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Benché l’elemento di distinzione dei beni del demanio marittimo possa essere individuato nella loro intrinseca destinazione al

Nel documento La concessione portuale (pagine 71-154)

soddisfacimento dei pubblici usi del mare, l’aspetto che tradizionalmente caratterizzava la loro disciplina consisteva nelle specifiche modalità previste in relazione alla loro gestione, che trovavano, quale principale riferimento normativo, l’art. 30 cod. nav.

Ancora oggi, quest’ultima disposizione attribuisce, infatti, alla sola amministrazione dei trasporti e della navigazione il compito di regolare l’uso dei beni del demanio marittimo e di mantenere con riguardo ad essi l’ordine pubblico14: così circoscrivendo i soggetti competenti alla gestione dei beni in considerazione.

La previsione è stata però messa in discussione a partire dei primi anni sessanta del secolo scorso.

Allora si era, infatti, sostenuto che l’art. 30 cod. nav. non fosse più in linea con le recenti esigenze di utilizzo di tali beni in relazione ai quali la sfera funzionale della amministrazione marittima non poteva essere più ricondotta alle sole ordinarie funzioni di controllo e di garanzia del bene, ma

13 F.A. QUERCI, Il demanio marittimo, cit., 98.

14 Disposizione che ha indotto F.A. QUERCI, Il demanio marittimo, cit., 98, ad osservare

come ciò che contraddistingue i beni del demanio marittimo attenga al «carattere di

generale esclusività della competenza della autorità marittima nella gestione ed amministrazione del demanio marittimo, segnatamente per quel che attiene alla relativa e specifica regolamentazione delle concessioni».

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doveva essere necessariamente estesa – pur nel silenzio del legislatore – a funzioni di carattere programmatorio e promozionale delle attività dei concessionari15.

E tale considerazione pareva trovare ulteriore conferma nel fatto che proprio l’inadeguatezza a soddisfare le suddette esigenze da parte della disciplina vigente aveva comportato un mutamento del tradizionale modello di amministrazione - allora fondato sull’attribuzione della gestione del bene “per atti puntuali”16 - verso un sistema in cui la gestione dei beni del demanio pubblico veniva affidata essenzialmente a privati mediante lo strumento della concessione.

Di fronte a questi problemi, si era peraltro sviluppato in dottrina un dibattito circa l’opportunità di distinguere la disciplina prevista in relazione ai beni del demanio costiero rispetto a quella che regolava i beni del demanio portuale.

Il punto di partenza di questo dibattito scaturiva da una riflessione generale attinente alla situazione del demanio marittimo: si era cioè sostenuto che nel corso del secondo dopoguerra il processo di industrializzazione della società italiana aveva dato luogo ad una progressiva modificazione funzionale di taluni beni demaniali, attribuendo loro carattere strumentale per il soddisfacimento di interessi socio- economici in relazione ai servizi che i beni stessi rendevano o erano idonei a rendere prevalentemente nella forma organizzata dell’impresa17.

Su tali basi, l’esame dei beni del demanio portuale assumeva però una valenza diversa rispetto a quella presente nell’ambito della classificazione tradizionale dei beni demaniali marittimi, perché enfatizzava l’esistenza di una linea di demarcazione tra beni del demanio portuale e beni del demanio costiero.

15 Non è dunque un caso che lo stesso F. A. QUERCI, Diritto della Navigazione, cit., 110

abbia sostenuto la necessità di un ampliamento «della sfera funzionale della pubblica

amministrazione marittima: alle ordinarie funzioni di controllo e di garanzia si assommano – pur nel silenzio del legislatore ed unicamente per mezzo di circolari o altri atti interni – funzioni a carattere programmatorio e promozionale delle attività dei concessionari», con ciò stigmatizzando l’assenza di un quadro unitario di riferimento «che coordini fra loro le diverse utilizzazioni al fine di pervenire ad una complessiva e razionale gestione del demanio stesso».

16 Cfr. F. A. QUERCI, Diritto della Navigazione, cit., 112, secondo il quale «in costante evoluzione in vista di nuovi obiettivi di garanzia dell’interesse pubblico, l’atto puntuale, ossia la concessione amministrativa (art. 36, c. nav.) da intervento eccezionale diviene intervento normale e, pur non mutando struttura (poiché resta atto a carattere discrezionale), subisce una modificazione funzionale acquisendo una capacità conformativa sia del «vincolo di destinazione» del bene demaniale (dovendo la pubblica amministrazione marittima disciplinare attraverso il provvedimento gli uso alternativi del bene), sia della posizione giuridica del concessionario, capacità che si assomma all’ordinaria potestà costitutiva di quest’ultima posizione».

