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Orientamenti in materia di aiuti di stato a finalità regionale Punto 175 criterio 5)
C(2021) 2594 final del 19.04.2021 Documento d’analisi
Gli Orientamenti in materia di aiuti di stato a finalità regionale C(2021) 2594 final del 19.04.2021 al punto 175 5) individuano quali aree ammissibili:
“zone contigue con una popolazione di almeno 50.000 abitanti che stanno attraversando importanti cambiamenti strutturali o che sono in grave declino, purché non siano situate in regioni NUT3 o in zone contigue che soddisfano le condizioni per essere designate come zone predefinite o le condizioni di cui ai criteri da 1 a 4”.
L’area in provincia di Belluno, formata da 25 Comuni, possiede il requisito citato. Si tratta dei comuni di Agordo, Alleghe, Calalzo di Cadore, Cencenighe Agordino, Cibiana di Cadore, Colle Santa Lucia, Domegge di Cadore, Falcade, Canale d'Agordo, La Valle Agordina, Livinallongo del Col di Lana, Lorenzago di Cadore, Lozzo di Cadore, Ospitale di Cadore, Perarolo di Cadore, Pieve di Cadore, Rocca Pietore, San Tomaso Agordino, Sedico, Selva di Cadore, Taibon Agordino, Vallada Agordina, Valle di Cadore, Longarone, Val di Zoldo per un totale di 50.835 abitanti nel 2011 (Censimento Istat).
Popolazione
Si tratta di un’area colpita dallo spopolamento e dalla presenza di una popolazione anziana: in 10 anni i comuni della zona hanno subito una perdita del 7,9% dei loro abitanti (-5,4% la provincia di Belluno, -0,2% il Veneto);
al 2020, l'indice di vecchiaia medio dei comuni della zona è pari a 246,0 (246 over 65 ogni 100 0-14enni); in provincia di Belluno è pari a 241,2, mentre il valore medio della regione è 183,6. In dieci anni, l'indice di anzianità della zona è aumentato di 67 punti percentuali (60,9 nella provincia). Gli ultrasessantacinquenni rappresentano il 27,2% della popolazione (23,5% in Veneto), con un balzo di 4,5 punti percentuali rispetto a dieci anni fa. Gli ultraottantenni sono l'8,5% (7,5% in Veneto), 1,5 punti percentuali in più rispetto a dieci anni fa.
Tabella 1: Popolazione residente e indicatori di spopolamento e vecchiaia per la zona e la provincia di Belluno - Anni 2010 e 2020.
(a) Indice di vecchiaia=popolazione over 65 / popolazione under 15; (b) Percentuale di popolazione di età 65 anni o più; (c )Percentuale di poplazione di età 80 anni o più.Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Istat
L’economia del territorio
Il territorio si sta impoverendo dal lato del settore industriale (-14% del valore aggiunto nell’intervallo 2008:2018) e dell’agricoltura (-3,6 %)1.
Infatti l’analisi dall’archivio ASIA di Istat delle unità locali (u.l.) dell’area evidenzia il calo del -9,6% attività produttive nel periodo 2008:2018, più grave rispetto l’intera provincia di Belluno (-8,1%); si passa da 4.370 u.l.
nel 2008 a 3.950; si tratta di un decremento che coinvolge il settore industriale (-23,1%), le costruzioni (-15,8%) e il commercio (-19,9%). La gravità è espressa dalla diminuzione consistente soprattutto degli addetti nel comparto industriale: -1.417 nei 10 anni considerati (-10,1%).
1Stima a cura dell’Istituto Tagliacarne.
Spopola mento 2020 2010 (var%
2020/10)
2020 2010 diff.202 0-2010
2020 2010 diff.202 0-2010
2020 2010 diff.202 0-2010 Totale Zona 47.412 51.466 -7,9 246,0 178,9 67,0 27,3 22,8 4,5 8,5 7,0 1,5 Totale provincia
di Belluno 199.599 211.077 -5,4 241,2 180,4 60,9 27,2 22,9 4,3 8,5 7,1 1,4 Popolazione Indice di vecchiaia (a) % ultra 65enni (b) % ultra 80enni (c)
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Tabella 2: Unità locali nell'area del territorio bellunese considerato. Anni vari.
