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L’attività musicale della Schola Cantorum del Seminario Vescovile di Cremona attraverso l’Archivio

di Patrizia Florio

in «Musica e cultura», Cremona, novembre 1987, n. 0, anno I, pp. 8-12

Presso il Seminario Vescovile di Cremona è conservato un piccolo fondo musicale, che malgrado non contenga opere di rilevante pregio sotto l’aspetto filologico e paleografico, è interessante poiché l’analisi delle composizioni contenute consente di ricostruire l’attività musicale all’interno del Seminario. Tutto il materiale risale alla fine dell’Ottocento quando il vescovo Geremia Bonomelli istituì ufficialmente la schola cantorum che, solo a partire da quegli anni, svolse un’attività regolare. Nel fondo sono conservati sia copie e stampe ottocentesche di opere del passato, sia manoscritti di composizioni di autori attivi in Seminario. Tali opere erano destinate all’esecuzione corale dei chierici; ne è testimonianza il fatto che si conservano diverse copie delle parti, in alcuni casi anche più di ottanta. L’attività musicale del Seminario seguì le tendenze che si stavano affermando in Europa. Nasceva infatti in quegli anni il Movimento Ceciliano che si proponeva di riformare la musica sacra, ormai priva di connotazioni artistiche proprie e, viceversa, fortemente influenzata, soprattutto in Italia, dallo stile operistico ottocentesco. L’attività di riforma del Movimento Ceciliano seguì due linee differenti: da una parte lo studio, la rivalutazione e la diffusione della polifonia cinquecentesca e del canto gregoriano (quest’ultimo interessò soprattutto la Francia per opera dei Benedettini di Solesmes), dall’altra il tentativo di costituire un nuovo repertorio sacro di marca neo-rinascimentale che fosse «degno di essere eseguito in Chiesa».1

A Cremona il vescovo Geremia Bonomelli si mostrò particolarmente favorevole alle istanze riformiste e cercò di renderne partecipi i chierici; durante il suo episcopato (1871-1914) invitò Giovanni Tebaldini a tenere in Seminario una conferenza sulla riforma della musica sacra;2 organizzò inoltre un corso speciale di canto gregoriano che fu affidato ad Antonioo Bonuzzi.3

Nell’Archivio del Seminario sono conservati molti volumi di collane contenenti per lo più opere palestriniane pubblicate in Germania, prevalentemente a Ratisbona, sede della

“Kirchenmusikschule” e principale centro di diffusione delle idee ceciliane.4 Qui, per opera di Carl Proske e Franz Xaver Haberl, a partire dal 1880, fu curata l’edizione di numerose collane di musica polifonica sacra pubblicate dalla tipografia apostolica di Pustet a Ratisbona.5

Nello stesso Archivio sono inoltre conservate tutte le pubblicazioni dell’Associazione Italiana Santa Cecilia, fondata nel 1887: la rivista «Musica Sacra» ed il «Bollettino ceciliano» a cui era

1 Il Catalogo delle opere degne di essere eseguite in Chiesa fu compilato da Franz Xaver Witt (1834-1888), il fondatore dell’Allgemeiner Cäcilienverei, associazione che raccoglieva tutti coloro che aderirono al movimento ceciliano in Germania.

2 Giovanni Tebaldini (1864-1953) fu direttore della Cappella di San Marco a Venezia ed uno dei principali sostenitori del movimento ceciliano in Italia.

3 Antonio Bonuzzi presidente della Società Regionale Veneta di S. Gregorio fu autore di un Metodo teorico-pratico di canto gregoriano pubblicato nel 1894 a Solesmes, dove aveva approfondito i suoi studi.

4 La Kirchenmusikschule era stata fondata da Franz Xaver Haberl (1840-1910) nel 1874 a Ratisbona. Qui, tra il 1863 il 1864, la Società Palestrina, fondata da Haberl stesso, pubblicò alcuni volumi dell’opera omnia palestriniana.