17 Cfr. F. BENVENUTI, Il demanio marittimo fra passato e futuro, in Riv. Dir. nav., 1965, I,

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E ciò condizionava non solo la funzione cui erano destinati i beni riconducibili alle rispettive categorie, ma anche l’approccio dell’uomo ad essi. In questa prospettiva si rilevava cioè che, in linea di principio, mentre i beni del demanio costiero erano utilizzati dall’uomo «nella sua qualità di

persona che incontra il mare e che di esso si giova per fini esclusivamente quali possono essere il diporto, lo svago, la salute ecc.», nel caso dei beni

del demanio portuale, «l’uomo utilizza i beni demaniali in quanto uomo

economico»: ossia per fini diversi rispetto a quelli perseguiti in relazione

agli altri beni18.

Una differenza era però riscontrabile anche sul piano normativo: mentre l’allora vigente disciplina del demanio portuale, basata essenzialmente su singole leggi che regolavano l’organizzazione degli enti preposti alla gestione dei porti, non sembrava presentare, in realtà, particolari problemi, tanto da consentire di sostenere che «il sistema che così ne risulta non può

dirsi del tutto perfetto, ma è da ritenere che, con modesti ritocchi alla legislazione vigente, soprattutto per quanto attiene ai procedimenti concessivi ed ai controlli sull’utilizzazione dei beni concessi, la situazione possa essere riportata ad un livello soddisfacente»19, diverse erano le conclusioni per quanto riguardava i beni dell demanio costiero.

Anche questi ultimi, si sosteneva, avevano sviluppato una loro vocazione economica, diretta di fondo a perseguire una finalità turistica, che necessitava un mutamento del corrispondente regime di amministrazione. Tuttavia, la disciplina allora vigente si limitava ad attribuire alla amministrazione un compito di “controllo o di garanzia” di tali beni, ignorandone la funzione “produttiva”20.

Quanto all’ordinamento portuale, la critica principale era rivolta nei confronti della disciplina posta in tema di classificazione dei porti, risalente ancora al t.u. del 1885. Tale disciplina doveva cioè ritenersi certamente superata, dal momento che ignorava una distinzione ormai divenuta centrale nel settore portuale: cioè, quella tra «porti commerciali», intesi quali «porti

aperti all’uso di qualunque utente» e porti industriali, «ossia zone che, pur dovendo essere ascritte al demanio portuale perché corrispondono a quei criteri di identificazione del bene come sopra si è detto, tuttavia non sono porti aperti»21.

Sulla scorta di tali considerazioni, mentre alcuni autori erano giunti a ritenere già implicita, anche sul piano normativo, la distinzione tra le due categorie in questione22, sostenendo perciò l’esigenza di una radicale

18 F. BENVENUTI, Il demanio marittimo, cit., 158. 19 ID.,160.

20 Ibidem. 21 ID., 159.

22 Tra tutti, cfr. M.L. CORBINO, Demanio marittimo e assetto del territorio, attuale regime concessorio e prospettive di riforma, in Studi in onore di Gustavo Romanelli, Milano,

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riforma del regime vigente, altri invece consideravano ancora possibile distinguere all’interno del cod. nav. una disciplina unitaria ed omogenea, che più che indurre ad un cambiamento del sistema, esigeva piuttosto un suo adeguamento alla realtà23.

Ad ogni modo, l’esigenza di far fronte alla mutata situazione che riguardava i beni del demanio marittimo non evidenziava solo l’opportunità di introdurre una diversa disciplina per le due categorie del demanio marittimo sopra indicate, ma imponeva la necessità di individuare nuove funzioni da attribuire alle amministrazioni e dunque di determinare a chi spettassero le relative competenze.

A tali esigenze il legislatore cercò di dare una risposta introducendo i già esaminati d.P.R. n. 8/1972 e il d.P.R. n. 616/197724, con i quali delegava le Regioni all’esercizio delle funzioni amministrative sui beni del demanio marittimo utilizzati per finalità turistiche e ricreative, con esclusione dei porti e delle aree di preminente interesse nazionale in relazione agli interessi della sicurezza dello Stato e alle esigenze della navigazione marittima. In questo modo cioè si recepiva anche sul piano normativo proprio la suindicata distinzione tra demanio costiero e il demanio portuale, secondo il principio della cd. «atipicità del regime giuridico dei singoli beni demaniali

marittimi»25.

