Entrando nel merito della realizzazione delle traiettorie operative, concretizzabili in favore di una presa in carico sia qualitativa che diretta all’autodeterminazione della persona con disabilità, i professionisti (pedagogisti, educatori, ecc.) sono chiamati ad attuare azioni strategiche e sinergiche dal carattere educativo. In questa direzione, verranno proposte all’interno del presente paragrafo
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alcune fasi procedurali che possono essere attuate nella realizzazione di interventi pedagogici.
Come sottolinea la letteratura di riferimento (Ianes, Cramerotti, 2009; Gioconi, 2015; Cottini, Fedeli, Zorzi, 2016) interventi che tangano conto di un impianto organizzativo e metodologico basato su concetti educativi, prevedono un’articolazione caratterizzata da tre momenti procedurali: (1) conoscere; (2) progettare; e, (3) valutare, che andiamo brevemente a presentare.
3.2.1 Conoscere
La componente della conoscenza rappresenta la fase preliminare della presa in carico ed ha come «obiettivo fondamentale la conoscenza più estesa e la comprensione più approfondita possibile» (Ianes, Cramerotti, 2009, p. 32) della persona con disabilità. Grazie all’allineamento delle aspettative, dei bisogni e dei desideri della persona e delle sue ‘agenzie educative’ di riferimento, come precedentemente emerso, il momento conoscitivo può essere attuato in riferimento all’autodeterminazione, attraverso la pratica dell’osservazione, dell’ascolto e della rilevazione del costrutto.
L’osservazione riveste un ruolo fondante alla base dell’approccio conoscitivo, soprattutto se effettuata grazie all’utilizzo di principi metodologici che ne potenziano affidabilità e controllabilità esterna (Biklen, Bodgan, 2007; Freeman et al., 2007; Vertecchi, Agrusti,
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Losito, 2010; Trinchero, 2012; Cottini, Morganti, 2015). Tra gli aspetti positivi della pratica osservativa Cottini e Morganti (2015) evidenziano la possibilità di «calarsi in maniera naturale nell’ambiente nel quale le situazioni si manifestano, non modificando i contesti di riferimento o facendolo in maniera ridotta» (p. 119). Questa prospettiva consente non solo una relazione tra i comportamenti osservati, ma anche una relazione degli stessi con le condizioni ambientali in cui si manifestano (Trinchero, 2002). D’altro canto, tra i punti deboli è rintracciabile la riconosciuta criticità di un’eccessiva soggettività di chi osserva (Braga, Tosi, 1998), in parte superabile attraverso protocolli osservativi (Trinchero, 2012; Giaconi, 2015; Cottini, Morganti, 2015). Per quanto riguarda l’autodeterminazione, osservare modalità di azione e atteggiamenti della persona con disabilità nei suoi differenti contesti di riferimento permette di avere prime forme di chiarificazioni che consentono di orientarsi nella presa in carico.
L’ascolto, soprattutto per le professioni dedicate alla relazione di aiuto, risulta essere un’ulteriore preziosa modalità conoscitiva (Kliewer, 1998; Kliewer, Biklen, 2001; Pavone, 2010; Demetrio, 2018; Giaconi, Capellini, 2018). Ascoltare significa accedere ad uno spazio generativo di trasformazione della relazione con l’altro, che contribuisce all’«umanizzazione dei rapporti» (Demetrio, 2018, p. 6) per addentrarsi nella conoscenza di fenomeni complessi come quelli correlati alle disabilità (Giaconi, Capellini, 2018). Nel dettaglio, sono le narrazioni a divenire dispositivi funzionali che permettono di
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offrire «una importante cornice per analizzare come le storie delle persone con disabilità possano irrompere nelle trame della quotidianità, alterando e distruggendo i progetti di vita, ma al contempo possano mettere in luce le strategie con cui i soggetti si impegnano a riscostruirli» (Giaconi, Capellini, 2018, p. 18). Diverse possono essere le criticità metodologiche in questa direzione, come ad esempio la difficoltà nell’interpretazione dettagliata e contestualizzata di uno o più fenomeni, superabili grazie ad accorgimenti procedurali e dispositivi di analisi delle pratiche educative (Vinatier, Altet, 2008; Darling-Hammond et al., 2009; Cottini, Morganti, 2015; Gaconi, Capellini, 2018). Per quanto concerne l’autodeterminazione, in altri lavori (Del Bianco, 2018) abbiamo già sottolineato che «narrarsi è il primo passo verso il lungo cammino dell’emancipazione, nel quale la persona ritrova le basi per fondare un potenziale progetto di autorappresentanza» (p. 43).
Come emerso nei precedenti capitoli di questo lavoro, la pratica della valutazione richiede procedure specifiche che possano contribuire ad una valutazione metodologicamente affidabile. Attuare una prospettiva sistemica in cui l’assessment sia funzionale significa, quindi, definire chiaramente la modalità di valutazione (Schalock, Verdugo Alonso, 2012; Giaconi, 2015). Rilevare sia i livelli della Qualità della Vita sia i livelli di autodeterminazione nelle persone con disabilità permette l’acquisizione di risultati utili per promuovere lo sviluppo e la pianificazione delle prassi educative orientate all’incremento dei costrutti (Bickman et al., 1998; Hensel 2001;
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Townsend-White et al., 2012). In generale, pur con delle criticità procedurali (Luckasson et al., 2002; Stancliffe et al., 2002; Shogren et al., 2008; Arias et al., 2009; Zappella, 2018; Del Bianco, 2019), valutare il costrutto dell’autodeterminazione, ad esempio attraverso le strumentazioni precedentemente presentate, consente di produrre un profilo del livello di autodeterminazione che fotografa lo stato attuale del costrutto nella persona con disabilità intellettiva. La somministrazione degli strumenti permette di identificare le aree più sviluppate e quelle che, invece, necessitano di maggiori interventi. Le informazioni che si possono ricavare divengono, quindi, utili per la costruzione di pratiche educative orientate ad implementare le aree deficitarie dell’autodeterminazione, oltre a consentire di tener traccia dei progressi nel tempo (Del Bianco, 2019).
