• Non ci sono risultati.

C

APITOLO

16

LA “BUIA” EUROPA

Nel nono e nel decimo secolo, quando sotto l’Islam il commercio e gli affari, la cultura e la scienza raggiunsero la loro massima fioritura, l’Europa era un paese primitivo, sprofondato nell’assoluta impotenza. Gli Arabi controllavano il Mediterraneo; saccheggiarono la città di Roma nell’846, e occuparono non solo la Spagna e la Sicilia, ma anche la Provenza, da dove irruppero in Francia. Dal nord i Vichinghi giunsero a saccheggiare e conquistare; dall’est i Magiari invasero e devastarono l’Europa Occidentale. La vita economica si ridusse a una misera attività agricola portata avanti da servi ignoranti, dominati da signori e sacerdoti appena meno ignoranti di loro. Le scarse conoscenze di latino e di alcuni autori latini venivano mantenute con difficoltà in alcuni monasteri. Il latino, una lingua viva fino al settimo secolo, era diventato ormai la lingua del clero, limitata alla Chiesa. «Nei secoli successivi — affermò Pirenne — non ci fu scienza al di fuori della Chiesa».[87]

Tuttavia, il rapporto dell’uomo con il cielo e con la scienza non era completamente perduto. In alcuni monasteri si conservò una limitata conoscenza delle costellazioni poiché il loro sorgere nella notte indicava l’ora delle funzioni religiose. Dal momento che le regole per fissare la data della Pasqua facevano parte della dottrina cristiana, si rendeva necessaria la presenza di alcuni ecclesiastici che potessero capire qualcosa del corso delle stelle e che fossero abili a fare dei calcoli in accordo coi precetti. Il

computus (cioè il ‘calcolo’, che in questo

contesto significa sempre il calcolo del calendario) percorse questi secoli come un sottile ruscello di scienza,. In tempi ancora precedenti il monaco inglese Beda, detto ‘il Venerabile’ (morto nel 735), aveva compilato una lista delle date della Pasqua e i suoi scritti mostrano che conosceva Plinio e Seneca e anche la sfericità della Terra. Le

misteriose variazioni della data della Pasqua venivano considerate dal monaco Notker (del monastero di San Gallo, rinomato centro di studi) come parte di un più generale potere dei corpi celesti sulla vita terrestre.

Intorno all’anno Mille il mondo europeo cominciò a riprendersi. I Vichinghi e i Magiari furono respinti, cristianizzati e integrati nella comunità della cultura europea. I porti italiani conquistarono le rotte commerciali del Mediterraneo e divennero centri di fiorente commercio. Si svilupparono delle città come luoghi di mercati o intorno a un castello o dove le strade del commercio tra l’Italia e il nord s’intersecavano. Nei monasteri di recente costruzione, dove il lavoro produttivo era unito allo studio intellettuale, si sviluppò una cultura ancora più approfondita della dottrina cristiana e un modello di vita più rigido. Nell’undicesimo secolo, sotto il comando di Ildebrando (papa Gregorio VII), la Chiesa crebbe in una ben organizzata gerarchia ecclesiastica, diretta da Roma. Il papato prese il posto di potere spirituale a fianco del potere temporale di signori feudali, re e imperatori. Assunse il comando spirituale dell’Europa cristiana e la ritenne abbastanza forte da intraprendere un’offensiva contro l’Islam in difesa della cristianità. Queste Crociate portarono il rude e primitivo mondo di cavalieri e monaci a contatto con la raffinata, ma già in declino, cultura araba.

Fu in questo periodo che la cristianità europea cominciò a sollevarsi spiritualmente con l’aiuto della scienza araba, importata soprattutto dalla Spagna musulmana. Pare che, ancora prima di questo periodo, l’erudito Gerberto d’Aurillac, in seguito divenuto Papa con il nome di Silvestro II (999-1004), abbia richiesto dei libri di astrologia a Barcellona; inoltre, gli fu

attribuita la paternità di un libro sull’astrolabio. Un secolo dopo, Abelardo di Bath giunse personalmente in Spagna a studiare la saggezza araba dalla sua fonte, spiegandola poi al suo ritorno. Nel 1126 curò una traduzione latina delle tavole astronomiche di Al-Khwarîzîm, nella versione di Maslama, procedendo in questo modo dalle prime invece che dalle ultime più sviluppate forme di astronomia araba. Tradusse anche il lavoro astrologico di Albumazar. Una simile traduzione generalmente consisteva anche in una difficile ricerca di termini più o meno appropriati e nella loro creazione. Le prime tavole astronomiche europee misero in evidenza la goffaggine del principiante; le parole arabe risultano non tradotte nel testo latino o nei titoli delle tavole, per esempio

inventio elgeib per arcum (trovare il seno

dall’arco).[88]

