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CAPITOLO 2. I NUOVI ASSETTI ISTITUZIONALI DI VIGILANZA E LE NUOVE

2.2. BRRD

Il 1° gennaio 2016 è entrata in vigore e sarà pienamente applicabile la direttiva sul risanamento e sulla risoluzione delle banche (BRRD). Questa direttiva introduce in tutti i Paesi europei un insieme di regole armonizzate finalizzate, in primis, a prevenire gli stati di crisi delle banche e delle imprese di investimento. Qualora la crisi si verificasse la normativa mira a gestire la situazione di dissesto in modo ordinato e con l’utilizzo di strumenti più efficaci. Mira inoltre a limitare la possibilità di interventi pubblici da parte dello Stato e a ridurre al minimo gli effetti negativi del possibile impatto sull’economia, evitando che i costi dei salvataggi gravino su tutti i contribuenti. In Italia la Direttiva è stata recepita dai Decreti Legislativi n. 180 e 181 del 16 novembre 201539. L’attuazione della BRRD nell’ordinamento nazionale è destinata ad incidere profondamente sulle modalità di gestione delle crisi finora realizzate, sia per quanto riguarda le banche significative sia per le altre.

36 Barbagallo C., 2015.

37 Banca d’Italia, 2015, Che cosa cambia nella gestione delle crisi bancarie, disponibile in:

www.bancaditalia.it

38 Barbagallo C., 2015. 39 Banca d’Italia, 2015.

La Banca d’Italia è l’autorità che nel nostro Paese è preposta alla risoluzione delle crisi bancarie. La BRRD dota le autorità nazionali di ulteriori poteri e strumenti per pianificare la gestione di queste situazioni di potenziale dissesto al fine di evitare interruzioni nella prestazione dei servizi essenziali. Sono un insieme di poteri che permettono loro di intervenire tempestivamente, prima che la crisi si manifesti, per ripristinare le condizioni di sostenibilità economica dell’eventuale parte sana della banca. La Direttiva va dunque ad integrare le tradizionali misure prudenziali, graduandole in funzione delle problematicità che l’intermediario presenta. Qualora invece si verifichino i presupposti per l’avvio delle procedure di gestione della crisi di una banca e qualora emerga un rilevante interesse pubblico, la Direttiva prevede che la Banca d’Italia (come le altre autorità nazionali) possa:

 vendere una parte dell’attività ad un acquirente privato;

trasferire le attività e passività ad una bridge bank. Si tratta di un’entità che è costituita e gestita dalle autorità di risoluzione nazionali e che ha lo scopo di proseguire le funzioni più importanti dell’istituto in vista di una successiva vendita sul mercato;

trasferire le attività deteriorate ad una bad bank che ne gestisca la liquidazione;

 disporre la riduzione del valore delle azioni e la conversione in azioni e/o riduzione del valore delle obbligazioni emesse dalla banca (Bail-in);

 disporre la risoluzione della banca oppure la liquidazione coatta amministrativa, quando l’applicazione della precedente misura non consenta di rimediare allo stato di dissesto o al rischio di dissesto40.

L’utilizzo del Fondo di Risoluzione Unico, finanziato dallo stesso sistema bancario, ricorrerà solo al verificarsi di una serie di presupposti specifici. Si può sottolineare che tale principio possa mirare a disincentivare l’assunzione di rischi eccessivi da parte degli amministratori e degli azionisti delle banche, riducendo il cosiddetto moral hazard41. L’intervento pubblico sarà previsto solo in circostanze meramente straordinarie al fine di evitare che il dissesto dell’intermediario possa propagarsi e ripercuotersi nel funzionamento dell’intero sistema finanziario. Qualora sia necessario l’intervento

40 Banca d’Italia, 2015. 41 Panetta F., 2015.

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pubblico i costi della crisi saranno comunque ripartiti tra gli azionisti e i creditori attraverso l’applicazione del bail-in per un valore almeno pari all’8% del totale del passivo di bilancio42.

