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L’azione di accertamento e l’azione di condanna ad un “non facere” L’azione inibitoria.

Da sempre, il giudizio amministrativo di legittimità si è contraddistinto per la previsione - accanto alle tradizionali condizioni dell’azione previste in via generale (interesse ad agire, legittimazione ad agire e possibilità giuridica) - di un’ulteriore condizione: l’impugnabilità dell’atto amministrativo. Con tale nozione si fa riferimento all’idoneità dell’atto amministrativo di incidere direttamente ed immediatamente sulle posizioni giuridiche soggettive dei destinatari76.

La dottrina77 ha evidenziato che solamente nel momento in cui la P.A. emana un atto idoneo a spiegare i suoi “effetti tipici” - e, quindi, in grado di incidere nella sfera giuridica del privato - sorge l’onere e la stessa possibilità giuridica di impugnare l’atto entro il termine decadenziale previsto78.

75 M. TRIMARCHI, il divieto di «pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora

esercitati» attraverso il prisma della giurisprudenza, op. cit., § 4; L. MARUOTTI, La giurisdizione

amministrativa: effettività e pienezza della tutela, in www.giustizia-amministrativa.it, § 3. 76 L. IEVA, Presupposti processuali e condizioni dell’azione in R. GIOVAGNOLI, L. IEVA, G. PESCE, Il processo amministrativo di primo grado, Milano, Giuffrè, 2005, p. 346.

77 L. IEVA, Presupposti processuali e condizioni dell’azione, op. cit., p. 346.

78 In giurisprudenza sul punto cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. I, 17 aprile 2003, n. 2076 in Riv.

giur. edil., 2003, pp. 1667 e ss.; Cons. Stato, Sez. IV, 20 settembre 2000, n. 4933, in Foro amm.,

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Allo stesso modo, la giurisprudenza79ha sempre negato la possibilità di impugnare gli atti endoprocedimentali e, in particolar modo, la comunicazione di avvio del procedimento e il preavviso di rigetto di cui agli artt. 7 e 10 bis della l. 7 agosto 1990, n. 24180.

In tali casi, il privato subisce un pregiudizio che non deriva dalla modificazione della propria sfera giuridica in ragione del dispiegarsi degli effetti giuridici tipici del provvedimento finale, ma si collega alla minaccia di tali effetti e alla situazione d’incertezza che ne scaturisce.

La giurisprudenza amministrativa ha escluso, altresì, l’ammissibilità della tutela inibitoria a fronte di provvedimenti non ancora incidenti in via immediata e diretta sulla posizione giuridica del soggetto interessato. Nella prospettiva tradizionale, la tutela inibitoria è stata correlata con il potere del giudice amministrativo di paralizzare, in via cautelare, gli effetti prodotti dall’atto amministrativo impugnabile, con la conseguente inapplicabilità agli atti endoprocedimentali.

A bene vedere, il potere di sospensione degli effetti giuridici del provvedimento amministrativo impugnato costituisce soltanto un aspetto della tutela inibitoria la quale consiste, come già accennato nel precedente capitolo, nell’ordine giudiziale di astenersi da un comportamento ritenuto illecito impartito in via cautelare o in seno ad una pronuncia definitiva di condanna ad un non facere.

79 Cfr. ex multis T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 1 settembre 2011, n. 4267, in Foro amm.

TAR, 2011, p. 2817 (s.m.); T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 10 novembre 2011, n. 1351, Foro amm. TAR, 2011, pp. 3677 e ss.; T.A.R. Valle d'Aosta, 13 dicembre 2011, n. 85 in Foro amm. TAR, 2011, p. 3829 (s.m.).

80 Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 13 giugno 2011, n. 3554, in Riv. giur. edil., 2011, pp. 1268 e ss., secondo cui «Se in astratto può ritenersi condivisibile la tesi della non impugnabilità del preavviso di diniego, di cui all'art. 10 bis, l. n. 241/1990, ad opposte conclusioni deve tuttavia pervenirsi quando a detto preavviso non solo non abbia fatto seguito, in tempi ragionevoli, l'emanazione di alcun provvedimento formale sull'istanza presentata, ma sia anche ravvisabile una sostanziale sospensione a tempo indeterminato del procedimento, con lesione attuale dell'interesse pretensivo del privato e conseguente applicabilità dei principi, pacificamente riconosciuti dalla giurisprudenza in materia di impugnazione degli atti soprassessori».

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La struttura fondamentale di tale tipo d’azione risiede indubbiamente nell’accertamento di un comportamento illecito e nella correlativa condanna di astenersi o di cessare il compimento dell’illecito.

Il potere inibitorio del giudice amministrativo nei confronti della P.A. - presupponendo l’accertamento del rapporto amministrativo - incontra senza dubbio i limiti previsti per l’azione di accertamento e, in particolare, il limite previsto dall’art. 34, comma 2° c.p.c.

Nel caso in cui il potere amministrativo non sia stato ancora esercitato, la possibilità per il giudice di paralizzare - a monte – gli effetti dell’atto amministrativo si tradurrebbe nella indebita sostituzione della volontà giudiziale a quella dell’amministrazione, rimasta inespressa.

