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b) Schlick e Reichenbach

Nel documento Einstein e l'immaginazione scientifica (pagine 193-200)

Un preludio del dibattito degli anni venti si può ricostruire attraverso le prime occorrenze della relatività nelle opere di alcuni esponenti del neokantismo e del positivismo.

La prima ricezione della relatività ristretta si deve al neokantiano Natorp, che nella prima edizione, nel 1910, del libro sui fondamenti logici delle scienze esatte ( Die logischen Grundlagen der exakten Wissenschaften ), rifacendosi soprattutto alla conferenza di Minkowsky sullo spazio-tempo208, aveva sostenuto che la

dottrina kantiana dello spazio e del tempo non veniva smentita dalla relatività ristretta, ma riceveva al contrario una sorprendente conferma. La teoria della relatività poteva rientrare nell'alveo dell'idealismo critico perchè riguardava soltanto la misurazione dello spazio empirico e non andava minimamente ad interferire con la natura ideale dello spazio e del tempo puri. Per Kant, come del resto già per Newton, spazio e tempo assoluti sono puri costrutti ideali, non oggetti della percezione. Questa è stata la più utilizzata strategia di immunizzazione utilizzata dalle interpretazioni neokantiane per aggirare il conflitto tra la concezione assolutistica dello spazio e quella relativistica che scaturiva dagli evidenti dissidi tra Estetica trascendentale e relatività ristretta. I neokantiani si rifugiarono dietro l'idealità dello spazio e del tempo, ultimo baluardo per difendersi da una rivoluzione fisica che sconfessava le loro

208 Il 21 Settembre 1908 Hermann Minkowski, tenne a Colonia un'importante conferenza dal titolo

Raum und Zeit. Questa è una delle frasi più significative: “ D'ora innanzi spazio e tempo per sé presi devono decadere completamente al rango di ombre e dovrà sussistere autonomamente solo una sorta di unione di entrambi “

convinzioni. Contro questa posizione intraprese ben presto una battaglia polemica Moritz Schlick con l'articolo Die philosophische Bedeutung des

Relativitatsprinzips ( 1915 ).

Per Schlick, Natorp è incorso nell'errore di postulare l'assolutezza ideale dello spazio e del tempo come condizione delle determinazioni empiriche. Secondo Schlick questa distinzione è infondata perché la teoria della relatività mostra come spazio e tempo si risolvano nella loro misurazione, senza alcun rinvio a una dimensione assoluta che la giustifichi.

Secondo Schlick bisogna pertanto riconoscere che la filosofia kantiana rimane chiusa in un impasse difficilmente risolvibile perché il suo retroterra newtoniano la pone in conflitto con i progressi della fisica odierna, e d'altra parte l'abbandono di tale retroterra comporta la trasformazione della dottrina dell'intuizione pura in una prospettiva non più epistemologica, ma al limite psicologica. L'importanza di questo nodo cruciale fu colta immediatamente anche da Einstein che in una lettera si dichiarò del tutto convinto dalla magistrale analisi di Schlick.

Nell'opera successiva, Spazio e tempo nella fisica contemporanea, Schlick dedica grande spazio alla neonata teoria della relatività generale i cui risultati sembrano fatali per la dottrina kantiana del sintetico a priori. Nell'ultimo capitolo, Relazioni

con la filosofia, Schlick formula una netta distinzione tra spazio e tempo fisici “

oggettivi “ e spazio e tempo psicologici “ soggettivi “, sottolineando che di questi ultimi ve ne sono di parecchie specie collegati alle varie intuizioni sensibili ( ottiche, tattili, acustiche ). La critica che Schlick muove alla dottrina kantiana è di non distinguere tra lo spazio e il tempo della fisica e quelli intuitivi e soggettivi

della psicologia. Infine come naturale conseguenza della relatività generale, Schlick contesta lo statuto di aprioricità dello spazio fisico euclideo.

Schlick non manca di criticare neppure il rigoroso positivismo di Mach ed in particolare la sua dottrina degli elementi: “ Questa concezione, però, non è l'unica

interpretazione possibile dello stato di fatto della scienza. Se eminenti scienziati del campo delle scienze esatte continuano ad affermare che l'immagine positivistica rigorosa del mondo non li soddisfa, il fondamento di ciò sta indubbiamente nel fatto che tutte le grandezze che compaiono nelle leggi fisiche non indicano “ elementi “ nel senso di Mach; le coincidenze che vengono espresse mediante le equazioni differenziali della fisica non sono immediatamente accessibili all'esperienza, esse non indicano direttamente una coincidenza dei dati dei sensi, ma anzitutto di grandezze non-intuitive, come intensità di campi elettrici e magnetici e simili. “209.

