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I.3 1.

Vicende biografiche

Come accennato più sopra, il primo documento che menziona Barbara Flaminia coincide con il più datato documento finora rinvenuto dove si faccia cenno a una comica dell'Arte. Si tratta della già ricordata lettera di Baldassarre de' Preti al Cardinale Gonzaga del 6 agosto 1562. La missiva dipinge un quadro piuttosto desolante del mantovano: malattia, siccità, rincaro dei prezzi e povertà sono problemi diffusi, cui la popolazione cerca di far fronte organizzando processioni ed iniziative a carattere religioso, mentre il duca e la nobiltà passano il tempo fra banchetti, intrattenimenti e acquisti dispendiosi (come nota il de' Preti con una punta di biasimo: «si dice che sua ecc[ellen]tia ha compro a Venetia de belli dropi: li poveri voria altro che drapi»292). Fra i divertimenti destinati a dilettare l'aristocrazia e a distrarre il popolo non mancano quelli teatrali:

Il signor Vespasiano da Bozollo el signor Federico di Gazolo è stati tre giorni in Mantua. Sono statti alle comedie haveva certi comedianti quali ha una giovina che ha inamorato molti. Certo recita bene in comedia e fa bene le moresche ma benissimo le forze d'Ercole. È romana ha una linga bonissima non i detti belli ma nel dir è graziata293.

Non è chiaro se la compagnia si esibisca in una “stanza” cui si accede tramite biglietto o, piuttosto, nel contesto di spettacoli offerti dal duca alla propria corte, come lascerebbe supporre la presenza di Vespasiano Gonzaga di Sabbioneta e di Federico da Gazzuolo. I due gentiluomini sono però particolarmente vicini al mondo dei comici dell'Arte, cirocostanza che potrebbe averli indotti a mescolarsi al composito pubblico delle performances a pagamento. Il

292 Lettera di Baldassarre de' Preti al Cardinale Gonzaga, Mantova, 6 agosto 1562, cit. Adottiamo qui la trascrizione proposta in F. SIMONCINI, Innamorate dell'Arte, cit., pp. 108-109, che differisce in parte da quella di D'Ancona (cfr. A. D'ANCONA, Origini del teatro italiano, cit., vol. II, p. 448). Lo studioso infatti legge «non è delle belle», laddove Simoncini trascrive «non i detti belli».

primo farà costituire, nel 1590, una troupe di attori professionisti – denominati Confidenti, in omaggio alla più celebre formazione guidata da Vittoria Piissimi e Giovanni Pellesini -, destinati ad esibirsi nel teatrino progettato dallo Scamozzi: tra loro verrà reclutato anche un giovane attore che diventerà famoso, Pier Maria Cecchini294. Il secondo, come già ampiamente illustrato, diverrà amante di Vincenza Armani: proprio in questo documento risalente ai primi anni '60 del XVI secolo troviamo la prima traccia dell'interesse nutrito dal Gazzuolo per il teatro dei comici di professione. L'abbondanza e la varietà delle performances menzionate nel documento («comedie», «moresche», «forze d'Ercole») lascia ipotizzare la presenza di una serie di intrattenimenti in città, alcuni, come gli spettacoli teatrali e le danze, probabilmente allestiti all'interno di “stanze” a pagamento, altri, come le «forze d'Ercole» (su cui torneremo poco più avanti), destinati a un contesto popolare e di piazza.

