• Non ci sono risultati.

Basilea 3 e la successiva evoluzione fino ad oggi in Europa

Capitolo 2: L’impatto della normativa bancaria sulla Corporate Governance

2.3 Basilea 3 e la successiva evoluzione fino ad oggi in Europa

Nel corso degli anni gli Accordi di Basilea sono stati oggetto di numerose modifiche, le quali hanno avuto come obiettivo: colmare le lacune dei precedenti accordi, integrarli per rafforzare il sistema finanziario, assicurare una maggiore stabilità e crescita, accrescere la trasparenza verso il mercato e ridurre l’incertezza regolamentare sul sistema bancario internazionale.

Basilea 3 è stato approvato nel 2010 ed è entrato in vigore nel dicembre 2013 anche se il suo completo recepimento avverrà entro il 1° gennaio 2022 in modo tale da garantire un’introduzione graduale delle nuove regole in tutti i paesi.

55 Il primo pilastro porta con sé delle novità.

Innanzitutto, aumenta il patrimonio di vigilanza, quindi il capitale che ogni banca deve possedere per soddisfare i requisiti di vigilanza, e il requisito minimo viene innalzato al 4,5% delle attività ponderate per il rischio, al netto degli aggiustamenti.

Viene introdotto il Capital Conservation Buffer, una sorta di “cuscinetto di protezione del patrimonio”, che porta il requisito totale del common equity al 7% che le banche accumuleranno e utilizzeranno successivamente in periodi di crisi prolungati. Inoltre, viene creato il buffer anticiclico, compreso fra 0 e 2,5%, imposto quando le autorità ritengono che la crescita del credito stia portando ad un accumulo di rischio sistemico insostenibile.

Altre innovazioni riguardano: un nuovo approccio standardizzato per il calcolo dei requisiti patrimoniali a fronte del rischio di credito ed operativo, incluso anche il metodo avanzato di misurazione; vincoli sui modelli interni per i requisiti patrimoniali a fronte del rischio di credito; un rafforzamento per il rischio di credito di controparte tramite requisiti più severi nella misurazione delle esposizioni; incentivi patrimoniali per il ricorso alle controparti centrali nelle operazioni in derivati; infine, il contenimento della leva finanziaria a livello di sistema e, attraverso quest’indice, si considerano le esposizioni fuori bilancio e si completano i requisiti patrimoniali basati sul rischio. L’oggetto del secondo pilastro è la gestione dei rischi e la vigilanza: vengono introdotti nuovi requisiti supplementari i quali guardano alla gestione della governance e incentivi per migliorarla, la rilevazione del rischio a livello di impresa, connesso con esposizioni fuori bilancio e operazioni di cartolarizzazione; gestione della concentrazione del rischio, prove di stress, criteri contabili per gli strumenti finanziari, prassi corrette di remunerazione e valutazione, governo societario e collegi dei supervisori.

In relazione all’obiettivo di una maggiore trasparenza verso il mercato, scopo della disciplina più recente, il Regolamento UE 575/2013 (CRR) e la direttiva 2013/36/UE (CRD IV) ha rivisto e analizzato i requisiti informativi e i contenuti del documento indirizzato al mercato, oggetto del terzo Pilastro. La disciplina di mercato richiede che l’informativa sia più chiara, trasparente ed esaustiva per quanto riguarda il profilo di rischio dei singoli istituti di credito, le componenti del patrimonio di vigilanza e il loro raccordo con poste del bilancio d’esercizio e una spiegazione completa dei metodi di calcolo utilizzati per i coefficienti patrimoniali regolamentari.

56

Nel 2004, insieme a Basilea 2, è stata promulgata la prima direttiva MIFID (2004/39/CE) la quale ha rappresentato un punto di partenza per la disciplina dei mercati finanziari e dei servizi di investimento. Essa ha attribuito alla CONSOB il potere di decidere quali dovevano essere i criteri generali per l’adozione dei regolamenti dei mercati, ha stabilito le norme di condotta e organizzative e infine quali erano i servizi e le attività per le quali è necessaria l’autorizzazione da parte dell’UE. La crisi finanziaria e l’evoluzione dei mercati hanno messo in luce delle problematiche dell’ambito di applicazione del MIFID e di conseguenza hanno portato ad un intervento che si è concretizzato con la nascita di MIFID II (2014/65/EU), entrata poi in vigore nel 2018.

