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Il binomio Affidabilità e Qualità

Nel documento La qualità in interpretazione (pagine 111-120)

1.1 La Qualità negli studi di interpretazione: sulle tracce dei pionieri

3.5.2 L’interpretazione di comunità nel Regno Unito

3.5.2.1 Il binomio Affidabilità e Qualità

Dallo studio appena illustrato emerge un tema-chiave legato alla questione Qualità: la fiducia nei confronti dell’interprete.

Come osserva Kalina (2005:134). “[…]In a wider sense, quality also refers to interpreter reliability, compliance with principles of professional ethics, empathy and trustworthiness […]”.

Lo stigma del traditore pesa sulla figura dell’interprete da tanto tempo. Già Doña Marina, interprete di Hernán Cortés durante l’epoca dei conquistadores, passata alla storia come La Malinche, fu tacciata di tradimento. Quando nel 1519, i Maya, sconfitti, la consegnarono come schiava nelle mani degli spagnoli, questa donna rappresentava già una risorsa preziosa in quanto conosceva il náhuatl e la lingua maya. Non molto tempo dopo divenne esperta anche in castigliano, rendendo così possibile la comunicazione tra il mondo ispanico e quello indigeno. Nonostante le grandi imprese compiute dai colonizzatori in Messico si debbano in buona parte anche a questa figura, quasi mitica, nel tempo la sua immagine è stata intaccata e la sua storia “became one of systematic treachery by a woman whose preference for foreigners led to her siding – and sleeping - with the enemy” (Adams, 2014:

http://aiic.net/page/6570/looking-for-interpreter-zero-4-marina-malintzin-la- malinche/lang/1). Ancora oggi i termini malinchismo e malinchista rimandano al concetto di tradimento.

Vi sono alcuni contesti, specie quelli giudiziari, la cui presunta o non presunta affidabilità dell’interprete ha effettivamente la meglio sulla Qualità.

Kayoko Takeda, interprete di conferenza e giuridica, oltre che ricercatrice presso il Middlebury Institute of International Studies di Monterey, ricorda quanto avvenne durante i processi celebrati a Tokio presso l’IMTFE (International Military Tribunal of the Far East ) tra il 1946 e il 1948, ovvero l’equivalente orientale dei processi di Norimberga del 1945; in seno ai quali vennero portate alla sbarra le alte cariche militari accusati di crimini di guerra compiuti durante la II Guerra Mondiale.

Il servizio di interpretazione che venne prestato in quell’occasione, spiega Takeda, fu organizzato su diversi livelli. Sebbene all’inizio i giudici del Tribunale avessero richiesto che ad interpretare fossero esperti americani, in seguito essi non furono ritenuti adatti e così si decise che ad interpretare fossero madrelingua giapponesi con l’inglese come seconda lingua.

Il loro operato fu sottoposto alla supervisione di due categorie di linguisti: da una parte i monitor, quattro Nisei, ossia figli di immigrati giapponesi naturalizzati americani che avevano il ruolo di veri e propri controllori dell’interpretazione, in quanto gli unici a conoscere il giapponese; dall’altra il gruppo costituito dal Language Arbitration Board, il quale aveva l’ultima parola su eventuali dispute relative alla correttezza di traduzioni e interpretazioni. Quest’ultimo era composto da tre linguisti, di cui uno designato direttamente dal Tribunale, considerato il vero arbitro e incaricato della lettura delle sentenze, uno designato dalla difesa ed un terzo dall’accusa.

Nonostante la spiegazione ufficiale di questa scelta fosse la difficoltà insita nell’interpretazione tra il giapponese e l’inglese che richiedeva la necessità di un controllo accurato, la verità è che dietro tale giustificazione si celava la paura di un eventuale tradimento da parte degli interpreti.

Si trattava di diplomatici a servizio del Ministero per gli Affari Esteri giapponese, alcuni dei quali ex soldati dell’Esercito Imperiale, su cui incombeva il sospetto di parzialità giacché gli imputati erano coloro che un tempo erano stati i loro superiori.

I Nisei furono così incaricati di supervisionare la fedeltà del testo di arrivo ed erano essi stessi a leggere le sentenze innanzi alla corte, tutte tradotte in anticipo.