La giovane attrice romana che «ha inamorato molti» (indizio non solo del fascino esercitato sul pubblico dal recente approdo delle donne alla scena, ma anche del carisma esibito dall'ancora acerba ma promettente interprete) è identificabile con Barbara Flaminia, in base alle ipotesi avanzate da Luzio e D'Ancona295, poi riprese più recentemente da Francesca Simoncini. Come osserva la studiosa:

sembrerebbe che le più solide e apprezzabili competenze dell'attrice non siano da ricercare nella capacità, di matrice 'alta', di recitare con buona e ornata dizione. […] Al contrario le sue più notevoli e lodate abilità si esprimono in performances di tipo ginnico: le «forze d'Ercole». Si tratta di una sorta di gioco praticato specialmente in area veneta che richiedeva particolari doti atletiche. Di norma era eseguito all'aperto, sull'acqua o sulla terraferma, sopra piattaforme instabili, in occasione di feste e ricorrenze popolari. Lo spettacolo prevedeva la costruzione di alte piramidi umane sulla cui cima un acrobata dava sfoggio di capriole, salti mortali ed altre complesse evoluzioni fisiche. Una tale esibizione di forza, agilità ed equilibrio pone l'esordiente Barbara Flaminia in rapporto di stretta contiguità con il multiforme, magmatico universo degli spettacoli di piazza e la allontana da quello, raffinato e curiale, di cui sarebbero state portatrici le meretrices honestae296.

Sebbene non manchino, almeno in nuce, capacità che potrebbero condurre la giovane comica ad elevare la propria arte scenica (come testimoniano i riferimenti alla «linga bonissima» e alla grazia «nel dir»), «nel personale repertorio dell'attrice queste caratteristiche possono ancora coesistere con altre meno nobili forme spettacolari, quelle che probabilmente fino ad allora avevano contraddistinto la sua vita di improvvisata e sconosciuta artista di strada»297.

Dopo un vuoto di quattro anni, le successive notizie sull'attrice risalgono al 1566.

294 S. MAZZONI, «Col solito stipendio di sua Altezza». Appunti sui Gonzaga e la Commedia dell'Arte, in «Commedia dell'Arte. Annuario internazionale», III, 2010, pp. 5-8. Notizie biografiche su Vespasiano Gonzaga si possono leggere in N. AVANZINI, Gonzaga, Vespasiano, in Dizionario Biografico Italiano diretto da Raffaele Romanelli, Treccani, LVII vol., 2001, 77 voll. La voce è consultabile alla pagina web http://www.treccani.it/enciclopedia/vespasiano-gonzaga_(Dizionario-Biografico)/.

295 Vedi supra.

296 F. SIMONCINI, Innamorate dell'arte, cit., p. 109. 297 Ivi, p. 110.

Secondo una convincente ricostruzione di Enrico Mattioda, basata su una lettura filologica di alcuni sonetti di Giorgio Vasari, Barbara Flaminia potrebbe aver partecipato come cantante agli intermedi della commedia Il Granchio di Leonardo Salviati, rappresentata a Firenze presso la Sala del Papa in Santa Maria Novella il 9 febbraio 1566298. Su questo episodio torneremo più approfonditamente nelle pagine dedicate a repertorio e stile di recitazione della comica.

Sicuramente attestata è invece la presenza della primadonna a Mantova nell'estate dello stesso anno: testimonianze documentarie risalenti al luglio del 1566 ne mettono in evidenza le attitudini “battagliere”, dimostrado ancora una volta la contiguità dell'attrice romana con il pericoloso mondo della strada e offrendo un altro probabile indizio circa le sue origini 'basse' e popolari. Scrive Antonio Ceruto il 24 luglio:

questa mattina […] 22 hore nel accompagnar alla sepoltura mio […] si ataccò una delle maggiori questioni che mai mi habbia veduto, per il numero grandissimo delle armi snudato, la quale era fra gli Comedianti et quelli del signor Cesar Illustrissimo et la [Hortensia] Flaminia fecce con gli sassi cose stupende, al pari d'una Marfisa, et se lei non era senza dubio ve ne rimanevano morti […] loro. Però la cosa passò meglio che non si credeva et con poco sangue doe altre questioni si feccero299.