Con l'aumentare della fama mondiale di Einstein durante gli anni venti, andò di pari passo la fioritura di opere dedicate allo studio delle implicazioni epistemologico-gnoseologico della teoria della relatività. Tra queste un posto di spicco è occupato da “ Relatività e conoscenza a priori “ di Hans Reichenbach, il maggior esponente del futuro Circolo di Berlino.

La produzione giovanile di Reichenbach rivela una vasta gamma di temi che vanno dalla filosofia dello spazio e del tempo alla teoria della probabilità e dell'induzione, dalla questione del realismo alla natura e al ruolo della semplicità nella formulazione delle ipotesi e delle teorie scientifiche. Nel denso saggio “

Relatività e conoscenza a priori “, pubblicato per la prima volta nel 1920,

Reichenbach, che fu tra i primi a rendersi conto della enorme portata filosofica della fisica relativistica, istituisce un confronto fra la dottrina kantiana della conoscenza e la teoria della relatività per valutare se, ed eventualmente in quale misura, la prima possa considerarsi superata dalla seconda, “ Si danno pertanto

solo due possibilità: o la teoria della relatività è falsa, o la filosofia kantiana va modificata nelle parti che sono in contrasto con Einstein “210. Reichenbach è

consapevole che le affermazioni della teoria della relatività concernono rapporti fisici di misurabilità e relazioni fisiche di grandezza, ma si deve parimenti ammettere che queste affermazioni particolari contrastano con i principi filosofici generali. Secondo il filosofo della scienza “ Da lungo tempo gli assiomi filosofici,

anche nella loro forma critica, venivano concepiti in modo tale da rimanere immutati di fronte ad interpretazioni particolari; nondimeno essi escludevano sempre in maniera definitiva un particolare gruppo di asserzioni di carattere fisico. La teoria della relatività è andata in cerca proprio delle possibilità così escluse, facendone il filo conduttore delle proprie assunzioni fisiche. “211.

Reichenbach è deciso nel rifiuto della distinzione operata dai neo kantiani tra un tempo fisico ed uno tempo fenomenologico attraverso il richiamo al fatto che il tempo come esperienza vissuta di carattere soggettivo rimane sempre una successione irreversibile.

Reichenbach pare sostenere l'ortodossia kantiana di fronte a coloro che la modificano ingiustamente infatti “ ...una distinzione siffatta non è certamente

nello spirito del kantismo. Per Kant, infatti, ciò che è essenziale in una forma conoscitiva a priori è proprio che essa costituisce una condizione della

210 H. Reichenbach, Relatività e conoscenza a priori, p. 62. 211 H. Reichenbach, op. cit., p. 59.

conoscenza della natura e non semplicemente una qualità soggettiva delle nostre sensazioni. “212. Un ulteriore pericolo per la tradizionale dottrina kantiana si deve

inoltre alla recente teoria della relatività generale che viene addirittura ad affermare che la geometria euclidea non è applicabile alla fisica.

Alla luce dei brillanti risultati della relatività, la dottrina kantiana del sintetico a priori sembra destinata a disgregarsi almeno che non si intervenga modificando quelle parti che sono in palese contrasto.

La strategia di Reichenbach sostenuta in Relativitatstheorie und Erkenntnis

apriori quanto in altri scritti dei primi anni Venti ( Der gegenwartige Stand der Relativitatsdiskussion e La signification philosophique de la theorie de la relativité ), consiste nel distinguere tra due significati del concetto di a priori: a

priori, nel senso di sempre vero, o necessariamente e universalmente vero, o vero indipendentemente dall'esperienza; a priori, nel senso di principi che costituiscono il concetto di oggetto della fisica.

Reichenbach è determinato nel rifiutare in maniera definitiva la prima accezione del concetto di a priori mentre non è ancora disposto a rinunciare alla seconda accezione “ Il secondo significato del concetto di a priori è in ogni modo il più

importante. Infatti esso conferisce a questo concetto la posizione centrale che esso ha posseduto da Kant in poi nella teoria della conoscenza. La grande scoperta di Kant è stata che l'oggetto della conoscenza non è completamente dato, ma è costruito, che esso contiene elementi concettuali i quali non sono contenuti nella pura percezione. “213

212 H. Reichenbach, Relatività e conoscenza a priori, p. 60. 213 H. Reichenbach, op. cit., p. 102

Reichenbach non si propone di provare la falsità empirica di questo o di quel principio generale classificabile tra i giudizi sintetici a priori nel senso di Kant, per esempio, l'assunzione del nesso causale o del carattere euclideo dello spazio, ma cerca di mettere in luce i due risultati di importanza filosofica rilevante che la teoria della relatività ha conseguito: l'esistenza di una contraddizione implicita nel sistema dei principi della ragion pura; la possibile di rimpiazzare tale sistema con una costruzione teorica nuova che non presenta le difficoltà riscontrabili in quella vecchia, i cui principi restano per altro approssimativamente validi.