Diverso appare il caso in cui l’accertamento e l’inibitoria vengano richiesti dal privato a fronte di poteri amministrativi già esercitati ma non ancora sfociati in un provvedimento amministrativo impugnabile attraverso l’azione di annullamento.

Pensiamo per un momento ad un’amministrazione che ai sensi dell’art. 7 della l., 7 agosto 1990, n. 241 comunichi l’avvio di un procedimento teso alla chiusura dell’attività imprenditoriale, poiché ritenuta priva di alcuni requisiti previsti dalla legge.

Ipotizziamo, ancora, che l’attività imprenditoriale dipenda da finanziamenti bancari e da una programmazione che, dinnanzi all’incertezza ingenerata dall’esercizio dei poteri amministrativi, rischiano di rallentare o arrestarsi, con un pregiudizio economico che, seppur risarcibile, può comportare rilevanti conseguenze.

In tale ipotesi non può continuarsi a negare l’interesse del privato ad accertare l’esistenza o l’inesistenza del rapporto con la P.A81.

La necessità di garantire l’effettività della tutela giurisdizionale impone, allora, una rimeditazione delle conclusioni giurisprudenziali riferite; e i

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nuovi poteri attribuiti al giudice amministrativo in sede cautelare depongono in tal senso.

L’art. 55 c.p.a. ha profondamente innovato la precedente previsione legislativa contenuta all’ultimo comma dell’art. 21 della l. 6 dicembre 1971, n. 1034 - e, ancora prima, dall’art. 12 della l. 31 marzo 1889, n. 5992 - con cui si riconosceva al giudice amministrativo il potere esclusivo di sospendere l’esecuzione dell’atto impugnato.

Tale strumento di tutela ben si conciliava con l’impostazione tradizionale, presupponendo l’esistenza di un provvedimento amministrativo impugnato sui cui effetti il giudice amministrativo poteva - anche ante causam – incidere. Ed anche le c.d. ordinanze propulsive -scaturenti dalla sospensione degli effetti giuridici dell’atto di diniego - implicavano sempre l’esistenza di un provvedimento82.

La centralità del provvedimento amministrativo appare, come già detto, in crisi: l’art. 55 del c.p.a. si limita a stabilire che “Se il ricorrente, allegando di subire un pregiudizio grave e irreparabile durante il tempo necessario a giungere alla decisione sul ricorso, chiede l'emanazione di misure cautelari, compresa l'ingiunzione a pagare una somma in via provvisoria, che appaiono, secondo le circostanze, più idonee ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso, il collegio si pronuncia con ordinanza emessa in camera di consiglio”. La disposizione continua prevedendo che “La domanda cautelare e' improcedibile finche' non e' presentata l'istanza di fissazione dell'udienza di merito, salvo che essa debba essere fissata d'ufficio”.

Il contenuto dell’ordinanza cautelare diventa atipico, non essendo più rigidamente agganciato alla sospensione degli effetti dell’atto impugnato, e può adattarsi al tipo di azione proposta al fine di tutelare l’interesse legittimo pretensivo.

82 Per un’ampia panoramica sul punto cfr. E. FOLLIERI, La cautela tipica e la sua evoluzione, in

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In tale contesto, la tutela inibitoria appare adeguata ad assicurare gli effetti della pronuncia di accertamento, impedendo che la P.A. possa nelle more del giudizio emanare un provvedimento con cui rimuova essa la situazione d’incertezza legittimante il ricorso giurisdizionale.

D’altro canto, il potere inibitorio dei giudici nei confronti della P.A. non è un fenomeno del tutto nuovo nel nostro ordinamento, seppur riservato ad ambiti di tutela speciali (come per la class action introdotta con il d.lgs. 20 dicembre 2009, n. 198, con l’obiettivo di contrastare l'inefficienza delle pubbliche amministrazioni).

In definitiva, l’azione di accertamento e la correlata azione inibitoria aumentano sicuramente gli ambiti di tutela del privato, superando i tradizionali confini posti dalla natura impugnatoria del giudizio amministrativo83 cui, tra l’altro, appare ancora legata la giurisprudenza comunitaria, la quale, con le celebri sentenze Factortame (1990)

Zuckerfabrik Suderithmarschen (1991) e Atlanta (1995)84, pur

riconoscendo ampi poteri in sede cautelare al giudice nazionale, appare ancora tributaria della centralità dell’azione di annullamento

83 Evidenzia l’importanza del rapporto tra contenuto dei poteri cautelari e del tipo di sentenza emettibile dal giudice amministrativo E. FOLLIERI, La cautela tipica e la sua evoluzione, op. cit.,

672-673.

84 Rispettivamente sentenze CGCE, 19 giugno 1990, C-213/89, Factortame, in Foro it., 1991, IV, pp. 498 e ss.; Id., 21 febbraio 1991, C-143/88 e C- 92/89, Zuckerfabrik Suderithmarschen, in Foro amm., 1991, pp. 722 e ss.; Id. 9 novembre 1995, C-465/93 Atlanta, in Foro amm., 1996, pp. 2553 e ss. con nota di R. CARANTA.

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CAPITOLO III

L’AZIONEDIADEMPIMENTONELCODICEDELPROCESSO

AMMINISTRATIVO.