La prospettiva teorica: un’esplorazione delle categorie di riferimento del pensiero di Luigi Giussan
II.5. L’io in azione: esperienza e mendicanza
Come si è già accennato più sopra, secondo don Giussani l’uomo è immesso nella realtà con una dotazione originaria e universale che lo costringe ad un incessante confronto con tutto ciò che esiste ed incontra nel suo cammino. Il riconoscimento di tale fattore costitutivo dell’essere uomo non è l’esito di una speculazione astratta e teoretica ma sgorga nell’ambito dell’impegno con la realtà: quanto più l’io è in azione, quanto più si osserva la propria persona nell’esperienza quotidiana, tanto più si scoprono gli elementi portanti di quello che è il soggetto umano. I fattori costitutivi dell’umano si percepiscono quando sono provocati in un coinvolgimento, quando sono impegnati in un’azione; il rischio altrimenti è che essi non vengano mai a galla, non siano mai rilevabili e pertanto l’uomo ingenuamente giunga anche a negarli141.
Le domande di senso rappresentano quella “forza motrice” da cui tutto si origina: esse mobilitano le energie dell’uomo irrorandole incessantemente nel loro dispiegarsi nel mondo alla ricerca della verità. Tali esigenze costitutive dell’essere uomo sono inestirpabili, ineludibili, ineliminabili perché appartengono alla struttura del nostro io, costituiscono, dice Giussani, “come la
stoffa di cui uno è fatto”142. Vivendo intensamente il rapporto con tutta la
realtà, nella sua interezza e totalità, l’uomo sorprende la sua natura, si scopre portatore delle esigenze originali che coincidono con l’esigenza di verità, di giustizia, di felicità, di amore. Negare la domanda di un perché ultimo che lo costituisce significherebbe negare se stesso, significherebbe non poter dire “io”, con tutto ciò che tale affermazione implica. Certo, l’uomo può censurare la “domanda”, può accontentarsi degli istanti o attimi che sembrano liberarlo dalla noia quotidiana, può nutrirsi dei falsi idoli che oggi dominano i nostri luoghi, insomma può evadere in molti modi da quello che è, ma inutilmente,
141
Cfr. L. Giussani, Il senso religioso, cit., pp. 46 e sgg. 142
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za146.
perché la realtà, più forte e ostinata, lo riposiziona di continuo davanti all’esigenza di infinito che dà forma al suo volto.
La realtà ha sempre un punto di fuga che rimanda a qualcosa d’altro: Giussani cita in proposito dei versi di Clemente Rebora, “Qualunque cosa tu
dica o faccia c’è un grido dentro: non è per questo, non è per questo”143, versi
che esprimono con forza drammatica l’essenza stessa del cuore umano. Tutti i fatti della vita sono occasioni per comprendere il proprio io, per coglierne l’essenza, per scoprire il proprio destino. L’impatto con il reale, senza preclusioni, senza rinnegare e dimenticare nulla, è la condizione necessaria per sorprendere i fattori costitutivi dell’io.
Quanto più intenso è l’impatto con la realtà tanto più si sprigiona un invito, una parola, un logos che sospinge oltre, che rinvia oltre sé, più in là, in
greco anà144. La parola analogia, nel pensiero di don Giussani, è
sapientemente rivisitata in chiave antropologica, come osserva Scola145; il
valore dell’analogia si mostra nella struttura dinamica di impatto che l’uomo ha con la realtà destando in lui una voce che lo attira a un significato che è più in là, più in su, oltre. È caratteristica dei grandi uomini e degli spiriti vivi l’ansia della ricerca mediante l’impegno della loro esisten
Il porsi del soggetto nei termini di autocoscienza sistematica e critica del reale, attraverso un impegno infaticabile di domanda, di ricerca, di curiosità, nel confronto continuo con le esigenze originarie, caratterizza l’uomo come mendicante, l’uomo cioè che chiede supplichevolmente la verità. Afferma Giussani: “Se la natura dell’uomo è indomabilmente alla ricerca di una risposta; se la struttura dell’uomo dunque è questa domanda irresistibile e inesauribile, si sopprime la domanda se non si ammette l’esistenza di una risposta. E questa risposta non può essere che insondabile. Solo l’esistenza del mistero è adeguata alla struttura di mendicanza che l’uomo è. Egli è insaziabile
143
C. Rebora, Sacchi a terra per gli occhi, vv. 13-15, in Id., Le poesie, Garzanti Libri, Milano 1999. I versi si trovano citati in L. Giussani, Il senso religioso, cit., p. 168.
