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7. Bibliografia

 

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- Zacchini, M., Micheli, E. 2009. Anch’io gioco: come costruire giochi interessanti per

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Sitografia:

- Enciclopedia Treccani. La cultura italiana. http://www.treccani.it/enciclopedia/gioco/ . (12 Luglio 2015)

 

Allegato n°1:

Attività ludica svolta durante gli ultimi due mesi di stage.  

Obiettivo del mio progetto: GIOCARE INSIEME.

La spiegazione dei giochi si trova nell’allegato n°2.

All’inizio dello stage ho svolto un periodo di osservazione al CPE di Stabio.

Conosciute le varie dinamiche di lavoro e l’organizzazione della giornata sono stata colpita dal MIR (Momento Interno Ricreativo), un momento ludico per i bambini che sono in internato, è svolto dalle sedici alle diciotto, dal lunedì al giovedì.

I bambini in questo spazio di tempo cercano di giocare insieme, ma la maggior parte delle volte litigano, si fanno del male, si annoiano o si “eccitano” eccessivamente.

L’operatore deve così intervenire mettendo dei limiti, magari anche con dei castighi.

Mi sono chiesta allora: “Perché non cercare di strutturare quel momento in modo giocoso, divertente e insegnandogli a stare insieme con il gioco?”.

Dopo un breve periodo di adattamento, conoscenza dell’ambiente e dei bambini gli operatori della struttura mi hanno permesso di svolgere delle attività ludiche due volte la settimana: il Martedì e il Giovedì.

Così ho selezionato dei giochi partendo da alcune considerazioni che poi ho tenuto sempre presente durante tutte le attività.

Innanzi tutto i giochi avrebbero dovuto essere di movimento e non da tavolo, il MIR è un momento di svago, durante il quale i bambini possono muoversi, agitarsi, sfogarsi per poi tranquillizzarsi per la serata.

Ho così selezionato delle attività ludiche di diverso genere, sia di competizione sia solo di cooperazione, dove cioè non ci sono né vincitori né vinti.

Inoltre ho cercato si selezionare giochi da fare sia all’aperto sia al chiuso, con la musica o con altri oggetti come palline, palle, cappelli, sedie, tutto questo perché ho voluto sperimentare come i bambini si sarebbero comportati in attività ludiche di diverso genere. La ricerca non è stata semplice perché i bimbi in internato sono quattro, tre bambini e una bambina, quindi i giochi selezionati avrebbero dovuto essere svolti solo da quattro partecipanti; quelli di mia conoscenza e che di solito faccio fare richiedono, infatti, la partecipazione di almeno dieci giocatori.

Dal 2014 i maschi dormono al centro e sono quindi insieme da circa due anni, a gennaio 2015 è arrivata al CPE la bambina.

Per cercare di rendere il mio elaborato più scorrevole e comprensivo ho deciso di assegnare ai bambini dei nomi fittizi così da tutelarne la privacy.

Il più grande si chiama Luca, poi c’è Edo, il più piccolo Lillo e la bambina si chiama Lisa, hanno un’età compresa dai sei agli otto anni.

I giochi che ho dovuto selezionare sono indicati per un’età inferiore ai sei anni perché le loro difficoltà, i loro disagi li hanno portati ad avere capacità inferiori rispetto alla loro reale età.

I bambini non sono in grado di stare insieme, a turno c’è chi vuole decidere sempre tutto dalle regole, a cosa fare, come farlo e cosa dire; non sanno trovare un compromesso, non sopportano la frustrazione del perdere, non giocano insieme per il piacere di farlo.

Molte volte si dividono in due gruppi oppure Luca, Marco e Lisa escludono il più piccolo Lillo.

Quando ho iniziato il progetto, ho selezionato una ventina di giochi, li ho studiati e ho valutato delle possibili modifiche, ricordandomi sempre che il mio obiettivo è “FARLI GIOCARE IN GRUPPO”.

È stato importante anche considerare che in quel contesto così delicato, i bambini sono molto sensibili ai cambiamenti e alle variazioni, come ad esempio l’assenza di un educatore; così prima di proporre qualche attività mi sono sempre informata con gli operatori presenti di come è andata la giornata, come stavano loro e se c’è stato qualche evento particolare.

Ogni giorno è molto imprevedibile e avere un programma fisso è un limite, così mi sono creata una mappa di attività che potevo modificare e proporre in base allo stato d’animo dei bimbi, ad esempio se i bambini erano troppo agitati, ho proposto giochi più cooperativi e meno competitivi.