Benché caratterizzate da una difficile gestazione, che di fatto compromise la loro concreta attuazione26, tali riforme giunsero effettivamente a svuotare

23 Tra questi, M. CASANOVA, Demanio marittimo e poteri locali, Milano, 1986, 52-53 e L.

ACQUARONE, Demanio marittimo e porti, in Dir. mar., 1983, 82.

24 In tal senso, l’art. 59 dpr n. 616/1977 prevedeva, infatti, che «sono delegate alle regioni le funzioni amministrative sul litorale marittimo, sulle aree demaniali immediatamente prospicienti, sulle aree del demanio lacuale e fluviale, quando la utilizzazione prevista abbia finalità turistiche e ricreative. Sono escluse dalla delega le funzioni esercitate dagli organi dello Stato in materia di navigazione marittima, di sicurezza nazionale e di polizia doganale. La delega di cui al comma precedente non si applica ai porti e alle aree di preminente interesse nazionale in relazione agli interessi della sicurezza dello Stato e alle esigenze della navigazione marittima. L'identificazione delle aree predette è effettuata, entro il 31 dicembre 1978, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri per la difesa, per la marina mercantile e per le finanze, sentite le regioni interessate. Col medesimo procedimento l'elenco delle aree predette può essere modificato». Inoltre, come evidenziato da F.A. QUERCI, Diritto della Navigazione, cit., 115, le due fonti normative «identificano gli interessi pubblici primari e secondari di cui lo

Stato e le autonomie sono rispettivi centri di riferimento». 25 Ibidem.

26 Basti considerare che il Consiglio di Stato, ancora a distanza di dieci anni

dall’emanazione di tale disposizione osservava che «in mancanza del decreto del

Presidente del Consiglio dei Ministri, relativo all'identificazione dei porti e delle aree di preminente interesse nazionale, in relazione agli interessi della sicurezza dello Stato ed all'esigenze della navigazione marittima, previsto dal secondo comma dell'art. 59 del D.P.R. n. 616 del 1977, ogni competenza relativa al demanio marittimo, lacuale e fluviale, anche se relativa all'utilizzazione per finalità turistiche e ricreative, continua a spettare all'autorità statale; ciò in quanto la delega alle Regioni a statuto ordinario, prevista dal

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di contenuti il suindicato principio di esclusiva competenza dell’autorità marittima nella gestione dei beni del demanio marittimo, sancito dall’art. 30 cod. nav., introducendo, in relazione a tali beni, una diversa regolazione delle competenze.

E, nel contempo, recepirono, in parte, anche la distinzione tra demanio portuale e demanio costiero.

3.2. Tali tendenze trovavano apparentemente conferma nelle riforme introdotte negli anni novanta del secolo scorso.

Una più marcata distinzione tra le categorie di cui si discute sembrava, infatti, trarsi dalla l. 4 dicembre 1993, n. 494, di conversione del dl 5 ottobre 1993, n. 400, recante “disposizioni per la determinazione dei canoni relativi

a concessioni demaniali marittime”, che prevedeva che le concessioni di

beni demaniali marittimi potessero essere rilasciate, oltre che per lo svolgimento di servizi pubblici e di servizi e attività portuali e produttive, per una serie di attività, ivi elencate, che integravano sostanzialmente il concetto di uso per finalità turistiche e ricreative del demanio marittimo, già indicato all’art. 59 del dpr n. 616/1977.

La distinzione, espressamente indicata nella l. n. 494/93, tra concessioni rilasciate per lo svolgimento di servizi e attività portuali e le altre tipologie di concessioni pareva dunque segnare ulteriormente la volontà da parte del legislatore di tracciare una linea di demarcazione tra l’ordinamento portuale ed il regime giuridico relativo alla gestione degli altri beni del demanio marittimo. Volontà che veniva apparentemente confermata con l’introduzione della l. 84/94, che prevedeva, per l’ordinamento portuale, una disciplina speciale.

Negli anni successivi, pur confermando la tendenza a sottrarre alle

primo comma dell'indicato art. 59 del D.P.R. n. 616 del 1977, non può ritenersi in concreto operante, fino a quando non sono stati individuati i porti e le aree di preminente interesse nazionale per la sicurezza dello Stato, esclusi dall'ambito di applicazione della delega stessa» (Cons. St., Sez. VI, n. 358 del 2 giugno 1987, Ministero della marina mercantile c.

