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B U N NUOVO GOVERNO DEI TERRITORI PRODUTT

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100 dello sviluppo si è concluso, e che un nuovo ciclo potrà ripartire con

tutte le sue potenzialità costruendo condizioni di maggiore efficienza, innovazione e attrattività del territorio. Per molti studiosi (Corò, 2017) l’inadeguata organizzazione del territorio italiano costituisce una causa non secondaria della bassa produttività dell’economia durante gli ultimi (almeno) vent’anni. La frammentazione amministrativa che tutt’ora permane in Italia, e che ha pochi eguali al mondo, non permette un governo efficiente e radicale della crescita. Per questa ragione affrontare la questione di un governo metropolitano dei territori produttivi potrebbe essere un modo per ripensare forme, livelli e strumenti di governo di un nuovo tipo di sviluppo.

È chiaro come un sistema urbano disperso, come lo è oggi il Nord Italia, non possa essere governato efficacemente attraverso istituzioni tradizionali, immaginate, all’interno di un impianto amministrativo napoleonico come quello delle Province. La forte frammentazione del governo dei territori italiani – con tutto quello che comporta in termini economici e sociali – produce problemi che non sono solo legati strettamente al governo dello sviluppo17 in un contesto globale ma pesano anche sulla qualità della vita, sui meccanismi democratici, sulle politiche di redistribuzione e inclusione (Corò, 2017). I territori metropolitani del Nord Italia si configurano indubbiamente oggi come i motori dell’economia italiana, luoghi di concentrazione di innovazione non solo economica, luoghi di atterraggio dei flussi dell’economia globale. Sono anche territori conflittuali e diseguali che attraversano le grandi sfide che già da prima della crisi affrontano molti territori europei. Queste sfide e opportunità non possono essere affrontate con l’attuale governo del territorio che nella sua frammentazione non permette un governo ottimale dello sviluppo del Nord Italia.

I temi del governo metropolitano non sono certo nuovi nell'agenda disciplinare e politica italiana. Già nei primi anni del secondo dopoguerra emerge la consapevolezza dei problemi di pianificazione che interessano territori più vasti di quello di pertinenza del capoluogo (Rotelli, 1999). Viene inoltre riconosciuta l’esigenza di dare nuovi strumenti di governo a sistemi territoriali che – a partire dalle situazioni di Milano e Torino – erano contraddistinti da robusti processi di crescita 17 Legati alla competitività, le capacità innovative e la produttività.

urbana. Importante in questo senso è, ad esempio, l’esperienza di Giancarlo De Carlo che insieme a Siro Lombardini nel IX Congresso dell’Inu, nel 1962 a Milano18, metteva in luce i problemi dell’urbanistica italiana del dopoguerra “caratterizzata dalle infinite difficoltà incontrate nel tentativo di risolvere un problema insolubile e allo stesso tempo tipico di una condizione di sottosviluppo: il problema di attuare un programma di organizzazione dello spazio territoriale entro un’ipotesi di neutralità̀ nei confronti degli andamenti socio- economici” (De Carlo, Lombardini, 1962). La relazione quindi evidenza le problematiche relative alla legislazione vigente (sia di governo che di pianificazione del territorio) che non permette la costruzione di un progetto socioeconomico condiviso nei territori italiani. Le “Proposte

