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2.2 STRUTTURA DELL’APPARECCHIATURA

2.2.4 Bobine a radiofrequenza

La magnetizzazione macroscopica (MM) è determinata dall’orientamento dei nuclei, entro il CMS, secondo le due direzioni consentite (parallela e antiparallela, up e down). E’ possibile modificare la direzione della MM (ad es. di 90°, di 180°) determinando il passaggio dei nuclei da uno stato energetico più basso ad uno più elevato mediante somministrazione di energia. Tale energia è fornita da bobine che emettono impulsi radio con frequenza pari a quella di precessione dei protoni, in modo da poter dar luogo al fenomeno della risonanza. I protoni, al termine dell’impulso RF, tendono a ritornare nelle condizioni primitive, restituendo l’energia assorbita tramite emissione di onde elettromagnetiche. Tali onde, che costituiscono il segnale RM, vengono raccolte in genere dalle stesse bobine che le hanno emesse, poste alternativamente in situazione trasmittente e ricevente.

Una bobina deve risuonare o produrre energia in maniera efficiente alla frequenza di Larmor. Tutte le bobine sono composte da un induttore e da un set di elementi capacitivi. La frequenza di risonanza ν di una bobina RF è determinata dall'induttanza (L) dell'induttore e dalla capacità (C) del condensatore.

LC

v

2

1

2.1

Un altro requisito di una bobina per imaging è che il campo B1 deve essere perpendicolare al campo magnetico statico B0. Il passaggio dalla trasmissione alla ricezione comporta un piccolo intervallo di tempo, durante il quale si verifica la perdita di una parte del segnale; per ovviare a questo inconveniente non si rileva direttamente il segnale, ma il suo eco, ottenuto mediante un impulso supplementare a 180°. Le dimensioni e forma di queste bobine possono variare a seconda della zona del corpo su cui si indaga. In particolare, per esami ad alta risoluzione in zone circoscritte del corpo, è possibile fare impiego di bobine superficiali, che vengono direttamente appoggiate sulla cute in corrispondenza della zona da visualizzare.

Figura 2.13 - Esempio di bobine RF di ricezione

Il trasmettitore deve essere in grado di generare la potenza a r.f. necessaria per l’eccitazione dei nuclei (sino a qualche kW), il ricevitore viceversa deve avere un elevata sensibilità al fine di poter rilevare il debole segnale generato dai nuclei in precessione (µW). Le bobine situate sulle zone del corpo saranno in questo caso solo riceventi (figura 2.13). A causa del basso livello del segnale da ricevere, è necessario ridurre il più possibile l’influenza di campi a R.F. provenienti dall’esterno (trasmettitori radio, apparecchiature per marconiterapia, elettrobisturi, commutazioni di potenza, etc.), per tale ragione, la zona in cui l’apparecchiatura è installata viene protetta con una schermatura a R.F (gabbia di Faraday).

2.2.4.1 Il trasmettitore

L’eccitazione iniziale dei nuclei viene realizzata mediante l’uso di brevi impulsi a r.f. di frequenza vicina a o pari a quella di Larmor. Come sorgente di frequenza si utilizza di solito un oscillatore a cristallo [10].

Nel trasmettitore è presente un circuito di apertura e chiusura programmata “gating” per due scopi: generare gli impulsi necessari per realizzare esperimenti RMN in regime impulsivo, interrompendo il collegamento con la sorgente a r.f e isolare tra loro (quando il trasmettitore viene spento) il sistema di spin, il ricevitore e il trasmettitore stesso. L’impulso ottenuto dal circuito di “gating” viene poi modulato in modo da eccitare una specifica banda di frequenze detta “impulsi selettivi”. E’ quindi presente un amplificatore, in grado di raggiungere le potenze necessarie per la trasmissione dell’impulso negli avvolgimenti di dimensioni e forma tipicamente usati in MRI (cioè potenze nell’ordine del kW).

Gli impulsi di eccitazione in apparati MRI hanno lunghezze variabili tra pochi microsecondi, per impulsi ad onda quadra (“hard pulses”) non selettivi, e qualche millisecondo per impulsi selettivi (“soft pulse”).

La bobina emittente è dunque alloggiata nel tunnel del magnete (per la maggior parte dei casi), al di sotto del rivestimento interno e non è quindi visibile.