Insieme al MiFIR (Market in Financial Instrument Directive, 2004), sono i due strumenti che compongono il nuovo quadro giuridico e ampliano la normativa a nuove attività di mercato e non regolamentate dalla MIFID I.

Tutte e due le disposizioni cercano di aumentare la convergenza in materia di vigilanza in tutto il mercato unico, al fine di rendere i mercati più comprensibili, trasparenti e sicuri poiché sono determinanti per lo sviluppo della crescita economica.

Innanzitutto, si cerca di colmare le lacune della legislazione precedente attraverso alcuni interventi, i quali sono:

- obblighi di trasparenza a soggetti che non avevano nessuna regolamentazione e gli stessi obblighi vengono estesi a strumenti simili o diversi da strumenti di capitale.

- modifiche nelle disposizioni vigenti affinché vi sia parità tra le sedi di negoziazione, considerando gli sviluppi tecnologici.

- è stata rafforzata la protezione degli investitori tramite un regime di incentivi e misure di salvaguardia addizionali relative alle attività dei clienti, norme dei prodotti e poteri di intervento in materia di governance.

MIFID II si preoccupa di imporre alle imprese di investimento l’adozione di misure adeguate alla tutela dei diritti di proprietà e degli investitori sugli strumenti finanziari e fondi che sono affidati all’impresa.

Introduce criteri quantitativi poiché amplia la gamma di strumenti che è possibile utilizzare e considera tutte le operazioni che possono essere effettuate dagli strumenti di capitale. Questo avviene per una maggiore trasparenza ed integrazione del mercato e, inoltre, vengono pubblicate dalle sedi di negoziazione le tariffe e commissioni sulle operazioni effettuate.

La direttiva si occupa di affrontare i punti deboli evidenziati dalla precedente legislazione e dalla crisi finanziaria e proprio per questo si assicura che l’organo di gestione delle imprese di

57

investimento, dei fornitori di servizi, dei mercati regolamentari risponda e gestisca l’applicazione di dispositivi di governance che garantiscano una sana e prudente gestione d’impresa, la promozione dell’integrità del mercato e l’interesse degli investitori.

La MIFID II richiede competenze, conoscenze ed esperienze adeguate alle funzioni svolte all’interno dell’impresa e la capacità di gestire i principali rischi, infatti l’art. 9 della direttiva prevede che “gli organi direttivi siano dotati di onorabilità ed esperienza sufficiente per garantire una sana e prudente gestione dell’impresa di investimento”.

Inoltre, per un controllo adeguate ed efficiente sulle imprese, l’organo di gestione ha la responsabilità di identificare e definire gli obiettivi strategici della strategia nell’ambito dei rischi e della governance interna dell’impresa di investimento. In aggiunta a questi compiti, deve approvare e controllare l’organizzazione dell’impresa e la sua politica.

La direttiva afferma inoltre che devono essere adottati e messi in atto provvedimenti per identificare, prevenire e gestire i conflitti, la quale tematica verrà affrontata nella direttiva CRD IV.

2.3.2 La Direttiva CRD IV

La crisi finanziaria del 2007-2008 è stato uno dei principali motivi per cui è nata una riforma a livello europeo e mondiale della normativa preesistente per rafforzare la stabilità finanziaria e la vigilanza. L’iniziativa è stata proposta ed accettata, dapprima, in sede di G20 e successivamente esplicata tramite le indicazioni del FSB e del Comitato di Basilea per entrare, successivamente, in Europa con la direttiva 2013/36/UE del 26 giugno, la cosiddetta CRD IV. È contenuta all’interno del MIFID II, nell’ambito del buon governo societario, per il quale porta a novità significative. Infatti, precisa: i compiti degli organi, la loro composizione qualitativa e quantitativa, il sistema di risk management, gli obblighi di informativa al mercato e l’istituzione e il ruolo dei comitati interni. I due articoli della direttiva che prenderemo in considerazione sono: artt. 88 e 91.

