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L'attacco frontale contro la Reale Udienza e le richieste dei tre Stamenti

Le carte che seguono sono essenziali perché confermano un attacco fronta-le contro la Reafronta-le Udienza, condotto insieme dai rappresentanti dei tre Stamenti ma con la significativa assenza, nel Braccio reale, dei rappresen-tanti di Cagliari166. Formalmente, ed anche sostanzialmente, si tratta delle richieste congiunte che i tre Stamenti presentavano a conclusione dei parla-menti; fatto sta, però, che in quest'occasione gli Stamenti chiedono in

166 L'Angius erroneamente sostiene che questi capitoli seguono quelli dei Militari. Cfr.

V. ANGIUS in G. CASAL1S, Dizionario, vol. XVIII quater cit., p. 507. Egli, inoltre, salta a piè pari il primo capitolo, proprio quello ove esplicitamente si chiede «che si levi la Rota».

L'attacco frontale contro la Reale Udienza tende a mettere in discussione la funzione, la composizione le competenze e la natura stessa di questo potente organismo che sembrava nuovo, ma nuovo era soltanto per la Sardegna (cfr. note 105, 133 e 134) e relativamente; a parere di chi scrive sarebbe forse più corretto parlare di ampliamento, sia pure notevole, dei suoi compiti, piuttosto che di nuova istituzione da parte di Filippo II; esisteva infatti già da prima la Rota, almeno con funzioni consultive, attorno al viceré: cfr., al riguardo, G. SORGIA, Il Parlamento cit., capitoli 13, 26, 44 dei Bracci ecclesiastico, militare e reali uniti alle pp. 68-69, 73 e 78. Gli atti del nostro Parlamento, dal canto loro, dimostrano che la Reale Udienza continuava ad essere chiamata Rota. Ad ogni modo essa era un organismo presente e basila-re da tempo negli altri stati della Corona. Cfr. T. CANET APARISI, La Audiencia Valenciana cit., pp. 13-14, ove tra l'altro si legge: «La Audiencia, al igual que otras estructuras politicas, socíales, econótnicas o culturales, es fruto de una evolución que determina su configuración concreta, bien como reacción contra algo, bien como stima de esfuerzos parciales progresi-vamente consolidados. En el caso que nos ocupa, las dos tendencias citadas parecen compa-ginarse y confluir para dar vida a una institución con personalidad propia; heredera, desde luego, de conditionantes históricos, pero también depositaria de logros futuros. Si bien estos últimos atarien, fundamentalmente, a la construcción de la centralización administrativa impuesta por el Estado moderno en su proceso de superación de la disgregación feudal, los condicionamentos arrancan, por su parte, del màs amplio marco histórico, gestado desde la misma creación del reino (s. XIII) hasta los albores de los tiempos modemos [...].La pro-gresiva ampliaci:5n territorial, la creciente complejídad de las tareas administrativas y la coexistencia de dos administraciones — una real y otra regnicola — promovieron el surgimien-to de magistraturas e instituciones delegadas de la realeza en los distinsurgimien-tos estados patrimo-niales de la Corona». L'attacco contro la Reale Udienza, che emerge durante lo svolgimento dei lavori (né poteva essere diversamente dato che la «nuova» istituzione stava appena cominciando a manifestare la ampiezza dei suoi poteri) si svolge attraverso una continua polemica che incide fortemente sull'andamento delle Corti. Esso è marcato da uno stillicidio incrociato di gravami e dissentiments, presentati da privati e da città, dai singoli Stamenti o dai tre Bracci. Ad ogni modo vengono sistematicamente denunciati come sospetti e ricusati quei giudici della Reale Udienza che sono parenti di una delle parti, o che appaiono preve-nuti nel merito della causa; oppure perché hanno già espresso il loro parere, in un contesto anteriore diverso da quello del giudizio in sede parlamentare. È una prova che si sviluppa

prima battuta, concordi e con forza:

1) Che «si levi la Rota e si torni alla situazione precedente per le cause e motivi che esprimeranno davanti a Sua Maestà»: il viceré non può che rimettere la decisione al re. Ma i parlamentari vanno oltre e vogliono premunirsi davanti all'ipotesi negativa, che pure sperano non si verifichi,

«se Sua Maestà è informato di ciò che davvero conviene al bene di questo regno» e, ad ogni buon conto, qualora essa si verificasse, chiedono le garanzie che seguono:

2) Che i dottori della Rota non facciano i relatori, né votino, né inter-vengano nelle cause i cui avvocati siano loro figli, generi o cognati; che lo stesso valga per gli assessori di governatori e di veghieri, in osservanza della costituzione di Barcellona del 1542 sul rispetto da parte dei notai, nei tribu-nali regi, dei limiti degli emolumenti stabiliti dal viceré Cardona. Il Coloma rimette al re167.