5 Le principali raccolte di musica polifonica furono: Musica divina sive thesaurus concentuum selectissimorum omni culti divino totius anni juxta ritum Sanctae Ecclesiae catholicae inservientium: ab excellentissimis superioris aevi musicis numeris harmonicis compositorum quos e codicibus originalibs tam editis ad instaurandam polyphoniam vere ecclesiasticam pubblica offert Carolus Proske, la cui pubblicazione ebbe inizio nel 1880 e il Repertorium musicae sacrae ex auctoribus saeculi XVI et XVII collectum et redactum a Franc. Xav. Haberl pubblicato tra il 1886 e il 1903.

annessa un’appendice musicale. In Seminario, durante le lezioni di canto corale, si eseguivano spesso brani dell’Antologia polyphonica, contenente opere di Palestrina, Orlando di Lasso, Ludovico Viadana, Tomas Luis de Victoria, Giovanni Francesco Anerio, ecc. e del Societatis polyphonicae romanae repertorium, entrambe curate dal Casimiri.

Oltre al repertorio polifonico cinquecentesco, venivano eseguite opere di compositori ceciliani. Nell’Archivio infatti è presente un ricco corpus di opere di Casimiri, Tebaldini, Bottigliero, Terrabugio, Picchi, Ett, Witt, Mitterer, Singeberger…

Uno dei compositori più eseguiti all’interno del Seminario fu Lorenzo Perosi (1872-1956) che, pur con molti limiti, ebbe il merito di riuscire talvolta a conciliare le precedenti istanze della tradizione della musica sacra con le nuove esigenze della tecnica corale. La sua posizione all’interno del Movimento Ceciliano fu, in conseguenza della sua formazione, abbastanza particolare e contraddittoria; dopo un breve soggiorno a Montecassino, seguì a Ratisbona i corsi della “Kirchenmusikschule”, da cui restò profondamente influenzato, soprattutto nella sua prima produzione. In seguito Perosi si allontanò dallo stile severo germanico e si accostò al gusto melodico italiano acquisendo uno stile più personale: così è infatti nelle messe Pontificalis e Secunda Pontificalis, composte entrambe nel 1896. Della prima Pontificalis, oltre all’edizione a stampa, nell’Archivio del Seminario è conservato un manoscritto copiato da Macchini ed utilizzato in una esecuzione nel 1907. Di Perosi è presente anche la Messa a tre voci d’uomo dedicata a Cervi che suscitò le reazioni di Haberl. Questi prese posizione contro di lui a causa dello stile ormai lontano dagli insegnamenti della Kirchenmusikschule. Un altro motivo di contrasto col Movimento Ceciliano fu la posizione che Perosi assunse nei confronti della seicentesca Editio Medicea ristampata da Haberl in polemica con l’edizione solesmense, che poi ottenne l’approvazione papale e che conteneva «l’autentico canto liturgico conservato nei manoscritti del IX-XII secolo».

Il 19 gennaio 1893 scriveva infatti da Ratisbona: «A Solesmes ammiriamo quei reverendissimi padri benedettini che ci danno e ci insegnano il retto modo di cantare quelle melodie che fecero piangere i santi».

Le opere di Perosi venivano eseguite molto spesso dalla schola cantorum nel Duomo di Cremona, sebbene in versioni rielaborate: infatti, nonostante questi fossero gli anni del riformismo ad oltranza, le funzioni solenni continuavano ad essere accompagnate a piena orchestra. Eloquente testimonianza di questa prassi esecutiva è un gruppo omogeneo di manoscritti redatti tra il 1901 e il 1904 in cui alcune composizioni perosiane sono rielaborate per orchestra dal direttore della schola cantorum Pietro Gaetani.

Fu questo un periodo molto intenso dell’attività musicale del Seminario, come ci informa Angelo Berenzi.6 La prima testimonianza completa da lui riportata riguarda la celebrazione dei funerali del vescovo Novasconi, avvenuta nel novembre del 1867:7 in quell’occasione i seminaristi eseguirono una messa con musica di Ruggero Manna e cantarono in processione un Miserere di Mascardi appositamente composto; nessuna però di queste composizioni è presente nell’Archivio.