Come nota Simoncini: «La cronaca […] non restituisce […] l'immagine di una protagonista della scena bensì quella di un'abile stratega della guerriglia di strada»300, impegnata a sedare, con l'uso efficace della forza, una rissa fra i suoi compagni d'Arte e i servi di Cesare Gonzaga. Dalla missiva apprendiamo inoltre il nome d'arte della comica, qui menzionato per la prima volta: Ceruto infatti, in una prima stesura della lettera, scrive «Hortensia». Il nome viene poi cancellato (restando però visibile) e sostituito con «Flaminia». Questo particolare, apparentemente trascurabile, è indice di come, a questa altezza cronologica, la comica sia già identificata con il personaggio evidentemente da lei più spesso portato in scena, quello dell'Innamorata Ortensia. Sebbene dimostri in questa circostanza quanto il mondo della strada le sia ancora familiare, l'attrice viene ormai identificata con il ruolo aulico e nobile di Amorosa. Probabile indizio, questo, che lo sviluppo di quelle capacità sceniche ancora latenti nelle esibizioni di quattro anni prima sta ormai giungendo a compimento.

In quello stesso 24 luglio Bernardo Tasso301 scrive al castellano di Mantova testimoniando un altro vivace episodio avvenuto il giorno prima e fornendo ulteriori preziose

298 E. MATTIODA, Giorgio Vasari, l’attrice Flaminia romana e Leone de’ Sommi, in La letteratura degli italiani 4. I

letterati e la scena, Atti del XVI Congresso Nazionale Adi, Sassari-Alghero, 19-22 settembre 2012, a cura di G.

BALDASSARRI, V. DI IASIO, P. PECCI, E. PIETROBON E F. TOMASI, Roma, Adi editore, 2014, pp. 1- 10.

299 Lettera di Antonio Ceruto a ignoto della Corte di Mantova, Mantova, 24 luglio 1566, ASM, Archivio Gonzaga, b. 2575, cc. n.n. Il documento è conservato in copia presso l'Archivio Herla.

300 F. SIMONCINI, Innamorate dell'arte, cit., p. 110.

301 Il famoso letterato, padre del celeberrimo Torquato, scrive qui in qualità di segretario criminale del duca, limitandosi a testimoniare l'episodio che vede protagonista la nostra attrice. Tra i due esiste però un rapporto di amicizia e di probabile collaborazione, come documentato dagli studi di Francesca Simoncini. Su questo aspetto torneremo più avanti.

informazioni:

Hieri fu veramente giorno martiale, poiché i Comedianti anchora fecero custioni, et perché il Napoletano disse a Zane ch’era un becco, la Flaminia sua moglie per levarsi l’ingiuria da dosso, gli diede una sassata, la causa della rissa fu, che il Napolitano non si trovò al tempo che si cominciò la comedia, [...] comparve ben nel terz’atto, ma al partir de’ denari non gli volevano dar la sua parte; egli tolse la cassetta a colui che l'haveva in mano et si tirò parecchie coltellate col Zane, il Signor Ferante Bagno tolse le cassette co' denari, le quali ho anchor qui in camera et questa mattina faranno la pace302.

Dunque tra il 23 e il 24 luglio del 1566 Barbara Flaminia si rende protagonista di due diversi episodi che la vedono impegnata in ardimentose sassaiole. Se negli eventi narrati dal Ceruto l'attrice agisce allo scopo di porre fine ad una vera e propria guerriglia urbana, nella cronaca del Tasso è lei la prima a “venire alle mani”. In questo caso le ragioni della rissa sono per noi più interessanti perché legate più strettamente all'ambiente teatrale: la comica non esita a colpire un compagno di scena (il non meglio identificato Napoletano) sia per difendere energicamente il proprio onore messo in dubbio dalle parole di quest'ultimo, sia per risolvere alquanto sbrigativamente alcuni problemi provocati in compagnia da quello stesso attore. Il Napoletano infatti si presenta in ritardo sulla scena, ma poi pretende di ricevere ugualmente il proprio compenso: presto si passa dalle sassate alle coltellate, finché la lite non viene sedata dall'intervento istituzionale.