3) Che si nomini un depositario per i salari delle sentenze; che siano esaminate per prime le cause per cui prima è stato depositato il salario e che questo sia segnato nel registro dei ruoli; che non possano essere depositati più di cinque salari insieme; inoltre, se qualche causa deve essere rimandata per un eventuale problema, che non blocchi le successive e che tutto ciò sia osservato dai dottori della Rota sotto pena di perdere il salario e di restitui-re il doppio; il viceré risponde che si è già provveduto bene da parte del restitui-re e che altrimenti si tratterebbe di aggiungere un nuovo salario.

4) Che i relatori diano le duptes168 alle parti; il viceré acconsente.

5) Che né quelli della Rota né altri ufficiali possano pendre capsous169

per due vie. L'una consiste in un attacco frontale, ma improduttivo, dei tre Stamenti, i quali chiedono ufficialmente, per bocca dei propri rappresentanti, la riduzione dei compiti, se non l'abolizione della Reale Udienza ed il ripristino delle competenze alle preesistenti magistra-ture e sembrano ignorare volutamente che quei compiti erano stati notevolmente potenziati da Filippo II appena pochi anni prima e che tale posizione non viene mai condivisa dai rap-presentanti delle città di Cagliari ed Iglesias. L'altra via, al contrario, pur rimanendo circo-scritta, riesce ad essere una duttile difesa dei propri interessi e viene corroborata dal con-stante richiamo ad un sistema di privilegi codificati nel corpus dei capitoli di Corte. Essi ven-gono puntigliosamente richiamati dai rappresentanti di Cagliari Pietro Giovanni Cavaro, Pietro Forteza e Antonio Cathalà, i quali però non pongono mai in discussione le funzioni della Reale Udienza. È appunto, questa di Cagliari, la linea vincente di cui si è già trattato in precedenza. Cfr. le note 105, 123 e 125 con relativa bibliografia.

167 V. ANGIUS, in G. CASALIS, Dizionario, vol. XVIII quater cit., p. 568: «ed il Re ordina-va che osserordina-vassero le costituzioni di Catalogna fatte nelle Corti degli anni 1542 cap. 16, del 1547 cap. 35 e lo stesso si osservasse dagli Assessori dei Governatori e dei Veghierí». Cfr. J.

DEXART, Capitula cit., Lib. V, Tit. III, de Suspic. Et recusat., Cap. W, p. 1138.

168 «Le copie degli atti»: Que los reladors donen les duptes a las parts. Cfr. J. DEXART, Capitula cit., Lib. I, Tít. I, de Indicis, Cap. 12, p. 1122.

169 L'Angius traduce in «capisoldi», in G. CASALIS, Dizionario, vol. XVIII quater cit., p.

né per confische, né per altro, ma che vengano conferiti al re (ciò per via dei molti abusi che l'esperienza dimostrava essere conseguenti alla speranza da parte dei giudici di incamerarli). Il viceré risponde che «sono cose che toccano a Sua Maestà»17°.

6)171 Che alguatzirs, commissari o altri ufficiali che escono per il regno per cause criminali non possano esigere le loro diete senza che il reggente o il consiglio o i governatori o gli assessori, dopo aver ricevuto l'informazione, decidano che l'inquisito deve pagarle; il viceré rimanda la decisione al re172.

7) Quando i dottori del Consiglio reale riscuotono salari eccessivi per le cause o ne prendono comunque uno anche per quelle per cui non dovrebbero, andando così contro la prammatica del re Ferdinando emessa a Valladolid il 26 settembre del 1513, che siano puniti dal re con la perdita del salario ed il doppio da dare alla parte, e che lo stesso si faccia in caso di violazione dei capitoli di corte del Braccio militare riguardanti i salari dei giudici e che questa prammatica venga redatta in un sommario per capitoli, scritta in pergamena affissa su una tavoletta a modo di tariffa o aranzell ed esposta pubblicamente su una parete della Luogotenenza generale e della Governazione nel Capo del Logudoro. Inoltre che per le cause «sardesche»

non esigano più di quattro lire come si usa ed è ordinato; il viceré risponde che il re ha già ordinato molto bene la materia, che i salari non sono eccessi-vi, anzi corrispondono alla metà di quelli degli altri regni, e che per le cause

«sardesche» non si esige neppure quanto previsto dalla Carta de Logu che dispone una paga di un soldo per lira, mentre si prendono soltanto cinque reali per ciascun giudice173.

