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1. I tipografi

All’atto della nascita del Regno Lombardo-Veneto la situazione economica delle Provincie Venete era decisamente critica. Come si è visto in precedenza, il lungo periodo di guerre e l’assedio sopportato da Venezia avevano minato la stabilità delle aziende librarie, costringendole a ridurre drasticamente l’attività, se non addirittura a interromperla. In un tale contesto la categoria maggiormente colpita fu ovviamente quella degli operai salariati, visto che non erano in possesso di rendite e di proprietà per affrontare una prolungata mancanza di lavoro. In più si deve considerare che l’abolizione delle corporazioni di mestiere aveva tolto qualsiasi forma di assistenza sociale prevista in passato dalle Arti per i propri immatricolati indigenti e le loro famiglie, causando così un vero problema per le fasce della popolazione maggiormente soggette alla povertà. La crisi si trascinò per parecchi anni e i lavoratori disoccupati dovettero trovare fonti di guadagno alternative al proprio mestiere per poter sopravvivere. Ecco infatti che nel suo Diario Emmanuele Cicogna racconta che nell’agosto del 1816 «fra le arti che ora in Venezia rinvigoriscono sono i

perleri, cosicché moltissimi che erano in altre arti occupati si misero a lavorare le

perle, fra i quali alcuni stampatori, e fra gli altri un Bernardo Baldanello ch’era proto nella stamperia di Vincenzo Rizzi».1 Che comunque il mestiere del tipografo non fosse uno dei più ambiti sembrerebbe indicarlo anche il fatto che la Tipografia Graziosi dovette inserire un annuncio sulla Gazzetta Privilegiata di Venezia del 6 maggio 1817 alla ricerca di un apprendista compositore di 14 anni: «con qualche attenzione e con buona volontà si arriva gradatamente in questo mestiere con la pratica di soli cinque

1 BMCVe, ms. Cicogna 2845, EMMANUELE CICOGNA, Diario, pp. 4194-4195: 13 agosto 1816. Bernardo Baldanello rimase comunque poi nella Tipografia Rizzi dove ancora lavorava nel 1838 (ASVe, Governo

austriaco II dominazione, 1835-1839, LXVII, fasc. 16/46, Decreto Governativo 47919/2589 del 20

dicembre 1838), mentre il figlio Pietro nel 1843 a 34 anni ne era diventato il direttore (ASVe, Governo

austriaco II dominazione, 1840-1844, XXII, fasc. 16/39, Decreto Governativo n. 1398/41252 del

sei anni ad avere un guadagno di circa sei lire locali al giorno, cominciando ad approffittar qualche cosa sin dalla prima settimana che si mette ad agire».2

L’abolizione dell’Arte dei librai e stampatori portò anche altre conseguenze. L’abrogazione delle norme comportamentali interne all’Arte, che avevano regolato per secoli le relazioni tra i proprietari delle tipografie e i loro salariati, non fu accompagnata da una nuova specifica regolamentazione emanata dallo Stato e vennero così a prodursi forti contrasti all’interno delle officine. Il Governo fu costretto a prendere atto della situazione a seguito di una supplica presentata nel giugno del 1818 dal tipografo e libraio Pietro Zerletti, il quale, evidentemente esasperato da una prassi comportamentale divenuta ormai usuale tra le maestranze, richiedeva che i Commissariati Politici dei Sestieri fossero messi nella condizione di obbligare gli operai delle tipografie, che avevano abbandonato improvvisamente i propri datori di lavoro per trasferirsi presso un’altra stamperia, a dover rimanere al

proprio posto per almeno due settimane.3 Venne incaricata la Direzione Generale di

Polizia a compiere indagini in merito – anche una questione del genere era comunque ritenuta un problema di ordine pubblico – e nel conseguente rapporto il Direttore, Anton von Vogel, offrì un quadro dettagliato di quanto effettivamente stava succedendo:

L’arte de’ tipografi qui in Venezia prima dell’anno 1806 era diretta da discipline interne dell’arte stessa e da qualche decreto di quell’autorità amministrative da cui dipendevano li tipografi.

