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Tenendo ben stretti i loro acquisti, il signor Weasley in I testa, si affret-tarono tutti a entrare nel bosco, seguendo il percorso illuminato dalle lan-terne. Sentivano i rumori di migliaia di persone che si muovevano attorno a loro, urla e risate, frammenti di canzoni. L'atmosfera di eccitazione feb-brile era altamente contagiosa; Harry non riusciva a smettere di sorridere.

Camminarono nel bosco per venti minuti, parlando e scherzando a voce al-ta, finché uscirono all'aperto e si ritrovarono all'ombra di uno stadio gigan-tesco. Anche se Harry riuscì a vedere solo una piccola porzione degli im-mensi muri d'oro che circondavano il campo, si rese conto che dieci catte-drali ci sarebbero state dentro comodamente.

«Ha centomila posti» disse il signor Weasley, intercettando l'aria sbalor-dita di Harry. «Una task force del Ministero, cinquecento persone, ci ha lavorato per un anno. Incantesimi Respingi-Babbani dappertutto. Tutte le volte che i Babbani ci si avvicinavano, gli venivano in mente certi appun-tamenti importanti a cui non potevano mancare e filavano via, benedetti lo-ro» aggiunse con calore, guidandoli verso l'ingresso più vicino, che era già circondato da uno sciame di streghe e maghi urlanti.

«Posti di prima classe!» disse la strega del Ministero all'ingresso, stac-cando i loro biglietti. «Tribuna d'onore! Dritto di sopra, Arthur, più in alto che puoi».

Le scale dentro lo stadio erano coperte di tappeti viola. Si arrampicarono col resto della folla, che lentamente si disperdeva nei vari settori. Il gruppo del signor Weasley continuò a salire finché non arrivarono in cima, e si ri-trovarono in una piccola tribuna posta nel punto più alto dello stadio e si-stemata esattamente a metà tra gli anelli d'oro per segnare i goal. C'erano una ventina di poltrone viola e oro disposte su due file, e quando Harry, in-filandosi nei posti davanti coi Weasley, guardò verso il basso, vide una scena che non avrebbe mai potuto immaginare.

Centomila maghi e streghe prendevano posto sui sedili che si elevavano a strati sul lungo campo ovale. Tutto era pervaso da una misteriosa luce dorata che sembrava emanare dallo stadio stesso. Da lassù, il campo sem-brava liscio come velluto. Alle due estremità del campo c'erano tre cerchi d'oro a quindici metri di altezza; proprio di fronte a loro, quasi al livello dello sguardo di Harry, c'era un tabellone gigantesco. Una grafia d'oro con-tinuava a sfrecciare su di esso come se la mano di un gigante invisibile lo scarabocchiasse e poi cancellasse tutto; guardandolo, Harry vide che spa-rava messaggi pubblicitari per tutto il campo.

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Harry si guardò intorno per vedere chi c'era in tribuna. Era ancora vuota, a parte una minuscola creatura seduta al terzultimo posto della fila dietro di loro. La creatura, dalle gambe cosi corte che stavano dritte davanti a lei sulla poltrona, indossava uno strofinaccio drappeggiato come una toga, e teneva la faccia tra le mani. Eppure quelle lunghe orecchie da pipistrello erano stranamente familiari...

«Dobby?» esclamò Harry incredulo.

La creaturina guardò in su e allargò le dita, mostrando gli enormi occhi marroni e un naso dell'esatta forma e dimensione di un grosso pomodoro.

Non era Dobby... era comunque senz'ombra di dubbio un elfo domestico, come Dobby, che Harry aveva liberato dai suoi vecchi padroni, la famiglia Malfoy.

«Il signore mi ha appena chiamato Dobby?» squitti tra le dita l'elfo incu-riosito. La sua voce era più acuta di quella di Dobby, una vocetta tremo-lante e stridula, e Harry sospettò - anche se era molto difficile a dirsi, con un elfo domestico - che quella potesse essere una femmina. Ron e Her-mione si voltarono a guardare: avevano sentito molto parlare di Dobby da Harry, ma non l'avevano mai incontrato. Anche il signor Weasley osservò la creatura con interesse.

«Scusa» disse Harry. «Credevo che fossi uno che conosco».

«Ma anch'io conosce Dobby, signore!» squitti l'elfa. Si riparava il viso come se la luce l'accecasse, anche se la Tribuna d'onore non era molto il-luminata. «Mi chiamo Winky, signore... e il signore...» i suoi occhi marro-ne scuro diventarono grandi come piattini mentre si posavano sulla cicatri-ce di Harry, «il signore è cicatri-certo Harry Potter!»