8) Che per evitare i continui e numerosi inconvenienti si fissi un termi-ne entro il quale siano dati gli esecutoriali dei privilegi e dei capitoli di corte, qualora la parte lo chieda, stabilendo un periodo di trenta giorni o inferiore, a giudizio del viceré, superato il quale essi vengano dichiarati vali-di a favore del privilegiato; e che il giuvali-dice non ottemperante sia condanna-to a pagare i danni e le spese. Il viceré è favorevole per gli esecucondanna-toriali; per il resto vuole che si segua il diritto comune"4.

568. Erano i proventi o emolumenti che si davano ai giudici per le cause criminali. Cfr. J.

DExAKr, Capitula cit., Lib. III, Tit. XI, de Salar. et Diet., Cap. XXIII, pp. 838-839.

170 V. ANGIUS, Ibid., p. 568: «II Re lodava il decreto del suo Luogotenente». Cfr. J.

DEXART, Capitula cit., Lib. III, Tit. XI, de Salar. et Diet., Cap. XXIII.

171 V. ANGIUS, Ibid., p. 568 antepone a questo un cap. V, precisando però: «omesso dal compilatore perché non intelligibile».

172 «Ed il Re concedeva». Cfr. V. ANGIUS, Ibid., p. 568.

173 «Il Re confermava il decreto del suo Luogotenente». Cfr. V. ANGIUS, Ibid., p. 569.

Cfr. J. DExART, Capitula cit., Lib. III, Tit. XI, de Salar et Diet., Cap. 24 del processo verbale («cap. 7 fol. 200», mentre nel testo degli Atti da noi pubblicati risulta c.162), cui seguono un sommario e trenta glosse.

174 V. ANGIUS, Ibid., p. 369, aggiunge: «Infine che l'appellazione interposta in caso di

9) Che tutte le volte in cui gli ufficiali reali emaneranno provvisioni o ordini esecutivi contro privilegi e capitoli di corte o negheranno la possibi-lità di ricorrere alla giustizia, la parte possa ricorrere al re a spese di quelli, che si possa appellare ed avere copie autentiche degli atti tutte le volte che saranno richiesti e che le copie siano sottoscritte dal notaio della causa e non da scrivani; il viceré risponde che il re ha già ben provveduto e che non c'è bisogno d'altro.

10) Che tutte le cedole che verranno presentate nei processi siano sot-toscritte dal notaio della causa e non da scrivani e che subito se ne faccia copia per darla alla parte, sotto pena di perdita dell'ufficio per sei mesi;

11) Che i testi siano ricevuti non da scrivani ma da notai che abbiano autorità; in entrambi i casi il viceré acconsente175.

12) Che si impedisca ai notai delle corti di eccedere, nell'esigere salari per scritture od atti, rispetto alla prammatica limitativa fatta dal Cardona e controfirmata dal re, sotto pena di perdere il salario e di altre due quote a vantaggio delle parti e che si esponga in un luogo pubblico una lista o taule-ta, come richiesto sopra per la Rota; il viceré acconsente176.

13) Che alcun notaio, sotto pena di perdere l'ufficio e di esilio per tre anni, stili atti di rinunzia da parte di qualche marito al capitolo del viceré Angelo di Villanova che dispone che la donzella che si sia accasata, in caso di vedovanza, possa tenere solo il vitalizio per la cui restituzione deve dare garanzie; ciò in considerazione del fatto che molti uomini quando si sposa-no rinunziasposa-no con facilità a quelle disposizioni ed a tutta la dote per metter-la a disposizione delmetter-la donna, danneggiando così i loro eredi; il viceré con-corda ed ordina che si pubblichi in tutto il regno177.

14) Che nel «Sacro Supremo Consiglio di Sua Maestà» uno dei reggen-ti sia sardo, come lo stesso re aveva richiesto, quand'era principe, al padre;

íl viceré fa scrivere che gli sembra giusto e che si rimetta al re.

15) Che il re affidi gli uffici vacanti ai «naturali» o a coloro che abitano in Sardegna provenendo dalla corona d'Aragona; anche questa decisione viene rimessa al re.

16) Che il martedì e il sabato si possa macellare e vendere carne a mer-cato libero (tenti- rastro) nelle città reali; íl viceré acconsente e, riguardo all'opposizione di Cagliari, ordina che fino alla scadenza dell' arrendamento

sentenza ingiusta sia indilatamente ammessa, e facciansi siffatte cause senza tela di processo e senza salario [...]. Il Re approvava ».

