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Il giorno dopo Harry si svegliò presto con in testa un piano dettagliato, come se nel sonno il suo cervello ci avesse lavorato sopra tutta la notte. Si alzò, si vestì nella pallida luce dell'alba, uscì dal dormitorio senza svegliare Ron e scese nella sala comune deserta. Qui prese un foglio di pergamena dal tavolo sul quale si trovava ancora il suo compito di Divinazione, e scrisse la lettera che segue:

Caro Sirius,

Credo di aver solo immaginato che mi facesse male la cicatrice. Ero mezzo addormentato l'ultima volta che ti ho scritto. Non serve che tu ritor-ni, qui va tutto bene. Non stare in pensiero per me, la mia testa è perfetta-mente a posto.

Harry

Poi uscì dal buco del ritratto, salì nel castello silenzioso (ostacolato solo per un attimo da Pix, che cercò di rovesciargli addosso un grosso vaso a metà del corridoio del quarto piano), e infine giunse alla Guferia, che si trovava in cima alla Torre Ovest.

La Guferia era una stanza di pietra circolare, piuttosto fredda e piena di spifferi, perché nessuna delle finestre era chiusa da vetri. Il pavimento era completamente coperto di paglia, cacche di gufo e scheletri rigurgitati di topi e ratti. Centinaia e centinaia di gufi di tutte le razze immaginabili era-no appollaiati lassù su trespoli che s'innalzavaera-no fiera-no alla cima della torre, quasi tutti addormentati, anche se qua e là un tondo occhio d'ambra scrutò torvo Harry. Lui individuò Edvige rannicchiata tra un barbagianni e un al-locco, e le si avvicinò rapido, scivolando un po' sul pavimento ricoperto di escrementi.

Gli ci volle un po' per convincerla a svegliarsi e poi a dargli retta, mentre lei continuava a ritrarsi sul suo trespolo, mostrandogli la coda. Evidente-mente era ancora offesa per la sua mancanza di gratitudine la sera prima.

Alla fine Harry buttò lì che probabilmente era troppo stanca, e che forse avrebbe chiesto a Ron di prestargli Leo. E fu questo a indurla a tendere la zampa e a consentirgli di legarvi la lettera.

«Trovalo e basta, d'accordo?» disse Harry, accarezzandole il dorso men-tre la portava sul braccio verso una delle aperture nel muro. «Prima dei

Dissennatori».

Lei gli becchettò il dito, forse un po' più forte di come avrebbe fatto normalmente, ma comunque cantò dolcemente, in tono rassicurante. Poi spalancò le ali e decollò verso il sole che sorgeva. Harry la guardò sparire avvertendo nello stomaco la familiare sensazione di disagio. Era stato così sicuro, prima, che la risposta di Sirius avrebbe alleviato le sue preoccupa-zioni invece di aggravarle.

*

«Quella è una bugia, Harry» disse Hermione bruscamente mentre face-vano colazione, quando lui raccontò che cosa aveva fatto. «Non ti sei im-maginato che ti faceva male la cicatrice, e lo sai».

«E allora?» replicò Harry. «Non tornerà ad Azkaban a causa mia».

«Lascia perdere» ribatté seccamente Ron quando lei aprì la bocca per di-scutere ancora, e per una volta Hermione gli diede retta e tacque.

Nelle due settimane che seguirono, Harry fece del suo meglio per non stare in pensiero per Sirius. A dire il vero, non poteva fare a meno di guar-darsi attorno ansiosamente tutte le mattine quando arrivavano i gufi posti-ni, e la sera prima di addormentarsi non riusciva a scacciare le orribili vi-sioni di Sirius circondato dai Dissennatori in qualche buia strada di Lon-dra, ma durante il giorno cercava di non pensare al suo padrino. Desiderò di avere ancora il Quidditch a distrarlo; nulla funzionava meglio di un bel-l'allenamento intenso su una mente turbata. D'altra parte, le lezioni diven-tavano più difficili e impegnative di quanto non fossero mai state, in parti-colare Difesa contro le Arti Oscure.

Con loro sorpresa, il professor Moody aveva annunciato che avrebbe scagliato la Maledizione Imperius su ciascuno di loro a turno, per dimo-strare il suo potere e per vedere se riuscivano a resistere ai suoi effetti.

«Ma... ma aveva detto che è illegale, professore» disse Hermione dub-biosa mentre Moody spazzava via i banchi con un ampio gesto della bac-chetta, creando un vasto spazio vuoto al centro dell'aula. «Ha detto che...

usarlo contro un altro essere umano è...»