Ciò che più interessa notare, però, è che da questo documento Barbara Flaminia risulta già moglie e compagna d'Arte del ferrarese Alberto Naselli303 (lo «Zane» citato nella missiva):

Si tratta infatti della prima notizia reperita del famoso Zan Ganassa le cui tracce rinvenute dagli storici dello spettacolo non si erano finora spinte anteriormente al 29 gennaio 1568 e che noi adesso, grazie alla preziosa testimonianza di Bernardo Tasso, possiamo anticipare di un anno e mezzo circa. Il documento permette inoltre di stabilire che, nell'estate del 1566, Alberto Naselli e Barbara Flaminia non solo erano già sposati, ma recitavano regolarmente e stabilmente insieme, in una compagnia guidata proprio da Zan Ganassa304.

Circa un anno più tardi troviamo la primadonna romana e la sua compagnia di nuovo a Mantova. La prima notizia in proposito è fornita da un cortigiano identificabile con Luigi Rogna, che il 29 giugno 1567 scrive: «Fu fatta domenica passata una bella Comedia della compagnia della Flaminia nel Palazzo della Ragione, dove furono a vederla molti

302 Lettera di Bernardo Tasso al castellano di Mantova, 24 luglio 1566, ASM, Autografi, cc. 311-311 bis. Cito dal saggio di Francesca Simoncini, Barbara Flaminia attrice e cantante tra piazza, corte e accademia. Ipotesi di collaborazione

con Giorgio Vasari e Bernardo e Torquato Tasso, in Maestranze, artisti e apparatori per la scena dei Gonzaga (1480-1630),

Atti del convegno internazionale di studi (Mantova, 26-28 febbraio 2015), a cura di S. BRUNETTI, Bari, Edizioni di Pagina, 2016, p. 308. Nel saggio si fa riferimento a una seconda lettera, datata 26 luglio 1566, che riferisce lo stesso episodio ma «non aggiunge particolari significativi sulla vicenda».

303 Per alcune sintetiche note biografiche e per la bibliografia di base su Alberto Naselli (Ferrara, 1543 - ?, ante 1585), in arte Zan Ganassa, si veda S. FERRONE, La Commedia dell'Arte, cit., pp. 300-302. Poiché le notizie a proposito del celebre Zanni ferrarese si intrecciano inevitabilmente con quelle relative alla biografia di Barbara Flaminia, nelle prossime pagine tratteremo diffusamente anche del percorso personale e artistico di questo importante comico.

Gentil'huomini et gentildonne, Giudici, Dottori, Procuratori et di omni genere»305. Difficile stabilire da quanto tempo la troupe fosse giunta in città: la presenza dei comici tuttavia non è annunciata come una novità, probabile indizio che il loro arrivo nel mantovano dovesse essere avvenuto qualche tempo prima. Il dignitario ducale sottolinea soprattutto il grande afflusso di pubblico, particolarmente composito: oltre alla nobiltà, spicca la presenza di numerosi pubblici funzionari.

Siamo nell'estate del 1567, di cui già abbiamo trattato più sopra, nelle pagine dedicate a Vincenza Armani: la peste (cui fa cenno anche la missiva testè menzionata306) e l'Inquisizione, lungi dall'allontanare la popolazione dai luoghi di svago, incrementano il bisogno di distrazioni. Così gli spettacoli offerti dalle compagnie viaggianti diventano non solo occasione di divertimento, ma assumono anche un valore catartico. È in questo contesto che si sviluppa la competizione fra le due primedonne rivali e le rispettive troupes. Poiché abbiamo già affrontato la questione nel paragrafo precedente, ci limiteremo di seguito a ripercorrere le cronache già analizzate, mettendo l'accento, stavolta, sulle performances eseguite da Barbara Flaminia.

