3. LE AMBIGUITÀ DELLA ‘GUERRA-FESTA’
3.2.1 La bellezza della battaglia e la “joie”
Et chançon fiere, s’ele est bien escoutee. Par jugleor ne fu meillor chantee.
En Aleschans ot merveilleus hustin. (Aliscans, vv. 5447-5450)
[Ora ascolterete, se ascolterete con attenzione, il racconto di una splendida battaglia, una canzone meravigliosa. Mai cantore ne ha cantata una migliore. // In Aliscans e nella meravigliosa Hustin.277]
Da questi pochi versi dalla canzone di gesta della fine del XII secolo Aliscans è possibile dedurre una grossa fetta della mentalità bellica medievale: la canzone è degna di essere cantata perché racconta di una battaglia meravigliosa. E una bella battaglia è un ottimo argomento per una chanson de geste perché è proprio ciò che il pubblico con ogni probabilità voleva ascoltare, vi doveva essere un profondo piacere nell’ascoltare il racconto di nobili gesta e imprese straordinarie.
La rappresentazione della battaglia nella letteratura antico francese lascia largamente spazio ad apprezzamenti sulla bellezza della battaglia. Ciò è dimostrabile ad esempio prendendo in esame i vari aggettivi che nelle canzoni di gesta e nei romanzi accompagnano i sostantivi per ‘battaglia’. Dopo averli passati rapidamente in rassegna sarà possibile osservare come ad emergere non sia il lato strettamente legato all’esperienza tragica del lutto (ad esempio l’aggettivo mortel), ma piuttosto l’aspetto di grandiosità e insieme meraviglia del combattimento.
Per quanto riguarda il sostantivo bataille:
- Nel Gormont et Isembart compaiono gli aggettivi: grant (a indicare le dimensioni notevoli dello scontro); esbaldie (che si può rendere con “energica”); communel (nel senso di scontro complessivo, totale, a cui non è possibile sottrarsi);
- Nella Chanson de Roland esso è accompagnato da: gente (al v. 1247 che sia Bensi sia Lo Cascio scelgono di tradurre assai significativamente con l’aggettivo italiano “bella”, nelle parole di Oliviero quindi viene messa in evidenza la bellezza della battaglia); merveilluse e cumune278; aduree (nel senso di “ostinata”);
merveilluse e pesant (2 occorrenze); forte e aduree; merveilluse e grant; dure e afichee;
- Nella Chanson de Guillaume compare: grant, e lo stesso vale per la breve canzone di gesta Prise d’Orange;
- Nell’Entrée d’Espagne si ha: straine (nel senso di terribile, particolarmente cruenta);
277 Traduzione mia basata sulla traduzione francese di A. e J. Subrenat, Champion, Paris 2007.
278 Si sceglie in questa esposizione di riportare in coordinazione così come si presentano nel testo gli aggettivi che gli autori scelgono di utilizzare in coppie polisindetiche oppure coordinate per asindeto.
- Nel Raoul de Cambrai ritorna la combinazione di meraviglioso e luttuoso:
merveillouse et plaigniere;
- In Aliscans prevalgono: orrible; enluminee; grande et aduree;
- In Aspremont: ritorna strange (sempre con il significato di terribile, ferale);
rengiee et serree (coppia che sposta invece l’attenzione sulla compattezza delle
schiere, aspetto fondamentale analizzato nel primo capitolo);
- La canzone di gesta Fierabras è quella in cui si rileva il maggiore grado di uso di aggettivi per accompagnare questo sostantivo: grant (con ben 6 occorrenze);
pesant (2 occorrenze); fort (3 occorrenze); fiere;
- Questo aspetto è molto meno diffuso nei romanzi: nel Roman de Thèbes si incontrano joustee e aduree, mentre nel Roman de Troie prevalgono granz e aïree. Per quanto riguarda invece le opere di Chrétien de Troyes sembra che questo non sia tra gli espedienti scelti dal poeta, compare soltanto nel Lancelot al v. 2714:
molt fiere bataille.