Spesso noi ci imbattiamo in parole latine che sono completamente diverse dai più precisi termini adottati in seguito, così, per esempio obliquatio per quella che fu in seguito chiamata ‘declinazione’ del Sole. Alcune parole arabe rimasero in uso come termini tecnici, per esempio azimut, zenit,

nadir. Allo stesso modo i nomi di alcune

stelle, che semplicemente designavano certi oggetti o parti del corpo in arabo, divennero nomi propri nell’astronomia europea, per esempio Betelgeuse (‘la spalla del gigante’ =

bat al-dshauzâ), e Algol (‘la testa del

mostro’ = ra’s al-ghûl).

Seguirono numerosi traduttori di scienza, il più famoso tra i quali fu Gherardo da Cremona (1114-87), che giunse a Toledo alla ricerca del lavoro di Tolomeo, trovandovi una grande abbondanza di libri non solo di autori arabi ma anche di studiosi dell’antichità. Egli si mise a curare traduzioni latine, prima dell’Almagesto (1175) — una traduzione di poco precedente, fatta in Sicilia direttamente dal Greco, era poco conosciuta — e poi anche di Euclide, Galeno, Aristotele, Archimede e molti altri. Fu in questo periodo che vennero fondate le Università di Bologna, Parigi e Oxford, dove venivano insegnate le nuove scienze che cominciarono a pervadere le

menti degli uomini. Ma tutto questo non avvenne senza opposizione: ad esempio, all’inizio Aristotele fu proibito all’Università di Parigi. Irresistibilmente, tuttavia, le nuove idee si diffusero dappertutto nel mondo europeo che stava superando l’economia agricola primitiva e la sua controparte spirituale, la cosmologia primitiva.

Alla fine del dodicesimo secolo si completò il consolidamento della cristianità europea. La Chiesa era ormai diventata il principale potere spirituale nella società feudale di principi e cavalieri, di abbazie e monasteri, di contadini e cittadini. Dappertutto nell’Europa Occidentale si elevavano le guglie delle cattedrali gotiche, simboli di libertà borghese in abito ecclesiastico, e nelle corti fioriva la poesia cavalleresca. Il clero costituiva la classe intellettuale, in questa semplice società di agricoltura, artigianato e commercio, e compiva le funzioni sociali del potere spirituale, amministrativo e scientifico.

Sotto Innocenzo III, il papato raggiunse il culmine del suo potere e divenne un regno universale della cristianità, ordinando e destituendo re e imperatori. Vennero fondati gli ordini Francescani e Domenicani come una forte milizia morale e intellettuale della Chiesa. Attraverso prediche e propaganda, presto seguite da persecuzioni e inquisizione, tutte le idee che dissentivano venivano ostacolate e soppresse e perfino sterminate con la forza; in questo modo, si stabilì l’unità della dottrina. E fu da questi ambienti che emersero studenti e scienziati.

All’inizio del tredicesimo secolo il lavoro di traduzione venne completato e fu seguito da un’opera di assimilazione, discussione critica ed elaborazione creativa autonoma. Lo studio dell’astronomia fu principalmente limitato alla sphaerica, la dottrina della sfera celeste e dei fenomeni dovuti alla sua rotazione giornaliera. Un trattato su questo argomento, scritto da Giovanni di Sacrobosco (Johannes Sacerbuscus = John of Holywood), che morì a Parigi nel 1256, era ancora ampiamente usato tre secoli dopo. Nacque una nuova visione dell’astronomia, come parte della concezione generale del mondo elaborata dagli studiosi del

tredicesimo secolo.

Il più esperto e originale pensatore e maestro di questo secolo fu il frate domenicano Alberto Magno (1193-1280), che nei suoi scritti spiegò le concezioni e le dottrine di Aristotele e si riferì a Tolomeo come astronomo e astrologo. Una fama ancora più grande fu raggiunta da un suo confratello e allievo, Tommaso d’Aquino (1225-74), una mente meno originale ma più metodica. Nei suoi lavori, Tommaso combinò la cosmologia di Aristotele con la dottrina della Chiesa in un unico sistema di pensiero che, sotto il nome di Scolastica, doveva dominare le menti degli uomini per molti secoli. Al loro fianco stava il frate francescano Roger Bacon, il quale elogiò Aristotele come la fonte della saggezza, criticando duramente la cultura della propria epoca. Bacon fece immaginari riferimenti a macchinari del futuro e raccomandò l’esperienza — experimentatio — come il vero metodo per l’acquisizione della conoscenza; sotto questo aspetto egli è stato spesso acclamato come un precursore del successivo principio della scienza induttiva.