Heusch). Ed, ancora, a quasi vent’anni di distanza, lo stesso Consiglio di Stato rilevava altresì che «ai sensi dell'art. 59 del D.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, in materia di concessioni

sulle aree demaniali marittime già destinate ad uso turistico, il trasferimento delle relative funzioni è subordinato all'emanazione di un provvedimento individuativo di dette aree; pertanto, in mancanza di detto provvedimento individuativo, la competenza al rilascio di concessioni su tali aree spetta alle capitanerie di porto» (Cons. St., Sez. VI, n. 1201 del 24

ottobre 1995, Tognoli c. Ministero della marina mercantile, su Consiglio di Stato).

Non è del resto un caso che l’art. 6, comma 1 della l. 494/1993 contenesse la previsione secondo cui «ove, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione

del presente decreto, il Governo non abbia provveduto agli adempimenti necessari a rendere effettiva la delega delle funzioni amministrative alle regioni, ai sensi dell'articolo 59 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, queste sono comunque delegate alle regioni. Da tale termine le regioni provvedono al rilascio e al rinnovo delle concessioni demaniali marittime, nei limiti e per le finalità di cui al citato articolo 59, applicando i canoni determinati ai sensi dell'articolo 4 del presente decreto».

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autorità marittime la competenza esclusiva nella gestione dei beni del demanio marittimo, il quadro normativo riferito si andava però ulteriormente complicato.

Con il dlgs n. 118/1998, infatti, venivano conferite alle Regioni ed agli Enti locali le funzioni relative al rilascio delle concessioni di beni del demanio marittimo e di zone del demanio territoriale, con limite spaziale di non operatività nei porti e nelle aree di dichiarato interesse nazionale: in particolare, l’art. 105, comma 2, lett. l), del dlgs. n. 112/98 prevedeva il conferimento delle funzioni relative al rilascio di concessioni di beni del demanio della navigazione interna, del demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità diverse da quelle di approvvigionamento di fonti di energia, specificando però che tale conferimento non operava nei porti finalizzati alla difesa militare ed alla sicurezza dello Stato, nei porti di rilevanza economica internazionale e nazionale, nonché nelle aree di preminente interesse nazionale individuate con il d.p.c.m. 21 dicembre 199527. Nel successivo dlgs n. 96/1999 si prevedeva altresì il conferimento generale alle Regioni ed agli Enti locali di tutte le funzioni amministrative attinenti alla gestione dei beni demaniali marittimi e del mare territoriale.

Infine, la legge costituzionale del 18 ottobre 2001, n. 3, che ha portato alla modifica degli artt. 117 e 118 Cost., inseriva i “porti” tra le materie oggetto di competenza legiferativa concorrente, ed attribuendo le funzioni amministrative direttamente ai comuni in virtù del principio di sussidiarietà, introduceva un’ulteriore modifica del quadro complessivo precedentemente in vigore.

Le modifiche intervenute successivamente alla riforma portuale del 1994 inducono a ritenere che alla diversa disciplina tra le due indicate categorie del demanio marittimo, in realtà, non corrisponda né una distinta sfera di competenze amministrative, né una diversa attribuzione del potere legiferativo.

Basti, infatti, pensare, sotto il primo profilo, che le funzioni in tema di rilascio delle concessioni relative a beni del demanio marittimo, anche in ambito portuale, decono essere attribuite alla Regioni, le quali sono tenute, a loro volta, a devolverle ai comuni nel rispetto del nuovo art. 118 cost.28. Peraltro, con specifico riferimento all’istituto della concessione portuale, occorre rilevare che, sebbene l’art. 18 l. 84/94 preveda in capo all’autorità marittima o alle singole autorità portuali, ove instituite, il potere di rilasciare questa tipologia di concessioni, deve ritenersi che tale attribuzione non operi

27 Inoltre, la stessa disposizione ha anche stabilito che «nei porti di rilevanza economica

regionale ed interregionale il conferimento decorre dal 1° gennaio 2002» (modifica però apportata dall'art. 9, L. 16 marzo 2001, n. 88, già vigente al momento dell’entrata in vigore del D. Lgs. 17 aprile 2001, n. 234).

28 Si veda, sul punto, C. ANGELONE, Istanza di concessione demaniale marittima e procedimento amministrativo, in Dir. mar., 2009, 218 ss.

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nei porti, o delle specifiche aree portuali, di rilevanza economica regionale e interregionale: ossia, nei «porti di categoria II, classe III» di cui all’art. 4, co. 1, lett. d), della l. 84/94.

Inoltre, neppure sotto il profilo della determinazione dell’ente cui è attribuito il potere di legiferare, sembra potersi dedurre un diverso regime di competenze tra le categorie in esame: dato che all’attribuzione espressa in favore delle Regioni della potestà legislativa concorrente in materia di porti non pare corrispondere una diversa disciplina in relazione agli altri beni del demanio marittimo.