Il primo passo di Reichenbach consiste in una nuova formulazione del concetto di conoscenza fisica. Ciò che caratterizza la fisica moderna è la rappresentazione di tutti i processi tramite equazioni matematiche. Tuttavia, la matematica e la fisica, così strettamente connesse, variano per quanto riguarda il concetto di verità: nel caso dell'enunciato matematico verità significa una relazione interna tra i suoi termini; nel caso invece dell'enunciato fisico verità significa relazione a qualcosa di esterno connesso con l'esperienza. L'enunciato matematico gode di una validità assoluta, mentre l'enunciato fisico gode soltanto di una validità probabile.

Al sistema delle equazione fisiche si deve garantire la validità di applicazione alla realtà a differenza della matematica che è completamente immanente. Questo rapporto che lega le equazioni fisiche alla realtà, viene definito da Reichenbach coordinazione: “ le cose reali vengono coordinate ad equazioni. “214.

Esprimendosi in termini di insiemi, Reichenbach paragona la conoscenza ad una coordinazione tra un insieme di termini ben definiti ( le equazioni matematiche ) e un insieme di termini non definiti ( il reale ) dove “ constatiamo il fatto singolare

che il lato definito determina le singole cose del lato non definito e che, inversamente, il lato non definito prescrive l'ordine del lato definito. E' in questa reciprocità della coordinazione che trova espressione l'esistenza del reale. “215

Reichenbach è debitore di questa posizione a Schlick, che qualche anno prima nella sua Teoria generale della conoscenza si esprimeva così circa la verità e la coordinazione: “ Tutte queste coordinazioni, che noi effettuiamo continuamente in

tutte le circostanze della vita, hanno quindi lo scopo di fare, dei simboli, validi rappresentanti del designato. Per raggiungere tale scopo esse devono soddisfare un'importante condizione. Poiché si deve sapere esattamente quale oggetto pertiene ad un determinato segno, la coordinazione deve essere univoca. In altre parole: un solo e medesimo segno non deve mai poter significare oggetti diversi...E un giudizio che designa univocamente uno stato di fatto si dice vero.

“216. Per Reichenbach la correttezza o meno della coordinazione è data dal fatto

che non sorgano contraddizioni tra elementi teorici ed elementi osservativi.

Se la verità, viene definita seguendo Schlick, come univocità della coordinazione, il criterio per riscontrare questa univocità della coordinazione diventa la percezione che non è in grado di definire gli elementi della realtà ma decide circa l'univocità della coordinazione. Bisogna rimarcare che per univocità della coordinazione riferita alla conoscenza fisica non si può intendere come nel caso di due insiemi la coordinazione univoca tra due elementi ma bisogna piuttosto riferirsi allo stesso risultato ottenuto in misurazioni differenti.

215 H. Reichenbach, Relatività e conoscenza a priori, p.96 216 M. Schlick, Teoria generale della conoscenza, p.79

Il problema che Reichenbach si pone, “ come è possibile in generale una tale

coordinazione ? “, è lo stesso che si pose Kant “ come è possibile la conoscenza della natura ? “217.

Reichenbach è convinto di aver trovato attraverso i principi di coordinazione218

( Zuordnungsdefinitionen ) che sono regole generali per connettere le equazioni matematiche ai dati esperenziali, la via per perseguire l'univocità di coordinazione.

A detta di Reichenbach i giudizi sintetici a priori kantiani e i suoi principi di coordinazione svolgono l'analoga funzione di costituire l'esperienza. La teoria kantiana esclude però il mutamento dei suoi principi di ordinamento attraverso l'esperienza perché quest'ultima viene costituita dalla ragione, “ Ciò che la sua

teoria esclude è solo il mutamento della ragione e dei suoi principi di ordinamento attraverso le esperienze; in questo senso è da intendere l'apoditticamente valido. “219. Dal carattere costitutivo dei giudizi sintetici a priori

kantiani, a detta di Reichenbach, deriverebbe la validità apodittica. Infatti non si darebbe mai il caso di una qualche esperienza in contraddizione con i principi della ragione che l'hanno costituita. Invece nella dottrina reichenbachiana i principi di coordinazione non risultano immutabili ma possono essere sostituiti in quanto definiscono il materiale dell'esperienza ma non lo determinano. Il criterio per l'univocità della coordinazione non è una proprietà dei principi della coordinazione ma risiede nella percezione, del tutto indipendente ed esterna alla ragione. Michael Friedman sostiene nel suo Reconsidering Logical Positivism che

217 H. Reichenbach, Relatività e conoscenza a priori, p.99

218 Come esempi di principi della coordinazione Reichenbach cita il principio di probabilità, il

principio di genidentità, lo spazio e il tempo.

Nel documento Einstein e l'immaginazione scientifica (pagine 193-200)