175 «Il Re approvava entrambi i Capitoli». Cfr. V. ANGIUS, Ibid., p. 570.

176 «Ed íl Re approvava». Cfr. V. ANGIUS, Ibidem, p. 570. Cfr., inoltre, J. DEXART, Capitula cit., Lib. III, Tit. XI, de Salar ed Diet., Cap. 25 («cap. 12, fol. 202», mentre nel testo del nostro verbale degli atti è c. 163), p. 850.

177 «Il Re approvava ». Cfr. V. ANGius, Ibid., p. 570.

in corso non si facciano innovazioni; per il futuro sarà necessario ricorrere al re o alla via ordinaria178.

17) Che gli ufficiali siano «regnicoli» nel caso che il re o il viceré si tro-vino a dover ordinare arruolamenti per la difesa interna ed esterna; la rispo-sta è affermativa.

18) Che colui che addestrerà cavalli da guerra possa esportarne la metà, pagando i diritti del re, con cedola del viceré e attestando legalmente che li ha addestrati per servire in guerra secondo le tradizioni del regno; la risposta viene lasciata al re.

19) Che si aumenti la giornata, dagli attuali due soldi e mezzo almeno a tre, ai villici che vengono «comandati» a Cagliari per lavorare alle muraglie e ad altre opere pubbliche. Costoro infatti non si possono sostentare, per-ché perdono anche tre giorni per l'andata e per il ritorno e perper-ché a Cagliari la giornata viene pagata da cinque a sei soldi; la risposta del viceré è significativa: «dato che i prezzi dei viveri e di tutti gli altri generi sono aumentati che si faccia come richiesto»179.

20) Che i villici che vengono a Cagliari possano comprare dagli stranie-ri solo per le necessità familiastranie-ri e non per fare commerci; il viceré stranie-risponde affermativamente per la sua parte, ma per la risposta della città rimanda al precedente capitolo 16180.

21) Che nessun esponente degli Stamenti possa avere più di tre o quat-tro voti per procure durante lo svolgimento dei parlamenti e delle curie; il viceré acconsente.

178 «Che il dissapte e il dimars di ciascuna settimana si possa tenere liberamente rastro a prezzi che varranno in tutte le città reali del Regno». Il viceré risponde: «Che si faccia come supplicato e, per quanto riguarda l'opposizione fatta da Cagliari, si provveda come segue:

durante l'attuale arrendamento che Cagliari ha al presente non si faccia alcuna innovazione e si segua la decretazione e per il futuro si rimetta, per via ordinaria, al re», il quale così risponde: «Sta bene quanto deciso dal viceré e che, passato il tempo dell' arrendamento di Cagliari, si faccia anche a Cagliari come richiesto». Nell'ANGIus, Ibidem, p. 570, incontriamo qualche lieve differenza: «Rispondeva íl Viceré si facesse come domandavasi e che in ragione della controdizione (sic) fatta dalla città di Cagliari si provvedesse nel modo seguente: che essendo decretato di non fare alcune novità durante l'appalto che deteneva la città dí Cagliari, si osservasse il detto decreto e per l'avvenire si rimettesse a S.M. in via ordinaria».

«Il Re lodava il decreto del Viceré, ma voleva che finito 1' arrendamento, si facesse pure in Cagliari il supplicato». È un altro chiaro segno della volontà reale: da una parte ridurre anche l'autonomia "medioevale" delle città, ma nello stesso tempo continuare a farla soprav-vivere per utilizzarla contro i feudatari.

179 «E il Re approvava ». Cfr. V. ANGIUS, Ibid., p. 571. Questa richiesta avrebbe trovato più ampia soddisfazione nel Parlamento Moncada, quando la tariffa giornaliera sarebbe stata portata a 5 soldi (un reale) compresi i giorni di viaggio. Cfr. J. DEXART, Capitula cit., Lib. 111, Tit. XI, de Salar. et Diet., Cap. 26 (cap. 19, fol. 204, c. 163v. del nostro verbale degli atti).

180 «Il Re approvava». Cfr. V. ANGIUS, Ibid., p. 571.

Si fa atto di Corte di tutti i capitoli in data 12 ottobre e si proroga181.

181 Cfr. E LODDO CANEPA, La Sardegna cit., I, p. 225, dove viene posta nel dovuto rilievo questa richiesta. Anche V. ANGIUS, Ibid., pp. 571-572, si sofferma attorno ad essa: «Che nes-suno degli stamentari potesse tenere più di quattro voti in virtù di procura o altrimenti ne' Parlamenti o Corti Reali. Rispondeva il Viceré concedendo ed il Re approvando. Questa peti-zione prova l'abuso invalso, che molti aventi diritto di suffragio nelle deliberazioni parlamen-tari dessero procura ad altri membri, da' quali nell'ora della votazione fossero rappresentati, soscrivendo alle loro personali opinioni su tutti i negozi che potessero venire in discussione.