Nel caso venissero sollevate delle obiezioni da parte dell’accusa o della difesa, il gruppo degli arbitri era l’incaricato di risolverle e di comunicare la versione definitiva di una determinata sentenza. È indicativo il fatto che l’arbitro principale, quello designato dal Tribunale, fosse americano, a dimostrazione del fatto che fu messo in moto un meccanismo per dare a intendere agli Stati Uniti di essere i soli a detenere il controllo della situazione.

L’autrice mette l’accento su come tutto ciò andò a discapito della Qualità: “Although the transcripts show that the monitors did correct some interpreting errors, they also indicate that there were a number of unnecessary or incorrect interjections by the monitors” (Takeda 2009: 198). Ecco cosa rispose durante un’intervista uno degli interpreti che lavorarono in diverse

sessioni dell’IMTFE, alla domanda se la presenza dei monitor fosse realmente dovuta alla necessità di un rigoroso controllo sull’accuratezza dell’interpretazione:

Whether or not the monitoring was needed has nothing to do with interpreting. It was a political matter. In a nutshell, [the tribunal] didn’t fully trust the Japanese interpreters, and that’s why the monitor and the language board were established.

(Takeda 2009: 198).

Questo tuffo nel passato è utile per rilevare come la Qualità non sia sempre la priorità per tutti indistintamente e come essa purtroppo passi talvolta in secondo piano malgrado l’impegno, la preparazione, le competenze e soprattutto la buona fede degli interpreti.

Talvolta, in determinati contesti, a causa dei pregiudizi, della scarsa competenza e degli interessi delle altre parti coinvolte, si rischia di rimanere “objects of ambivalence, in-between figures, loathed and admired, privileged and despised” (Cronin 2002: 392).

3.5.3 L’interpretazione di comunità in ambito giuridico in

Finlandia

Il prossimo contributo che si passerà ad illustrare riguarda il problema della mancanza di un albo specifico per gli interpreti di comunità che operano in ambito giuridico-giudiziario, una carenza diffusa in molti paesi, tra cui l’Italia.

Si tratta della ricerca condotta da Kinnunen e Tuovinen (2013), la quale ci fornisce un quadro della situazione della Qualità nell’interpretazione giuridico-giudiziaria in Finlandia.

Per essere precisi, è incentrata sull’impatto del fattore “preparazione del materiale” nella Qualità del servizio offerto in sede di processi penali. O meglio, sul rapporto tra Qualità dell’interpretazione e possibilità per l’interprete di accedere alla documentazione.

Sebbene le ragioni per cui all’interprete non vengano fornite informazioni relative al caso che verrà discusso in aula siano varie, non si può non rimarcare il fatto che anche in Finlandia ciò sia da ricollegarsi al mancato riconoscimento dello status professionale dell’esperto:

In Finland, court interpreters do not work as in-house interpreters within the courts but are engaged on a freelance basis and when required. Such a position does not guarantee automatic access to the court case materials […] Another problem related to court interpreting in Finland is that there is still no system for the certification, accreditation and registration of court interpreters. In practice this means that the professional skills and knowledge of those who work as court interpreters vary widely.

(Kinnunen e Tuovinen2013: 251)

In base al presupposto iniziale secondo cui “An essential prerequisite for good quality in court interpreting is the acceptance of the fact that the interpreting assignment is not an isolated event, but part of a more extensive system of actions and actors” (Kinnunen e Tuovinen 2013: 248), Kinnunen e Tuovinen hanno realizzato interviste a sei interpreti, un avvocato, un giudice, e ad un avvocato e un’interprete insieme.

Tra gli interpreti emerge un generale sentimento di frustrazione in quanto non a tutti e non sempre viene favorito l’accesso al materiale relativo al processo in questione. Ciò pregiudica la Qualità dell’interpretazione fornita, soprattutto sul piano della terminologia, requisito importante in questo settore. Non mancano gli esempi a riprova di ciò, tra i quali la testimonianza di una delle interpreti interpellate, la quale, come riportato dai ricercatori, riferendosi ad un’esperienza passata sottolineava

[…] how stressful it was for her professionally not to know the correct terms or even understand the discussion. She also states that, in her opinion, it was crucial for the hearing to discuss things that she could not even be sure of naming correctly in Finnish

Inoltre, se uno degli avvocati, intervistato insieme all’interprete menzionata, concorda sul fatto che l’interprete debba essere a conoscenza dei dettagli del caso per potersi preparare adeguatamente anche relativamente alla terminologia, stupisce la posizione del giudice (donna), definita dagli autori della ricerca “a lay person’s view of interpreting” (Kinnunen e Tuovinen 2013: 259). Secondo il magistrato l’unica interpretazione di Qualità sarebbe quella eseguita verbatim, e ammette inoltre che “she would find it very odd to contact the court interpreters in advance in order to explain the case” (ibidem: 258). Un commento dal quale secondo gli autori emerge “a rather superficial perception of the work of court interpreters” (Kinnunen e Tuovinen 2013: 258).