In questo modo, la visione del mondo astronomica europea si innalzò di nuovo al livello dell’antichità greca.

Intorno alla Terra sferica, posta al centro del mondo, i pianeti e le stelle si muovono nella sfera celeste e questo è quanto troviamo descritto nella Divina Commedia di Dante, laddove egli collocò l’Inferno negli abissi più profondi, cioè proprio al centro della Terra. Con il suo accompagnatore Virgilio, il poeta discese fino al centro, dove Lucifero subiva la sua punizione, e dopo salì dal lato opposto nuovamente alla superficie terrestre. Là, sotto un cielo più lieve – che Colombo in seguito credette di aver trovato nel mite clima delle Indie Occidentali – egli vide quattro stelle brillanti, simboli delle quattro virtù principali, che in seguito i commentatori, sbagliandosi probabilmente, identificarono con le non molto brillanti stelle della Croce del Sud. Dante poi scalò la montagna del Purgatorio, dalla quale salì alle sfere celesti.

Bisogna aggiungere, tuttavia, che la concezione del mondo di quei tempi non era limitata alla struttura equilibrata del cosmo aristotelico, ma era pervasa e dominata dall’astrologia. Il potere delle stelle sugli eventi terrestri indusse l’uomo medievale a considerare l’astronomia come la massima dottrina del mondo e la credenza nelle forze occulte e magiche divenne allora universale, persino tra i più famosi studiosi. La loro conoscenza dei segreti della natura li rese come dei maghi; lo studio della natura nelle sue prime fasi era intrinsecamente collegato con aspetti magici e tutti i grandi studiosi, Tolomeo e Galeno così come Avicenna, Gerberto e Alberto Magno, vennero considerati dai contemporanei e dai posteri come stregoni e autori di miracoli. Così scarsa era la conoscenza delle leggi della natura che l’intera creazione appariva come un miracolo, un mondo meraviglioso in cui ogni cosa era possibile o poteva essere considerata vera e nel quale un’ingenua credulità accettava tutti i cosiddetti ‘fatti’. Insieme alla scienza dell’antichità vennero accolte anche le sue superstizioni e tra queste l’astrologia appariva come una dottrina dell’universo in grado di comprendere ogni cosa.

Il cosmo aristotelico medievale nella ‘Divina Commedia’.

Questa concezione si applica anche ai tre grandi pensatori del tredicesimo secolo ricordati in precedenza, le cui visioni circa l’astrologia erano sostanzialmente simili: le stelle governano i corpi terrestri, Dio governa le creature inferiori per mezzo di entità superiori e ogni cosa sulla Terra per mezzo di sfere celesti. Così il movimento delle stelle governa la vita sulla Terra e le congiunzioni dei pianeti turbano il regolare ordine degli eventi. Ma questa non è una sorte ineluttabile per l’uomo, in quanto egli non vi è completamente sottoposto. Il suo volere è libero, perché la sua anima, come quella di un essere superiore, proviene dall’Ente Supremo. È solo quando fallisce nell’opporre resistenza che egli viene governato dalla natura e, quindi, viene spazzato via dalla potenza delle stelle. Gli oroscopi erano perciò utili in quanto avvertimenti e le premonizioni dovevano essere osservate come condizioni generali; da questo derivava una severa censura degli indovini astrologi. Dopo essersi così riconciliata con la Chiesa, l’astrologia poté conservarsi attraverso i secoli successivi, nonostante occasionali forme di scetticismo e di critica da parte degli oppositori.