4. Le finalità perseguite dalle concessioni demaniali marittime nella disciplina attuale.

4.1. Queste ultime considerazioni impongono un breve chiarimento circa le finalità che giustificano il rilascio di una concessione sui beni del demanio marittimo.

Come accennato, il regime giuridico previsto in tema di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi è sostanzialmente diverso rispetto a quello esistente fino a qualche anno fa. Prima delle riforme degli anni novanta del secolo scorso, il sistema si fondava, infatti, su una sola disposizione di ordine generale, rappresentata dall’art. 36 cod. nav., seguita da altre previsioni, contenute nello stesso codice o nel relativo regolamento, dirette a regolare alcuni aspetti sostanziali dell’istituto, nonché i profili procedimentali connessi al suo rilascio.

Il regime giuridico descritto risultava però tanto insufficiente a regolare la gestione dei beni demaniali marittimi, quanto in evidente controtendenza rispetto alla previgente disciplina prevista nel codice della Marina Mercantile del 1865: tanto che, proprio sotto questo secondo profilo, si era rilevato che «là dove il codice del 1865 aveva segnato canoni – concisi

quanto precisi – per il rilascio delle concessioni (artt. 157-158) e là dove il successivo codice del 1877 aveva non solo delineato una fondamentale tipologia di concessioni, ma ne aveva stabilito un trattamento differenziato, col dare preminente rilievo alle utilizzazioni per uso di cantiere e di altre industrie marittime e con lo stabilire, a tal fine, una «riserva» delle spiagge; la nuova normazione, invece, perde di vista l’esigenza di una precisa graduazione di scopi, e di un correlativo ordine di preferenze, fra le richieste di usi delle aree demaniali»29.

In questo quadro è stata introdotta la già richiamata l. n. 400/93, la quale, pur essendo formalmente indirizzata a regolare la determinazione dei canoni da corrispondere a seguito del rilascio di concessioni demaniali marittime, in realtà modifica sostanzialmente, sul piano sistematico, la previgente

29 F.A. QUERCI, Diritto della Navigazione, cit., 115. Dello stesso avviso, G. SANTANIELLO, op. cit., 274.

78 disciplina del cod. nav.30.

L’art. 1 della legge prevede che «la concessione dei beni demaniali

marittimi può essere rilasciata, oltre che per servizi pubblici e per servizi e attività portuali e produttive, per l'esercizio delle seguenti attività: a) gestione di stabilimenti balneari; b) esercizi di ristorazione e somministrazione di bevande, cibi precotti e generi di monopolio; c) noleggio di imbarcazioni e natanti in genere; d) gestione di strutture ricettive ed attività ricreative e sportive; e) esercizi commerciali; f) servizi di altra natura e conduzione di strutture ad uso abitativo, compatibilmente con le esigenze di utilizzazione di cui alle precedenti categorie di utilizzazione»31.

A ben vedere, si tratta, in realtà, di un elenco di fattispecie alquanto vario e difficilmente inquadrabile sotto un profilo giuridico: basti, infatti, al riguardo considerare che nella citata disposizione sono state incluse tipologie di concessioni dalle finalità più disparate, che vanno dalla gestione di «esercizi commerciali», al «noleggio di imbarcazioni e natanti in genere»

30 Come è stato evidenziato, la rilevanza della norma sopra indicata è data talaltro dal fatto

che con essa è stata introdotta una «tipizzazione funzionale delle utilizzazioni dei beni in

discorso, tipizzazione da tempo auspicata poiché divenuta indispensabile nella prassi demaniale marittima», cfr. E.O. QUERCI, Le concessioni di beni demaniali marittimi, e la

legge 7 agosto 1990, n. 241, Modena, 1994, 35.

Da segnalare è poi il D.P.R. 2 dicembre 1997, n. 509 - Regolamento recante disciplina del procedimento di concessione di beni del demanio marittimo per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto, a norma dell'articolo 20, comma 8, della l. 15 marzo 1997, n. 59 che segna un ulteriore distacco rispetto alla disciplina della concessione rilasciata in ambito portuale prevedendo che «qualora la concessione ricada nella circoscrizione

territoriale di una autorità portuale, è rilasciata dal presidente ai sensi dell'articolo 8, comma 3, lettera h) , della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e l'attività istruttoria di competenza dell'autorità marittima è curata dal segretario generale» (art. 2, comma 3). 31 In particolare, la legge comunitaria 2010 (l. n. 217/2011) all’art. 11, comma 6, ha

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