operative” di De Carlo e Lombardini si pongono all’interno del dibattito

sulla proposta di Legge Urbanistica di Fiorentino Sullo, in cui uno dei presupposti fondamentali è quello che “stabilisce la necessità della più stretta correlazione tra attività urbanistica e programmazione economica e riafferma la funzione determinante del Piano economico nazionale su tutti gli interventi di pianificazione, ai vari livelli e nei diversi settori” (ibidem). Sempre in questi anni De Carlo, all’interno dell’Ilses (Istituto Lombardo per gli Studi Economici e Sociali fondato qualche anno prima), teorizzava la figura della città-regione e lavorava al progetto del PIM (Piano intercomunale di Milano) una dei primi tentativi di governo metropolitano dei processi socioeconomici in Italia. Tuttavia, la prima riforma delle autonomie locali che riconosce l’esistenza di nuove realtà metropolitane risale alla legge 142 del 1990. La riforma istituzionale di tale normativa prevedeva la costituzione di nuovi governi metropolitani configurati come livello istituzionale intermedio. La riforma costituzionale del 2001 e le leggi successive fino alla 42/2009 hanno poi confermato questa ipotesi, ma nel complesso le norme hanno scontato in particolare l’ambiguità legata alla natura volontaria della sua attuazione. La legge 265/1999 ha tentato di superare l’impasse attribuendo a comuni e province il compito di istituire la città metropolitana, ma la natura transitoria della norma – che faceva riferimento a una futura produzione legislativa in materia – contribuisce a mantenere lo stato di incertezza nel 18 Il tema della conferenza era quello dei “Rapporti operativi tra pianificazione economica e pianificazione urbanistica”.

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102 processo di riforma (Allulli, 2010). Per arrivare infine alla legge

numero 56 del 2014, la cosiddetta Legge Delrio, che delinea il nuovo percorso di istituzione delle città metropolitane. La legge individuava nove città metropolitane ordinarie: Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria, a cui si aggiunge la città metropolitana di Roma Capitale con un ordinamento speciale. Anche le regioni autonome dovevano adeguare i rispettivi statuti in base ai principi della legge. La legge s’inseriva all’interno di una più ampia riforma del governo territoriale italiano che prevedeva l’eliminazione delle province (nel frattempo la legge le svuotava delle sue funzioni e eliminava le elezioni dirette), fallita con l’insuccesso del Referendum Costituzionale del 4 dicembre 2016. Secondo la nuova norma, il territorio della città metropolitana coincide con quello della precedente provincia, ma viene data la possibilità ai comuni limitrofi di aderire. Il sindaco della città metropolitana è di diritto il sindaco del capoluogo anche se lo statuto può prevedere l’elezione diretta a certe condizioni. Nella misura in cui sposta il livello di governo dal territorio comunale a quello provinciale, la Legge Delrio contribuisce al superamento dei confini comunali, ma rimane tuttavia ancorata a un ritaglio amministrativo e a un assetto territoriale che quasi mai corrisponde all’estensione effettiva dei processi e degli interessi metropolitani. Il rischio è dunque di riprodurre uno schema di governo provinciale, soprattutto dopo la mancata riforma costituzionale di cui la legge doveva essere accompagnata. Un altro limite della Legge del Rio è, che di fatto, ignora la varietà di situazioni metropolitane che caratterizzano oggi l’Italia come ha di recente evidenziato la ricerca “Territori post-metropolitani” coordinata da Alessandro Balducci19. Condizioni metropolitane non equivalenti esigono modelli di governo non omogenei (Corò, 2017).

Nonostante questi timidi progressi, l'Italia è carente di una visione funzionale della città come motore principale dell’economia, oltre che nodi di interscambio tra realtà locali e flussi globali. Le politiche urbane sono concentrate principalmente sulla fornitura dei servizi, sulle infrastrutture materiali, sulla residenza e sull’organizzazione 19 Progetto di Ricerca di interesse nazionale 2010-2011 PRIN “Territori post-metropolitani come forme urbane emergenti: le sfide della sostenibilità, abitabilità e governabilità’, finan- ziato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca della Repubblica Italiana.

delle politiche sociali. Le città sono considerate più che altro come una questione dimensionale, in cui in uno spazio denso, costoso e congestionato, nascono particolari problemi di traffico, inquinamento, degrado. Ciò che bisogna stimolare, come negli ultimi anni è stato fatto nelle principali economie occidentali20 è una visione dei territori metropolitani come sistemi di rilevanza strategica, produttori di servizi rari, di conoscenza e decisioni, in cui la governance pubblica può accompagnare la realizzazione di grandi progetti integrati, capaci di legare interventi ambientali, urbanistici e infrastrutturali a quelli più immateriali.

20 Nel testo di Giancarlo Corò “Spazio metropolitano” (2017) l’autore indaga alcune esperienze europee e americane in questo senso.

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