Come abbiamo visto più sopra, la prima notizia circa la rivalità fra le due dive risale al 1 luglio 1567:

Hoggi si sono fatte due Comedie a concorrenza una nel luogo solito per la signora Flamminia, et Pantalone, che si sono accompagnati con la signora Angela, quella che salta così bene; l'altra dal Purgo in casa del Lanzino per quella signora Vincenza che ama il signor Federigo da Gazuolo. L'un et l'altra compagnia ha havuto audienza grande, et concorso di persone, ma la Flamminia più nobiltà, et ha fatto la Tragedia di Didone mutata in Tragicomedia, che è riuscita assai bene307.

Barbara Flaminia, insieme ai suoi compagni – tra cui emergono Pantalone e la «signora Angela» - si esibisce nel «luogo solito» (probabilmente il Palazzo della Ragione, menzionato nella lettera precedente). Nonostante il grande concorso di pubblico che accorre numeroso per assistere all'una e all'altra messa in scena, lo spettacolo allestito dalla compagnia dell'attrice romana sembra quello più riuscito. Non solo perché la presenza di «più nobiltà» fra gli spettatori garantisce alla primadonna un maggior prestigio, ma soprattutto perché la rivisitazione da lei proposta del mito di Didone, stando alle parole del Rogna, «è riuscita assai bene»308.

Abbiamo già avanzato qualche ipotesi sull'identità dei due compagni d'Arte della comica romana, evidenziando come particolarmente interessante la figura della misteriosa

305 Lettera di [Luigi Rogna] a ignoto della Corte di Mantova, [Mantova], 29 giugno 1567, ASM, Archivio Gonzaga, b. 2577, c. 155. Il documento è conservato in copia presso l'Archivio Herla.

306 «Cominciano a passar bene le cose di Desenzano per conto della peste et perciò Sua Altezza a richiesta del provveditore (?) di Salò si è contentata di liberar la Riviera eccetto Desenzano, la quale prima era stata bandita tutta dal comercio di questa Città», ibidem.

307 Lettera di Luigi Rogna a ignoto della Corte di Mantova, Mantova, 1 luglio 1567, cit. 308 Mentre «Gli altri per quel che si dice sono riusciti assai goffi», ibidem.

Angela. La donna pare essersi unita occasionalmente alla compagnia e mostra qualità atletiche che ricordano gli esordi di Barbara Flaminia: sembra quasi che quest'ultima, ormai specializzata in un repertorio più nobile, «abbia volutamente abbandonato quelle performances di destrezza acrobatica che un tempo l'avevano fatta apprezzare per cederle a un'altra attrice della

troupe»309.

Particolarmente significativa è la circostanza che la compagnia porti in scena «la Tragedia di Didone mutata in Tragicomedia»: siamo dunque in presenza di un'elaborazione drammaturgica piuttosto complessa. Non solo il famoso episodio dell'Eneide viene adattato per una rappresentazione teatrale, ma ne viene anche alterato il tono dominante per dare vita a una sorta di ibrido – la tragicommedia, appunto –, che consenta ai comici di mostrare le loro eclettiche capacità. È facile intuire che l'adattamento così ottenuto sia stato predisposto a principale beneficio della primadonna: il talento poliedrico della pioniera, capace di spaziare dal lamento patetico ai toni burleschi, trova nella tragicommedia un fertile terreno dove esprimersi. Su queste considerazioni torneremo, confrontandole con ulteriori elementi, nelle pagine dedicate al repertorio e allo stile dell'attrice.

Il notevole lavoro drammaturgico che sottende all'operazione lascia intuire la possibilità di una collaborazione fra la primadonna e qualche letterato legato all'ambiente della corte mantovana.

