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Brevi indicazioni per una formazione informale Strumenti (libri e cinema)

NORMATIVA RIGUARDANTE L'INSERIMENTO SCOLASTICO DEGLI ALUNNI STRANIERI

6) LA FORMAZIONE DELL’INSEGNANTE (NON FORMALE – FORMALE)

6.2 Brevi indicazioni per una formazione informale Strumenti (libri e cinema)

Libri

Oltre a una sterminata saggistica riguardante i vari temi portanti dell’intercultura, ci sono innumerevoli testi di narrativa che raccontano altri mondi, identità, racconti di migrazione, che trattano, sia gli esodi migratori degli italiani, sia quelli attuali verso l’Europa e verso l’Italia. Un’educazione rivolta alla formazione informale può e deve iniziare da qui.

Pietro di Donato “Cristo fra i muratori” Mondadori 1973

Al centro della storia ci sono due bambini, Diamante e Vita che, nel 1903 sbarcano a Ellis Island (New York) avendo 12 e 9 anni. Lui ha dieci dollari che sua madre a Tufo, paesino del mezzogiorno, gli ha cucito nelle mutande al momento della partenza. Lei nemmeno quelli; dovrebbero incontrare suo padre, se le riuscirà. Entrambi sono vestiti di stracci, carne da lavoro che sta per essere inghiottita dalla società più ricca,

violenta e dinamica del mondo. La narrazione si dipana in tre diversi momenti. Il primo è negli anni dieci del XX

secolo quando i due bambini cominciano la loro faticosa, durissima, esistenza nel cuore brulicante e infetto della “Little Italy” nuovayorchese.

Il secondo ricostruisce alcune fasi dell’avanzata verso Roma della V Armata americana.

Il terzo infine si svolge negli anni Cinquanta con Diamante, ormai anziano, che è rientrato in Italia e conduce a Roma una modesta esistenza impiegatizia in un palazzone di via della Giuliana: «Sulla facciata di un condomino costruito nel 1930 qualcuno aveva inciso il motto Dulce post laborem domi manere». Sull’emigrazione negli Stati Uniti che pure coinvolse 16 milioni di italiani tra il 1840 e il 1940 esistono pochissime opere di pura narrativa, al contrario di quanto è accaduto per esempio per gli irlandesi. Uno dei romanzi più intensi rimane “Cristo tra i muratori “di Pietro Di Donato, americano di prima generazione, nato a New York nel 1911 figlio

di immigrati abruzzesi. Suo padre faceva il muratore, un giorno morì perché il padrone non aveva applicato le norme di sicurezza previste dalla legge. Il romanzo (Christ in

concrete, il titolo originale) uscì nel 1939. Le esperienze di Diamante mostrano per esempio che in quelle condizioni di miseria e

ignoranza era quasi impossibile separare la voglia di lavorare, cioè di guadagnare un po’ di dollari, dalla tentazione dell’illegalità, «Gli italiani erano la minoranza etnica più miserabile della città. Più miserabili degli ebrei, dei polacchi, dei rumeni e perfino dei negri. Erano negri che non parlavano nemmeno inglese.

Schiacciati da quell’abiezione, prigionieri di una religiosità vociferante e quasi pagana, diventava fortissima la tentazione di imitare i “paini” che giravano per “Little Italy” tutti azzimati nei loro sgargianti “millerighe” con i capelli lustri di brillantina. E poco importava che quella misera ricchezza fosse il frutto di un negozio incendiato o di una tomba violata per derubare il morto. Quando un’ispettrice dei servizi sociali cittadini si reca nel domicilio dove abitano i due bambini per tentare di recuperali quanto meno alla frequenza scolastica, questo è lo spettacolo che si trova davanti: “Panni stesi ovunque. Tre galline afflitte da una grave forma di alopecia razzolavano sul pavimento, un merlo afono saltellava in una gabbietta di ferro appesa sull’acquaio, un gatto scorticato passeggiava sulle stoviglie sporche, mucchi di stoffa, aghi, filo, forbici, colla, e nei locali mal areati, mal riscaldati, un livello di umidità prossimo alla saturazione”

Lo sfondo cupo, bizzarro, misteriosamente allegro contro il quale le vicende si svolgono, rende le avventure dei protagonisti più avvincenti, spiega certe stranezze che in un diverso contesto sembrerebbero inverosimili.