3.2.2 Progettare
La fase preliminare della conoscenza permette la definizione delle finalità generali e degli obiettivi specifici che possono essere raggiunti attraverso la progettazione dell’intervento educativo, cuore della presa in carico della persona con disabilità. Il professionista è chiamato, in questa fase, al coinvolgimento diretto non solo della persona, ma anche dei suoi contesti di riferimento, per giungere ad una visione ecologica ed ecosistemica della progettazione (Medeghini, 2006; Del Bianco, 2019). Il presupposto
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dell’allineamento, in questa fase, necessita di essere attuato in relazione alla progettazione dei sostegni e degli obiettivi perseguibili.
Nel dettaglio, per quanto riguarda la centralità della persona, la delineazione delle procedure/modalità da attuare (attività/spazi/tempi) necessita di essere aderente e “cucita su misura” in relazione alle peculiarità dalla stessa, per giungere ad una reale individualizzazione e personalizzazione della progettazione (Inaes, Cramerotti, 2009). Porre al centro della progettazione interessi, motivazioni, bisogni della persona con disabilità significa focalizzare l’attenzione sull’analisi delle specifiche singolarità e peculiarità della stessa, al fine di implementare determinate aree di autodeterminazione.
In relazione ai contesti in cui la persona con disabilità è inserita prendere in considerazione sia gli accomodamenti (supporti e sostegni) sia le relazioni interpersonali (caregivers/peers) consente di progettare strategie specifiche che mirano a guidare l’intervento verso i potenziali sviluppi delle traiettorie educative (King et al., 2015; McPherson et al., 2016). In questa direzione, la letteratura di riferimento (Abery, Stancliffe, 2003; Mithaug, 2003) afferma che le variabili contestuali e le relazioni sociali influenzino in modo diretto le opportunità e le occasioni insite nei processi autodeterminati, incidendo, ad esempio nell’espressione delle preferenze e delle decisioni (Burke et al., 2019).
Per tali ragioni, nella fase della progettazione i presupposti dell’allineamento dovranno essere posti in essere sia in relazione ai
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supporti attuabili, sia in relazione agli obiettivi entro i diversi livelli di interventi, con lo scopo di orientare la progettazione verso il raggiungimento delle possibili autonomie della vita adulta, ovvero abilità e competenze legate all’autodeterminazione (Giaconi, 2015; Del Bianco, 2019). Come vedremo nel paragrafo successivo, specifiche considerazioni possono essere effettuate in questa fase procedurale al fine di realizzare interventi in grado di implementare abilità e competenze relative al costrutto dell’autodeterminazione nelle persone con disabilità intellettive.
3.2.3 Verificare
Per verifica la letteratura intende il «procedimento sistematico che mira a determinare in qual misura gli obiettivi sono stati raggiuti» (Giovannini, 1994, p. 48). In ambito educativo significa far riferimento a conoscenze specifiche, in cui viene attenzionato l’intero sistema progettato. Chi verifica è, quindi, chiamato ad interpretare e ad interrogarsi sulle pratiche attuate, valutando il proprio operato e quello altrui, confrontandosi con strumenti, tecniche e metodi scientificamente rigorosi (Bondioli, Ferrari, 2002). La fase della verifica rappresenta il momento di monitoraggio dell’efficacia dell’intervento, ovvero una “cartina di tornasole” che implica un lavoro di attenta analisi e lettura dei risultati che si sono o meno ottenuti fino a quel momento (Cottini, Morganti, 2015). In modo
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periodico gli strumenti di conoscenza necessitano di essere nuovamente somministrati, al fine di vagliare se i risultati raggiunti possono ritenersi soddisfacenti o necessitano di essere ripensati e riprogettati. Oltre al momento di monitoraggio in itinere e finale dell’intervento, la verifica permette il ritorno alla fase d’avvio, per giungere all’implementazione alla stessa, garantendo ciclicità al processo ecologico degli interventi educativi (Figura 4). Per quanto riguarda il costrutto dell’autodeterminazione alcune dimensioni del processo di verifica implicano una negoziazione di significati condivisi nell’ambito di uno “spazio dialogico-conversazionale” (Savio, 2013), per giungere ad una «ricaduta formativa intesa come empowerment, cioè come potenziamento del senso del sé e quindi della capacità di autodeterminazione» (Savio, 2013, p. 72). In questa direzione, coinvolgere la persona interessata nella valutazione, che diviene “partecipata”, contribuisce ad un maggior controllo dei percorsi formativi attuati.
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Figura 4: Processo ecologico per la realizzazione degli interventi educativi (rielaborazione personale)
3.3 Per un protocollo di intervento