«Sì» rispose Harry.

«Ma Dobby parla sempre di Harry Potter, signore!» disse l'elfa, abbas-sando un po' le mani con aria esterrefatta.

«Come sta?» chiese Harry. «Gli piace la libertà?»

«Ah, signore» disse Winky scuotendo la testa, «ah, signore, non voglio

mancare di rispetto, signore, ma io non è sicura che Harry Potter ha fatto un favore a Dobby, signore, quando l'ha liberato».

«Perché?» chiese Harry, preso alla sprovvista. «Che cosa c'è che non va?»

«La libertà gli sta dando alla testa, signore» disse Winky malinconica.

«Gli fa venire idee strane sulla sua posizione, signore. Non riesce a trovare un altro lavoro».

«Perché no?» chiese Harry.

Winky abbassò la voce di una mezza ottava e sussurrò: «Vuole farsi pa-gare per il suo lavoro, signore».

«Farsi pagare?» chiese Harry ingenuamente. «Be'... perché non dovrebbe farsi pagare?»

Winky parve inorridire all'idea, e riparò di nuovo la faccia dietro le ma-ni.

«Gli elfi domestici non si paga, signore!» disse con un pigolio soffocato.

«No, no, no, io dice a Dobby, io dice trovati una bella famiglia e sistemati, Dobby. Lui sta facendo su un gran baccano, signore, e non è una cosa a-datta a un elfo domestico. Vai avanti a far fracasso così, Dobby, io gli dice, e la prossima che sento è che sei finito davanti all'Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche, come un goblin qualunque».

«Be', era ora che si divertisse un po'» disse Harry.

«Gli elfi domestici non dovrebbe divertirsi, Harry Potter» disse Winky in tono deciso da dietro le mani. «Gli elfi domestici fa quello che gli dici.

A me non piace affatto le altezze, Harry Potter...» lanciò un'occhiata oltre il bordo della tribuna e deglutì, «... ma il padrone mi manda alla Tribuna d'onore e io viene, signore».

«Perché ti ha mandato quassù, se sa che non ti piacciono le altezze?»

chiese Harry accigliato.

«Padrone... padrone vuole che gli tengo il posto, Harry Potter, ha tanto da fare» disse Winky, piegando la testa verso il posto vuoto al suo fianco.

«Winky vorrebbe essere di ritorno nella tenda del padrone, Harry Potter, ma Winky fa quello che le dici, Winky è una brava elfa domestica».

Scoccò un altro sguardo terrorizzato al bordo della tribuna e affondò di nuovo la faccia nelle mani. Harry si voltò verso gli altri.

«E così quello è un elfo domestico?» borbottò Ron. «Bizzarri, direi».

«E non hai visto Dobby» rispose Harry convinto.

Ron puntò l'Omniocolo e cominciò a provarlo, fissando la folla dall'altra parte dello stadio.

«Forte!» disse, girando la rotellina del replay sul lato. «Posso far rimet-tere il dito nel naso a quel vecchio laggiù... un'altra volta... ancora...»

Hermione, nel frattempo, consultava avidamente il suo programma rive-stito di velluto e infiocchettato.

«'Prima della partita avrà luogo un'esibizione delle mascotte delle squa-dre'» lesse ad alta voce.

«Oh, vale sempre la pena di vederla» disse il signor Weasley. «Le squa-dre nazionali portano creature della loro terra d'origine, sapete, per fare un po' di scena».

La tribuna si riempì lentamente nella mezz'ora successiva. Il signor We-asley continuava a stringere la mano a maghi chiaramente molto importan-ti. Percy scattava in piedi così spesso che sembrava fosse seduto su un por-cospino. Quando arrivò Cornelius Caramell, il Ministro della Magia in persona, Percy fece un inchino così profondo che gli occhiali gli caddero e si ruppero. Decisamente imbarazzato, li riparò con un colpo di bacchetta, e da quel momento rimase seduto, lanciando sguardi gelosi a Harry, che Cornelius Caramell aveva salutato come un grande amico: gli strinse la mano con fare paterno, gli chiese come stava e lo presentò ai maghi che sedevano al suo fianco.

«Le presento Harry Potter» disse ad alta voce al Ministro della Magia bulgaro che indossava magnifiche vesti di velluto nero orlate d'oro, e pare-va non capire una parola. «Harry Potter... oh, apare-vanti, ne avrà sentito parla-re... il ragazzo che è sopravvissuto a Lei-sa-chi... lo sa chi è...»