A un certo punto Diamante sparisce in fretta da New York per certe ragioni. Va a fare il waterboy (in pratica l’acquaiolo) per gli operai che costruiscono una linea ferroviaria protesa verso lo sconfinamento interno del continente.

Lo rendono “italiano” anche gli accostamenti, forse nemmeno voluti, tra la situazione di New York nel 1903 e la realtà ancora attuale del Mezzogiorno più desolato dove tanti piccoli “Diamante” sono ancora costretti a dibattersi in una scelta drammatica tra la tentazione dell’illegalità e un futuro vuoto di prospettive. (da un’intervista della scrittrice Melania Mazzucco Repubblica 13 marzo 2003).

Il libro racconta quello che, sembra che gli italiani abbiano dimenticato, e cioè quando gli emigrati eravamo noi. È facile intuire come le dinamiche, i giudizi e i pregiudizi, nonostante siano passati tanti anni, sono identici per tutti gli immigrati di oggi. Gente intellettualmente povera, sporca, dedita alla criminalità diffusa, incapace di integrarsi.

Gli stessi atteggiamenti che vengono sottolineati, con forza, anche da opere cinematografiche quali “Pane e cioccolata” di F.Brusati, sull’emigrazione italiana in Svizzera e da libri recenti quali “L’orda” di G.A. Stella, in cui si descrive la vita dell’emigrato italiano a Marcinelle, a Zurigo, il linciaggio dei ritals alle saline dell’Aigues Mortes, i pestaggi mortali e impuniti degli italiani immigrati in Svizzera , la distruzione dei villaggi italiani in alcune zone minerarie dell’Australia a opera degli anglosassoni.

Per ciò che riguarda il viaggio dell’emigrazione non si può fare a meno di leggere il libro :

Buchi Emecheta “Cittadina di seconda classe” Giunti nuova edizione 2007.

Racconta il viaggio di Adah, in nave dalla Nigeria alla Gran Bretagna. Anche nella metropoli di Londra, dove credeva di realizzare il suo sogno di libertà, la vita le si presenta durissima accanto ad un marito fannullone e ai figli sempre più numerosi; ma lei non si stanca di lottare contro l’emarginazione e il degrado. Il romanzo autobiografico di una donna che con coraggio e ironia ha realizzato i suoi sogni di fama e di benessere. Vale la pena di riportare alcuni brevi passi del corposo romanzo. Il racconto, che è chiaramente autobiografico, sottolinea alcuni aspetti fondamentali. “….l’Inghilterra le diede un freddo benvenuto. Il benvenuto fu particolarmente freddo perché solo pochi giorni prima si erano goduti il raggiante e vivace benvenuto di porti quali Takoradi, Freetown, Las Palmas. Se Adah fosse stata Gesù sarebbe passata oltre l’Inghilterra. Liverpool era grigia, piena di fumo e non sembrava abitata da esseri umani”…. “se ripensava al suo primo anno in Gran Bretagna, Adah, non poteva non chiedersi se la vera discriminazione di cui aveva sofferto non fosse stata soprattutto dei suoi stessi connazionali.”

Leggendo queste righe il freddo e l’umido ti entrano nelle ossa. Chiaramente non è solo un freddo meteorologico, ma un freddo che ti riempie l’anima. Arrivata in Inghilterra si sente discriminata due volte, come “black” dagli inglesi e come donna, dai suoi stessi connazionali. È confortante il lieto fine dove Adah diventerá una donna di successo.