«Silente vuole che voi impariate che cosa si prova» disse Moody, mentre l'occhio magico roteava su Hermione e la fissava con uno sguardo immo-bile e inquietante. «Se preferisci imparare nell'altro modo, quello più duro, quando qualcuno te la scaglia addosso per assumere il totale controllo di te, mi sta bene. Sei esonerata. Vattene».

Puntò un dito contorto verso la porta. Hermione diventò molto rossa e mormorò qualcosa sul fatto che non voleva dire che desiderava andarsene.

Harry e Ron si scambiarono un ghigno: sapevano che Hermione avrebbe mangiato pus di Bubotubero piuttosto che perdersi una lezione così impor-tante.

Moody chiamò gli studenti uno alla volta e scagliò contro ciascuno la Maledizione Imperius. Harry rimase a guardare i suoi compagni mentre, uno dopo l'altro, venivano obbligati a fare le cose più straordinarie: Dean Thomas fece per tre volte il giro della stanza a balzi, cantando l'inno na-zionale; Lavanda Brown imitò uno scoiattolo; Neville si esibì in una serie di esercizi ginnici piuttosto stupefacenti che certo non sarebbe stato in gra-do di eseguire in condizioni normali. Nessuno di loro parve in gragra-do di op-porsi, e ciascuno di loro si riprese solo quando Moody ebbe sciolto l'incan-tesimo.

«Potter» ringhiò Moody, «tocca a te».

Harry avanzò fino al centro della classe, nello spazio che Moody aveva sgombrato dei banchi. Il professore levò la bacchetta, la puntò su Harry e disse: «Imperio».

Harry provò una sensazione davvero straordinaria. Aveva l'impressione di galleggiare, come se tutti i pensieri e le preoccupazioni dentro la sua te-sta venissero dolcemente cancellati, lasciando nient'altro che una vaga, in-definibile felicità. Rimase lì, infinitamente rilassato, solo vagamente con-scio che tutti lo stavano osservando.

E poi sentì la voce di Malocchio Moody che echeggiava in una stanza remota del suo cervello vuoto: «Salta sul banco... salta sul banco...»

Harry piegò docilmente le ginocchia, preparandosi a balzare.

Salta sul banco...

Ma perché, poi?

Un'altra voce si era risvegliata al fondo del suo cervello. È una cosa stu-pida da fare, davvero, diceva la voce.

Salta sul banco...

No, non credo che lo farò, grazie, disse l'altra voce, un po' più decisa...

no, davvero, non voglio farlo...

Salta! ORA!

La cosa che Harry provò subito dopo fu parecchio dolore. Aveva spicca-to un salspicca-to e contemporaneamente aveva cercaspicca-to di trattenersi: il risultaspicca-to fu che si schiantò a testa bassa contro il banco, rovesciandolo. E a giudica-re da come stavano le sue gambe, probabilmente aveva tutt'e due le rotule

fratturate.

«Oh, così sì che va bene!» ringhiò la voce di Moody, e all'improvviso Harry sentì sparire la sensazione di vuoto e di eco dentro la testa. Si ricor-dò esattamente che cosa stava succedendo, e il dolore alle ginocchia parve raddoppiare.

«Guardate, tutti quanti... Potter si è opposto! L'ha contrastata, e mi venga un colpo, l'ha quasi sconfitta! Ci riproveremo, Potter, e voialtri state atten-ti: guardate i suoi occhi, è lì che lo vedete... molto bene, Potter, davvero molto bene! Faranno fatica a controllare te!»

«Da come parla» borbottò Harry un'ora dopo mentre usciva zoppicando dall'aula (Moody aveva insistito per fargli ripetere tutto per quattro volte di fila, finché Harry non aveva completamente vinto la maledizione), «uno potrebbe pensare che stiamo per essere attaccati da un momento all'altro».

«Sì, lo so» disse Ron, che saltellava un passo sì e uno no. Aveva fatto molta più fatica di Harry a opporsi all'anatema, anche se Moody gli aveva assicurato che gli effetti sarebbero svaniti per l'ora di pranzo. «Quando si dice un paranoico...» Ron si guardò nervosamente alle spalle per controlla-re che Moody fosse fuori tiro, e ripcontrolla-rese: «Non mi stupisco che siano stati contenti di farlo fuori al Ministero, hai sentito che cos'ha raccontato a Se-amus, cos'ha fatto a quella strega che gli ha gridato 'Buuu' alle spalle il primo aprile? E secondo lui quando dovremmo documentarci su come re-sistere alla Maledizione Imperius con tutto quello che dobbiamo fare?»