Nel 1896, in occasione del XXV anniversario della consacrazione episcopale del vescovo Bonomelli, la schola cantorum eseguì la Messa solenne a quattro voci, un impasto poco omogeneo di frammenti di opere di compositori diversi:8 il Domine salvum fac, di cui si conserva il manoscritto autografo di Gaetano Cesari che lo aveva composto per l’occasione; la Cantata per Donizetti di Ponchielli, conservata in un manoscritto copiato dal direttore della schola cantorum Pietro Brugnoli, ed infine il Salve Regina del compositore bresciano Pasini, di cui si conserva la stampa. La schola cantorum era stata diretta dall’allora Vicerettore del Seminario Tranquillo

6 Angelo Berenzi, Storia del Seminario Vescovile di Cremona, Cremona, Unione tipografica cremonese, 1925.

7 Ibidem, pag. 274.

8 Il manoscritto della Messa solenne a quattro voci contiene il Kyrie di Singeberger, il Credo dalla «Messa di Pasqua» di Gounod, il Sanctus e Benedictus dalla «Messa Salve Regina» di Stehle e l’Agnus Dei dalla «Messa del Sacro Cuore» di Gounod.

Guarneri che «potè giovanissimo dare bella prova non solo di egregio insegnante di musica, ma anche di concertatore e direttore di cori e orchestra».9

A partire dal 1907 la schola cantorum fu guidata da Federico Caudana che vinse il concorso per il posto di organista e maestro di cappella del duomo di Cremona. Fu un compositore molto fecondo che raramente eseguì musiche altrui. Molte feste della Chiesa cremonese furono sottolineate da sue produzioni. Nel 1921, in occasione del centenario di Dante egli musicò La gloria del Paradiso e L’elogio della Vergine, ispirate al 28° e 33° canto del Paradiso; nel 1922, in occasione della traslazione del corpo di S. Omobono, fu eseguito un inno al Patrono, una messa e il mottetto Fidenter adeste a 7 voci dispari in due cori, organico inusuale rispetto ai canoni ceciliani che prescrivevano la composizione a tre voci (contralto, tenore e basso). Nel 1923, in occasione dell’inaugurazione del sepolcro del vescovo Bonomelli, furono eseguiti due mottetti, ancora conservati in Seminario: Iustorum animae e Adest monet, quest’ultimo su testo di Angelo Berenzi. Nel 1924, per il Congresso Liturgico Nazionale, Caudana propose alcune sue composizioni che riscossero notevole successo. Il giornale locale «La Voce» elogia infatti a lungo le composizioni di Caudana e viceversa critica la messa del ceciliano Vittadini, eseguita nella stessa occasione.

La produzione di Caudana fu integralmente pubblicata tra il 1925 e il 1962 dall’editore Carrara di Bergamo con cui il compositore ebbe una collaborazione continua. La sua musica rispondeva infatti alle esigenze del programma delleditore di immediatezza e semplicità di esecuzione. Gran parte della sua produzione, sia a stampa (molte furono donate al Seminario dall’autore stesso), sia in manoscritti autografi, è conservata nell’Archivio.

Il Caudana, malgrado fosse un buon organista, non aveva una solida formazione musicale, ma possedeva una indubbia facilità di composizione istintiva. La sua candidatura a maestro di cappella era stata appoggiata dal rettore ed ex direttore della schola cantorum Tranquillo Guarneri, convinto della preparazione musicale del Caudana in materia di gregoriano. In seguito fu però necessario affiancargli una persona più competente che supplisse alle sue scarse conoscenze in questo campo. A tale scopo, dapprima fu chiamato da Parma un frate benedettino, poi, nel 1929, l’insegnamento fu affidato al giovane don Antonio Concesa che, nel frattempo, era stato appositamente mandato a Roma a studiare canteo gregoriano presso il Pontificio Istituto di Musica Sacra. Concesa non fece studi di composizione; le sue prime opere risalgono al 1931 e risentono profondamente delle influenze del suo maestro Licinio Refice che, del resto, era stato il suo unico modello. Questo influsso si nota moltissimo nel mottetto O quam suavis, in cui si alternano schola e assemblea, secondo il modello della Missa choralis di Refice. Mentre Caudana faceva eseguire alla schola quase esclusivamente opere proprie, Concesa insegnò anche musica polifonica rinascimentale, appresa sempre a Roma dal maestro Casimiri. Egli cercò di riportare a Cremona le sue esperienze romane, insegnando ed eseguendo musiche soprattutto palestriniane.

