• Non ci sono risultati.

L’azione autonoma di risarcimento

Un ulteriore aspetto di natura processuale in cui si ravvisano differenze e incongruenze fra tutela giurisdizionale ordinaria e tutela giurisdizionale amministrativa è quello relativo all’istituto del risarcimento autonomo del danno. In particolare, il d.lgs. n. 104 del 2010 prescrive, all’art. 30, comma 3, che “Nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti”.

Sul punto, è stato osservato320 come qui si sia istituita una pregiudiziale di merito, anziché di rito, rispetto alla richiesta risarcitoria, perché pur ammissibile anche in assenza dell’esperimento della ordinaria diligenza, può incidere, fino ad annullarlo, sul

quantum del risarcimento. Inoltre, siamo qui in presenza di un tipo di diligenza anche

positiva (diversamente da quella meramente negativa di diritto civile), che comporta attività in capo al ricorrente ulteriori rispetto a quelle gravanti sul richiedente il

2006, n. 7620; Cass., 4 marzo 2005, n. 4744; Cass., 21 giugno 2004, n. 11470; Cass., 24 giugno 2003, n. 10009; Cass., 27 ottobre 2000, n. 14142; , in Giur. it., 2001, 753, con nota di M.SARALE, Diritti

soggettivi dei soci, causa societaria e principio di maggioranza: i turbamenti degli interpreti; Cass., 9 giugno 2000, n. 7931, in Foro it., 2000, I, 3147.

319 Sulla specificità e la maggiore restrittività del principio iura novit curia (e quindi sulla

corrispondenza fra chiesto e pronunciato) nel processo amministrativo cfr. V. CAIANIELLO, Lineamenti del processo amministrativo, Torino, Giappichelli, 1979, p. 261, il quale afferma che “nel processo amministrativo il principio della iniziativa di parte è ancor più rigido”; v., inoltre, A. ROMANO, La pregiudizialità nel processo amministrativo, Milano, Giuffrè, 1958, p. 343;C.ANELLI, La

rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale nel giudizio amministrativo, in Studi in memoria di Franco Piga, Milano, Giuffrè, 1992, pp. 86 ss.; M.NIGRO, Giustizia amministrativa, Bologna, Il Mulino, 1976, p. 288; N.PIGNATELLI, Le reciproche "incidenze" tra processo amministrativo e processo

costituzionale, in giustizia-amministrativa.it

320 V. A.SANDULLI (A CURA DI), Diritto processuale amministrativo, Milano, Giuffrè, 2013, pp. 118

risarcimento di fronte al giudice ordinario; quindi, ancora una volta, si ravvisa un affievolimento delle garanzie, anziché una loro espansione.

Più in particolare, però, è il comma 5 del predetto articolo che ha creato delle difficoltà giurisprudenziali. Esso, infatti, prevede che “nel caso in cui sia stata proposta azione di annullamento [quindi, nel caso dell’esperimento della “ordinaria” diligenza prevista al comma 3], la domanda risarcitoria può essere formulata nel corso del giudizio o, comunque, sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza”.

Anche se in proposito la Corte costituzionale non si espressa, ravvisando un deficit di rilevanza (nella sent. n. 280 del 2012321), non può non ricordarsi che proprio basandosi su quanto appena rilevato, il T.A.R. Sicilia, con ordinanza n. 1628 del 2011, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 30, comma 5, per asserita violazione degli artt. 3, 24, 103 e 113 della Costituzione e del requisito di ragionevolezza. In particolare, la censura più formulata era quella di non tenere conto della funzionalità reciproca delle azioni di annullamento e di risarcimento, trattando in sede operativa la seconda alla stregua della prima, senza considerare la diversità strutturale dei due rimedi. Soprattutto, si lamentava la previsione di un termine (i centoventi giorni) di decadenza per un rimedio (il risarcimento autonomo) cui tradizionalmente si legava il termine prescrizionale.

La diversità fra decadenza e prescrizione è, d’altra parte, illuminante per comprendere il caso di specie e inquadrarlo nel discorso generale sulla tutela dei diritti322. Tanto la prescrizione che la decadenza sono, infatti, istituti finalizzati ad assicurare la certezza del diritto, estinguendo determinate situazioni. La prima, però, consiste in termini normalmente dilatati, che possono essere sospesi o interrotti in ragione di manifestazioni di volontà dell’interessato, attraverso cui sono rese note determinate situazioni; si raggiunge in questo modo la stessa finalità di certezza del diritto che sostanzia la prescrizione.

La decadenza, invece, non dipende dall’inerzia del titolare del diritto in quanto esprime un’esigenza di certezza del diritto così categorica da essere tutelata indipendentemente dalla possibilità di agire del soggetto interessato. Di conseguenza, il termine è breve e non soggetto a sospensione o interruzione.

Ne deriva che la prescrizione è posta tanto nell’interesse dell’ordinamento quanto in quello del titolare dell’interesse prescrivibile; mentre la decadenza è istituto

321 V. H.SIMONETTI, Il giudizio risarcitorio nel processo amministrativo, in G.P.CIRILLO (A CURA DI),

Il nuovo diritto processuale amministrativo, Padova, Cedam, 2014, p. 576.

322 V. G. MOLFESE, Prescrizione e decadenza, Milano, Giuffrè, 2009; nonché G. AZZARITI - G.

SCARPELLO, Della prescrizione e della decadenza, in A.SCIALOJA -G.BRANCA (A CURA DI), Commentario

esclusivamente al servizio delle esigenze generali323. Ciò significa che la prescrizione è elemento proprio di processi, come quello civilistico, e di azioni, come quella risarcitoria, di tipo, per così dire, soggettivistico. La decadenza, invece, si lega maggiormente ad esigenze di diritto oggettivo quali, per l’appunto, quelle tradizionalmente soggiacenti alla giurisdizione amministrativa di legittimità.

Di qui l’incoerenza e l’irragionevolezza di fondo del comma 5. L’azione risarcitoria viene, infatti, prevista proprio a coronamento del percorso di soggettivazione del processo amministrativo, percorso cui è parte significativa la descritta opera di “sostanzializzazione” dell’interesse legittimo. Ma il termine di decadenza dell’azione risarcitoria non è coerente con tale presupposto, reinserendo logiche di tutela occasionale degli interessi dei ricorrenti in un contesto ormai ampiamente mutato.

E ciò è tanto più allarmante se l’interesse legittimo la cui azione di risarcimento viene sottoposta a termine di decadenza integra un diritto fondamentale. Insomma, il comma 5 dell’art. 30 c.p.a. si pone in contrasto con l’evoluzione dei mezzi processuali amministrativi, nonché con la sentenza della Corte costituzionale n. 140 del 2007, che da tale evoluzione ha preso ispirazione per creare un sistema di tutela dei diritti ad ampio raggio.

Ciò che si vuole, in definitiva, evidenziare è la disparità di trattamento processuale tra ricorrente di fronte al giudice speciale e attore del processo civilistico, nel caso in cui quest’ultimo si trovi a chiedere il risarcimento della lesione di un diritto fondamentale riflesso, però, in un diritto soggettivo o in un interesse legittimo privatistico. Il ricorrente in sede civile potrà, infatti, contare sul termine prescrizionale lungo, senza essere soggetto a quello più breve dei centoventi giorni.

Non è solo una questione di lesione del diritto di difesa, ma anche, soprattutto, di contrasto con il principio della massima espansione delle tutele.