144
Cfr. L. Giussani, Il senso religioso, cit., pp. 150 e sgg. 145
A. Scola, Un pensiero sorgivo, cit., p. 40. 146
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mendicanza e ciò che gli corrisponde è qualcosa che non è se stesso, che non si
può dare, che non può misurare, che l’uomo non sa possedere”147.
Paradossalmente il vertice della libertà si esprime e si compie proprio nel grido di domanda che attraversa il cuore dell’uomo consapevole della radice ultima che lo costituisce: l’esigenza ineludibile di inoltrarsi e di penetrare sempre più il significato della realtà.
La tensione dell’Autore a suscitare la domanda di verità in coloro che incontrava è testimoniata in numerosissimi passi dei suoi libri. Per esemplificare, riportiamo alcuni testi tratti da una conversazione avuta da Giussani con un gruppo di universitari, segno dell’impegno educativo profuso con costanza e con passione nei confronti delle giovani generazioni. In occasione degli esercizi spirituali degli universitari nel 1992, alla domanda di uno studente che gli chiedeva che differenza ci fosse tra desiderio del vero e domanda del vero, così Giussani rispondeva: “Il desiderio del vero non può non diventare domanda, se è desiderio autentico. La domanda inevitabilmente consegue da un desiderio autentico. Se il desiderio non si compie in domanda,
non è un desiderio vero”148.
Qualche anno più tardi, nel 2001, alla giornata d’inizio anno degli universitari di Milano, così si esprimeva: “Vi prego di essere sempre nella vostra giornata appuntati sulla preghiera, sull’avamposto della domanda: la domanda è l’avamposto dell’uomo che va in battaglia; la domanda è un grido che non deve trascurare la sua autocoscienza, l’autocoscienza per cui vibra ed è
nato”149. Le parole di Giussani mostrano chiaramente la posizione più
corrispondente alla dimensione costitutiva dell’uomo: la domanda, l’attesa, la mendicanza di fronte al riconoscimento della esigenza di totalità che la ragione esprime, rappresentano il compimento di sé e della propria libertà.
Il 30 maggio del 1998, durante l’incontro di Papa Giovanni Paolo II con i movimenti ecclesiali, don Giussani conclude il suo discorso con queste parole: “La libertà dell’uomo, sempre implicata dal Mistero, ha come suprema,
147
Ivi, p. 75. 148
L. Giussani, Perché il cuore viva, in Id., Realtà e giovinezza. La sfida, cit., pp. 65-66. 149
L. Giussani, Dalla mia vita alla vostra, in Id., Avvenimento di libertà. Conversazioni con giovani universitari, cit., p.11.
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inattaccabile, forma espressiva, la preghiera. Per questo la libertà si pone, secondo tutta la sua vera natura, come domanda di adesione all’Essere, perciò a Cristo. […] L’esistenza si esprime, come ultimo ideale, nella mendicanza. Il vero protagonista della storia è il mendicante: Cristo mendicante del cuore
dell’uomo e il cuore dell’uomo mendicante di Cristo”150.
Il compito dell’uomo, il lavoro cui egli è chiamato, è camminare senza mai smettere di domandare il compimento di quel destino che teneramente si offre e si propone alla libertà umana. “La mendicanza è l’ultima possibilità di
forza adeguata al nostro destino, rende l’uomo adeguato al destino”151.