Ndr: il più antico documento che attesta lo stato delle conoscenze astronomiche superstiti a Bologna in epoca alto-medievale. Si tratta del ‘Codice manoscritto I-27’ della Biblioteca Antoniana di Padova che riporta, insiema al calendario dei riposi festivi osservati a Bologna nel IX secolo, un calendario dall’anno 802 al 1063. È qui riprodotto il fol 96v, con un disco in pergamena girevole indicante la sequenza delle costellazioni dello zodiaco - «Quo ordine duodecim signa in coelo consistant»

C

APITOLO

17

IL RINASCIMENTO SCIENTIFICO

Nel quattordicesimo secolo, il sogno della Chiesa come un’universale monarchia della cristianità europea si affievolì. Il mondo medievale si era evoluto sotto nuove forme. In tutti i paesi, le città si erano sviluppate come centri di mestieri e di commerci; gli abitanti delle città, crescendo in benessere e potenza, erano emersi come classe che sempre più determinava l’aspetto della società. I re, sostenuti dal potere finanziario della classe borghese, fondarono poteri centralizzati di stato con dei funzionari pubblici laici. Nelle continue lotte, i poteri dei Re di Francia, Inghilterra e Castiglia aumentarono, ed essi soppiantarono il potere dei Papi, che erano spesso poco più che vescovi dipendenti da Roma. Il potere secolare superò il potere ecclesiastico. Il clero non era più la guida spirituale e la guida intellettuale della società passò nelle mani del laicato. L’interesse nella scienza crebbe fra gli abitanti delle città, che erano desiderosi d’apprendere la conoscenza, con la quale far progredire lo sviluppo del commercio, e desiderosi di innalzare la loro posizione come padroni del nuovo mondo. I loro figli frequentavano le università, che stavano costantemente crescendo in numero, studiavano il diritto romano, e diventavano ufficiali e consiglieri dei principi, aiutandoli a indebolire la legge feudale per mezzo di questa nuova dottrina giudiziaria.

Lo studio della scienza fu anche diretto ad assimilare l’antica conoscenza e l’intera cultura e scienza dell’antichità. Ma un nuovo spirito si elevava qua e là, uno spirito di ricerca indipendente, di nuove e ardite idee e di voglia di promuovere il progresso. All’Università di Parigi, un gruppo di filosofi, Jean Buridan, Albert di Sassonia e Nicolas Oresme, precursori degli studiosi del sedicesimo secolo, attaccarono la fisica di Aristotele, in particolare la sua teoria del moto. Ma quando, poco dopo, la Francia

venne sempre più devastata dalla Guerra dei cento anni con l’Inghilterra, la loro influenza dovette soccombere al potere della Scolastica.

Erano principalmente Italia e Germania che a questo punto formavano l’avanguardia della rinascita. In Italia, gli abitanti delle città avevano acquistato grande ricchezza e potere durante i secoli precedenti poiché erano vicini alle fonti del commercio orientale. Fu qui che cominciarono a fiorire le arti e le scienze. La Germania era al crocevia del commercio tra l’Italia e il nord, e tra oriente e occidente; nelle fiorenti città come Norimberga, Augsburg e Colonia regnava un forte e potente ceto medio. Qui, nel quindicesimo secolo, furono accumulate grandi fortune nelle mani dei capitani della finanza, come Fuggers e Welsers, che divennero importanti potenze nel mondo politico. Mentre Parigi perdeva la sua posizione primaria nella scienza, nuove università furono fondate a Praga, Heidelberg, Vienna e Lipsia.

Nel quindicesimo secolo, le fonti di conoscenza dell’antichità cominciarono a sgorgare più abbondantemente. La Chiesa bizantina, cercando aiuto contro l’aggressione turca, venne in contatto più stretto con la Chiesa romana e così si diffuse, tra gli studiosi occidentali, la conoscenza del greco. Numerosi manoscritti greci furono portati in Occidente, specialmente in Italia, dove essi venivano ardentemente raccolti e studiati; questi manoscritti presentavano i testi precisi e puri degli antichi scrittori, invece delle alterate e spesso incomprensibili traduzioni in siriaco e arabo. Il mondo occidentale era pronto a prendere possesso dell’intera eredità intellettuale dell’antichità. Lo spirito dell’umanesimo, con un accenno di paganesimo, ispirò gli studiosi, sia religiosi che laici, e cominciò a prendere il posto

della Scolastica. In astronomia lo studio di Tolomeo occupò un posto importante.

Due vie si aprirono e furono seguite per lo studio dell’astronomia: raccogliere e studiare i manoscritti inalterati degli antichi e fare delle nuove osservazioni. Osservazioni con semplici strumenti, presi per lo più da scritti arabi, erano già state fatte nei secoli precedenti; lo strumento più largamente usato era l’astrolabio, molti esemplari del quale si possono tuttora vedere nei nostri musei. Strumenti più accurati vennero usati da Guillaume St Cloud, che a Parigi, intorno al 1290, misurò le elevazioni solari, dalle quali poté essere dedotta la latitudine del luogo di osservazione e l’inclinazione dell’eclittica (23°34’); nel 1284 egli osservò inoltre la congiunzione di Giove e Saturno.