La situazione per il sinonimo estor è molto simile:
- Nella Prise d’Orange compare accompagnato da: pesant;
- Nell’Entrée d’Espagne si hanno degli aggettivi coordinati per asindeto come
gran, fiers et desmesurés e un prevalere di grant;
- Nel Raoul de Cambrai si hanno: fier et pesant; fort et dure et espois; pesant; - In Aliscans: fier; merveillos et mortax (combinazione di aggettivi particolarmente
efficace);
- In Aspremont è accompagnato da: fier (in tre casi); granz (3 occorrenze); pesant; granz et merveillos; merveillox et fier;
- Nella canzone Fierabras rimane anche in questo caso alto il tasso di aggettivi impiegati: mortez (3 occorrenze); fort (3 occorrenze); pesant;
- Nel Girart de Roussillon si incontra: fort, fers e campaus;
- Anche in questo la concentrazione nei romanzi è di gran lunga minore, nel Roman
d’Alexandre si ha un aggettivo come communal, nel Lancelot di Chrétien – di
nuovo l’unico dei suoi romanzi – compare grant, mentre diverso è il caso del
Roman de Troie dove vi è una certa abbondanza di questi aggettivi tra cui: fier; grant; mortel; dur; merveillos.
- Nel Raoul de Cambrai: dure;
- In Fierabras compare accompagnato dagli aggettivi: forte; grant; dalla combinazione laide, gente et bele (in cui ricompare l’uso dell’aggettivo gente in relazione a un episodio bellico e in aggiunta in relazione con bele, quindi la connotazione del sostantivo in questo caso ne esce decisamente positiva);
- E tra i romanzi il sostantivo è accompagnato da aggettivi in particolare nel Roman
de Troie: granz; dure.
Infine per quanto riguarda il termine caple:
- Nella Chanson de Roland compare accompagnato da una caratterizzazione particolarmente luttuosa: dulurus e pesmes (“dolorosa e tremenda”);
- Nella Chanson de Guillaume invece si ha un più generico dur; - In Aspremont ritorna l’aggettivo fier;
- In Fierabras di nuovo vi è una rilevante quantità di aggettivi: pesant; fier; felon; - E dei romanzi soltanto ne Il bel cavaliere sconosciuto si sono rilevate delle
evidenze in questo senso: fiere; grant.
È subito evidente, anche dando una semplice scorsa veloce ai dati esposti, che tra gli aggettivi estratti dal corpus di testi a prevalere è l’aggettivo grant che in ben 20 casi accompagna un sostantivo che veicola il significato di ‘battaglia / scontro / combattimento’. Questo aggettivo presenta la possibilità di diverse sfumature di interpretazioni, può trasmettere varie sfaccettature di percezione della battaglia:
- può indicare un grande dispiegamento di forze, di effettivi;
- oppure la richiesta di un grande dispendio energetico, un enorme fatica; - veicola infine innegabilmente anche un senso di ammirazione e maestosità. Più grande sarà la battaglia più significativa ed eroica sarà ogni azione, vittoriosa o meno, compiuta in essa, ogni singolo gesto sarà degno di essere raccontato.
Un altro aggettivo che con il suo grado di occorrenze potrebbe fare concorrenza a quello appena analizzato è fier, il quale contribuisce a costruire l’aura gloriosa che circonda alcuni scontri rendendo l’azione degna di essere tramandata in una canzone. La battaglia doveva invero essere proprio ‘fiera’ di modo che i cavalieri che vi combattevano potessero costruire la propria reputazione di uomini valorosi che li avrebbe preceduti, ad esempio, in ogni torneo al quale avessero deciso di prendere parte.
Altri aggettivi che hanno dimostrato una certa rilevanza e ricorrenza sono: pesant,
fort e dur, i quali presentano il sostantivo che li accompagna mettendone in risalto la
grande dissipazione di energie che doveva richiedere. Molto frequenti sono anche le coppie di aggettivi coordinati per polisindeto (e/et) o per asindeto tra cui spiccano come particolarmente icastici quelli che prevedono la [merveillous + aggettivo] di cui si è già parlato nel precedente capitolo.