Lungi dall’essere considerati parte della comunità di (e dagli) agenti che operano nel settore, spesso vengono ignorati a tal punto che il loro nome non appare nemmeno nei verbali d’udienza (Kinnunen e Tuovinen 2013).

Le reazioni degli interpreti intervistati a tale situazione si sono rivelate diverse: in tre hanno ammesso di non darsi per vinti e, assumendo un atteggiamento proattivo, invece che aspettare che il materiale venga loro inviato lo richiedono in anticipo; la quarta interprete interpellata ha dichiarato di recarsi direttamete in tribunale nel caso in cui non le venga inviato niente, nonostante ciò si traduca in un investimento in termini di tempo ed energie che non viene ricompensato economicamente; la quinta, ammette di svolgere il proprio lavoro seppur in mancanza delle informazioni necessarie e di volta in volta cerca di fare del suo meglio con le risorse a sua disposizione, considerando il proprio sforzo più che sufficiente; infine, il sesto, conscio della sua esperienza pluriennale, ha affermato di non ritenere di aver bisogno di una grande preparazione e di accettare anche i casi di cui non conosce i dettagli.

La situazione dell’interpretazione in ambito legale finlandese è purtroppo comune a molti altri paesi.

Eppure, come riportano Kinnunen e Tuovinen, sia a livello nazionale che a livello europeo si stanno facendo dei significativi passi avanti per garantire la Qualità del servizio svolto in questo specifico settore.

In Finlandia, tra il 2007 e il 2008 il Ministero dell’Istruzione ha istituito un gruppo di lavoro impegnato a svolgere attività di ricerca sul settore e che ha

già avanzato proposte di miglioramento. Inoltre, a maggio del 2011, l’FNBE (Finnish National Board of Education) ha designato una squadra di esperti che si adoperano per istituire un percorso di formazione indirizzato a tutti gli interpreti giuridici che esercitano già in veste professionale e che vogliono verificare periodicamente le proprie competenze (Kinnunen e Tuovinen 2013: 262).

A livello europeo invece, varie sono le iniziative promosse dalla Commissione Europea, tra cui l’istituzione nel 2009 di EULITA (European Legal Interpreters and Translators Association) (http://eulita.eu/home) - che si distingue per la nobile missione:

EULITA aims to bring together in its membership as full members the professional associations of legal interpreters and translators in the EU member states as well as the general associations that include legal interpreters and translators among their membership. As associate members EULITA welcomes all interested organisations, institutions and individuals that are committed to the improvement of quality in legal interpreting and translation.

(http://eulita.eu/home)

Nel quadro della stessa associazione, i due progetti Grotius (http://eulita.eu/grotius-i-project), conclusisi rispettivamente nel 2001 e nel 2003, che hanno visto la partecipazione di Belgio, Regno Unito, Danimarca e Spagna, che aveva tra gli obiettivi quello di individuare uno standard di selezione, formazione e accreditamento per traduttori e interpreti in ambito giuridico, nonché redigere un codice deontologico e una guida di buone pratiche.

Proseguimento di tali progetti è AGIS

(http://www.euforumrj.org/projects/previous-projects/agis-1-european-

training-models/), che si propone lo stesso obiettivo del Grotius, enfatizzando l’armonizzazione delle pratiche di interpretazione e traduzione in ambito giudiziario.

Falbo (2013) ci ricorda anche che alla questione della Qualità dell’interpretazione e della traduzione è stata dedicata una Direttiva emessa dal Parlamento e dalla Commissione Europea il 20 ottobre del 2010.

La Direttiva 2010/64/UE

(http://www.parlamento.it/web/docuorc2004.nsf/b02bc7eed0eda6e2c12576ab0 041cf0c/aa8a226cf8fd64f7c12576bd005e0d30/$FILE/00027-RE01-

10_IT.PDF) sancisce il diritto all’interpretazione e alla traduzione nei

procedimenti penali a livello comunitario, ampliando quanto già precedentemente previsto dalle legislazioni nazionali.

