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Gli studi condotti dai ricercatori ginevrini, pur nella consapevolezza di aver operato con rigore scientifico indiscutibile, evidenziano diversi limiti.

1) I brani musicali e le situazioni d’ascolto utilizzati rappresentano soltanto una tra le tantissime possibili scelte operabili. Pertanto, è necessario svolgere un numero maggiore di ricerche per verificare se i correnti termini emotivi e raggruppamenti lessicali siano applicabili a forme di musica che differiscono fortemente dalla musica studiata in questa ricerca (per es., la musica “seriale”, l’heavy metal, la musica delle culture non occidentali).

2) Sebbene la procedura adottata in questa sede al fine di selezionare termini emotivi pertinenti all’esperienza musicale sia la più rigorosa a tutt’oggi, non è da escludere che la raccolta effettuata possa ancora essere priva di qualche termine emotivo importante.

3) Si dovrebbe tenere presente che sia la raccolta di definizioni emotive sia la struttura a 9 fattori sono ricavate da un approccio statistico, normativo. Tale approccio, benché attinente alla ricerca psicologica, è limitato poiché considera solo le reazioni nella maggioranza degli ascoltatori, laddove individui e sotto-gruppi più ristretti potrebbero mostrare tipi di risposte emotive differenti. In definitiva, questo problema ha a che vedere con i diversi, contrastanti orientamenti tra l’approccio nomotetico e quello idiografico in psicologia7. I ricercatori che puntano all’approfondimento idiografico possono predisporre delle strutture a risposta aperta in aggiunta alla serie “chiusa” di descrittori, come è stato fatto negli Studi 3 e 4. I futuri ricercatori non dovrebbero, pertanto, precludersi la possibilità di fare scoperte che non sono incompatibili con l’attuale modello.

4) Se è vero che una prima sistematica indagine delle emozioni indotte dalla musica può trarre vantaggio dal mettere al centro del proprio interesse il sentimento, d’altra parte, chiaramente, il sentimento non è tutto. Talvolta, la musica può innescare elementi emotivi comportamentali, cognitivi e fisiologici in assenza di un’emozione soggettiva. E laddove l’emozione sia assente o scaturisca con difficoltà, saranno richiesti criteri di misurazione diversi dal resoconto compilato autonomamente (per es., Västfjäll, 2009).

7 L’approccio nomotetico individua leggi generali del comportamento, ovvero definisce

differenze individuali (tratti) utili per descrivere ogni (o quasi) individuo; usa metodi scientifici rigorosi d’indagine, nonché la psicometria, per raffinare i costrutti di personalità e la loro rilevazione; usa strumenti quantitativi. L’approccio idiografico è centrato sull’unicità dell’individuo; analizza le dinamiche interiori (tradizionalmente conflitti intrapsichici, processi inconsci, meccanismi di difesa), ma anche le dinamiche persona- ambiente: analizza il flusso degli eventi, nello spazio e nel tempo; usa strumenti che, elicitando la produzione libera e il narrato (risposte aperte, colloquio clinico, strumenti proiettivi ecc.), possiamo definire qualitativi.

Inoltre, sono possibili molte reazioni alla musica diverse dalle risposte emotive, e d’altronde è risaputo che non tutti gli individui reagiscono emotivamente alla musica. Per esempio, lo Studio 2 ha evidenziato che la frequenza con la quale si verifica una data emozione dipende fortemente dal genere musicale che si giudica. Inoltre, i risultati dello Studio 3 mostrano che anche le emozioni più comunemente suscitate dalla musica venivano sperimentate da meno del 50% dei partecipanti al festival. Questi risultati sono del tutto coerenti con il modello descrittivo dell’induzione di emozioni con la musica enucleato da Scherer e Zentner (2001, p. 365), secondo cui l’elicitazione di un’emozione con la musica è un processo molto delicato, sottile, che dipende da molteplici e interagenti fattori (per es., le caratteristiche della musica, dell’ascoltatore, dell’esecuzione, del contesto ambientale). Il punto centrale della presente ricerca, comunque, non era quello di analizzare perché le emozioni spesso non vengono suscitate dalla musica, ma piuttosto quello di prendere in esame le caratteristiche essenziali delle emozioni suscitate dalla musica una volta che siano state suscitate con successo.

5) Sebbene i risultati suggeriscano che la teoria delle emozioni primarie e quella dimensionale non sono per nulla le migliori per studiare le emozioni indotte dalla musica, analisi supplementari allo Studio 4 indicano che questo risultato non può essere esteso alle emozioni percepite.

