L’ ANALISI DEI COSTI E DEI BENEFICI DELLE BARRIERE NON TARIFFARIE
2.4.2 Le Barriere Tecniche Dal Punto Di Vista Degli Esportator
In linea con lo scopo finale di questo lavoro, è necessario dedicare particolare attenzione allo studio degli effetti che misure quali standard tecnici e fitosanitari hanno sui soggetti
esportatori. Come evidenziato TBT e SPS rappresentano il problema centrale da affrontare per chi opera nel export. Si assumerà quindi il punto di vista degli esportatori indagando sulle dirette conseguenze che questi strumenti hanno sulle possibili decisioni di investimento o disinvestimento che detti soggetti possono intraprendere. L’obiettivo in questa sede è quello di mettere in luce alcuni aspetti generali sul tema e fornire indicazioni
macroeconomiche riguardanti il modo di agire di questo attore. I risultati di quest’indagine costituiranno un buon punto di partenza e verranno sviluppate nei capitoli successivi con un analisi sarà indirizzata sulle specifiche difficolta esistenti nell’ accedere al mercato cinese. Focalizzandosi sugli aspetti economici, le conseguenze derivanti dai TBT possono
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essere indicati in funzione della differenza economica esistente tra gli esportatori soggetti a TBT ed i produttori interni ed eventualmente altri soggetti esportatori, non soggetti agli stessi vincoli.
Un’ impresa esportatrice, in presenza di una specifica TBT che va a colpire il proprio prodotto, si trova di fronte alla scelta di adattarsi alle disposizioni e quindi subire le conseguenze del provvedimento oppure abbandonare il mercato prescelto, dirottando i propri investimenti su altri paesi. Gli esportatori sceglieranno la prima opzione solo nel caso in cui il valore intrinseco del mercato sarà superiore ai costi di adattamento per ottenere i requisiti imposti dallo standard. Riuscire a stimare correttamente l’ammontare di questi costi è di fondamentale importanza per orientare le scelte strategiche, i costi non
rappresentano comunque l’unico elemento chiave, come evidenziato da Popper(Popper et al. 2004). Vanno considerati a questo punto altri due aspetti, il primo riguarda lo scopo del provvedimento e la portata dello stesso: la situazione è molto diversa a seconda che un determinato standard venga imposto da un unico stato o che lo stesso standard sia in vigore sui principali mercati di riferimento. Inoltre incide il fatto che sia applicato uniformemente a tutti i soggetti esteri oppure (a seguito di accordi bilaterali o multilaterali) solo ad alcuni. L’altro aspetto riguarda il potere di mercato sul quale gli esportatori possono fare leva. Anche in questa circostanza sono le dimensioni che contano, un esportatore, così come un importatore di grandi dimensioni può far leva ed arrivare ad usufruire di migliori condizioni, grandi multinazionali operanti in un settore, possono inoltre coalizzarsi nell’opporsi a delle restrizioni di mercato che penalizzano tutto il sistema.
Per quanto riguarda i costi derivanti da TBT, va osservato come essi possano avere la duplice natura di costi che ricorrono una sola volta oppure essere più volte reiterati. In alcuni casi possono coesistere entrambe le forme.
I così detti “one time cost” corrispondono all’ ammontare complessivo derivante dai costi di adattamento, bisogna quindi includere in questa fattispecie anche i costi dovuti
all’avviamento di nuovi processi e procedure di produzione per adeguarsi a nuove
normative. Questi costi possono essere considerati ”fissi” in quanto non sono influenzati dal numero di lotti prodotti e rimangono tali fino a quando non sarà necessario provvedere a nuovi cambiamenti. Nel periodo di tempo che intercorre tra una riforma e la successiva è
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possibile quindi ammortizzare i costi. Riuscire a stimare in anticipo il totale ammontare dei costi fissi da sopportare, per adattarsi agli standard del mercato di interesse, può risultare molto difficile e di per sé costituire già una barriera in grado di scoraggiare alcune imprese. In virtù degli sforzi sostenuti per il riassestamento produttivo, anche le barriere in uscita sono molto alte, e ciò va ben ponderato in fase decisionale.
La tipologia di TBT più insidiosa è invece quella che presenta alti costi ricorrenti che costringono l’impresa ad innalzare in modo permanente il livello del costo unitario, non rendendo possibile la riduzione dei costi stessi. Si pensi ad esempio a standard che impongono un alto livello qualitativo dei materiali o all'obbligo di seguire delle prassi che costringono l’impresa a rivoluzionare il suo sistema produttivo, interrompendo le economie di scala. Parimenti anche la situazione in cui le importazioni sono soggette a costanti
verifiche con procedure aggiuntive di ispezione, spesso introdotte con l’unico scopo di aumentarne il costo, causa alle aziende un non ben quantizzabile a priori costo aggiuntivo. Nello studio di mercato ciò assume importanza rilevante in quanto, non è affatto raro che paesi in via di sviluppo impongano a produttori stranieri il rispetto di alti standard qualitativi o di tutela ambientale considerevolmente più elevati di quelli consentiti ai produttori interni. Valutare in termini economici gli effetti dello sbarramento di un qualsiasi mercato basandosi sul presunto livello di costi calcolabili a priori è molto complesso: infatti per quanto si possa razionalmente presupporre che alcune imprese, a causa degli eccessivi ostacoli causati dai costi aggiuntivi, abbiano rinunciato ad entrare nel mercato, non è possibile risalire al numero di imprese in questione ne alla loro capitalizzazione, per cui in termini di statistica
commerciale non è possibile ricavare alcun dato.