Successi li cambiamenti politici nell’anno sopradetto vennero in seguito sciolte le arti e le corporazioni. Li giornalieri tipografi non si credettero più dipendenti, né vincolati a lungo servizio d’una stamparia e quindi a vicenda dietro gl’impulsi d’interesse e di cattiveria abbandonarono d’improvviso i lavori esibendosi ad altro padrone, incontrando debiti or dall’uno or dall’altro e nell’impossibilità di soddisfarli a cagione della loro disordinata condotta, continuarono fino a questo giorno ad essere raminghi con incomodo e discapito de’ varj loro padroni.

Era sistema negli anni scorsi che un operajo non veniva ricevuto da qualsisia tipografo senza concerto o intelligenza di quello da cui partiva l’operajo stesso. Questa buona intelligenza non ebbe più luogo dal

2 «Gazzetta Privilegiata di Venezia», 6 maggio 1817, n. 101.

momento che furono sciolte le arti e crescendo di giorno in giorno l’indiscretezza e l’audacia nei lavoratori, che di tratto in tratto or l’una or l’altra delle tipografie deve ritardare dei lavori spesso assai importanti per mancanza di man d’opera, da cui si vedono all’improvviso ed a capriccio abbandonati.

Vari sono i disordini, che o dall’indiscretezza d’una parte, o dalla mal calcolata rivalità dell’altra parte derivano, e frequenti sono per ciò le occasioni di reclami e ricorsi alla Polizia nel proposito presentate.

Il qui compiegato originale ricorso del tipografo librajo Pietro Zerletti ne somministra una nuova prova e benché la Polizia si dia tutta la premura possibile di combinare amichevolmente li patti, ed allontanare con economiche istantanee decisioni i motivi di capricciosa vicendevole resistenza fra l’operajo e patrone, persuade nullameno vieppiù quanto necessaria sia una massima disciplinare, che vaglia a togliere nelle radici gli abusi dettagliatamente collà accennati, ed a sostenere con energia un ramo d’industria e commercio tanto utile alla nazionale prosperità.4

La fama degli operai di tipografia era sempre stata poco raccomandabile sin dai primordi dell’arte tipografica e che non si trattasse di un mero topos lo dimostra quasi trent’anni più tardi la lamentela di Giovanni Cecchini nei confronti della categoria: «si avverte però che la maggior parte di tal personale è sempre in movimento e cangiasi da sé od è cangiato frequentemente per ripugnanza al lavoro, per intemperanza, o per altri vizj inerenti a questa classe di operaj, su di che vi vorrebbero provvide leggi che valessero a porvi freno».5 La stessa esigenza era già stata avvertita nel 1818 da von Vogel, che nel suo rapporto andò ben oltre a quanto gli era stato richiesto, formulando una serie di possibili provvedimenti, atti a suo vedere ad arginare il fenomeno:

Quantunque questa I.R. Direzione Generale nel suo insufficiente sentimento sia ben lontana di proporre delle discipline, non essendo quest’un oggetto delle sue attribuzioni, ma bensì d’aspettante dall’Autorità amministrativa, pure dietro il proprio convincimento risultante da replicate pratiche osservazioni crederebbe subordinatamente che i seguenti

4 ASVe, Governo austriaco II dominazione, 1818, XIX, fasc. 17, Rapporto della Direzione Generale di Polizia al Governo n. 3324/8714 del 21 giugno 1818.

5 ASVe, Ufficio di Censura II dominazione austriaca, b. 266, polizza di Giovanni Cecchini, Venezia 3 marzo 1846.

rispettosi cenni non fossero del tutto da escludersi nella fissazione di quei disciplinari regolamenti, che la saviezza dell’Autorità Superiore crederebbe d’adottare nel proposito.

1. che tanto il tipografo quanto l’operajo dovessero essere reciprocamente vincolati almeno per alcune settimane.

2. che durante questo tempo nessun altro tipografo potesse ricevere quell’operajo, a meno che non vi fosse una intelligenza fra i due tipografi. 3. che al caso di mancanza per parte dell’operajo il rispettivo Commissario politico del Sestiere fosse autorizzato di rimettere anche colla forza nella stamperia del ricorrente quel lavoratore, che si fosse allontanato pria dello spirare del termine vicendevolmente stipulato.