Tutti i ragazzi del quarto anno avevano constatato un notevole aumento nella quantità di lavoro richiesta quel trimestre. La professoressa McGra-nitt spiegò il perché quando la classe reagì con un lamento particolarmente sonoro alla montagna di compiti di Trasfigurazione che aveva assegnato.

«State per affrontare una fase fondamentale della vostra istruzione magi-ca!» disse, con gli occhi che scintillavano pericolosamente dietro gli oc-chiali quadrati. «I vostri G.U.F.O. si avvicinano...»

«Non abbiamo nessun G.U.F.O. fino al quinto anno!» esclamò Dean Thomas indignato.

«Forse no, Thomas, ma credimi, avrete bisogno di tutta la preparazione che riuscite a mettere insieme! La signorina Granger resta l'unica della classe che sia riuscita a trasformare un porcospino in un puntaspilli soddi-sfacente. Devo ricordarti che il tuo puntaspilli, Thomas, si appallottola an-cora quando qualcuno gli si avvicina con uno spillo!»

Hermione, che era arrossita di nuovo, parve sforzarsi di non sembrare troppo compiaciuta.

Harry e Ron si divertirono da pazzi quando alla lezione di Divinazione la professoressa Cooman annunciò a tutti e due che si erano meritati il massimo dei voti. L'insegnante lesse ampi passi delle loro predizioni, lo-dandoli per come accettavano senza batter ciglio gli orrori che li attende-vano; ma si divertirono molto meno quando chiese di fare lo stesso per il mese successivo. Entrambi erano ormai a corto di catastrofi.

Nel frattempo il professor Rüf, lo spettro che insegnava Storia della Ma-gia, aveva assegnato un tema alla settimana sulle Rivolte dei Goblin del Diciottesimo secolo, mentre Piton li stava costringendo a scoprire antidoti.

Era una cosa che tutti prendevano molto sul serio, perché Piton aveva ac-cennato all'ipotesi di avvelenare uno di loro prima di Natale per vedere se i loro antidoti erano efficaci. Invece, il professor Vitious aveva chiesto di leggere tre libri in più per prepararsi alla lezione sugli Incantesimi di Ap-pello.

Anche Hagrid aggiungeva carico a carico. Gli Schiopodi Sparacoda cre-scevano a ritmo notevole, considerato che nessuno aveva ancora scoperto che cosa mangiavano. Hagrid era estasiato e, come parte della loro 'ricer-ca', suggerì che gli studenti andassero da lui a sere alterne per osservare gli Schiopodi e prendere appunti sul loro straordinario comportamento.

«Io non lo farò» dichiarò Draco Malfoy con decisione, quando Hagrid fece questa proposta con l'aria di un Babbo Natale che estrae un giocattolo gigante dal suo sacco. «Ne ho abbastanza di vedere queste cose schifose durante le lezioni, grazie».

Il sorriso scomparve dal viso di Hagrid.

«Tu farai quello che ti dico» ringhiò, «o fregherò un'ideuzza al professor Moody... ho sentito che sei proprio un bel furetto, Malfoy».

I Grifondoro si rotolarono dalle risate. Malfoy divenne rosso di rabbia, ma evidentemente il ricordo della punizione di Moody era ancora abba-stanza doloroso da impedirgli di ribattere. Harry, Ron e Hermione tornaro-no al castello alla fine della lezione col morale alle stelle: vedere Hagrid che metteva sotto Malfoy era particolarmente appagante, soprattutto per-ché Malfoy aveva fatto davvero del suo meglio per far licenziare Hagrid l'anno prima.

Quando arrivarono nella Sala d'Ingresso, non riuscirono ad avanzare per la folla di studenti accalcati attorno a un gran cartello esposto ai piedi della scalinata di marmo. Ron, il più alto dei tre, cercò di sbirciare oltre le teste assiepate davanti a loro e lesse a voce alta:

TORNEO TREMAGHI

Le delegazioni di Beauxbatons e Durmstrang arriveranno alle 6 in pun-to di venerdì 30 otpun-tobre. Le lezioni termineranno con mezz'ora d'anticipo...