Nell’articolo 2 paragrafo 8, suddetta Direttiva recita che:

8. L'interpretazione fornita ai sensi del presente articolo dev'essere di qualità sufficiente a tutelare l'equità del procedimento, in particolare garantendo che gli imputati o gli indagati in procedimenti penali siano a conoscenza delle accuse a loro carico e siano in grado di esercitare i loro diritti

della difesa.

(http://www.parlamento.it/web/docuorc2004.nsf/b02bc7eed0ed a6e2c12576ab0041cf0c/aa8a226cf8fd64f7c12576bd005e0d30/ $FILE/00027-RE01-10_IT.PDF).

Più in basso, l’articolo 5 riassume:

Articolo 5

Qualità dell'interpretazione e della traduzione

1. Gli Stati membri adottano misure atte a garantire che l'interpretazione e la traduzione fornite rispettino la qualità richiesta ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 8, e dell'articolo 3, paragrafo 9.

2. Al fine di assicurare un servizio di interpretazione e di traduzione adeguato e un accesso efficiente a tale servizio, gli Stati membri si impegnano a istituire un registro o dei registri di traduttori e interpreti indipendenti e debitamente qualificati.

Una volta istituiti, tali registri, se del caso, sono messi a disposizione degli avvocati e delle autorità competenti.

3. Gli Stati membri assicurano che gli interpreti e i traduttori rispettino la riservatezza per quanto riguarda l'interpretazione e la traduzione fornite ai sensi della presente direttiva.

(http://www.parlamento.it/web/docuorc2004.nsf/b02bc7eed0ed a6e2c12576ab0041cf0c/aa8a226cf8fd64f7c12576bd005e0d30/ $FILE/00027-RE01-10_IT.PDF).

Come osserva Falbo (2013), la Qualità cessa così di essere avulsa alla questione della certificazione e gli Stati membri sono chiamati a istituire albi specifici ai quali i professionisti potranno iscriversi e che daranno ulteriore garanzia di Qualità.

Secondo l’autrice “il primo passo riguarda la formazione e il sistema di certificazione degli interpreti in ambito giudiziario e anche, più in generale, giuridico” (Falbo 2013: 90).

Inoltre, per quanto riguarda l’Italia, ricorda come l’offerta formativa relativa all’interpretazione in ambito giuridico presso gli istituti universitari che offrono lauree magistrali in interpretazione di conferenza sul territorio nazionale (Università di Trieste e Università di Bologna – sede di Forlì) venga impartita solo nelle “[…] lingue europee tradizionalmente oggetto di insegnamento nelle scuole e nelle università italiane e dunque non rientranti nel novero delle lingue attualmente richieste in ambito giudiziario” (Falbo 2013: 90).

Falbo (2013) sottolinea l’importanza di guardare agli esempi provenienti dall’estero:

La soluzione viene individuata, prendendo in considerazione ciò che avviene negli Stati Uniti, in Svezia e in Inghilterra […] L’unica via possibile per rispondere alle attuali esigenze del settore infatti consiste nella selezione e nella formazione delle

persone alloglotte prive di competenze in ambito interpretativo e traduttivo ma in possesso della conoscenza di lingue presenti sul territorio dei paesi membri e sconosciute ai professionisti dell’interpretazione e della traduzione

(Falbo 2013: 91).

Ovviamente, il tutto senza dimenticare l’importanza di poter contare su un codice deontologico per tutti gli interpreti giuridici, non solo per i soci delle associazioni professionali che hanno già un codice di riferimento.

In ultima istanza, si può affermare che le istituzioni hanno un ruolo fondamentale. Sono le prime, secondo Falbo (2013), a doversi impegnare per favorire un cambiamento che sia, anch’esso, di Qualità:

Senza alcun dubbio il coinvolgimento delle istituzioni in un percorso che conduca alla consapevolezza delle particolarità e delle caratteristiche dell’interpretazione – e della traduzione – rappresenta lo strumento ideale per poter dar vita a iter formativi mirati, a un sistema di certificazione riconosciuto su base nazionale e al miglioramento della qualità dell’interpretazione in ambito giuridico

(Falbo 2013: 91)

3.5.4 La testimonianza del personale sanitario degli

Nel documento La qualità in interpretazione (pagine 111-120)

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