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BARBERING NEI RODITORI COME MODELLO PER IL COMPORTAMENTO COMPULSIVO UMANO

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Fig 5. Apparato per la misurazione dell’estinzione dell’apprendimento.

Un test a due scelte era rappresentato da un labirinto montato sulla parte superiore della gabbia dell'animale. Entrando nel labirinto l'arvicola poteva scegliere di accedere ad uno di due corridoi attraverso una porta unidirezionale. Ogni corridoio conteneva un erogatore di cibo (premio) controllato da un computer (permettendo la ripetizione di molte prove senza l’intervento/interferenza dello sperimentatore). L’animale usciva poi dal corridoio attraverso una altra porta unidirezionale e ritornava alla propria gabbia. a) Inizialmente imparava che solo uno dei due corridoi conteneva il premio e a passare sempre da quel corridoio per ricevere il premio b) in seguito entrambi gli erogatori del premio venivano chiusi e l'apprendimento dell’estinzione era misurata dal numero di tentativi che occorrevano all'animale per tornare ad effettuare una scelta casuale (frequenza vicina al 50%).

(Garner e Mason, 2002)

Volendo ulteriormente approfondire la verifica dell’ipotesi di una base neurale comune tra le stereotipie indotte farmacologicamente e quelle spontanee, lo studio si era focalizzato anche sul comportamento delle arvicole nella loro gabbia individuale, sul loro comportamento “nella vita di tutti i giorni” (pur sempre in condizioni di isolamento sociale che durava dal momento dello svezzamento).

Si era quindi misurata:

a. la frequenza con la quale passavano da un comportamento all’altro man mano che aumentava il livello di stereotipia.

b. la correlazione tra tali livelli di comportamento stereotipato e quelli generali di attività.

In entrambi i casi, le 2 variabili risultavano correlate.

Il risultato più importante consisteva, secondo gli autori, nel fatto che tutte quelle misure erano reciprocamente correlate, avvalorando l’ipotesi di una disinibizione del comportamento a livello dei gangli della base (CSS) e, in particolare, di una disfunzione della via indiretta quale correlato neurofisiologico comune.

BARBERING NEI RODITORI COME MODELLO PER IL

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Oltre al comportamento stereotipato, i topi (Mus musculus) manifestano un comportamento ripetitivo anormale definito “barbering”: un animale tira i peli e/o le vibrisse dei suoi compagni o i propri, realizzando un comportamento che può considerarsi flessibile e diretto ad un obiettivo, coerente con una modalità impulsivo-compulsiva piuttosto che stereotipata.

Appaiono anche evidenti le analogie con la tricotillomania umana, un disturbo psichiatrico caratterizzato dall’incoercibile bisogno di manipolare e strappare peli e capelli dal proprio corpo. Meno dirette, ma forse non velleitarie, potrebbero essere le somiglianze anche con altre patologie o sintomi di patologie umane, quali la dermatillomania e tutta la gamma dei comportamenti auto lesivi che compaiono nella descrizione dei manuali diagnostici in riferimento a diverse patologie.

Nell’attuale DSM V, considerata la sua caratteristica di ripetitività e ritualità, è stato incluso nel capitolo dei disturbi ossessivo compulsivi28 (DOC).

Sia negli esseri umani sia nei roditori, il comportamento è prevalentemente rivolto verso la regione del capo e meno frequentemente verso altri distretti corporei. Inoltre anche nei topi, come in altri mammiferi, il comportamento di over-grooming è tipicamente associato a situazioni di stress. Diversamente dal contesto umano, tuttavia, il fenomeno osservato nei topi di laboratorio è anche rivolto verso altri individui e potrebbe essere legato a modalità di consolidamento di gerarchie sociali. Quando rivolto ad altri individui, si nota infatti che, in assenza del soggetto dominante, sulla superficie rasata ricresce la pelliccia e ciò sembra poco compatibile con la caratteristica della dermatillomania umana di una spinta interna, psicologica ad alleviare una condizione di tensione o stress. Forse il singolo animale non potrebbe raggiungere da solo le regioni del capo sulle quali si dirige solitamente il comportamento (potendosi servire solo della bocca, a differenza di noi primati), tuttavia sono raggiungibili altri distretti corporei anche vicini e sembrano accorgersene i topi che si dedicano al self-barbering. Vi sono evidenze che il

28 Trictotillomania e DSM V: Lo spostamento della tricotillomania nel capitolo dei “Disturbi ossessivo compulsivi e correlati” è dovuto al fatto che il principale disturbo di questa categoria, il disturbo ossessivo compulsivo, non è stato più considerato un disturbo d’ansia ed è stata creata una categoria con i disturbi simili al DOC ((https://www.ospedalemarialuigia.it/). Sono previsti i seguenti criteri diagnostici:

A. Ricorrenti episodi durante i quali vengono strappati peli o capelli del proprio corpo. Tale comportamento porta alla perdita dei peli o capelli.

B. Ripetuti tentativi di ridurre o fermare questo comportamento.

C. Il disturbo crea significativo stress clinico o problematiche nelle aree sociali, lavorative o altre importanti aree di funzionamento.

D. La perdita di peli non è attribuibile a nessun’altra patologia (ad esempio problematiche dermatologiche)

E. Lo strappare i capelli è un comportamento non meglio spiegabile come sintomo di un’altra patologia psichiatrica (ad esempio il tentativo di migliorare un proprio difetto fisico nel disturbo da dismorfismo corporeo).