«Magnifico!» esclamò Harry. «L'ultima ora del venerdì è Pozioni! Piton non avrà il tempo di avvelenarci tutti!»

Gli studenti riporteranno borse e libri nei rispettivi dormitori e si riuni-ranno davanti al castello per salutare i nostri ospiti prima del Banchetto di Benvenuto.

«Manca solo una settimana!» commentò Ernie Macmillan di Tassorosso, spuntando dalla folla, gli occhi scintillanti. «Chissà se Cedric lo sa... Vado a dirglielo...»

«Cedric?» chiese Ron in tono vacuo, mentre Ernie scappava via.

«Diggory» precisò Harry. «Credo che voglia partecipare al Torneo».

«Quell'idiota, campione di Hogwarts?» disse Ron, mentre si facevano largo nella folla vociante puntando verso la scala.

«Non è un idiota, è solo che non ti piace perché ha battuto Grifondoro a Quidditch» disse Hermione. «Ho sentito dire che è uno studente davvero brillante... ed è anche un Prefetto».

Lo disse come se con questo la questione fosse chiusa.

«Ti piace solo perché è bello» disse Ron caustico.

«Scusa, sai, ma a me non piace la gente solo perché è bella!» ribatté Hermione indignata.

Ron finse un colpo di tosse che suonò stranamente come «Allock!»

La comparsa del cartello nella Sala d'Ingresso ebbe un effetto notevole su tutti. La settimana seguente, parve esserci un solo argomento di conver-sazione, ovunque Harry andasse: il Torneo Tremaghi. Le voci si propaga-vano di studente in studente come virus altamente contagiosi: chi voleva farsi avanti come campione di Hogwarts, in cosa sarebbe consistito il Tor-neo, in che cosa gli studenti di Beauxbatons e Durmstrang erano diversi da loro.

Harry notò anche che il castello fu ripulito da cima a fondo. Parecchi ri-tratti sudici furono scrostati, con gran disappunto dei loro soggetti, che se-devano rannicchiati nelle cornici, borbottavano cupi e trasalivano tastando-si i volti di un rosa acceso. Le armature all'improvviso diventavano scintil-lanti e si muovevano senza cigolare. E Argus Gazza, il custode, divenne

talmente feroce con gli studenti che dimenticavano di pulirsi le scarpe che provocò una crisi isterica in un paio di ragazzine del primo anno.

Anche altri membri del personale docente sembravano stranamente agi-tati.

«Paciock, sei pregato di non far sapere a nessuno di Durmstrang che non sei nemmeno in grado di eseguire un semplice Incantesimo di Scambio!»

abbaiò la professoressa McGranitt alla fine di una lezione particolarmente difficile, durante la quale Neville aveva trapiantato per errore le proprie orecchie su un cactus.

Quando scesero per colazione la mattina del 30 ottobre, scoprirono che la Sala Grande era stata addobbata durante la notte. Enormi stendardi di se-ta pendevano dai muri. Ciascuno rappresense-tava una Casa di Hogwarts:

rosso con un leone d'oro per Grifondoro, blu con un'aquila di bronzo per Corvonero, giallo con un tasso nero per Tassorosso, e verde con un serpen-te d'argento per Serpeverde. Dietro il tavolo degli insegnanti, lo sserpen-tendardo più grande di tutti portava il blasone di Hogwarts: leone, aquila, tasso e serpente uniti sotto una grande H.

Harry, Ron e Hermione individuarono Fred e George al tavolo di Gri-fondoro. Ancora una volta, cosa del tutto insolita, sedevano lontano da tutti gli altri e parlavano a bassa voce. Ron fu il primo a raggiungerli.

«È un vero disastro» diceva George a Fred in tono depresso. «Ma se non vorrà parlare con noi, dovremo spedirgli comunque la lettera. O gliela met-teremo in mano, non può evitarci per sempre».

«Chi è che vi evita?» chiese Ron, prendendo posto accanto a loro.

«Magari fossi tu» ribatté Fred, seccato per l'interruzione.

«Che cos'è che è un disastro?» chiese Ron a George.

«Avere un idiota ficcanaso come te per fratello» disse George.

«Voi due vi siete già fatti venire in mente qualcosa sul Torneo Trema-ghi?» chiese Harry. «Avete pensato a come fare per tentare di iscrivervi?»

«Ho chiesto alla McGranitt come vengono scelti i campioni, ma non me l'ha voluto dire» rispose George in tono aspro. «Mi ha detto solo di star zit-to e continuare a Trasfigurare il mio procione».