Ogni gioco che ho proposto l’ho iniziato io, così i bambini hanno visto quello che si doveva fare e sono stati più disponibili, attenti e partecipi.

Ora vado a spiegare nel dettaglio quello che ho svolto nei mesi di stage.

Ogni attività da me proposta ed eseguita è sempre iniziata con un’ipotesi, poi un’osservazione per finire con il risultato e l’analisi di quello che è successo.

Prima di finire il momento di lavoro mi sono preparata la nuova ipotesi per la volta successiva.

Così dal 12 febbraio fino alla fine di maggio ho svolto per due volte la settimana, il martedì e il giovedì, l’attività ludica chiamata dai bambini” I GIOCHI DI ELISA”.

1. Ipotesi iniziale: (1 unità)

Ho deciso come primo gioco di proporre “CHE ORE SONO SIG. LUPO”.

Ho considerato solo un gioco perché volevo capire come si sarebbero comportati e come avrebbero accolto questa novità.

- Mi avrebbero ascoltato?

- Avrebbero rispettato le regole?

- Per quanto tempo saremmo riusciti a giocare?

Per loro e per me era la prima volta che cercavamo di stare insieme, era perciò importante sperimentare e iniziare a conoscerci.

2. Osservazione:

Quando sono arrivata sul piazzale del CPE vedo i bambini che stanno giocando con le bici in modo libero, Luca il grande del gruppo, che ha otto anni, si sta imponendo e vuole controllare tutto, da cosa fare a come giocare, escludendo chi non accetta le sue regole. Dopo un breve momento di osservazione e dopo aver notato che come sempre lentamente i bambini, si stavano dividendo, agitando, disorganizzando ho deciso di intervenire. Sono all’inizio dello stage e non mi conoscono abbastanza, devo riuscire a conquistare la loro attenzione per poi iniziare con il mio progetto ludico.

Ho deciso di iniziare con una staffetta in bici, non ho voluto introdurmi drasticamente e interrompere qualcosa che loro avevano iniziato abbastanza bene, anche se con il passare del tempo, per le loro difficoltà a relazionarsi con gli altri, all’accettare le idee diverse e per la loro onnipotenza, stava terminando.

Dei quattro bambini mi hanno seguito solo in due.

Ho iniziato con loro e facendo questa mini staffetta, si stavano divertendo, mi ascoltavano e seguivano quello che dicevo, allora ho deciso di proporre il gioco che avevo preparato (CHE ORE SONO SIG. LUPO).

Ho spiegato le regole ai due bambini che mi hanno seguito e abbiamo iniziato la partita, subito dopo ci hanno raggiunto anche gli altri due abbastanza incuriositi. Allora ho chiesto ai due giocatori di poter rispiegare le regole e giocare insieme.

Risultato:

Durante l’attività i bambini hanno giocato insieme per circa dieci minuti, ci sono state alcune difficoltà nel rispettare le regole, nello stare insieme e nell’accettare di perdere.

Analisi:

Più volte sono dovuta intervenire per rispiegare le regole e i limiti.

I bambini spesso non hanno accettato di essere presi e quindi ho dovuto inserire:

La variante: se sono presi, non sono eliminati dal gioco, ma diventano degli aiutanti, cambiano posizione, ma hanno comunque la possibilità di vincere.

Lillo si è messo a piangere più volte non accettando né di diventare lupo, né di essere preso o di perdere, alla fine ha abbandonato il gioco scappando.

Io sono stata parte attiva durante tutto il gioco, ho cercato di far vedere ai bambini che quando si è presi non succede nulla e che è bello giocare comunque.

3. Nuova ipotesi:

Dopo aver svolto questo gioco, sono stata molto in dubbio su cosa poter proporre la volta successiva, i bambini hanno pianto, hanno giocato solo per una decina di minuti, stare insieme per loro è stato molto complicato.

Qualche giorno dopo, però i bambini mi hanno chiesto di giocare loro stessi a “CHE ORE SONO SIG. LUPO”. Ho osservato, con mio grande piacere, che si sono ricordati le regole e sono riusciti a giocare per più tempo, a rotazione hanno chiesto di fare il lupo, Lillo invece non ha voluto sostenere il ruolo importante.

È stato necessario far passare del tempo perché i bambini potessero ripensare al gioco e assimilarlo come un momento piacevole.