4. che tanto il padrone, quanto l’operajo fossero in dovere di prevenirsi quindici giorni prima qualora o l’uno o l’altro avesse intenzione di procacciarsi un supposto migliore servizio.

5. che, spirato il termine sub n. 1 stabilito senza premettere l’aviso, si ritenesse prolungata la convenzione per altro eguale termine e così successivamente.

Con tali discipline che codest’Eccelso Governo si compiacerà di modificare dietro la propria superiore maturità si andrebbe a rispettoso parere di questa Direzione Generale a rimettere l’ordine nelle tipografie, garantire il travaglio alli padroni ed assicurare ai operaj alcune settimane di lucro, e finalmente poi frenando l’insubordinazione, il vizio ed il capriccio, il togliere quell’infinità di disordini, abusi e reclami che finora quotidianamente succedono, e che portano non lieve pregiudizio all’industria di queste provincie.6

Il Governo prese in seria considerazione il rapporto della Direzione Generale della Polizia, ma dovette giungere alla conclusione che non vi era legislazione in merito a cui poter fare riferimento. In queste condizioni la cosa migliore da farsi era che gli operai e i proprietari delle tipografie stipulassero un contratto scritto, in cui fosse indicata la durata della assunzione, e fossero inseriti gli articoli 2-5 suggeriti dal von

6 ASVe, Governo austriaco II dominazione, 1818, XIX, fasc. 17, Rapporto della Direzione Generale di Polizia al Governo n. 3324/8714 del 21 giugno 1818.

Vogel. Al momento però, in assenza di una specifica normativa, il Governo non poteva fare altro che suggerire tale pratica, senza però poterla imporre.7

In momenti di vacche magre, una risorsa sicura per un tipografo era sempre stato lavorare per l’amministrazione statale, per quella centrale come per quelle delle provincie e dei comuni. Ad esempio il 16 dicembre 1815 venne effettuata una pubblica asta al ribasso per l’assegnazione dell’appalto triennale della fornitura di carta e di stampati a tutti gli uffici amministrativi e giudiziari della ex Prefettura del Dipartimento dell’Adriatico, ossia la Provincia di Venezia.8 La vinse Francesco Andreola, che offrì uno sconto del 21% sui prezzi del capitolato, mentre lo stampatore Pietro Bernardi si fermò al 20.70% di ribasso. L’interesse per le forniture governative era ovviamente consistente: in una nota in calce al verbale d’asta allegato al contratto, Francesco Andreola dichiarava infatti «a lume dell’Uffizio Registro che il prezzo approssimativo per la fornitura delle stampe e carte relative a mio favore deliberata […] può ammontare ad annue italiane lire ventimila, dico 20.000». In effetti gli uffici da rifornire erano molti, comprendendo anche tutte le municipalità della provincia, le cancellerie censuarie e le giudicature di pace periferiche.9 Durante gli ultimi due secoli della Repubblica di Venezia, ebbe praticamente l’esclusiva di questo genere di stampati la ditta Pinelli, che però durante il periodo napoleonico era andata decadendo tanto che per l’appalto della fornitura di carte e stampati a uso del

Governo assegnato il 23 marzo 1815 dovette mettersi in società con l’Andreola.10 In

effetti, per partecipare all’asta ogni concorrente doveva dimostrare di avere una certa

7 ASVe, Governo austriaco II dominazione, 1818, XIX, fasc. 17, Decreto Governativo n. 2351/17432 del 7 luglio 1818.

8 ASVe, Archivio Notarile II serie, b. 373, notaio Erizzo Vittore, atto n. 2463, 29 marzo 1816: appalto dalla Delegazione di Venezia.