2.2.1. Bail-in

La BRRD ha introdotto una serie di misure innovative per la gestione della fase di risoluzione tra le quali il Bail-in (letteralmente salvataggio interno) a superamento del precedente Bail-out. Attraverso l’applicazione del bail-in si ha il coinvolgimento dei creditori nelle perdite della banca mediante la cancellazione del credito ovvero la sua conversione in capitale. Inoltre la Banca d’Italia potrà, nel caso, disporre una riduzione o l’azzeramento del valore nominale delle azioni. L’obbiettivo di questo strumento è quello di andare ad assorbire le perdite e di ricapitalizzare la banca in misura sufficiente a ripristinare l’adeguata capitalizzazione richiesta dalla legge e a rafforzare e mantenere la fiducia del mercato. In nessun caso gli azionisti e i creditori coinvolti potranno subire perdite maggiori di quelle che sopporterebbero nel caso in cui la banca fosse sottoposta alle ordinarie procedure di liquidazione43. Il funzionamento di questo strumento può essere schematizzato dal grafico che segue.

Figura 3 - Il funzionamento del Bail-in

In condizioni di normale attività, nel passivo di bilancio, la banca dispone di capitale, di un insieme di passività che possono essere sottoposte a bail-in (qui chiamate come “passività ammissibili”) e di passività escluse dal bail-in. Un esempio di passività escluse

42 Banca d’Italia, 2015. 43 Banca d’Italia, 2015.

sono i depositi protetti dal sistema di garanzia dei depositanti. Qualora l’intermediario registri una serie di perdite che non riesce ad assorbire, entra nella fase di dissesto: il valore dell’attivo si riduce e il capitale si azzera. Quindi entra in gioco il bail-in: l’autorità dispone la conversione delle passività ammissibili in azioni per ricostituire il capitale. Come si nota dalla figura, a parità di tutte le altre condizioni, la “nuova banca” continuerà ad avere la stessa quantità di “passività escluse” dal bail-in ed un nuovo capitale costituito da una parte delle precedenti “passività ammissibili” trasformate. Il bail-in consente quindi alla banca di non interrompere la sua attività. Inoltre, dato che le risorse per ripristinare la stabilità provengono principalmente da azionisti e creditori, si evidenzia che tale strumento non comporta costi per i contribuenti44. Nell’applicazione del bail-in la Banca d’Italia dovrà tenere conto della seguente gerarchia di strumenti finanziari posseduti dagli stakeholders:

 azioni e altri strumenti rappresentativi del capitale;

 obbligazioni subordinate (o junior, il cui rimborso, in caso di liquidazione dell’emittente, non è assicurato);

 obbligazioni non subordinate (senior), depositi interbancari e depositi delle grandi imprese;

 depositi delle persone fisiche e depositi delle piccole e medie imprese solo per la parte eccedente l’importo di €100.000,00.

Una volta assorbite le perdite si procederà alla ricapitalizzazione della banca attraverso conversione degli ultimi tre strumenti sopracitati, rispettando tale ordine di esposizione. La logica della gerarchia prevede che chi investe in strumenti finanziari più rischiosi sostenga prima degli altri le eventuali perdite o la conversione in azioni delle proprie quote. Ciò implica che il passaggio da una categoria a quella seguente avvenga solo dopo che le risorse di quella precedente siano state esaurite.

Sono pertanto esclusi dall’ambito di applicazione e quindi non possono né essere convertiti né essere svalutati:

 i depositi protetti dal sistema di garanzia dei depositi (Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi e Fondo di Garanzia dei Depositanti del Credito Cooperativo)

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30 fino ad un importo di €100.000,00;

 le passività garantite (come i covered bonds);

 passività derivanti dalla detenzione di beni della clientela o in virtù di una relazione fiduciaria, come il contenuto delle cassette di sicurezza o i titoli detenuti in un apposito conto;

 passività interbancarie e quelle derivanti dalla partecipazione ai sistemi di pagamento con durata residua inferiore a 7 giorni;

 debiti verso i dipendenti, fornitori, fisco, enti previdenziali purché privilegiati dalla normativa fallimentare45.