Per il prossimo momento ludico ho deciso di proporre un gioco di competizione a squadre con le palline, un gioco di movimento nel quale le squadre sono composte anche dagli educatori, i bambini non saranno soli e l’operatore può aiutarli a superare le difficoltà.

1. Ipotesi iniziale: (2 unità)

Il secondo gioco si chiama “CAMPO PALLA”.

Durante quest’attività un operatore si è messo volentieri a giocare con i bambini, elemento importante per la riuscita del gioco, per me è importante, infatti, che i bambini imparino a conoscere il coinvolgimento e il piacere che c’è nel giocare.

È stato un gioco ideato per cercare di accompagnarli a imparare a giocare insieme. Non ho avuto molte preoccupazioni sulla riuscita del gioco perché i bambini erano tutelati dalla nostra presenza attiva.

2. Osservazione:

Ho diviso i bambini in due squadre ripensando alle loro diverse caratteristiche e ho unito quelli che non giocavano mai insieme, Luca con Lillo e Lisa con Edo.

Questo mi ha permesso di vedere come i bimbi sono riusciti a stare insieme.

C’era un bel clima di gioco ognuno ha sostenuto la propria squadra e ha cercato di incoraggiarla.

Risultato:

I bambini hanno accettato le diverse regole del gioco, le hanno rispettate e sono riusciti a disputare tre partite in circa trenta minuti.

Analisi:

Noi operatori abbiamo fatto da garanti nel far rispettare le regole e nel contenere le loro frustrazioni. Essere noi operatori dei giocatori attivi ha permesso ai bambini di vedere, come ad esempio, lanciare le palline o come reagire in caso di perdita. Le due squadre erano abbastanza unite, i bambini hanno giocato per lo stesso obiettivo: cercare di vincere.

3. Nuova Ipotesi:

I bambini hanno giocato bene insieme, si sono divertiti, hanno svolto un’attività senza litigare, arrabbiarsi o abbandonare il gioco.

Per la volta successiva ho pensato di provare a fare un gioco dove ci sia un impegno più individuale, il vincitore sarebbe stato solo uno di loro.

Il gioco si chiama “RAGNO” ed è strutturato un po’ come il primo gioco svolto “ CHE ORE SONO SIG. LUPO.”

Ho fatto questa scelta perché oltre ad imparare a giocare insieme devono accettare che ci sia un solo vincitore.

1. Ipotesi Iniziale: (3 unità)

Il gioco che ho scelto è abbastanza competitivo, il vincitore è solo uno, bisogna riuscire ad accettare di essere presi; anche in questo caso ho deciso di inserire la variante che chi è preso non è subito eliminato, ma diventa un aiutante.

Ho proposto un solo gioco e ho deciso di procedere per gradi e lentamente, rispettando i loro tempi, per permettergli di abituarsi al fatto che sono io che propone, da le regole e i limiti.

L’obiettivo comunque è quello di riuscire a stare insieme giocando per più tempo possibile.

2. Osservazione:

Il gioco che ho scelto si chiama RAGNO, quando l’ho proposto ai bambini, mi sono sembrati curiosi e contenti. Ho spiegato bene le regole e abbiamo iniziato a giocare.

Risultato:

Siamo riusciti a giocare insieme solo per quindici minuti.

Il più piccolo del gruppo spesso si è messo a piangere e non accettando di essere preso, urlava e non si muoveva, non voleva né uscire dal gioco, né però rispettare le regole. Per lui si poteva solo vincere.

L’unica bambina ha avuto all’inizio qualche difficoltà nell’accettare di essere presa, ma poi con la variante che se presi si diventa aiutante, è stato più facile accettare e continuare a giocare. Nessuno riusciva o voleva rispettare le regole.

Analisi:

Terminata la partita, ho pensato che fosse stato un gioco troppo difficile per il loro livello di capacità ludica. Il dover diventare un ragno per “finta” poteva aver suscitato delle paure come quella di esserlo per davvero o di essere mangiato. Ho passato molto tempo a cercare di consolare chi piangeva e non ho percepito se si sono divertiti. Come nuovo gioco non è andato molto bene.

Nonostante ciò qualche giorno dopo, in mia assenza, i bambini si sono organizzati e hanno chiesto all’operatore presente di poter giocare nuovamente a RAGNO; sono riusciti a spiegarsi le regole e a giocare tutti insieme un paio di volte.

Ho pensato quindi che i bambini hanno bisogno di tempo per capire e metabolizzare il gioco come divertimento.

3.