9 «Delegazione Provinciale; Congregazione Provinciale; Congregazione Centrale; I.R. Tribunale d’Appello; Giudizio Criminale; Corte di Giustizia; Congregazione di Carità; Camera di Commercio; Tribunale del Commercio; I.R. Amministrazione Generale del Demanio Corona e Boschi; Amministrazione Bancale detta Tabacchi; Direzione Centrale del Demanio; Ispezione Centrale dell’Acque; Intendenza di Finanza; Commissione Censuaria; Magistrato di Sanità Marittima; Direzione delle Poste; Direzione della Zecca; Vice Delegazione di Chioggia; Vice Delegazione di Portogruaro; Municipalità di Venezia; Municipalità delle Comuni tutte adjacenti alla Provincia di Venezia; Giudicature tutte di Pace della Provincia di Venezia; Cancellerie tutte Censuarie della Provincia di Venezia; Conservator delle Ipoteche e del Registro di Chioggia; Amministrazione del R. Lotto in Venezia; Accademia di Belle Arti; Liceo Convitto; Ricevitore della Provincia di Venezia: Ufficio del Registro in Venezia; Ufficio dell’Ipoteche in Venezia; Archivio Politico in Venezia; Archivio Giudiziario in Venezia; Capitaneria del Porto di Venezia; Commissione ai Retrovati; Casa d’Industria in Venezia; Casa di Correzione in Venezia; Magazzini de’ Sali in Venezia», in Elenco de’ Pubblici Uffizj

il cui servigio pella fornitura stampe devesi comprendere a tenor dell’avviso dell’11 dicembre 1815 nel contratto da stipularsi fra questa R. Delegazione Provinciale e la Dita Francesco Andreola stampatore, Venezia 27 marzo 1816 (ASVe, Archivio Notarile II serie, b. 373, notaio Erizzo Vittore,

atto n. 2463, 29 marzo 1816: appalto dalla Delegazione di Venezia).

10 ASVe, Archivio Notarile, Registro delle parti contraenti, notaio Maderni Giovanni Filippo, 23 marzo 1815: locazione fornitura stampe e carte dal Governo Generale alla ditta Giovanni Pietro Pinelli q. Giovanni Antonio e Francesco Andreola.

solidità economica e preventivamente versare un deposito di L. 3.000, che sarebbe stato restituito dalla Prefettura dopo il primo trimestre di fornitura: non sempre gli stampatori erano in possesso di una somma del genere in contanti e infatti nell’occasione Andreola consegnò un vaglia a nome del tipografo padovano Valentino Crescini. Gli scambi di appalti o i subentri tra gli stampatori specializzati in questo tipo di modulistica erano frequenti: lo stesso Crescini in società con Antonio Berti aveva vinto il 24 agosto 1818 l’appalto per la stampa dei bollettari del Lotto per il periodo che andava dall’1 gennaio 1819 al 31 dicembre 1823. Con un atto privato dell’11 settembre 1818 Berti si ritirava dalla società, lasciando il solo Valentino Crescini quale fornitore del Lotto: facile pensare che la società fosse stata formata solo di facciata, in modo da presentare tutte le garanzie richieste dalla gara. Crescini stesso non durò a lungo, tanto che in data 13 maggio 1820 il contratto di appalto veniva ceduto a Francesco Andreola in cambio di carta da usare nella stampa delle cedole del Lotto per un valore di L.it. 1.150 pari a 230 risme in totale a 5 L.it. l’una.11

Una volta capite le regole che stavano alla base del meccanismo degli appalti, Andreola poté estendere il proprio raggio d’azione anche in altre città. A Padova l’appalto per la fornitura di carta e di oggettistica di cancelleria per tutti gli uffici della Delegazione Provinciale e di tutte le municipalità era stato vinto nel 1820 dal veneziano Andrea Baffo q. Francesco residente in parrocchia di Santa Maria Formosa. Questi però era totalmente privo dei capitali necessari a sostenere tale operazione e il 14 settembre dello stesso anno creò una società con Francesco Andreola, che andava così a ricoprire il ruolo di socio capitalista.12 Nella scrittura notarile veniva specificato che la nuova società «Andrea Baffo e Compagno» sarebbe rimasta in vita solamente per la durata dell’appalto, ossia tre anni più eventuali rinnovi, e i capitali sarebbero stati interamente forniti dall’Andreola, per una cifra prevista di L.it. 12.000. Inoltre venivano immediatamente anticipate L.it. 3.000 dall’Andreola, perché Andrea Baffo potesse sostenere le spese inerenti al trasloco a Padova e per l’avvio dell’ufficio. Al Baffo sarebbe stato dato uno stipendio mensile di L.it. 200, mentre gli utili e le eventuali spese di esercizio sarebbero stati divisi al 50% tra i soci. Se Baffo non fosse stato in grado di gestire gli affari in modo soddisfacente, Andreola avrebbe avuto la facoltà di rimuoverlo dall’incarico e di sostituirlo con un’altra persona pagata con L.it 200 al mese, di cui metà a carico del Baffo. Per rendere ancora più evidenti i diversi ruoli dei soci, pochi giorni dopo venne rifatta la