Il racconto di guerra in fin dei conti ha da sempre affascinato l’uomo, se si prende l’Iliade come archetipo di tutte le narrazioni occidentali è facile immaginare quanto indietro nel tempo vada fatto risalire questo perturbante piacere della narrazione dettagliata del fatto bellico. Ma alcuni autori si spingono un po’ più in là osservando che vi era piacere, joie, anche nei combattimenti stessi. Gli uomini che assieme ai loro insostituibili compagni danzavano pericolosamente vicini alla morte provavano una forma estatica, quasi allucinata, di joie, forti della loro unione, assetati di gloria e ricchezze, disgustati dal pensiero di una vita sedentaria, per i quali la guerra era l’espressione più assoluta e alta della vita, in cui gli esseri umani potevano farsi beffe del dono divino della mortalità. Già Ammiano Marcellino riferendosi al popolo degli Alani notava in loro un certo piacere nel condurre le pratiche belliche:
(…) Utque hominibus quietis et placidis otium est voluptabile, ita illos pericula iuvant et
bella. Iudicatur ibi beatus qui in proelio profuderit animam, senescentes etiam et fortuitis
mortibus mundo digressos et degeneres et ignavos conviciis atrocibus insectatntur, nec quicquam est quod elatius iactent quam homine quolibet occiso (…) (Ammiani Marcellini,
Res gestae, XXXI, 2, 22).279
[(…) Quel piacere che gli uomini tranquilli e quieti trovano nel riposo, essi lo trovano nel rischio e nella guerra. È giudicato fortunato, tra loro, chi muore in combattimento, mentre chi muore di vecchiaia o di morte accidentale è un degenere, un vile. L’uccidere un uomo è gesto per il quale non bastano le lodi (…).280]
Anche Guillaume d’Orange, protagonista tra le altre anche della breve canzone di gesta Prise d’Orange, dà voce a un vivace sentimento di fastidio per l’inattività, per la
stasi che rispecchia quello che Ammiano Marcellino attribuiva agli Alani. A parlare è proprio Guillaume:
Que trop me nuist ici a sejorner!281 Ensement somes ça dedenz enserré
Comme li hom qui est enprisonné. (Prise d’Orange, vv. 67-69)
[Poiché rimanere qui inattivo mi nuoce molto! / Siamo rinchiusi all’interno di questa cittadella / come un uomo che sia prigioniero.282]
E poi di nuovo poco più sotto:
Des or m’anuie le sejorner ceanz
Quant ge ne puis prover mon hardement!283 (Prise d’Orange, vv. 99-100)
[Mi è ormai insopportabile il rimanere all’interno [della cittadella] / poiché non posso provare il mio valore.284]
La canzone di gesta Fierabras propone anch’essa un accento esplicito sulla joie del battersi:
Moult ont mené grant joie285 quant se vont ajoustant. (Fierabras, v. 5742) [Di gran gioia fanno mostra, quando vengono alle prese.286]
Da testi come questo non emerge soltanto il piacere che si traeva dal combattere e il desiderio costante di dimostrare il proprio valore, ma si può intuire anche quella che doveva essere la percezione di un forte sentimento di invincibilità che è rimasto nei secoli come caratteristica del combattente trovando spazio finanche nell’ambito della guerra moderna. Tali sensazioni dovevano essere comuni tra compagni – tra gli uomini di uno stesso plotone, di uno stesso reggimento o di una stessa schiera, partecipanti di una stessa carica di cavalleria – e dovevano essere corroborati proprio dal fatto di affrontare insieme le medesime situazioni. All’interno di dinamiche di gruppo è più probabile la
281 Corsivo mio. 282 Traduzione mia. 283 Corsivo mio. 284 Traduzione mia. 285 Corsivo mio. 286 Traduzione mia.
fomentazione vicendevole di istinti aggressivi, è nelle folle, sostiene Bouthoul, che ha origine il “senso della festa” che lo studioso definisce come “lo stato d’animo convenzionale e dell’allucinazione della partecipazione”287. A sostegno delle proprie osservazioni il sociologo fa brevemente cenno a delle ricerche commissionate dall’Unesco durante gli anni 1947-1948 che hanno riportato tra i propri risultati come per la maggioranza degli uomini la guerra sia “una specie di gigantesca festa, di divertimento ambivalente, cioè allo stesso tempo rallegrante e sinistro, che esalta e che fa disperare e che niente fino a oggi è riuscito a sostituire”288.