Il mago bulgaro all'improvviso notò la cicatrice di Harry e cominciò a blaterare ad alta voce, tutto agitato, indicandola.

«Lo sapevo che ce l'avremmo fatta» disse stancamente Caramell a Harry. «Non sono granché nelle lingue, ho bisogno di Barty Crouch per questo genere di cose. Ah, vedo che la sua elfa domestica gli sta tenendo il posto... buona idea, questi Bulgari continuano a infiltrarsi... ah, ecco Lu-cius!»

Harry, Ron e Hermione si voltarono in fretta. Lungo la seconda fila, di-retti verso tre posti ancora vuoti proprio dietro al signor Weasley, si stava-no infilando nientemestava-no che i vecchi proprietari di Dobby l'elfo domesti-co: Lucius Malfoy, suo figlio Draco e una donna che Harry immaginò es-sere la madre di Draco.

Harry e Draco Malfoy erano nemici fin dal loro primo viaggio verso Hogwarts. Pallido, il viso a punta e i capelli di un biondo quasi bianco, Draco somigliava moltissimo a suo padre. Anche sua madre era bionda,

al-ta e sottile, e sarebbe sal-taal-ta carina se non avesse avuto l'aria di chi ha una gran puzza sotto il naso.

«Ah, Caramell» disse Malfoy, tendendo la mano mentre si avvicinava al Ministro della Magia. «Come stai? Ti presento mia moglie Narcissa... e nostro figlio Draco...»

«Piacere, piacere» disse Caramell, sorridendo e facendo l'inchino alla si-gnora Malfoy. «E mi permetta di presentarle il signor Oblansk... Oba-lonsk... Il signor... be', è il Ministro della Magia bulgaro, e non capisce una parola di quello che dico, comunque, quindi non importa. E poi, vediamo un po'... credo che conosca Arthur Weasley»,

Fu un attimo di tensione. Il signor Weasley e il signor Malfoy si scam-biarono un'occhiata e Harry rammentò con chiarezza l'ultima volta che si erano trovati faccia a faccia: era stato al Ghirigoro, e si erano presi a pu-gni. I freddi occhi grigi del signor Malfoy scivolarono sul signor Weasley, e poi su e giù per la fila.

«Santo cielo, Arthur» disse tranquillamente. «Che cos'hai dovuto vende-re per avevende-re i biglietti in Tribuna d'onovende-re? Di sicuro la tua casa non valeva tanto...»

Caramell, che non aveva sentito, disse: «Lucius ha appena fatto un'offer-ta molto generosa all'Ospedale di San Mungo per Malattie e Ferite Magi-che, Arthur. È mio ospite, qui».

«Che... che bel gesto» disse il signor Weasley, con un sorriso molto tira-to.

Gli occhi del signor Malfoy erano tornati a posarsi su Hermione, che ar-rossì un po', ma sostenne il suo sguardo con fermezza. Harry sapeva esat-tamente che cosa faceva arricciare il labbro del signor Malfoy: lui e la sua famiglia si vantavano di essere maghi purosangue, e cioè consideravano di seconda categoria chiunque fosse di origini babbane, come Hermione. Co-munque, in presenza del Ministro della Magia il signor Malfoy non si arri-schiò a dire nulla: fece solo un cenno beffardo al signor Weasley, e rag-giunse i suoi posti nella fila. Draco scoccò a Harry, Ron e Hermione u-n'occhiata sprezzante, poi sedette tra sua madre e suo padre.

«Viscidi imbecilli» borbottò Ron mentre lui, Harry e Hermione tornava-no a guardare verso il campo. Un attimo dopo, Ludo Bagman prese posto in tribuna.

«Tutti pronti?» disse, il volto rotondo radioso come una grande, eccita-tissima forma di formaggio. «Ministro... pronto a partire'?»

«Quando vuoi, Ludo» rispose C'aramell tranquillamente.

Ludo estrasse rapido la bacchetta, la puntò alla propria gola e disse:

«Sonorus!» La sua voce sovrastò il ruggito che riempiva lo stadio, echeg-giò sul pubblico, rimbombando in tutti gli angoli delle tribune: «Signore e signori... benvenuti! Benvenuti alla finale della quattrocentoventiduesima Coppa del Mondo di Quidditch!»

Gli spettatori urlarono e applaudirono. Migliaia di bandiere sventolaro-no, aggiungendo al frastuono i loro inni nazionali discordanti. L'enorme tabellone di fronte a loro fu sgombrato dell'ultimo messaggio ('GELATI-NE TUTTIGUSTI+1: GUSTATE IL RISCHIO!') e vi apparve la scritta 'BULGARIA: ZERO, IRLANDA: ZERO.