11 ASVe, Archivio Notarile II serie, b. 306, notaio Occioni Pietro, atto n. 4327, 13 maggio 1820.

scrittura sociale chiarendo che tutti i pagamenti e i mandati sarebbero dovuti essere intestati solamente all’Andreola in qualità di socio capitalista.13 Il contratto con la Delegazione di Padova venne stipulato il 13 dicembre 1820 e il 22 marzo 1821 la Direzione Generale del Demanio, Corona, Boschi e Tasse diede formale assenso all’accettazione della società formata dal Baffo e l’Andreola con provvedimento n. 5699.14

L’assegnazione di un appalto fece addirittura sì che Francesco Andreola riuscisse ad aprire una nuova tipografia a Treviso. Il 2 dicembre 1815 vinse infatti l’asta per la fornitura triennale di carta e stampati per tutti gli uffici giudiziari e amministrativi della Provincia di Treviso a partire dal primo maggio 1816 fino al 30 aprile 1819.15 Il contratto stipulato il 2 maggio 1816 con il rappresentante della Delegazione Provinciale di Treviso prevedeva che l’impressione della modulistica avvenisse in una officina appositamente allestita dall’Andreola in Parrocchia del Duomo n. 829, con patente n. 592 rilasciata dal Municipio di Treviso il 2 marzo 1816. Sfruttando una situazione così favorevole, il 13 luglio 1818 Andreola presentò la domanda di autorizzazione all’utilizzo della tipografia anche per produrre altre stampe, ma nonostante i pareri favorevoli sia del Censore Provinciale di Treviso, l’abate Nicola Giani, sia del Direttore dell’Ufficio Centrale della Censura, Bartolomeo Gamba, il Governo rispose in modo negativo in ottemperanza alla disposizione di non aumentare il numero delle officine presenti nelle provincie e ribadendo il termine prefissato per la chiusura del 30 aprile 1819.16 Finalmente, grazie alla liberalizzazione dell’apertura delle tipografie a seguito della Sovrana Risoluzione del 21 aprile 1819, Andreola poté presentare nel febbraio del 1821 una nuova richiesta di allestimento di una officina completa sotto la direzione di Giovanni Dal Fabbro «per occupare i propri lavoranti negl’intervalli d’ozio che succedono frequentemente» durante

13 ASVe, Archivio Notarile II serie, b. 307, notaio Occioni Pietro, atto n. 4468, 24 settembre 1820: scioglimento società con Andrea Baffo; atto n. 4472, 28 settembre 1820: presentazione scrittura di società con Andrea Baffo. Ovviamente Andreola era impossibilitato a essere presente costantemente a Padova e quindi nominò proprio procuratore Giacomo Cadorin con l’incarico di ricevere e riscuotere i mandati derivanti dalla fornitura di carta e cancelleria alla Delegazione di Padova (ASVe, Archivio

Notarile II serie, b. 309, notaio Occioni Pietro, atto n. 4833, 7 giugno 1821). Il Cadorin venne sostituito

dal libraio Giovanni Sacchetto nel 1827 (ASVe, Archivio Notarile, Registro delle parti contraenti, notaio Casser Sebastiano Maria, 29 agosto 1827, atto n. 2479: procura a Giovanni Sacchetto di Padova di Francesco Andreola q. Antonio e Andrea Baffo q. Francesco).