Il primo stabilisce la responsabilità degli organi di gestione e di controllo in modo tale da garantire un efficace gestione, considerando la separazione delle funzioni e la prevenzione dei conflitti di interesse. Le indicazioni della direttiva si concentrano su alcuni punti essenziali, che hanno evidenziato delle problematiche soprattutto con la crisi finanziaria, i quali sono: principi

58

che siano in grado di garantire il corretto funzionamento dell’organo di gestione in modo tale che le autorità competenti possano effettuare un monitoraggio adeguato ed efficace.

Sono state introdotte delle norme vincolanti per migliorare la gestione dei rischi e per assicurare un efficace supervisione degli organi di gestione delle banche. Per mettere in pratica questo principio dobbiamo considerare la diversity in termini di età, sesso, cultura, paese di provenienza all’interno del board per avere un adeguato livello di eterogeneità nelle caratteristiche dei componenti, i quali devono presentare “competenze diffuse e opportunamente diversificate” e una “gamma sufficientemente ampia di esperienze” per un esercizio efficace delle relative attribuzioni e per una maggiore efficienza. Quindi, per favorire l’indipendenza delle opinioni e un senso critico è necessario un adeguato livello di diversificazione.

Sono stati costituiti degli organi endo-consiliari sui rischi, sulle remunerazioni e sulle nomine per prevenire i conflitti d’interesse (artt. dal 92 al 95).

Inoltre, la crisi ha evidenziato delle criticità all’interno delle politiche di remunerazione poiché le banche incentivavano il personale ad assumere rischi eccessivi in cambio di remunerazioni più elevate e questo portava alla separazione delle remunerazioni fisse dei manager dai risultati ottenuti sfociando così in conflitti d’interesse. La soluzione a questo problema è stata trovata con l’introduzione da parte della direttiva di un rapporto massimo fra la remunerazione fissa e quella variabile per tutti i membri, e il bonus non deve essere maggiore della retribuzione annua fissa, salvo il caso in cui gli azionisti possano decidere, a determinate condizioni, di concedere bonus che possono arrivare al doppio della remunerazione fissa. Le autorità di vigilanza si assicurano che i sistemi di remunerazione e incentivazione siano in linea con gli obiettivi di lungo termine e con il livello di liquidità di capitale dell’istituto finanziario. Per quest’ultimo, la direttiva introduce requisiti patrimoniali più stringenti che si aggiungono a quelle del CRR, ad esempio, vengono introdotte delle limitazioni e garanzie sugli importi dei pagamenti dei dividendi e dei premi elargibili dalla banca.

Un altro argomento affrontato dalla CRD IV sono i requisiti degli esponenti bancari e dei partecipanti al capitale: le condizioni generali sono “reputazione, esperienza e qualità” e in passato venivano interpretate in maniera diversa. Secondo le linee guida EBA la condotta dell’individuo è compromessa quando mostra incertezze sulla sua capacità di garantire una sana e prudente gestione. Se quest’ultima viene pregiudicata la Banca d’Italia può decidere di rimuovere dal loro incarico gli esponenti bancari, ma la “fit and proper assessment” di questi soggetti viene affidata alla BCE.

59

L’art. 91 invece prevede che i componenti degli organi abbiano requisiti reputazionali, professionali e di onorabilità e pone un limite massimo all’assunzione degli incarichi in modo tale che i soggetti possano dedicare a questi il tempo necessario e svolgerli in modo adeguato, per garantire così un corretto funzionamento delle attività ed evitare i conflitti di interesse. Infine, possiamo affermare che la direttiva cerca di dare un’uniformità alla disciplina a livello europeo e mondiale per ottenere una stabilità finanziaria ed economica e un efficace ed efficiente gestione del sistema bancario.