«E ora, senza altri indugi, permettetemi di presentarvi... le Mascotte del-la Nazionale Bulgara!»

Il settore destro, che era una marea compatta di rosso, emise un ruggito d'approvazione.

«Chissà che cos'avranno portato» disse il signor Weasley, curvandosi in avanti. «Aaah!» All'improvviso si tolse gli occhiali e li pulì in fretta nell'a-bito. «Veela!»

«Che cosa sono i Vee...?»

La risposta venne quando un centinaio di Veela si riversarono su! cam-po. Le Veela erano donne... le donne più belle che Harry avesse mai vi-sto... solo che non erano - non potevano essere - umane. Harry rimase in-terdetto per un attimo, mentre cercava di indovinare che cosa potessero es-sere; che cosa potesse far brillare in quel modo la loro pelle di un candore lunare, o far ondeggiare i loro capelli d'oro pallido senza che ci fosse il vento... ma poi cominciò la musica, e Harry smise di preoccuparsi del fatto che non erano umane: in effetti, smise di preoccuparsi di qualunque cosa.

Le Veela avevano cominciato a ballare, e la testa di Harry si era comple-tamente, beatamente svuotata. Tutto ciò che importava al mondo era conti-nuare a guardare le Veela, perché se avessero smesso di ballare, sarebbero successe cose terribili...

E mentre le Veela danzavano sempre più in fretta, brandelli di pensieri selvaggi presero a rincorrersi nella mente confusa di Harry. Voleva com-piere qualcosa di molto impressionante, e proprio in quel momento. But-tarsi giù dalla tribuna nello stadio sembrava una buona idea... ma era abba-stanza buona?

«Harry, che cosa stai facendo?» disse la voce di Hermione da una gran distanza.

La musica cessò. Harry sbatté le palpebre. Era in piedi, e una delle sue

gambe era a cavalcioni del muretto della tribuna. Accanto a lui, Ron era paralizzato in una posa che lo faceva sembrare sul punto di tuffarsi da un trampolino.

Urla adirate riempivano lo stadio. La folla non voleva che le Veela se ne andassero. Harry era d'accordo; avrebbe tifato per la Bulgaria, naturalmen-te, e si chiese confusamente perché mai aveva un grosso trifoglio verde appuntato sul petto. Ron, nel frattempo, stava facendo distrattamente a pezzi i trifogli sul suo cappello. Il signor Weasley, con un breve sorriso, si chinò verso Ron e gli tolse il cappello dalle mani.

«Lo vorrai ancora» disse, «quando l'Irlanda avrà detto la sua».

«Eh?» disse Ron, fissando a bocca aperta le Veela, che ora si erano alli-neate lungo un lato del campo.

Hermione emise un chiaro sbuffo di disapprovazione. Si alzò e costrinse Harry a rimettersi a sedere. «Insomma!» disse.

«E ora» ruggì la voce di Ludo Bagman, «gentilmente puntate in aria le bacchette... per le Mascotte della Nazionale Irlandese!»

Un attimo dopo, quella che pareva una gran cometa verde e oro entrò sa-ettando nello stadio. Fece un giro completo, poi si divise in due comete più piccole che si scagliarono verso gli anelli dorati e all'improvviso un arco-baleno s'inarcò sul campo, unendo le due sfere di luce. La folla fece 'oooh' e 'aaah' come davanti a uno spettacolo di fuochi d'artificio. Poi l'arcobaleno sbiadì e le sfere di luce si riunirono e si fusero; avevano formato un enor-me trifoglio splendente, che si alzò in cielo e prese a fluttuare sulle tribune.

Qualcosa di simile a una pioggia dorata parve cadere giù...

«Eccellente!» ruggì Ron, mentre dal trifoglio danzante piovevano grosse monete d'oro, rimbalzando sulle teste e sulle poltrone. Strizzando gli occhi per vedere il trifoglio, Harry si accorse che in realtà era formato da mi-gliaia di minuscoli omini con la barba, vestiti di farsetti rossi e muniti o-gnuno di una piccolissima lampada verde o d'oro.

«Lepricani!» urlò il signor Weasley sull'applauso tumultuoso del pubbli-co; in molti si stavano ancora azzuffando per raccogliere l'oro.

«Ecco qua» gridò Ron allegramente, ficcando una manciata di monete in mano a Harry. «Per l'Omniocolo! Ora ti toccherà comprarmi il regalo di Natale, ha!»