Dal punto di vista macroeconomico lo scenario che si ha di fronte cambia radicalmente in base alla dimensione degli attori in gioco: esportatori, importatori, nonché delle dimensioni del mercato come dimostrato da Roberts (Roberts 1999).
Al fine di esaminare quanto possono i TBT arrivare ad incidere sugli scambi , si assumerà la posizione di una qualsiasi impresa esportatrice, di medio-piccole dimensioni che non dispone di nessun potere contrattuale e non è quindi in grado di condizionare le misure presenti in un determinato mercato. Nello stesso scenario consideriamo invece che siano già presenti
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aziende importatrici di grandi dimensioni che hanno la possibilità di comprare da diversi sub- fornitori. In questo caso, si presenta uno dei peggiori scenari possibili in cui l’esportatore assorbirà tutti i costi derivanti dalle TBT se deciderà di entrare o di rimanere nel mercato. La situazione può divenire molto complessa e di difficile programmazione. Le possibili opzioni che si rivelano per l'azienda sono quelle di sopportare l’aumento di costi oppure uscire se possibile da quel mercato. La terza opzione potrebbe essere quella di non entrare in quel mercato, in base ad una valutazione a priori che tenga anche conto della impossibilità di calcolare costi certi per operare in quel determinato contesto.
Entrando nello specifico, un’ analisi accurata su come individuare i costi di adattamento, ci viene fornita da Krissoff (Krissoff et al. 1997) che distingue i costi necessari a mettere in piedi nuovi processi o quantomeno rivedere le procedure seguite in precedenza e i costi per adempiere ai requisiti del prodotto che a loro volta si dividono in costi natura fissa e di natura variabile.
Appartengono alla prima fattispecie (costi di natura fissa) i costi per i cambiamenti nei processi produttivi, gli investimenti in ricerca e sviluppo necessari a trovare la soluzione ai nuovi parametri, l’acquisto o la realizzazione di ulteriori impianti per la produzione, i costi per creare una nuova rete di fornitori e le spese di formazione del personale che potrebbero rendersi necessarie per l’apprendimento delle nuove tecniche. La seconda categoria
derivante dalle modifiche del prodotto (costi di natura variabile) è invece composta dalla spesa sostenuta per adeguare i requisiti del prodotto ed è caratterizzata da: aumenti dei costi di produzione, utilizzo di personale addizionale da dedicare alla nuova produzione, gli inevitabili costi aggiuntivi per i ritardi nelle spedizioni dovuti ai controlli. In pratica possono essere programmati come costi fissi come il raggiungimento della struttura produttiva per produrre almeno l’ammontare minimo di unità e i costi generali di trasformazione. Per quanto riguarda le componenti variabili in funzione del numero di unità prodotte, le voci di più rilevanti sono date da: aumenti nel costo delle materie prime necessarie, le spese a carico per le ispezioni (particolarmente rilevanti nel caso di standard SPS) i costi di
stoccaggio delle merci ed il tempo necessario per compilare i moduli obbligatori per passare la dogana.
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Al fine di quantificare gli effetti che un provvedimento TBT causa nei confronti dei produttori esteri, va ricordato che le conseguenze descritte in precedenza, misurano il costo che uno standard ha in un determinato periodo. Più complesso è invece il calcolo preventivo dell’intero ammontare che una TBT causa all’ export, bisogna infatti tenere conto di tutti i costi, fissi e variabili che il provvedimento causa durante l’intero arco temporale in cui avvengono gli scambi.
Per stimare correttamente il costo totale di uno standard Popper (Popper et al. 2004) ha elaborato la seguente formula:
∑ {
}
TC rappresenta l’ammontare complessivo dei costi.
FCi l’inisieme dei costi fissi iniziali (One-time cost).
FCPt misura il ricorrere dei costi fissi di periodo (periodic fixed cost).
C indica il ricorrere dei costi variabili del periodo ( recurring of periodic variable cost).
Qt la quantità prodotta nel periodo
r indica il tasso di attualizzazione per il calcolo dei costi futuri.
Il costo totale (TC) viene calcolato a partire dai costi fissi (FCi) che sono necessari a mettere in essere le contromisure di base per l’adeguamento della produzione allo standard e per ciò descritti come “one time cost”. Ad essi vanno sommati tutti i costi derivanti dai diversi periodi in cui lo standard subisce modifiche. A tali nuovi costi fissi di adeguamento (FCPt), viene aggiunta una stima dei costi variabili del periodo ( ) il tutto deve in fine essere attualizzato al tasso stimato (r).