polarizzazione delle molecole indotta da superfici cariche o polarizzate. Chiaramente, cambiamenti di carica della superficie cambiano le interazioni elettrostatiche e, a tal proposito, il pH riveste un ruolo importante. Così come la carica della superficie cambia con il pH, così i gruppi amminici e carbossilici delle macromolecole possono essere

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protonati o deprotonati, influenzando la struttura interna delle molecole e le loro proprietà di assorbimento (Törnkvist et al., 1991).

Diversi esperimenti sono stati condotti per valutare i processi di scambio omogenei (Ball et al., 1994; Ball et al., 1996; Bentaleb et al., 1997) ed eterogenei (Huetz et al, 1995) su diverse superfici, incluso il titanio. Da studi sulle immunoglobuline G (IgG) e lisozima su Ti/TiO2 sono stati identificati diversi parametri comuni (Ball et al., 1996; Bentaleb et al., 1997). In genere, i processi di scambio si verificano nell’arco di un’ora e le proteine assorbite in modo reversibile e irreversibile coesistono sulla stessa superficie.

Nel 1998, Bentaleb et al hanno utilizzato una marcatura con 125I per esaminare l’assorbimento di α-lattoalbumina su ossido di titanio (Bentaleb et al., 1998). L’ α-lattoalbumina e il lisozima sono simili in dimensione, forma e struttura primaria, ma differiscono nella loro stabilità strutturale, idrofobicità e proprietà elettriche. L’assorbimento isotermico ha dimostrato una forma bimodale, con piccole quantità di proteine assorbite a basse concentrazioni di soluzione e un’acuta transizione verso un alto assorbimento a concentrazioni più elevate. Altri studi in vitro hanno tentato di correlare la natura della superficie titanio/ossido di titanio con il comportamento dell’assorbimento proteico (Wälivaara et al., 1994). Sembra che l’assorbimento di fibrinogeno e albumina da plasma umano non si correli con lo spessore di ossido, nonostante le superfici lisce dimostrino alcuni gradi di correlazione con la bagnabilità di superficie. Particolare enfasi è stata posta sulle interazioni con le proteine del plasma, dal momento in cui si pensa che il titanio attivi i meccanismi di coagulazione (Wälivaara et al., 1996). E’ stato anche esaminato l’assorbimento di fibronectina, la quale si lega a diversi substrati con diverse conformazioni (Cheng et al., 1994). Studi al microscopio a fluorescenza hanno suggerito che il legame delle proteine coinvolge gruppi di carica sulla superficie delle molecole (Watkin e Robertson,

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della fibronectina con gruppi funzionali specifici associati con la proteina assorbita (Mac Donald et al., 1998).

Mentre le interazioni di grandi biomolecole con le superfici rimangono relativamente difficili da studiare, le tecniche delle scienze di superficie sono molto adatte per valutare le interazioni fondamentali tra le superfici e piccole molecole assorbite. L’approccio più semplice è quello di esaminare superfici metalliche semplici, che sono ben note. La preparazione delle superfici è facile e ben stabilita e viene coinvolto un solo elemento, rendendo l’interpretazione dei risultati relativamente facile. Nonostante le proteine siano molecole altamente complesse, la loro funzionalità dipende dalla presenza di aminoacidi che offrono un punto di partenza per la sperimentazione.

Studi sull’assorbimento su materiali di substrato di maggior interesse biologico, come il TiO2, non sono molto evoluti, nonostante siano state condotte numerose sperimentazioni che coinvolgono l’assorbimento di piccole molecole organiche (Román et al., 1990; Henderson et al., 1999; Bates et al., 1998; Onishi e Iwasawa, 1994). Uno studio sull’assorbimento di acido bi-isonicotinico su TiO2 ha dimostrato che entrambi gli atomi di ciascun gruppo carbossilico deprotonato si legano agli atomi di Ti (Patthey et al., 1999).

In termini di molecole più rilevanti dal punto di vista biologico, la ricerca è piuttosto limitata. Nel 1991, Schmidt ha analizzato l’assorbimento di monocisteina in soluzione su superfici in titanio (Schmidt, 1991). E’ stato concluso che uno scambio di ligando si verifica tra il gruppo basico OH sui cationi idrossilati del titanio e il singolo legame O deprotonato del gruppo carbossilico dell’omocisteina.

Lausmaa et al. hanno considerato l’assorbimento e il co-assorbimento di acqua e glicina su un foglio di titanio ossidato termicamente che presentava una composizione simile a quella del TiO2, nonostante fosse fatto notare che la superficie conteneva grani multicristallini di diverso orientamento, scalini mono- e multi-atomici, vuoti di ossigeno, dislocazioni e altri difetti strutturali (Lausmaa et al., 1999). E’ stato osservato che le molecole di glicina deassorbono sia intatte in multistrati che dissociate. Questo è in accordo con i risultati di Patthey, che ha

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suggerito che la glicina assorbe come multistrato sul TiO2 (Patthey, 1995). La decomposizione, così come il deassorbimento avvengono in seguito alla somministrazione di calore. Il legame C-C tende a rompersi e i frammenti carbossilici deassorbono, lasciandosi dietro il gruppo metilamina legato alla superficie attraverso l’originale carbone α della molecola di glicina. Lausmaa et hanno anche esaminato il co-assorbimento di acqua, che non è in grado di influenzare lo spettro di deassorbimento della glicina (Lausmaa et al, 1999). La glicina, d’altra parte, è in grado di dislocare l’acqua, formando una superficie più idrofobica. Chiaramente, esperimenti come questi hanno un’estrema importanza nel chiarire le interazioni pertinenti i sistemi biologici e ci si aspetta una vasta ricerca in queso campo nel prossimo futuro.