In conclusione, è indubbio che gli studi correnti non forniscano un quadro esaustivo della natura e dell’organizzazione delle emozioni indotte dalla musica. Tuttavia, aprendo una strada in un’area di ricerca molto trascurata, la speranza è quella di aver fornito un punto di riferimento, a partire dal quale i ricercatori del futuro potranno raggiungere una più approfondita comprensione delle sfuggenti, inafferrabili, in qualche modo ineffabili emozioni musicali.

Post Scriptum

Qualche tempo fa assistevo a un concerto della pianista Angela Hewitt, considerata dalla critica e dal pubblico una delle maggiori interpreti di Bach. Alla fine dell’esecuzione, proposi alla persona seduta accanto a me di fare un gioco: avremmo dovuto scrivere, su due foglietti poi ripiegati, un aggettivo, uno solo, che definisse l’emozione che l’ascolto di quelle musiche sublimi ci aveva fatto provare, e il conseguente stato di grazia al quale eravamo assurti. Tornato a casa, aprii i foglietti. L’aggettivo era, incredibilmente, il medesimo per tutti e due: “Narrativo”. Spulciai tra le ricerche di psicologia delle emozioni musicali consultate in questi ultimi tempi, nel tentativo di trovare il corrispettivo in inglese (“Narrative”). Naturalmente, non lo trovai8.



8

Non era solo un giudizio estetico-musicale che nasceva da un’emozione, ma un tornare bambini: «La creazione di un nuovo mondo è propriamente l’apprendimento profondo. Non a caso, come osserva la stessa psicologia cognitiva (Bruner, 1992; Gardner, 1993b), i bambini conoscono il mondo, inizialmente, nella forma della narrazione» (Minichiello, 1995, p. 161). In quanto a Narrative, pur essendo un termine adoperato in psicologia della

Appendice A: Geneva Emotional Music Scale (GEMS)

Osservazioni generali

Nella Tabella A1 vengono presentate le due versioni della Geneva

Emotional Music Scale(GEMS), una ricavata dallo Studio 3 e formata da 40 voci, ed un’altra più corta, di 33 termini, ricavata dallo Studio 41. L’alquanto più basso numero di fattori di carico CFA e di alpha della versione più lunga molto probabilmente deriva dalla gamma della scala virtualmente binaria usata nello Studio 3. In realtà, con la più consueta scala di valutazione a 5 punti usata nello Studio 4, i fattori di carico CFA e di alpha sono aumentati in modo considerevole. È inoltre importante ricordare che i brani nello Studio 4 erano più omogenei (solo musica classica), mentre lo Studio 3 comprendeva una più ampia fascia di generi musicali. Pertanto, la scelta tra le vari versioni di scala è anche una questione del tipo di musica che viene usata. Attualmente i ricercatori ginevrini, sperimentando le proprietà psicometriche della versione inglese del GEMS, hanno rilevato che, nel complesso, i valori psicometrici della versione in lingua inglese sono paragonabili a quelli della versione originale francese.

Istruzioni

Quando date le vostre valutazioni, vi preghiamo di descrivere come vi fa sentire la musica che ascoltate (per es., questa musica mi fa sentire triste). Non descrivete la musica (per es., questa musica è triste) o ciò di cui la musica può essere espressione (per es., questa musica esprime gioia). Ricordate che un brano può essere triste o può apparire triste senza farvi sentire tristi. Vi preghiamo di giudicare l’intensità con la quale avete provato ciascuna delle seguenti emozioni su una scala che va da 1 (per niente) a 5 (moltissimo).

1 Una più breve versione del GEMS, formata da 25 termini, sviluppata con le ulteriori

analisi fattoriali confermatorie (CFA), può essere richiesta direttamente agli Autori: Marcel Zentner, Dipartimento di Psicologia, Università di Ginevra, Confederazione Elvetica, e Dipartimento di Psicologia, Università di York, Regno Unito; Didier Grandjean e Klaus R. Scherer, Dipartimento di Psicologia, Università di Ginevra, Confederazione Elvetica. La corrispondenza riguardante la presente ricerca può essere indirizzata a: Marcel Zentner, Department of Psychology, University of York, York YO10 5DD, United Kingdom. E-mail: m.zentner@psychology.york.ac.uk

Appendice B: Brani musicali usati nello Studio 4