U.l. totali
di cui ul.l industria
di cui addetti industria
2008 4.370 672 14.031
2010 4.278 599 12.727
2011 4.265 607 12.317
2018 3.950 517 12.614
Var.% 2018/2008
-9,6 -23,1 -10,1
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Istat
Il settore è stato ulteriormente danneggiato nell’ultimo anno dalla chiusura delle attività produttive nel periodo del lockdown dovuto all’emergenza sanitaria. Ciò si è riflesso soprattutto negli scambi internazionali: i dati pubblicati dall’Istat attestano che nel 2020 l’export della provincia di Belluno è calato del 21,8% rispetto all’anno precedente, a fronte di una flessione media regionale del -8,2%
Turismo
Tabella 3: Movimento turistico nell'area del territorio bellunese considerato. Anni vari
Presenze
Permanenza media
1997 2.179.537 7,7
2000 1.889.638 6,7
2005 1.795.350 5,8
2010 1.627.219 5,2
2015 1.351.228 4,5
2020 1.217.623 4,5
Var.%
presenze
Differenza di permanenza media
2010/1997 -25,3 -2,5
2020/2010 -25,2 -0,7
2020/1997 -44,1 -3,2
I bim. 2021/
I bim.2020 -87,7 -1,9
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati provvisori Istat - Regione Veneto
Il turismo che da sempre rappresenta una fonte di reddito per il territorio montano sta mostrando una decrescita negli anni, accentuata dall’emergenza sanitaria provocata dalla pandemia a marzo 2020 e che ha portato alla chiusura degli impianti sciistici anche nei primi mesi del 2021.
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L’andamento del comparto turistico può esser misurato dalle presenze registrate dalle strutture ricettive alberghiere ed extralberghiere del territorio considerato. Queste rappresentano i pernottamenti effettuati dai turisti, ed è la variabile più correlata all’aspetto economico del semplice numero di arrivi.
Ebbene, nell’area del territorio bellunese in esame le presenze nel corso del tempo stanno diminuendo con un ritmo costante: si sono ridotte di un quarto nell’ultimo decennio, così come era successo nel decennio precedente, decrementi riassunti da un -44,1% dal 1997 al 2020. E’ calata la permanenza nelle località montane, che dal 1997 al 2020 si è quasi dimezzata, passando da 7,7 notti medie a 4,5. Tale riduzione è riscontrabile soprattutto nel caso del turismo domestico, molto rilevante per questa tipologia di destinazione in quanto rappresenta circa 70% dei flussi.
Il primo bimestre dell’anno, molto rilevante per le destinazioni montane, ha subìto un arresto importante in concomitanza dell’avvento della pandemia (-87,7% del 2021 rispetto allo stesso periodo del 2020).
Gli impianti sciistici
L’area è sede di 10 impianti sciistici che sono stati fortemente penalizzati dalle restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria nelle stagioni invernali 2019/2020 e 2020/2021. La stima dell’ANEF (Associazione Nazionale Esercenti Funiviari) dei ricavi netti non conseguiti nella stagione sciistica 2021-2021, a seguito della mancata apertura degli impianti di risalita è di 66.299.600 per il Veneto, pari al 7,7% del totale Italia.
Vaia2
Mappa 1:Precipitazioni (in mm) cadute sul Veneto tra il 27 ed il 30 ottobre 2018.
Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto su dati Arpav
2RELAZIONE PER LA REDAZIONE DI RAPPORTI NAZIONALI FINALIZZATI ALLA ATTIVAZIONE DEL FONDO DI SOLIDARIETA’
DELL’UNIONE EUROPEA A SEGUITO DI EVENTI CALAMITOSI OCCORSI TRA OTTOBRE E NOVEMBRE 2018 – Presidenza del consiglio dei Ministri, Regione del Veneto.
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La tempesta Vaia si è rivelato un evento disastroso, non solo in termini di impatto immediato su persone, abitazioni, infrastrutture e ambiente, ma anche nei sui effetti nel tempo sulle attività produttive, già in delicato equilibrio, e di perdita di attrattività turistica.