Tornando alla cronaca dell'estate del 1567, un'altra lettera del Rogna, datata 6 luglio, ci informa nel dettaglio degli sviluppi dell'accesa competizione fra le due troupes. Dopo aver fatto riferimento alla quantità e varietà del pubblico pagante che accorre alle esibizioni, il notabile si sofferma nel descrivere gli spettacoli allestiti dalle compagnie rivali. Queste si fronteggiano in primo luogo sul terreno della tragedia; ecco quanto riferisce il segretario ducale a proposito della performance di Barbara Flaminia:

Non hieri l'altro la Flamminia era comendata per certi lamenti che fece in una Tragedia che recitorno dalla sua banda, cavata da quella novella dell'Ariosto, che tratta di quel Marganorre, al figliolo sposo del quale, la sposa ch'era la Flamminia sopra il corpo del p[ri]mo sposo poco dianzi amazzato in scena per vendetta diede a ber il veleno, dopo haverne bevuto anch'ella, onde l'un et l'altro morì sopra quel corpo, et il Padre che perciò voleva uccider tutte le donne, fu dalle donne lapidato, et morto […]310.

In seguito le due formazioni si cimentano con il genere pastorale:

Hieri poi a concorrenza pure l'un et l'altra parte recitò una Pastorale […]. La Flamminia poi, oltre l'haver apparato benissimo quel luogo de corammi dorati et haver trovati habiti bellissimi da Ninfa et fatto venir a Mantova quelle Selve, Monti, Prati, Fiumi, et Fonti d'Arcadia, per intermedii della favola introdusse Satiri, et poi certi Maghi, et fece alcune Moresche, a tal che altro hora non si fa', né d'altro si parla, che di costoro311.

309 F. SIMONCINI, Innamorate dell'arte, cit, p. 111.

310 Lettera di Luigi Rogna a ignoto della Corte di Mantova, Mantova, 6 luglio 1567, cit. 311 Ibidem.

Questa testimonianza offre un altro saggio dell'eclettismo della primadonna romana (oltre a confermare l'effettiva ampiezza del repertorio della sua compagnia). Nella tragedia l'attrice emerge come efficace interprete di lamenti, alternando la nota patetica del pianto sopra il corpo del consorte al furore vendicativo che conduce al tragico finale. Anche in questo caso colpisce la complessità dell'adattamento per la scena del canto XXXVII dell'Orlando

furioso.

Nella pastorale, invece, non emerge tanto l'impegno drammaturgico (niente sappiamo a proposito del soggetto), quanto l'estrema ricchezza dell'apparato scenotecnico e degli splendidi costumi. La circostanza che Flaminia abbia «fatto venir a Mantova quelle Selve, Monti, Prati, Fiumi, et Fonti d'Arcadia» lascia ipotizzare la predisposizione di una scenografia particolarmente complessa. Il cronista fa poi un breve cenno agli intermedi della pastorale, che prevedono la presenza di personaggi bucolici (i «Satiri») e di figure legate all'immaginario dei poemi cavallereschi («certi maghi»), oltre all'esecuzione di danze («alcune Moresche»). Siamo dunque in presenza di uno spettacolo particolarmente ricco e impegnativo, appartenente a un genere solitamente rappresentato a corte ad opera di attori dilettanti, con grande dispendio di risorse ed il coinvolgimento di architetti, tecnici ed apparatori in grado di predisporre i più sorprendenti ed efficaci ingegni. Barbara Flaminia e i suoi compagni trasferiscono questo genere 'alto' nelle stanze del teatro a pagamento (come probabilmente anche Vincenza Armani nei suoi intermedi a tema mitologico, di cui riferisce questa stessa missiva del Rogna).

Una testimonianza di poco successiva, la lettera di Antonio Ceruto datata 9 luglio, non menziona direttamente la compagnia di Flaminia, ma fa riferimento ad uno spettacolo verosimilmente interpretato dall'attrice romana e dai suoi: «Io ho lasciato una dolcissima compagnia che mi voleva condure alla comedia intitolata la spada danata per venire in castello a scriver quattro paroline a Vostra Signoria»312. La Spada dannata è, molto probabilmente, una diversa denominazione di un canovaccio, intitolato la Spada mortal313, presente nello Zibaldone di Stefanello Bottarga e Zan Ganassa. La raccolta di scenari ed altri materiali grezzi, reperita da

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