Nuova Ipotesi:

Sapere di dover far una visita a un genitore o il dover andare a casa per la fine settimana possono causare agitazione, angosce, paure durante le attività. Tutto questo, a volte, mi ha portato a dover terminare l’attività anticipatamente o ad avere la sensazione che quello proposto fosse un enorme fallimento.

Ho imparato che questi bambini hanno bisogno di sperimentare più volte lo stesso gioco, quindi non devo demoralizzarmi o basarmi solamente sulle loro prime reazioni, spesso negative e poco incoraggianti.

Per le prossime volte ho deciso di scegliere i giochi in base alla situazione che trovo in quel momento.

1. Ipotesi Iniziale: (4 unità)

Un giorno, quando sono arrivata per svolgere la mia attività, mi ha colpito molto trovare i bambini divisi, Lillo isolato rispetto agli altri che stava strappando le margherite. Ho cercato allora un modo per unirli facendo un gioco insieme.

Ho pensato a uno in cui non ci fosse competizione perché l’umore dei bambini era agitato e bisognava ricompattarli.

Ho proposto l’attività “UOVO MARCIO”, senza una reale motivazione insieme ai bambini abbiamo poi deciso di rinominarlo “LO SQUALO”.

Luca ha reagito subito dicendo che con me non avrebbe giocato perché non ho proposto dei bei giochi, come sempre voleva imporre le sue regole dettando legge sugli altri ed io sono arrivata a rovinargli il tutto.

Accettare regole da altri per lui è molto difficile, si è allontanato, ma ci ha guardato. Ho iniziato il gioco con gli altri tre bambini e un’altra educatrice.

2. Osservazione:

Ho spiegato le regole e poi ci siamo messi seduti per terra in cerchio e abbiamo iniziato a giocare.

Luca ci ha osservato, ci ha girato intorno ma non ha accettato di giocare, per decidere di unirsi a noi ha impiegato circa venti minuti.

Risultato:

Siamo riusciti alla fine a giocare insieme per più di quaranta minuti e per non annoiarli ho inserito delle modifiche al gioco come urlare più forte, stare il più fermo possibile o fare la faccia più brutta.

Si sono divertiti e mi hanno chiesto di fare anche un altro gioco. Ho proposto allora “BALLI A COMANDO”, anche in questo non c’è competizione e hanno giocato bene.

Analisi:

I giochi senza competizione sono accettati e accolti molto più volentieri, nessuno vince e quindi non devono confrontarsi con la frustrazione del dover essere eliminati o del perdere.

3. Nuova ipotesi:

Con il passare del tempo, ho conosciuto sempre di più i bambini e le loro difficoltà. Non ho programmato più i giochi da fare, ma ho deciso che ogni volta avrei iniziato con il gioco fatto la volta precedente. Questo ha permesso AI BAMBINI di memorizzare bene il gioco e A ME di osservare come si comportavano, valutando se fosse possibile introdurre giochi e regole nuove.

1.

Ipotesi Iniziale: (5 Unità)

Dopo aver giocato a un vecchio gioco “ LO SQUALO”, propongo una variante di “CAMPO PALLA”: i bambini sempre divisi in due squadre, invece di lanciare le palline nei campi opposti, al mio via avrebbero dovuto raccogliere tutte le palline (erano delle uova e loro erano le galline) e dovevano portarle nel loro sacco, avrebbe vinto la squadra che ne raccoglieva di più. Gioco con competizione.

2. Osservazione:

Abbiamo giocato in modo abbastanza piacevole, anche se ho percepito una sottile agitazione e malessere in ognuno di loro.

Terminato il gioco, ho preso i due sacchi e ho fatto il gioco della bilancia, cioè il sacco che pesava di più era dei vincitori.

Risultato:

Luca appena ha capito che aveva perso si è messo a urlare ed è scappato.

Analisi:

Le attività che quei quattro bambini preferiscono sono sicuramente quelle non competitive, per tutti i bambini è difficile accettare di perdere, per loro lo è ancora di più.

Questa loro difficoltà mi motiva nel cercare di sperimentare e alternare nuovi giochi sia competitivi sia no.

3. Nuova ipotesi:

Mi piacerebbe costruire con loro un gioco. Il tempo è brutto e si deve stare all’interno, allora ho deciso di proporre “PESCI FRITTI IN PADELLA”.

Un gioco dove la competizione è limitata, non si corre e quindi non si stimola eccessivamente l’agitazione, si deve utilizzare altre abilità fisiche come ad esempio il fiato.

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