Come riportato anche nel documento fornito all’Unione europea “Relazione per la redazione di rapporti nazionali finalizzati all’attivazione del fondo di solidarietà dell’Unione europea a seguito di eventi calamitosi occorsi tra ottobre e novembre 2018”, predisposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dalla Regione del Veneto, i comuni identificati sono stati colpiti dalla Tempesta Vaia.
Mappa 2: Schianti prodotti dalla tempesta Vaia nei comuni eleggibili in materia di aiuti di stato a finalità regionale della provincia di Belluno.
L’evento meteo del 27-30 ottobre 2018 è consistito in forti raffiche di vento, che in diversi punti del territorio sono risultate eccezionali, hanno causato importanti e diffusi fenomeni di instabilità dei versanti e nei corsi
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d’acqua della rete minore rilevanti eventi di trasporto solido e sovralluvionamento. In particolare nei versanti dove gli alberi sono stati abbattuti o sradicati, si sono create le condizioni predisponenti all’instabilità dovute quindi, da una parte all’aumento del peso dovuto all’accumulo della vegetazione, dall’altra all’apertura di cicatrici da cui si sono verificati gli inneschi di frane per lo più con meccanismo tipo scivolamento superficiale ed evoluzione in colata. Gli importanti quantitativi di pioggia, soprattutto in relazione alla lunga durata dell’evento, hanno portato alla saturazione dei depositi superficiali e quindi all’innesco della tipologia di frane descritta. Non sono comunque mancate le riattivazioni, e in alcuni casi nuove attivazioni, di frane profonde con meccanismo tipo scivolamento o complesso. Buona parte dei fenomeni franosi rilevati risultano di piccole dimensioni ma numerosi e distribuiti in larga parte del territorio bellunese. Gli elementi vulnerabili maggiormente interessati sono risultati i piccoli abitati e abitazioni o edifici isolati e la viabilità sia principale che secondaria. Numerosi sono stati i fenomeni di colata rapida sia di materiale detritico che di terra. Tali fenomeni si sono attivati praticamente in tutti i bacini dell’alto bellunese. In molti casi solo la presenza di opere di regimazione e di immediati interventi di rimozione del materiale hanno scongiurato danni rilevanti. Nella quasi totalità dei casi si dovrà intervenire nel ripristino delle opere e nella progettazione di nuovi interventi dimensionati sull’evento occorso.
La somma totale dei danni diretti è risultata pari a € 1.536.658.333. Si sottolinea che, valutata la specificità dell’evento occorso, i maggiori danni si sono registrati sulle infrastrutture di prevenzione e sulle reti stradali per una stima rispettivamente di € 345.208.460 e € 232.540.046. Determinante è stata la devastazione del patrimonio forestale che registra un danno quantificabile in € 508.747.000 correlabile al danno del patrimonio paesaggistico ambientale per € 121.186.178.
Nello specifico, i danni al patrimonio forestale sono stati provocati dagli schianti di alberi a seguito di venti ad alta intensità che hanno interessato una fascia trasversale all’intera zona montana del territorio veneto. Sono state individuate due classi di danno: 1° classe: dal 30% all’80% di alberi abbattuti o irrimediabilmente compromessi, per un totale di 6.944 ettari – con incidenza media dello schianto del 50% della superficie; 2°
classe: dall’80% al 100% di alberi abbattuti, per un totale di 5.283 ettari totalmente schiantati, per un totale complessivo di 12.227 ettari.
Nella zona oggetto di analisi (escluso il comune di Lorenzago3) i danni al patrimonio forestale provocati dagli schianti di alberi in occasione degli eventi calamitosi occorsi tra ottobre e novembre 2018 sono notevoli: vi sono, precisamente, 3.380 ettari di superfici forestali interessate da danni pari ad almeno il 30% di alberi abbattuti o irrimediabilmente compromessi.
I danni si sono rilevati numerosi e onerosi in termine di perdita del valore del legname, in termini di ripristino del soprassuolo del boscato danneggiato, ma anche in termini di ripristino delle infrastrutture stradali, ferroviarie, dei servizi di telecomunicazione, luce, acqua, gas, fognature e rifiuti, oltre ai danni subiti dagli impianti a fune.
3Dati mancanti per Lorenzago.