«Chissà che prove saranno» disse Ron pensieroso. «Sapete, scommetto che potremmo affrontarle, Harry, ne abbiamo fatte di cose pericolose pri-ma d'ora...»

«Non davanti a una giuria» disse Fred. «La McGranitt dice che i cam-pioni ricevono un punteggio in base a come hanno superato le prove».

«Chi sono i giudici?» chiese Harry.

«Be', i Presidi delle scuole in lizza fanno sempre parte della commissio-ne» disse Hermione, e tutti si voltarono a guardarla, piuttosto sorpresi,

«perché tutti e tre sono stati feriti durante il Torneo del 1792, quando s'im-bizzarrì il Basilisco che i campioni avrebbero dovuto catturare».

Notò che tutti la fissavano e disse, con il solito tono d'impazienza nel constatare che nessun altro aveva letto i libri che lei invece conosceva: «È tutto scritto in Storia di Hogwarts. Anche se, naturalmente quel libro non è del tutto affidabile. Storia RIVEDUTA E CORRETTA di Hogwarts sarebbe un titolo più calzante. O anche Storia DECISAMENTE PREVENUTA E SELETTIVA di Hogwarts, CHE GLISSA SUGLI ASPETTI PIÙ SPREGE-VOLI DELLA SCUOLA».

«Di cosa stai parlando?» chiese Ron, anche se Harry credeva di sapere che cosa si preparava.

«Degli elfi domestici!» esclamò Hermione ad alta voce, come Harry s'immaginava. «In oltre mille pagine di Storia di Hogwarts, non si dice nemmeno una volta che siamo tutti complici nello sfruttamento di un cen-tinaio di schiavi!»

Harry scosse la testa e si concentrò sulle uova strapazzate. Lo scarso en-tusiasmo suo e di Ron non era affatto riuscito a scalfire la determinazione di Hermione nel perseguire la giustizia per gli elfi domestici. Era vero, en-trambi avevano sborsato due zellini per la spilla CREPA, ma l'avevano fat-to solo per farla star calma. I loro zellini erano stati sprecati, comunque;

semmai avevano reso Hermione più battagliera. Da allora perseguitava Harry e Ron prima perché portassero le spille, poi perché convincessero al-tri a fare lo stesso, e aveva anche cominciato a battere la sala comune di Grifondoro tutte le sere, mettendo alle strette i compagni e scuotendo il salvadanaio sotto il loro naso.

«Ma vi rendete conto che c'è qualcuno che vi cambia le lenzuola, vi ac-cende il fuoco, vi pulisce le aule, vi cucina i pasti, e che questo qualcuno è un gruppo di creature magiche che non vengono pagate e sono trattate co-me schiave?» continuava a ripetere con veeco-menza.

Alcuni, come Neville, avevano versato il loro obolo solo perché Her-mione smettesse di fissarli minacciosa. Qualcuno sembrava vagamente in-teressato a ciò che aveva da dire, ma riluttante a prendere parte più attiva-mente alla campagna. Molti consideravano tutta la faccenda uno scherzo.

Ron alzò gli occhi verso il soffitto, inondato di sole autunnale, e Fred fu colto da un estremo interesse per la sua pancetta (entrambi i gemelli si era-no rifiutati di comprare la spilla CREPA). Invece George si voltò verso

Hermione.

«Senti, sei mai stata giù nelle cucine, Hermione?»

«No, certo che no» rispose lei asciutta. «Non credo che gli studenti deb-bano...»

«Be', noi ci siamo stati» disse George, indicando Fred, «un sacco di vol-te, a prendere del cibo. E li abbiamo visti, e sono felici. Sono convinti che il loro è il più bel lavoro del mondo...»

«È perché non sono istruiti e gli hanno fatto il lavaggio del cervello!»

sbottò Hermione in tono acceso, ma il resto della frase fu inghiottito dal-l'improvviso fruscio che annunciava l'arrivo dei gufi postali. Harry guardò subito in alto e vide Edvige planare verso di lui. Hermione tacque all'istan-te; lei e Ron fissarono ansiosi Edvige che si posava sulla spalla di Harry, ripiegava le ali e tendeva stancamente la zampa.

Harry sfilò la risposta di Sirius e offrì le sue striscioline di bacon a

Harry sfilò la risposta di Sirius e offrì le sue striscioline di bacon a