Da questo avvenne che alcuni, i quali godeano della fiducia di molti, ottenessero negli Stamenti, massime nel militare, grande autorità e diventassero uomini d'importanza in faccia al Governo, quali si videro in altro sistema politico i capi dei partiti, che si resero arbitri de' voti de' loro satelliti e li obbligarono a votar sempre nel loro senso. Per questo capitolo restò permesso di prendere fino a quattro procure e di far valere cinque voti nelle deliberazioni. La ragione di siffatti mandati stava, ora nell'assenza dal Regno per servigio di Corte o all'esercito o in qualche officio di amministrazione; ora in qualche importantissimo affare di famiglia che dovessero personalmente trattare; ma più spesso nel timore dei disagi che avrebbero patito fuori di loro famiglia in un luogo dove mancavano i soliti comodi e doveasi molto spendere.

Non credo però che il decreto viceregio rimediasse all'inconveniente. La conclusione delle risposte Regie non è in altro diversa da quella che accennammo sotto i rescritti aí capitoli deli-berati nel Parlamento di D. Lorenzo Fernandez De Heredía in altro che nella sostituzione di Ferdinando Principe delle Asturie e Duca di Calabria come primogenito e futuro successore di Filippo in luogo dell'infelice Principe Carlo. V.D. Datum in Monasterio S. Laurentii die XXVII mensis Martii anno a Nativ. Dom. MDLXXV. Regnorum Hispanie XX etc. Io el Rey Bernardus Vicecancellarius V. Comes Generalis Thesaurarius V. Campi R.V. Pla RV. Sentis R.V. Sapena R.V. Terga R. Vidit Gort. Pro Conservatore Gen.». In data 26 ottobre 1588 tro-viamo il privilegio che attribuisce rencomienda della Castellania di Bosa a Michele Gort, figlio del segretario in questione. Cfr. E CARBONI, Élites di potere ed officiali regi e famiglie nelle città reali della Sardegna nei secoli XV-XVII, in "Annali della Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università di Cagliari", Quaderno 42, 1999. Cfr. anche J. DEXART, Capitula cit., Lib. I, Tit. I, de Parlam., Cap. VIII, pp. 38-39.

14.

I capitoli dei Militari

Il mercoledì 13 ottobre vengono presentate le seguenti, numerose richieste dei Militari, ad opera del sindaco don Adriano Barbarà, le quali testimonia-no, forse più di quelle degli altri Stamenti, lo stato di disagio e di estrema povertà delle popolazioni dell'Isola.

1) Data la grande carestia degli armi passati, per cui i vassalli hanno patito la mancanza di ogni tipo di granaglie a discapito delle rendite baro-nali e soprattutto a loro danno, tanto da non avere neppure di che seminare e quindi da raccogliere l'anno seguente, sicché perfino Cagliari è restata senza le dovute provvigioni, «supplicano» di poter percorrere il regno per comprare, attraverso permute o in altro modo, grani ed ogni altro tipo di mercanzie. Il Coloma risponde che si osservi l'uso, conformemente alle loro concessioni ed ai privilegi di Cagliari182.

2) Per impedire le molte estorsioni che i mercanti compiono quando, vendendo le mercanzie a fido ai poveri vassalli, gli fanno impegnare tutti i grani a prezzi bassissimi e per di più franchi delle spese di trasporto, chie-dono che il prezzo sia sempre quello corrente sulla piazza, o almeno quello

«affiorato», con l'aggiunta delle spese del trasporto fino alla casa del mer-cante, stabilite a un prezzo concordato e non al prezzo (basso) che la città paga per le sue quote e scorte. Il viceré sottoscrive aggiungendo che tutte le obbligazioni fatte a prezzi più bassi saranno ritenute nulle, illecite ed usu-raie e che anche le lane, i formaggi ed i cuoi saranno pagati al prezzo di

«affiorato», con l'aggiunta delle spese del trasporto fino alla casa del mer-cante, stabilite a un prezzo concordato e non al prezzo (basso) che la città paga per le sue quote e scorte. Il viceré sottoscrive aggiungendo che tutte le obbligazioni fatte a prezzi più bassi saranno ritenute nulle, illecite ed usu-raie e che anche le lane, i formaggi ed i cuoi saranno pagati al prezzo di

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