Un suo allievo, Gianfranco Nolli, scrive che Concesa «aveva chiosato diligentemente i brani riportati sulla prima e la seconda antologia di Casimiri, traducendo in segni dinamici gli insegnamenti del grande maestro romano e si sforzava di trasmetterli anche a noi».10

La produzione di Concesa è immensa: quasi 200 opere di musica sacra e ricreativa, in gran parte conservata in manoscritti autografi nell’Archivio del Seminario.11

Accanto allo studio del gregoriano, della musica polifonica e sacra contemporanea, era tradizione del Seminario mettere in scena un’opera lirica nel periodo di Carnevale, consuetudine attestata dal ricco corpus di partiture operistiche conservato nell’Archivio. L’opera poteva essere di argomento sacro o profano, di repertorio o di nuova produzione.

La rappresentazione più antica di cui si abbia testimonianza è quella del dramma con prologo e tre atti I martiri ovvero verso la vita contenuta in un manoscritto datato 22 febbraio 1906,

9 Berenzi, op. cit., pag. 339.

10 Gianfranco Nolli, L’uomo, il prete, il musicista in Mons. Antonio Concesa, a cura di Pietro Nespoli, Cremona, P.A.C.E., 1984, p. 36.

11 Per un catalogo completo delle opere di Concesa si veda Mons. Antonio Concesa, a cura di Pietro Nespoli, op. cit., pp. 105-127.

dramma che probabilmente fu ripreso anche in seguito poiché se ne conserva una copia effettuata da Concesa.

Dai manoscritti, apprendiamo inoltre della rappresentazione di un Cristoforo Colombo, di un Mosè, di un Alcazar e de I lombardi alla prima crociata, di cui si conserva anche il rifacimento, sempre di Verdi, Jerusalem. Bisogna inoltre ricordare che ad ogni esecuzione i seminaristi curavano la pubblicazione dei libretti preceduti da un’ampia introduzione con analisi musicale, che indica la funzione anche didattica delle rappresentazioni. Si conservano ancora due manoscritti non datati che contengono La vita e la morte, breve azione drammatica in due quadri ambientata nel palazzo di Canossa per sole ragazze e Joel l’etiope, poema drammatico in quattro atti e cinque quadri.

Bisogna infine ricordare le due opere con accompagnamento di solo pianoforte composte da Antonio Concesa: la prima, Azael, risale al 1939, rimasta incompiuta in seguito al lutto per la morte di papa Pio XI e l’Absalom del 1940.

Rimane da chiedersi quale potesse essere il livello complessivo delle rappresentazioni. A questo proposito è interessante riportare una annotazione apposta alla partitura autografa dell’Absalom di Concesa: «Absalom opera in tre atti e sette quadri di Antonio Concesa per soli, coro e pianoforte, eseguita il Carnevale 1940 in Seminario grandiosamente, palco comodissimo gratuitamente offerto dallo zio di un seminarista: Nolli Gianfranco autore del libretto. Vesti belle, truccature pure, molta luce, molto lavoro. Ammirati i due tenori Odi Giovanni (Absalom) e Orsini Pietro (Farfal)». Annotazione che, se da un lato evidenzia l’entusiasmo di Concesa e dei seminaristi, indubbiamente dimostra anche un che di dilettantistico. La qualità delle rappresentazioni delle opere liriche si inserisce quindi nel contesto di generale decadimento dell’arte musicale sacra, fenomeno che da oltre un secolo si manifesta all’interno delle istituzioni religiose italiane.

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