I parametri fondamentali che determinano le caratteristiche di un avvolgimento a r.f. sono il fattore di qualità (Q) ed il fattore di riempimento. Il valore di Q restituisce una misura di quanto fine può essere l’accordatura dell’avvolgimento alla frequenza scelta ed è inversamente proporzionale alle perdite dovute alla resistenza elettrica dell’avvolgimento stesso. In sistemi MRI a corpo intero si ottengono di solito valori di Q di qualche centinaio. D’altra parte, la presenza del paziente nell’avvolgimento provoca un aumento delle perdite resistive, dovuto alle correnti indotte nel corpo a seguito dell’accensione e dello spegnimento della radiofrequenza (correnti parassite o “eddy currents”). Il fattore di riempimento, invece, dipende da una misura di quanto è elevato il segnale proveniente da una data quantità di spin. Avvolgimenti più piccoli hanno fattori di riempimento più alti. Sono state studiate diverse geometrie di bobine r.f. in grado di fornire la massima omogeneità nella regione da analizzare. Tra le geometrie più usate è utile ricordare la bobina solenoidale, in grado di fornire un campo a r.f. parallelo al suo asse e quindi all’asse del paziente e la bobina a sella, in grado di fornire un campo perpendicolare al suo asse.

2.2.4.2 Il ricevitore

Esistono bobine particolari, che hanno la caratteristica di ricevere il segnale e, almeno attualmente, di non inviarlo; tali bobine, denominate “di superficie” in quanto progettate per studiare strutture superficiali e devono pertanto essere affiancate da una bobina convenzionale usata per la trasmissione. Il ricevitore è uno dei sistemi più critici di un apparato RMN. La sua funzione è quella di amplificare il segnale, introducendo il minor rumore possibile. Per ottenere un alto rapporto segnale rumore si può pensare ad un avvolgimento ricevente con un alto fattore di merito. Tuttavia, ad un più alto fattore di merito corrisponde una più stretta banda passante e questo può rappresentare un problema, dato che per avere una buona risoluzione spaziale è necessaria una grande finestra spettrale.

Figura 2.14 - Bobina solenoidale e bobina a sella

Il segnale ottenuto ha un’ampiezza tipica dell’ordine dei mV. Un segnale così piccolo rende necessari fattori di amplificazione di 550 ed anche 1000, per poter essere facilmente elaborato. E’ necessario quindi disporre di un amplificatore in grado di fornire una risposta lineare ad un ampio intervallo di potenza (classe A).

Figura 2.15 - Sistema di gestione degli amplificatori

La catena di ricezione si chiude grazie ad un campionatore e convertitore analogico/digitale. La catena di ricezione è il punto critico dell’intero sottosistema, potenziale fonte di rumore di entità tale da rendere in accettabilmente basso il rapporto S/R, soprattutto nelle fasi di amplificazione e campionamento. Nei moderni sistemi a RM l’informazione associata al segnale è trattata, ovunque possibile, in forma digitale, garantendo la massima pulizia possibile del segnale stesso.

La bobina ricevente risulta più tecnologicamente complessa e sofisticata di un semplice avvolgimento di rame “accordato” per le opportune RF, circondante (bobine di volume), giustapposta (bobine di superficie) o posizionata all’interno (bobine endocavitarie) della regione corporea oggetto di studio. Due principi generali guidano la costruzione e la scelta della bobina ricevente. Le bobine di volume (tipicamente quelle per il cranio, il corpo, il ginocchio) ottimizzano il rapporto S/R quanto più è

contatto diretto tra la bobina e il corpo del paziente è tuttavia da evitare in quanto fonte di artefatti. Le bobine di superficie ed endocavitarie ottimizzano il rapporto S/R limitandosi a ricevere il segnale (e il rumore) dalla sola regione oggetto di interesse.

L’importanza di un corretto rapporto tra bobina e regione corporea in studio ha imposto, fin dai primi tomografi a RM, l’uso di un insieme di bobine differenziate per tecnologia costruttiva, geometria e modalità di posizionamento. Le bobine in quadratura (circolari polarizzate) permettono di ottenere un elevato rapporto S/R anche grazie ai preamplificatori incorporati. L’evoluzione più recente in questo ambito è quella relativa alla possibilità di rilevare simultaneamente il segnale a RF da molteplici bobine (fino a sei), per lo più di superficie, giustapposte l’una accanto all’altra mediante disaccoppiamento elettronico (bobine phased-array). Il segnale ottenuto da ciascuna è amplificato, campionato, convertito ed elaborato in serie sotto il controllo di processori multipli dedicati che generano singole parti dell’immagine totale. L’elevato costo di queste bobine è determinato soprattutto dall’hardware multiprocessore.