14 ASVe, Archivio Notarile II serie, b. 308, notaio Occioni Pietro, atto n. 4724, 1 aprile 1821.

15 ASVe, Governo austriaco II dominazione, 1818, XIX, fasc. 26, Decreto Governativo n. 968/4784 dell’11 febbraio 1816.

16 ASVe, Governo austriaco II dominazione, 1818, XIX, fasc. 26, Decreto Governativo n. 4048/32125 del 22 novembre 1818.

l’impressione della modulistica.17 L’autorizzazione gli venne concessa il 18 maggio 182118 in seguito al giudizio positivo dato dalla Direzione Generale di Polizia, che descrisse il richiedente come persona «d’incensurabile condotta, di fama senza eccezione e di buoni principj politici».19

Dallo spoglio del Registro delle parti contraenti dell’Archivio Notarile dell’Archivio di Stato di Venezia appare evidente che Andreola si sia specializzato negli appalti pubblici con un discreto profitto: tra ottobre 1816 e aprile 1823 risulta infatti che abbia acquistato tre case, un appartamento e acquisito una rendita annua perpetua, mentre nel 1832 riuscì ad acquistare la casa a Santa Maria Formosa dove aveva abitazione e stamperia.20 Ma per capire il suo stato economico risulta ancor più esplicito un documento del 2 agosto 1824, quando Francesco Andreola stipulò un contratto di mutuo triennale di L.aust. 30.000 con un interesse annuo del 5% con la Ditta Marangoni e Binetti, rappresentata da Felice Binetti. Come cauzione l’Andreola offrì in ipoteca i seguenti immobili di sua proprietà:

1. in Parrocchia di Santo Stefano in Campo Sant’Angelo n. 3029: uno stabile con tre appartamenti, una bottega e magazzini, censito per L. 439,788;

2. in Parrocchia di Santa Maria del Carmine in Calle detta Turchette a San Barnaba n. 1627: una casa in soler21 censita per L. 71,379;

3. in Parrocchia di Santa Maria Formosa nella Rugagiufa al n. 4751: una casa in soler censita per L. 118,966;

4. in Parrocchia di Santo Stefano in Calle Mocenigo a San Samuele al n. 2774: una casa in soler censita per L. 95,172;

5. in Parrocchia di Santo Stefano sopra la Fondamenta dell’Orso a San Vitale n. 2376: una casa in soler censita L. 95,172;

17 ASVe, Governo austriaco II dominazione, 1821, CLII, fasc. 1/7, Richiesta di Francesco Andreola del 28 febbraio 1821; Rapporto della Delegazione Provinciale di Treviso del 22 marzo 1821.

18 ASVe, Governo austriaco II dominazione, 1821, CLII, fasc. 1/7, Decreto Governativo n. 1318/14573 del 18 maggio 1821.

19 ASVe, Governo austriaco II dominazione, 1821, CLII, fasc. 1/7, Rapporto della Direzione Generale di Polizia n. 1546/1713 del 4 maggio 1821.

20 ASVe, Archivio Notarile, Registro delle parti contraenti, notaio Nomicò Lio, 19 ottobre 1816, acquisto casa da Teresa Pisoni Belgrado; 31 gennaio 1817, acquisto appartamento da Fabio Dandolo; 2 aprile 1817, acquisto annua perpetua rendita da Carlo Zen; 19 giugno 1821, acquisto casa da Gio. Battista Lotto; notaio Casser Sebastiano Maria, 8 aprile 1823, acquisto casa da Da Mula Andrea; notaio Pisani Vito, 2 luglio 1832, atto n. 6332, «instrumento di dato in paga di Francesco Andreola a favore di Felice e fratelli Binetti di casa a Santa Maria Formosa n. 5938 per L. 6500 e obbligazione di L. 4500». Sempre nello stesso Registro sono presenti continui riferimenti a contratti stipulati con l’Amministrazione statale per la stampa di modulistica varia.

21 «Casa con piano superiore» (GIUSEPPE BOERIO, Dizionario del dialetto veneziano. Seconda edizione

aumentata e corretta aggiuntovi l’indice italiano veneto già promesso dall’autore nella prima

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