L'enorme trifoglio si dissolse, i Lepricani planarono sul campo dal lato opposto delle Veela e sedettero a gambe incrociate per vedere la partita.

«E ora, signore e signori, vogliate dare il benvenuto... alla Nazionale Bulgara di Quidditch! Ecco a voi... Dimitrov!»

Una sagoma in vesti scarlatte su un manico di scopa sfrecciò in campo, così rapida da sembrare sfocata, scatenando gli applausi veementi dei tifosi bulgari.

«Ivanova!»

Una seconda giocatrice in rosso filò fuori.

«Zograf! Levski! Vulchanov! Volkov! Eeeeeee... Krum!»

«È lui! E lui!» urlò Ron, seguendo Krum con l'Omniocolo; Harry mise rapidamente a fuoco il suo.

Viktor Krum era magro, scuro e con la pelle olivastra, un gran naso a becco e folte sopracciglia nere. Assomigliava a un uccello da preda troppo cresciuto. Era difficile credere che avesse solo diciotto anni.

«E ora, vi prego di salutare... la Nazionale Irlandese di Quidditch!» stril-lò Bagman. «Ecco a voi... Connolly! Ryan! Troy! Mullet! Moran! Qui-gley! Eeeeeee... Lynch!»

Sette turbini verdi sfrecciarono in campo; Harry girò una rotellina sul la-to dell'Omniocolo e fece rallentare i giocala-tori quel tanla-to che bastò a legge-re la parola FIREBOLT sul fianco di ciascuna delle loro scope, e a vedelegge-re i loro nomi ricamati in argento sulla schiena.

«Ed ecco a voi, in diretta dall'Egitto, il nostro arbitro, l'acclamato Presi-dente della Federazione Internazionale di Quidditch, Hassan Mustafà!»

Un mago piccolo e magrolino, completamente calvo ma con un paio di baffi da far concorrenza a zio Vernon, vestito d'oro puro per intonarsi allo stadio, entrò in campo. Da sotto i baffi gli spuntava un fischietto d'argento;

portava una grossa cassa di legno sotto un braccio e il suo manico di scopa sotto l'altro. Harry riportò l'Omniocolo sulla velocità normale, osservando con attenzione Mustafà che montava sulla sua scopa e apriva la cassa con un calcio. Quattro palline balzarono a mezz'aria: la Pluffa scarlatta, i due Bolidi neri e (Harry lo intuì appena prima che sparisse) il minuscolo Boc-cino d'Oro alato. Con un soffio acuto di fischietto, Mustafà scattò in aria dietro le palline.

«Paaaartiti!» urlò Bagman.

«È Mullet! Troy! Moran! Dimitrov! Ancora Mullet! Troy! Levski! Mo-ran!»

Era Quidditch come Harry non l'aveva mai visto giocare prima. Teneva l'Omniocolo cosi appiccicato agli occhi che gli occhiali si conficcavano nelle orbite. La velocità dei giocatori era incredibile: i Cacciatori si passa-vano la Pluffa così in fretta che Bagman aveva appena il tempo di dire i lo-ro nomi. Harry girò una lo-rotellina sulla destra dell'Omniocolo, premette il

pulsante 'azione per azione' e seguì la partita al rallentatore, mentre lucci-canti lettere viola lampeggiavano sulle lenti, e il fragore della folla gli mar-tellava i timpani.

'FORMAZIONE D'ATTACCO TESTADIFALCO" lesse mentre guar-dava i tre Cacciatori irlandesi sfrecciare vicinissimi, Troy al centro, appena un po' più avanti di Mullet e Moran. lanciarsi sui Bulgari. 'PASSAGGIO DI PORSKOFF' lampeggiò subito dopo, mentre Troy finse di scattare in alto con la Pluffa, deviando la Cacciatrice bulgara Ivanova, e passando la Pluffa a Moran. Uno dei Battitori bulgari, Volkov, assestò un gran colpo a un Bolide di passaggio con la sua piccola mazza, scaraventandolo sulla

'FORMAZIONE D'ATTACCO TESTADIFALCO" lesse mentre guar-dava i tre Cacciatori irlandesi sfrecciare vicinissimi, Troy al centro, appena un po' più avanti di Mullet e Moran. lanciarsi sui Bulgari. 'PASSAGGIO DI PORSKOFF' lampeggiò subito dopo, mentre Troy finse di scattare in alto con la Pluffa, deviando la Cacciatrice bulgara Ivanova, e passando la Pluffa a Moran. Uno dei Battitori bulgari, Volkov, assestò un gran colpo a un Bolide di passaggio con la sua piccola mazza, scaraventandolo sulla