Paolo Toscanelli (1397-1482), in seguito consulente geografico di Colombo, annotò sistematicamente le posizioni delle comete tra le stelle, nel 1433, 1449, 1456 e negli anni seguenti. A Vienna, Georg Purbach (1423-61), che prese il nome dal luogo di nascita in Austria, insegnò all’università dopo aver viaggiato in Germania e in Italia. Egli fu il primo nell’Europa Occidentale a esporre la teoria degli epicicli di Tolomeo in un libro chiamato Nova Theorica

Planetarum, nel quale la inserì nel sistema

aristotelico del mondo, separando la regione di ogni pianeta dalla confinante con gusci solidi sferici.

Giunse presso di lui, prima come allievo e in seguito come assistente, Johann Müller di Königsberg, un villaggio in Franconia, che più tardi si fece chiamare Johannes di Monte Regio e nella letteratura astronomica è conosciuto come Regiomontano. Egli visse dal 1436 al 1476. Durante gli anni 1456-61 Purbach e Müller fecero molte osservazioni di eclissi, comete ed altezze solari, nel corso delle quali si accorsero che le Tavole Alfonsine erano di alcuni gradi in errore. Il desiderio di ottenere manoscritti di Tolomeo di migliore qualità fu stimolato in loro dalla visita diplomatica a Vienna da parte del cardinale Bessarione, che aveva raggiunto un rango elevato nella Chiesa bizantina. Il loro progetto di assisterlo nel suo ritorno in Italia fu vanificato dalla prematura morte di

Purbach; il solo Regiomontano accompagnò il cardinale in Italia, dove imparò il greco, raccolse e copiò manoscritti greci e tenne lezioni di astronomia. Dopo una breve visita in Ungheria, il cui re Matthias Corvinus si era procurato dei manoscritti durante le sue guerre contro i Turchi, Regiomontano si stabilì nel 1471 nella città di Norimberga. In questo centro commerciale dell’Europa centrale, il fiorente commercio e l’artigianato offrivano le più favorevoli opportunità per la costruzione di strumenti come pure per la stampa dei libri.

Fu proprio l’arte appena inventata della stampa ad aprire nuove possibilità per la scienza. La stampa dei libri, con accurata correzione del testo, pose fine al noioso danno dei numerosi errori di copiatura nei manoscritti. Questo nuovo procedimento, in verità, non includeva ancora la stampa di tavole e figure. Regiomontano dovette perciò fondare una stamperia e istruire i compositori, agendo così da precursore dell’industria della stampa. Esiste una sua lettera circolare, nella quale elencava i titoli dei libri che aveva intenzione di stampare e pubblicare. Questa lista di 22 testi, tutti in latino, per lo più edizioni di antichi astronomi e matematici, includeva la

Geografia e l’Astronomia di Tolomeo

(Magna Compositio Ptolomei quam vulgo

vocant Almagestum, nova traductione);

anche Archimede, Euclide, Teone, Proclo, Apollonio e altri, seguiti dai suoi lavori, almanacchi e scritti minori. Regiomontano cominciò col pubblicare la teoria planetaria del suo maestro, Purbach, e il poema astronomico di Manilio; dopodiché, vennero pubblicati degli almanacchi, accuratamente calcolati, in latino e in tedesco. Conquistò grande fama con le sue Ephemerides, nelle quali le posizioni del Sole, della Luna e dei pianeti erano calcolate per 32 anni, dal 1475 al 1506. Allora, nel 1475, il Papa lo convocò a Roma per chiedere il suo parere sulla necessaria riforma del calendario e qui morì l’anno seguente. Il suo grande progetto rimase incompiuto; il lavoro di stampa non fu continuato e i suoi manoscritti finirono dispersi. I suoi lavori non furono stampati fino a quarant’anni dopo; non era stato in

grado di portare a termine la traduzione di Tolomeo e non fu che fino al 1505 che una più vecchia traduzione latina fu stampata a Venezia, mentre la prima edizione greca di Tolomeo comparve solo nel 1538, a Basilea.

Fu non soltanto per i suoi lavori di stampa, ma ancora di più per il suo lavoro

Documenti correlati