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comportamento sia ricercato anche dai soggetti “vittima” del barbering (“riceventi”) di soggetti dominanti (“barbieri”), normalmente di maggiori dimensioni, nonostante si tratti presumibilmente di una interazione fisicamente dolorosa per i primi (Canavello, et al., 2013). Il fenomeno incide in misura diversa a seconda del ceppo (ad esempio, Canavello et al., riportano un 20% per il ceppo C57, 75% per quello A2G e 80-100% per il NMRI.

Questo dato, unitamente alla segnalazione di casi di soggetti con mutazioni genetiche in cui il comportamento è portato fino ad auto-infliggersi ferite, richiama l’attenzione sui fattori genetici. Si cerca peraltro di utilizzare queste differenze per isolare singoli geni o complessi di geni associati a patologie psichiatriche nell'uomo (Kurien et al., 2005).

Come altri comportamenti patologici, anche il barbering appare come la forma estrema di un comportamento altamente motivato, quale quello del grooming solitario (self-grooming) o sociale (allo(self-grooming), quest’ultimo particolarmente importante nei mammiferi “sociali” per stabilire e mantenere relazioni e ruoli gerarchici.

Fig. 6. Barbering nei topi: nella foto in basso il “barbiere” è, naturalmente, l’animale alla sinistra. Quello a destra è il “ricevente” (Kurien et al., 2005)

In uno studio (riportato in Garner, 2006) sono state esaminate le relazioni tra stereotipia, barbering, perseverazioni (ricorrente e stuck in set) nei topi. In accordo con l'ipotesi,

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stereotipia e perseverazione ricorrente risultavano reciprocamente correlate, come pure erano correlati grado di severità del barbering e perseverazione stuck in set.

Sempre in accordo con la previsione, stereotipie e severità del barbering non erano invece correlati, come non risultavano tali nè stereotipie con perseverazioni stuck in set, nè livelli di gravità del barbering con perseverazioni ricorrenti.

Quindi stereotipie e barbering nei topi sembrano appartenere a due distinte categorie di comportamento ripetitivo anormale: quelle delle (a) stereotipie e dei (b) comportamenti impulsivo compulsivi, che potrebbero coinvolgere gli stessi distinti meccanismi implicati nei comportamenti ripetitivi patologici umani, stereotipie e comportamenti ossessivo compulsivi (Garner, 2005, 2006).

Nonostante l’apparente, relativa marginalità di questo problema comportamentale sia nei roditori, sia come disturbo psichiatrico umano, si può forse trarne spunto per qualche considerazione:

1. BARBERING, TRICTOTILLOMANIA e DERMATILLOMANIA. ORIGINE EVOLUTIVA COMUNE?

Comportamenti quali il barbering nei roditori, l’hair-pulling nei primati non umani, la trictotillomania e la dermatillomania negli esseri umani o anche il feather picking negli uccelli potrebbero avere una comune origine evolutiva (Canavello, 2013) o condividere qualche aspetto eziologico? Per i mammiferi possiamo fare riferimento al comportamento di grooming, così importante soprattutto per le specie più sociali. Il feather picking degli uccelli, classe tanto più lontana evolutivamente, condivide comunque, nella sua base comportamentale non patologica, la funzione di comportamento sociale per stabilire gerarchie. Gli esseri umani moderni hanno quasi completamente abbandonato il comportamento di grooming, forse sostituito dalla comunicazione linguistica, se riteniamo valida l’ipotesi di Robin Dunbar (A. Tartabini, 2003). Chissà che nel solitario e “ansiolitico”

comportamento della trictotillomania o della dermatilomania, non sopravviva un antico bisogno di contatto sociale. Ma è solo una suggestione.

2. IMPORTANZA DEI MODELLI “NATURALISTICI” DI PATOLOGIA ANIMALE

“Le patologie che si sviluppano spontaneamente in una sottopopolazione limitata di animali possono servire da modello per le patologie umane, in quanto offrono la possibilità

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di indagare l'interazione di una vasta gamma di fattori ambientali e processi biologici. In modelli animali indotti sperimentalmente, invece, l’eziologia è intrinsecamente fissata”

(Kurien, 2005).

Questo aspetto è particolarmente importante, dal punto di vista di chi scrive, ed esprime una delle idee alla base del presente lavoro. Valorizzare una dimensione più etologica di modello animale per lo studio e la comprensione del comportamento patologico umano potrebbe fornirci una visione meno riduzionistica e più integrata dei fenomeni psicopatologici umani e degli altri animali, senza nulla togliere al rigore scientifico e con la necessaria prudenza richiesta da un approccio comparato. Nonostante molti degli studi fin qui presentati prevedessero comunque il “sacrificio” degli animali coinvolti, è inoltre possibile che una simile direzione della ricerca aumenti ulteriormente l’attenzione scientifica ed etica per le questioni del benessere animale.

3. SELF-INJURIOUS BEHAVIOUR

Sappiamo come il grooming induca uno stato di profondo rilassamento mediato dal rilascio di oppioidi endogeni (Canavello, et al., 2013) e un effetto di riduzione dello stress è attribuito da alcuni studiosi anche a comportamenti di over-grooming che possono sfociare in comportamenti francamente auto lesivi, indicati come self-injurious behaviours o SIB.

Oltre che nei roditori di laboratorio (Kurien et al., 2005), i SIB sono un fenomeno tristemente noto in primatologia, sempre limitatamente ai contesti di cattività (Capitolo 3).